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“I Primi d’Italia” – Foligno festeggia per la XIX^ volta l’eccellenza gastronomica che per antonomasia rappresenta l’Italia più di tutte le altre.

Mariagrazia Fiorentino

 “Siamo alla XIX edizione” – dichiara Aldo Amoni, Presidente di Epta Confcommercio Umbria – “e ancora una volta siamo pronti a regalare ai visitatori un’esperienza unica, sempre pieni di entusiasmo e idee nuove. Al centro del Festival, come sempre, saranno i Villaggi dei Primi, con tante chicche imperdibili da tutta Italia e non solo. Penso allo squisito tortello mantovano preparato da chef carichi di passione, e alla vera e originale amatriciana, per non parlare dei primi di mare di Porto Sant’Elpidio o delle prelibatezze preparate dall’amico Gianfranco Vissani. E ancora penso al Villaggio dei Primi dedicato alla cucina ebraica o alle erbette selvatiche, per riscoprire antichi e sorprendenti sapori con Ortica, tarassaco, cicoria, papavero, caccialepre, borragine, finocchietto selvatico e tanto altro”.           20170913_130639-01Il Presidente di Epta Confcommercio Umbria- al centro della foto insieme a stretti collaboratori- promuove un brindisi al successo del XIX^ Festival “I Primi d’Italia” che si terrà a Foligno dal 28 settembre al 1 ottobre 2017.

Ai primi piatti presentati in tutte le versioni possibili ed immaginabili, saranno affiancate iniziative non solo di natura culinaria, ed è stato lo stesso Presidente Aldo Amoni a presentarcele: “Ci saranno tre convegni, sull’utilizzo in cucina di  erbette, riso, l’alimentazione nello sport e un percorso culturale sugli oratori. Inoltre saranno aperte le taverne del centro storico di Foligno dove verranno serviti piatti con i famosi tartufi della ditta Urbani cucinati da uno chef speciale Michael Toscano che viene per l’occasione, direttamente da New York”.

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Due tradizionali primi piatti italiani di “Amatriciana”. A sinistra cucinato in bianco e conosciuto come “Gricia”, l’altro a destra cucinato nella classica versione al pomodoro.  Questi primi piatti sono stati presentati a Roma presso il Ristorante “La Sacrestia”, Via del Seminario, 89, dove la qualità, la buona cucina e l’accoglienza sono di casa. L’omaggio reso ad Amatrice non mette in secondo piano il primo tradizionale di Foligno; “Gli gnocchi al sugo d’oca” una vera delizia, un piatto imperdibile per i buongustai.

Di grande interesse saranno gli appuntamenti quotidiani di “A Tavola con le Stelle”, per gustare interi menu a base di pasta preparati da chef stellati come Gianfranco Vissani, “Il nostro patrimonio culturale sono i primi piatti non i secondi come tiene a sottolineare la chef Vissani”.

Al Festival non manca neanche lo spazio dedicato alla beneficienza con il musical delle 21,45 di venerdì 29 settembre all’auditorium di San Domenico: “Jekyll & Hyde”, i cui proventi andranno a favore dell’Associazione Daniele Chianelli. A Foligno protagonista anche la cultura del cibo e della corretta alimentazione, con il convegno “Lo sport è servito”, che si terrà venerdì 29 alle 11.00 nel ridotto dell’auditorium di San Domenico, con il patrocino di Coni Umbria. A spiegarci l’importanza di una corretta alimentazione nello sport e nella vita saranno Domenico Ignozza (Presidente di Coni Umbria), Francesco Fagnani (Dottore in Dietistica specializzato in Scienze dalla Nutrizione Umana e Nutrizione Sportiva), Giacomo Sintini (campione di pallavolo e Presidente dell’Associazione Sintini), Cerase Rocca (tecnico dell’Ente Nazionale Risi) e Gianluca Genoni (primatista mondiale di immersioni in apnea). E non finisce qui! A piatti imperdibili e cultura del buon cibo si sommano tanti momenti dedicati allo spettacolo con protagonisti di fama nazionale che si alterneranno sul palco del festival, in Largo Carducci. Ecco alcuni appuntamenti del ricco calendario: giovedì 28 alle 20.00 si terrà la presentazione del libro di Chiara e Red Canzian “Sano vegano Italiano”, per proseguire alle 22.00 con Francesca Reggiani. Venerdì 29, sempre alle 22.00, è la volta di Gianluca Fubelli di Colorado, mentre sabato 30 settembre alle 22.00 saranno di scena Pietro Pulcini e Simone Montedoro.  Un importante settore sarà riservato alla cucina” casher”. “Mangiare casher mangiare sano, come è riportato nella Bibbia”, sono le parole di Massimiliano Romagnoli, Rappresentante dell’Associazione Italia-Israele.

Appuntamento a Foligno dal 28 settembre al 1 ottobre 20’17 per una scintillante XIX edizione! Per tutte le informazioni: www.iprimiditalia.it facebook: @festivaliprimiditalia- twitter: @IPrimidItalia instagram: @iprimiditalia- youtube: @iprimiditalia. Ufficio comunicazione Epta Confcommercio Umbria 0755005577 – 3274398429

Mao Jianhua al Vittoriano – Ala Brasini – con la mostra: “The Timeless dance – Beyond the mountains”

Mariagrazia Fiorentino

Arte e vita s’intrecciano specialmente quando corrono sulle ali della nostalgia come avvenuto visitando la mostra  che espone, fino al 26 settembre, le opere dell’artista cinese Mao Jianhua allestita nell’Ala Brasini del Vittoriano.  I bellissimi paesaggi ammirati in Cina  quali i rilievi montuosi  Monte Giallo, del monte Jizu e del monte Daming, soggetti principe nelle opere esposte, fanno rivivere riportandoli alla mente tutti quei panorami con sfondi e scenari inusuali mai visti in occidente.  Alle bellezze naturali si aggiungono poi grandi valori spirituali e culturali quali le riflessioni di profondi pensatori che hanno perfezionato l’ascendenza buddhista zen e taoista e aprendo nuovi percorsi alla medicina, alle arti marziali, alla musica fino alla tradizione letteraria e alla pittura Shan Sui (montagna – acqua), perfezionata in questi paesaggi montani già millecinquecento anni fa, alla quale la produzione artistica di Jianhua trae spunti e riflessioni. Giustamente al titolo iniziale della rassegna  è stata aggiunta una seconda parte che completa l’intera presentazione  e ne  facilita la lettura con “Beyond the mountains”.           LA_DANZA_DELL'UNIONE_3_inchiostro_su_carta_fatta_a_mano_499x191cmMao Janhua: “Opera appartenente alla serie “La danza delle ore” – Inchiostro su carta fatta a mano cm. 499,oo X 191,00 .

Così ce lo presentano i curatori: “Imprenditore a lungo impegnato a livello internazionale che, una decina di anni fa, ha saputo dare una svolta alla propria esistenza avviando un intenso percorso d’indagine dei fondamenti culturali e spirituali di certa tradizione cinese. Accompagnandosi alla costante presenza di un Maestro, guida spirituale all’esplorazione delle dimensioni più profonde del sé e insieme della natura, e non trascurando il contesto del taoismo e del buddhismo zen, Mao ha intrapreso con disciplina la pratica della meditazione e dell’isolamento, ha scoperto il rapporto empatico con la natura attraverso le montagne sacre, si è dedicato alla musica, agli scacchi e, con esiti sorprendenti, alla calligrafia e alla pittura. Il risultato di questo graduale processo, sempre in divenire, sono i suoi straordinari dipinti di paesaggi – inquadrabili nell’ampio spettro del Shan Shui – che stimolano criticamente a considerare le dimensioni della tradizione e della modernità in Cina. L’alternarsi di montagne, rocce, alberi, arbusti, acque e cielo, si presenta in maniera ritmata dove  insieme al nero che si dipana in infinite sfumature di grigio, compaiono i tramonti aranciati che rendono le atmosfere calde”.

Il percorso espositivo si articola in varie sezioni dove ciascuna sviluppa un tema ben preciso. La prima, dal significativo titolo “Origini”,  ci accompagna alla scoperta delle opere pittoriche  dei primi anni, in parte ispirate al famoso artista moderno Huang Binhong ed al particolare modo di utilizzare l’inchiostro su carta, che Mao Jianhua inizia a studiare e a eleggere quale proprio riferimento nel 2013. E’ lo stesso artista che, guardando il passato, commenta: “Mi dedico alla pittura perché la calligrafia è troppo difficile”.

“Esplorazione”, titolo della seconda sezione, ci presenta un’altra faccia dell’esistenza, dove le opere che si susseguono come in una danza sono dense di pennellate scure e fitte. “In esse”,  come scrivono i curatori, “diventa possibile rintracciare immagini che si animano: animali, piante, profili che ciascuno può trasformare e interpretare puntando l’attenzione su quanto colpisce il proprio occhio, la propria sensibilità”.

Alle opere presenti nella terza sezione, dal titolo “La chiamata del cuore” si può attribuire il potere di generare pulsazioni e mettere in moto il cuore che in “alcune opere trova momenti di sosta e di meditazione”, parole dei curatori.

LA_CHIAMATA_DEL_CUORE_15_inchiostro_su_carta_fatta_a_mano_360x145cmMao Janhua: Opera appartenente alla serie “La chiamata del Cuore”. Inchiostro su carta fatta a mano.

Un gruppo di opere presenti nella quarta sezione dal significativo titolo “Corrispondenze” ci  suggeriscono alcuni movimenti simili a quelli che ci accompagnano in una danza al suono di una musica cadenzata in un ritmo lento e coinvolgente.

Diverso è il sentire avvertito nella quinta sezione dal titolo “Metamorfosi” che c’immerge nella morfologia del paesaggio con una percezione sensoriale degli spazi e delle nature presenti nelle opere di Mao Jianhua.

“La danza dell’unione”, come suggerisce il titolo della sesta sezione, “ci accompagna in spazi e nature illimitate, di fronte a opere larghe sette metri che ci rendono senza peso, in un equilibrio armonico. Il nostro stato d’animo corrisponde perfettamente con il paesaggio, vi con-suona, nei contrasti e negli equilibri tra vuoti e pieni, oscurità e luce, rumori e silenzi. È la danza delle danze” sempre nelle parole dei curatori.

L’ultima sezione, la settima, dal titolo “Rinascita” ci accompagna nel passaggio  da un’opera all’altra, da uno scorcio all’altro, in una serie di carte di formato ridotto, presentate su più file, che includono il colore e mai escludono il vuoto. È la conoscenza di sé tramite la rinuncia a sé. È il completamento della danza senza tempo – the timeless dance.

Il catalogo che accompagna questa rassegna, con pregevoli apporti di specialisti e ricco di tavole relative alle opere in esposizione,  è a cura delle Edizioni Plan in una veste tipografica di gran pregio.

Roma- Complesso del Vittoriano –Ala Brasini – Via San Pietro in Carcere (lato fori imperiali) fino al 26 settembre con ingresso gratuito ed orario: dal lunedi al giovedi dalle 9,30 alle 19,30 – venerdi e sabato fino alle 22,00 e domenica fino alle 20,30.

“Come in cielo, così in terra” – Seul e i 230 anni della Chiesa Cattolica in Corea in mostra nel Braccio di Carlo Magno nella Città del Vaticano con ingresso gratuito fino al 17 novembre 2017

Testo di Mariagrazia Fiorentino e foto di Donatello Urbani

Il suggestivo Braccio di Carlo Magno, il più prestigioso spazio espositivo in stile Barocco nella città di Roma, riportato di recente all’originale splendore secondo il progetto di Gianlorenzo Bernini, accoglie un’interessante mostra  voluta tanto dal Vaticano quanto dall’Arcidiocesi coreana di Seul per celebrare  il riconoscimento ufficiale della chiesa cattolica coreana come istituzione autonoma e non più come una derivazione di quella cinese avvenuto il 9 settembre 1831 con il Breve di Papa Gregorio XVI^ che istituiva il vicariato apostolico di Joseon.

Breve Apostolico sull’istituzione del Vicariato Apostolico di Joseon (조선대목구장임명소칙서)                                                                                                                                                                               Il Breve Apostolico di Papa Gregorio XVI^

Quando monsignor Bruguiere della società delle missioni estere di Parigi e primo vicario apostolico per il regno Joseon, giunse ad Hanyang , l’attuale Seul,  trovò una ben organizzata comunità di cattolici che già dal 1784, malgrado le feroci persecuzioni sopportate per oltre cento anni, teneva viva e praticava il culto nella religione cattolica. Tutto era iniziato ad opera di un gruppo di giovani intellettuali guidati da Kim Beom-woo impegnati nella ricerca di nuovi e validi principi capaci di sostituire quelli confuciani, logori e non più attuali, presenti e dominanti nella società coreana alla fine degli anni settanta del XVIII^ secolo. Nel corso delle loro riunioni consultavano e discutevano le varie tesi etiche e religiose illustrate in testi letterari che erano riusciti a reperire nella vicina Cina.

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Quelle che più impressionarono  e convinsero questi giovani sulla loro validità, furono le cattoliche riportate sul catechismo, nei vangeli  e nelle scritture sacre. Essere tutti uguali di fronte a Dio e riconoscere al prossimo lo stesso trattamento che vorresti per te furono alla base delle aspirazioni che avrebbero dovuto sostituire quelle presenti nella società coreana di allora  espressi da Confucio molti secoli fa e basati su molteplici gerarchie da quella familiare a quella politica, ciascuna titolare di differenti diritti, doveri e privilegi. L’uguaglianza  predicata da Cristo fu la molla per richiedere a Roma l’invio di missionari, in mostra sono esposte varie di queste lettere, gelosamente conservate negli archivi vaticani. Nel frattempo, uno di loro, Yi Seung-hun, si recò a Pechino sia per incontrare i rappresentanti della chiesa locale che per  approfondire la conoscenza  del cattolicesimo. Al suo ritorno in patria nel 1784 si reca a casa dell’amico Yi Byeok  e lo battezza, insieme agli altri compagni, e con loro formano la prima comunità di fedeli cristiani che, negli anni a seguire, riuscirà ad avere propri sacerdoti e una presenza importante nella società coreana.

IMG_20170908_110921                                                                         Chang Woo-sung: “Madonna con Bambino” – 1954. Arcidiocesi di Seul. Tanto la Vergine Maria che il Bambino Gesù indossano gli abiti tradizionali coreani.

La nuova comunità che propugnava l’eguaglianza non fu ben accolta dalle classi dominanti e dalla stessa casa reale ed ebbe così inizio una campagna persecutoria che porterà al martirio decine di migliaia di seguaci di Cristo. Gli episodi di nascita delle comunità di fedeli e delle persecuzioni subite sono i più documentati e meglio rappresentati in questa rassegna con vari reperti, alcuni di grande suggestione come le ciotole sepolte insieme ai martirizzati e sulle quali sono riportati i nomi  dei loro proprietari, oppure con i vasi di terracotta, con le croci in bella evidenza, contenenti le derrate e prodotti di artigianato vari  da vendere nei mercati e nelle ferie locali. Il nuovo corso, con tanto di riconoscimento ufficiale, inizia nel 1895 e a tutt’oggi, malgrado l’ostracismo subito nei periodi di occupazione giapponese e della dittatura militare del  dopo seconda guerra mondiale, i cattolici sono circa sei milioni con 103 santi, 124 beati, un venerabile e 252 servi di Dio, in gran parte martiri.

IMG_20170908_110726_BURST004Opera pittorica in lacca con intagli in madreperla realizzata seguendo la tecnica artistica Najeonchiwa da più artisti, maestri nazionali quali l’ebanista Kim Euiyong, l’intarsiatore di madreperla Kang Jeong-jo ed il laccatore Sohn Dae-yun sotto la supervisione dell’artista Kim Kyung-ja, professoressa emerita dell’Università Hanyangl. La parte sinistra ricorda il passato, sono visibili i martiri incatenati, al centro il presente con la raffigurazione, fra le altre, di Adamo e Dio padre tratta dall’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina. All’estrema destra si è voluto rappresentare il futuro che attende la chiesa  cattolica, coreana inclusa, nel quale la buona pratica della recita del rosario sarà la base di partenza per la concordia fra le nazioni, rappresentate dalle bandiere nazionali.

Le fasi salienti di questa storia che hanno interessato i tre momenti principali nel passato, nel presente e nel futuro  è stata riepilogata e raffigurata  nel dipinto in lacca con intagli in madreperla con la tecnica artistica Najeonchilwa, tipica coreana,- vedi in proposito quanto scritto in questa rubrica sulla mostra allestita a Roma  nell’Istituto di Cultura Coreana –  dalle dimensioni ragguardevoli, la sola lunghezza supera i sei metri, e dal suggestivo titolo “Alzati, rivestiti di luce” (“Surge illuminare” è il  testo latino riportato sull’opera), presentata nel 2014 in occasione della visita di Papa Francesco in Corea con la beatificazione di 124 martiri. Oltre i valori artistici e commemorativi questo dipinto realizzato dall’uomo con i prodotti della terra, con l’utilizzo della lacca e del mare con le conchiglie, simboleggia l’armonia reciproca tra il cielo, la terra e l’uomo. “L’intera composizione”, sono le parole dei curatori , “è basata sui Sipjansaengdo, dipinti popolari raffiguranti i dieci simboli della longevità, per testimoniare il desiderio di armonia fra le due Coree, il ripristino della cultura della vita e la pace nel mondo”. Centottantatre opere, tante sono presenti in questa rassegna, molte di gran pregio ed interesse culturale, che superano a piè pari  i valori artistici ed etici e si fanno interpreti di altri di maggior interesse umano.

Roma – Città del Vaticano – Braccio di Carlo Magno – fino al 17 novembre 2017 con ingresso gratuito Maggiori informazioni su www.museivaticani.va – aos.catholic.or.kr

Luminosità millenaria :”Nagion & Ottcil” – Risplende a Roma all’Istituto di Cultura Coreano.

Testo e foto di Donatello Urbani

Le tecniche che prevedono l’uso della lacca e madreperla nelle opere d’arte visiva in Corea risale alla notte dei tempi tanto da divenire un’arte che, per eccellenza, più delle altre caratterizza questa nazione, mentre in Italia  sono state introdotte abbastanza di recente e comunque mai su lacca. Trentatre fra i migliori artisti dell’artigianato simbolo della Corea sono stati invitati ad esporre a Roma, nei locali dell’Istituto di Cultura Coreano in una interessante mostra dal suggestivo titolo “Luminosità millenaria : Nagion & Ottcil”,  le loro opere realizzate con lacche e intarsi in madreperla.

IMG_20170907_194209Kim Myeongcheol – maestro delle arti e della cultura di Corea – :Affresco: “I pini dell’isola di Jeju”. Opera realizzata attraverso l’intaglio a striscioline con seghetto a maki-e, utilizzando conchiglie provenienti dalla Nuova Zelanda e da Numhae, in Corea del Sud.

Il Maestro Son Dae Hyeon, intervenuto nel corso dell’inagurazione precisa che: “La madreperla e la lacca sono materiali reperibili in natura. Per il primo, si utilizzano più di un migliaio di tipi di conchiglie iridescenti, fra cui l’abalone e le conchiglie a spirale. Si opera, attraverso diverse tecniche, sulla struttura di base dell’oggetto, che viene ultimato con la stesura di una vernice ottenuta dall’Albero della Lacca. L’opera finita non è solo un utensile non nocivo alla salute, ma anche un lavoro riconosciuto a livello artistico, che fonde, armonicamente, la tradizione con il presente”.

davHwang Samyong – Maestro artigiano del Ministero del Lavoro –  e Lee Ikjong – Maestro delle arti e della cultura di Corea -: “Ciottoli”. Le pietre provengono dal fiume Hongcheon, nella regione di Kangwondo, trattate con fibra di vetro e diversi tipi di conchiglie sminuzzate in parti di mm.0.4. Utilizzata anche la tecnica d’intaglio a striscioline sviluppata sin dal periodo Goryeo, insieme a nuovi materiali.

Se un oggetto ha come supporto una base in legno assume il nome di “Mokchil, nel caso di altro materiale si chiama  “Geonchil”, per la canapa, “Ramtaechil” per il bambu, “Jitae” su carta Hanji, “Geumtaechil”, per il metallo, “Wataechil”, per la porcellana, mentre la pittura a lacca si chiama “Chilhwa”, “Sihwa” se si usa la polvere dorata a spruzzo e “Nagak” sono chiamate le decorazioni con parti di uovo.

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Helena Kim (Kim Ju) – Maestro delle uova in lacca e madreperla della Federazione delle Organizzazioni artistiche e culturali della Corea : “Imperatrice Myeongseong” e “Ombre blu”. Classico oggetto matrimoniale che rappresenta la leggenda dell’uovo sulla ricerca dell’orige della vita.

Tutto questo offre una precisa idea di come di come “L’arte degli intarsi in conchiglia e di pittura delle decorazioni in lacca”, sono le parole di Lee Soomyoung, Direttore dell’Istituto Culturale Coreano, “ è ottenuta attraverso la combinazione di diversi pigmenti in una tradizione millenaria sviluppatasi già nel periodo dei Tre Regni, di Shilla Unificata e nel periodo Kpryo e quello Jeoson prima di giungere ai nostri giorni”. Inoltre ha tenuto a precisare che: “La verniciatura in lacca possiede tre caratteristiche artistiche peculiari, che la differenziano dalle altre tecniche. La prima è identificata con la durevole lucentezza iridescente della madreperla, la seconda riguarda la maestria nel rivestire di meraviglia le opere di artigianato, mentre l’ultima è la misteriosa originalità che, nonostante il passare del tempo, viene espressa insieme alle altre nelle lacche, incluse quelle esposte anche in questa sala che oltre richiamare l’attenzione e suscitare interesse offrono l’occasione di far conoscer 33 grandi artisti coreani”.

IMG_20170907_193859Gim Sangsu – Maestro Laccatore -: “Tavolino con motivi di fenici dipinte in lacca”. Opera realizzata con la tecnica della polvere d’oro inventata dal maestro Kim Sangsu.

Una rassegna questa di grande interesse , testimone tanto dell’arte quanto della cultura  nazionale coreana, che conferma una volta di più l’antica massima; “L’arte deve sposare la vita”.

Roma – Istituto Culturale Coreano Via Nomentana, n.12 .  La mostra “Luminosità millenaria – Nagion & Ottcil – “ fino all’11 ottobre 2017 con ingresso gratuito dal lunedi al venerdi dalle ore 9,00 alle 17,00. Consigliata la prenotazione al n. 06.441633 – e.mail: info@cullturacorea.it – sito web: www.culturacorea.it anche per informazioni ed iscrizioni alle tante attività dell’Istituto.

Giuseppe Carta in mostra a Roma al centro Eataly con “GERMINAZIONI – I diari della terra”.

Testo e foto di Donatello Urbani – Ricerche bibliografiche di  Mariagrazia Fiorentino

Anche il linguaggio delle nature morte, alla stregua di quanto avvenuto nelle arti figurative nel corso degli anni, si è notevolmente modificato adeguandosi di volta in volta agli umori e al diverso sentire degli artisti. Così si può affermare, senza timore di smentita, che le opere di Giuseppe Carta esposte nel punto commerciale Eataly di Roma, location tanta insolita quanto particolarmente consona, rappresentano il sentire artistico ultimo nato e chiude il simbolico cerchio iniziato millenni fa  con le raffigurazioni naturalistiche all’alba della nostra civiltà  come testimoniato  nelle bellissime opere d’arte  presenti in vari musei,  siti archeologici e nelle decorazioni delle “domus” e “villae” pompeiane e romane.

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La mostra “Germinazioni. I diari della Terra”, ideata e organizzata da Arte Contemporanea Italiana in collaborazione proprio con Eataly, esplora il rapporto tra cibo, arte e natura attraverso circa trenta opere tra sculture policrome in bronzo e oli su tela, di medie e piccole dimensioni. Fino al 30 settembre, come scrivono i curatori, “ciliegie, limoni, fragole, uva, fichi e melograni, mele e pere diventano cibo per l’anima grazie alle opere iperrealiste di Giuseppe Carta. La cornice di Eataly permette un’immediata armonizzazione visiva e concettuale tra le opere ed i loro corrispettivi “commestibili”. Il cibo stesso è arte e il luogo che negli ultimi anni ha più di tutti valorizzato e diffuso nel mondo i migliori prodotti culinari italiani apre le sue porte all’arte di Carta, capace di suscitare una riflessione sull’incredibile varietà di prodotti gastronomici presenti nel nostro Paese e curiosità sulle potenzialità comunicative del cibo”. Allo scritto dei curatori fanno riscontro le parole dell’artista: “L’arte può esplorare nuovi orizzonti e nuovi contesti perché si può decontestualizzare tutto ma non gli argomenti trattati, nel senso che un’opera d’arte, un cibo, un libro, un concetto o una pièce teatrale possono essere presentati in ogni luogo e in ogni ora del giorno ma ciò non toglie la sua Essenza e la sua Natura”.

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Proprio il rapporto con la natura è il tema trattato in tutte le opere  di Carta in maniera del tutto intima e personale maturato dall’ esperienza nella cura dei suoi frutteti e dell’oliveto, in particolare, sulle colline di Banari, suo luogo di nascita in Sardegna. L’osservazione giornaliera delle piante, dei fiori e dei frutti sono la fonte primaria nella realizzazione delle opere sia pittoriche che scultoree in un realismo più perfetto del reale. Alquanto singolare è anche la realizzazione delle sue opere che oltre a richiedere tempi lunghi come avviene in natura per la raccolta dei frutti Carta adopera una tecnica antica, “la velatura, e per le sculture la fusione a cera persa che prevede lunghe fasi di modellatura, lavorazione e patinatura” come lui stesso tiene a precisare. Sempre i curatori scrivono in proposito: “Carta non trascura nulla, nelle tele come nelle sculture: frutta e ortaggi sono rappresentati in ogni fase del loro corso vitale, dai momenti di massimo splendore e fulgore, fino a quelli di caducità e germinazione, perché crede che non ci sia più bella cosa di un frutto maturo che ha nella sua pelle tutta la sua vita”. Significativi sono i versi che Pabblo Neruda ci offre in un omaggio letterario alla cipolla:

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                                                        “Cipolla, anfora luminosa,

                                                                petalo e petalo

                                                            si formò la tua bellezza   

                                                      squame di cristallo ti accrebbero                                                                                                               

                                                       e nel segreto della terra oscura  

                                                    si arrotondò il tuo ventre di rugiada …….

                                                   E come in   Afrodite il mar remoto

                                                                   duplicò la magnolia

                                                                innalzando i suoi seni

                                                                           così ti fece

                                                                         cipolla …………

                                                                         Esci dal suolo,

                                                                     eterna, intatta, pura

                                                                      come seme d’astro

                                                                          e nel tagliarti

                                                                       il coltello in cucina

                                                                      sale l’unica lacrima

                                             senza pena. Ci hai fatto piangere senza affliggerci ……………….”

Completa la mostra il catalogo edito da E20 Progetti che presenta, oltre le bellissime tavole a colori di tutte le opere in esposizione,  un’intervista a Giuseppe Carta realizzata dallo chef di Eataly Pino Cuttaia, con due ricette: Una elaborata dallo stesso chef e l’altra dallo stesso artista che presenta una saporita zuppa di cipolle di Banari (facile da realizzare).

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Per maggiori informazioni: presso lo spazio Eataly si tengono corsi di cucina aperti a tutti previa prenotazione sul sito www.roma.eataly.it/eventiedidattica. In occasione della conferenza stampa ,a chel Alessandra Mariani ha presentato e fatto realizzare ai presenti una saporita pasta di gnocchetti sardi con cipolla stufata, capperi r polvere di mandorle.

Roma - Eataly, Piazzale XII Ottobre 1492 – (Stazione Ferroviaria di Roma Osiense, seguire le indicazioni) – Metro B stazione Piramide e varie linee urbane bus e tram linea 3 – fino al 30 settembre 2017 con ingresso gratuito tutti i giorni, negli orari di apertura del negozio.  Info al pubblico dal lunedi al  giovedi dalle  9.30 alle 18,00; il venerdi  dalle 9.30 alle 17,00- telefoniche +39.02.58316316  e sito web https://www.eataly.net/it_it/negozi/roma/

Roma: Le strade del quartiere ebraico si vestono a festa per accogliere la 10^ edizione del Festival della Cultura Ebraica.

Mariagrazia Fiorentino – Donatello Urbani

La terra promessa da Dio al suo popolo è stata da sempre al centro dei pensieri, della cultura e della vita d’Israele e questo, senza dubbio, è da sempre alla base del grande amore e venerazione  che hanno riversato gli Ebrei sulla terra di tutto il pianeta indipendentemente dall’essere o meno quella assegnatagli da Dio. La comunità ebraica di Roma, non fa eccezione. Basta camminare per le strade del quartiere ebraico per avvertire e respirare a pieni polmoni  la vera romanità e quel senso di appartenenza a pieno titolo a questa città da oltre duemila anni.

In questo spirito e dopo il successo e la grande partecipazione popolare degli scorsi anni, anche quest’anno la Comunità Ebraica di Roma promuove e organizza il  Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica che in questa decima edizione ha per tema principale proprio la terra “Earth.Life beyond”, un percorso di riflessione e sguardo culturale, sociale e filosofico sul cambiamento e sull’innovazione scientifica e tecnologica verso il nostro pianeta.

“Un ricco panel di ospiti è stato chiamato a sviluppare l’argomento Terra in tutte le sue più ampie accezioni” tengono a precisare gli organizzatori, “Terra come identità, come viaggio e come ritorno, Terra come ambiente da conservare e trasmettere al futuro, Terra come risorse e Terra come modello di sviluppo.  Interventi e riflessioni dedicate a comprendere come la spinta dell’innovazione scientifica e tecnologica, nell’andare a delineare nuovi modelli di sostenibilità, agisca come agente acceleratore del futuro definendo nuovi perimetri di relazione, conoscenza e consapevolezza tra persone e comunità”.  A questo interessante tema si affiancano altri quali il letterario con presentazione di libri, incontri con scrittori, mostre, visite guidate alle testimonianze culturali ebraiche presenti nel territorio comunale di Roma e spettacoli dei quali uno, quello che sabato prossimo 9 settembre inaugurerà questa manifestazione incentrato su un pilastro della cultura ebraica: “La notte della Cabbalà”. Location principali: il Palazzo della Cultura, sede della scuola ebraica, il Museo Ebraico e i Giardini del Tempio. Il ricco calendario degli eventi prevede:

notte cabbalà_2                                         Notte della Cabbalà edizione 2016: In attesa di entrare alla visita guidata al Museo Ebraico di Roma

sabato 9 settembre: la Notte della Cabbalà, un vero e proprio evento nell’evento che vede l’intero Quartiere Ebraico del Portico d’Ottavia animarsi con una maratona di eventi culturali, musica, teatro, degustazioni, incontri letterari, che intende celebrare ancora una volta il sodalizio tra la Capitale e la Roma ebraica e che offre alla città la straordinaria opportunità dell’ingresso gratuito al Museo Ebraico e di poter fruire di visite guidate gratuite alla Grande Sinagoga e all’interno dell’Antico Ghetto; la perfomance artistica della serata è affidata a Enrico Fink, poliedrico musicista che metterà in scena, insieme a Giancarlo Schiaffini,  grande trombonista del jazz italiano, la session  “In Principio” – Il canto della creazione del mondo, uno spettacolo tra cosmologia, scienza e creazione con musica e voce narrante che partendo dai midrashim (racconti) sulla Genesi racconta la creazione del mondo da vari punti di vista.

In precedenza alle ore 20.45 ci sarà l’inaugurazione della mostra fotografica “Israele. Ritorno alla Terra” , una  raccolta di circa quaranta scatti dell’agenzia ebraica che testimoniano i primi anni dalla nascita dello Stato d’Israele, dal 1948. L’esposizione si concentra su tre temi: immigrazione, legame con la terra, la nuova vita nel neonato Paese. , l’inaugurazione della mostra Israele. Ritorno alla Terra, il tributo che il Festival dedica alle famiglie ebraiche che, provenienti da tutto il mondo, con il supporto della Jewish Agency, hanno fatto ritorno a casa, a partire dal 1948, dando vita allo Stato d’Israele. L’esposizione, in collaborazione con il Centro di documentazione Ebraica contemporanea e con il supporto di EL Al, presenta circa quaranta immagini di grande forza evocativa sui grandi temi dell’immigrazione ebraica, del legame con la terra e della nuova vita nel neonato Paese.

domenica 10 settembre: L’evento clou pone l’attenzione sul gemellaggio del Festival con la Giornata Europea della Cultura Ebraica incentrata sul tema Diaspora. Identità e Dialogo, alla quale è dedicata la sessione pomeridiana e serale .

lunedì 11 settembre Simonetta Agnello Hornby, Pierpaolo Pinhas Punturello e Francesca Nocerino  racconteranno le vicende degli Ebrei nel Meridione d’Italia, come terra di esilio, di partenze e di abbandoni, ma soprattutto come terra d’identità.

martedì 12 settembre: l’evento centrale sarà l’intervista di Benedetta Tobagi alla filosofa e sociologa Agnes Heller sul futuro della nostra società rispetto alla tematiche dell’etica, della sessualità e della famiglia. A seguire Edoardo Camurri intervisterà Helena Janeczek sul suo nuovo romanzo La ragazza con la Leica, dedicato a Gerda Pohorylle, donna formidabile e fotografa, morta “sul campo” durante la guerra civile spagnola nel 1937 e grande amore del fotografo Robert Capa.

mercoledì 13 settembre,  L’evento di chiusura è stato realizzato in collaborazione con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori. Sarà un omaggio al grande artista e musicista Herbert Pagani con due momenti di esibizione. S’inizierà con un reading, scandito da momenti musicali, interpretato e a cura di Ketty Di Porto incentrato sulla vita, le opere e la poetica dell’artista scomparso prematuramente a soli 44 anni. Dopo la performance sarà assegnata una targa come riconoscimento ad un giovane artista che si sia distinto nel suo percorso, e che abbia ideato un’opera ispirata ai temi, alla storia o alla produzione artistica di Herbert Pagani, nato in Libia ha subito, insieme alla famiglia e  a tutta la comunità di correligionari, l’ostracismo dei governanti libici, obbligandoli all’esilio.

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Roma: Museo Ebraico- Teca con reperti della comunità libica. Interessanti i manufetti in argento, la cui lavorazione, insieme all’oro, era l’attività principe della comunità stessa. Di gran pregio in vestito da sposa, con preziosi ricami e merletti. La cerimonia della sposalizio era molto curata nella realizzazione, seguiva consuetudini consolidate nel tempo e avveniva in prevalenza nel giorno di mercoledi, in tempo utile di ripudiare la sposa qualora il marito non l’avesse trovata illibata. – Foto Donatello Urbani

Una teca nel Museo Ebraico testimonia con vari reperti, alcuni donati dalla famiglia Pagani, questa nuova ulteriore “shoah” subita dagli ebre ilibici, molti espatriati successivamente in Italia.

Questa manifestazione sarà una festa voluta dall’intera Comunità Ebraica che apre la loro casa in un completo coinvolgimento di tutta la zona del Portico d’Ottavia con un’estensione anche al territorio comunale.  Una mano tesa in amicizia che deve essere stretta con calore.

Roma- Quartiere ebraico – Portico di Ottavia – dal 9 al 13 settembre 2017. Per informazioni rivolgersi al Centro di Cultura Ebraica 06.5897589 – e.mail centrocultura@romaebraica.it, siti web www.romaebraica.itwww.culturaebraica.roma.it

Un ritorno particolarmente gradito: La testa marmorea di Druso minore, opera del I^ sec. d.C.

Testo e foto di Donatello Urbani

Mancava dalla bacheca del Museo Archeologico di Sessa Aurunca, dove era custodita fin dal lontano 1926,  dagli anni del passaggio in quella città del fronte militare nel corso della seconda guerra mondiale. Il reperto fu sottratto, presumibilmente, da un militare tunisino del corpo di spedizione francese. A dimostrazione di questo le indagini compiute dal nucleo dei Carabinieri TPC – Tutela Patrimonio Culturale – hanno rilevato che il reperto fu commercializzato in Francia per essere, in un secondo tempo, trasferito negli Stati Uniti dove, nel 2004, fu acquistato dal museo di Cleveland per la considerevole cifra di circa tre milioni di dollari. L’appartenenza al Museo di Sessa Aurunca era ampiamente documentata, anche con immagini fotografiche, da una relazione del 1926 redatta in occasione dei lavori di scavo intrapresi nel criptoportico dell’antico teatro romano di Sessa Aurunca.  La restituzione ha seguito una procedura abbastanza travagliata ed ha avuto un felice esito grazie ad un’azione diplomatica condotta dal nostro Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo intrapresa in parallelo con una procedura giudiziaria aperta in precedenza. Tutto questo ha portato alla stipula di un accordo con il museo statunitense sottoscritto il 14 aprile scorso attraverso e grazie al quale, nel successivo mese di giugno, è avvenuto il rimpatrio della preziosa opera in Italia.

IMG_20170901_155750                                                         Testa marmorea di Druso minore – Marmo pario. Opera datata al I^ secolo d.C.

Il valore intrinseco della testa marmorea di Druso minore non è inferiore a quella culturale e morale così come le travagliate vicende di recupero non sono state inferiori alle turbolente vicende umane di Druso minore,  Druso Giulio Cesare,questo il suo vero nome, – Roma 7 ottobre 14 a.C./ 14 settembre 23 d.C.- è meglio conosciuto come Druso minore.  E’ stato un politico e generale romano appartenente alla dinastia giulio-claudia. Figlio primogenito dell’imperatore Tiberio, malgrado la primogenitura nella successione imperiale, gli fu preferito il fratello adottivo Germanico, con il quale s’instaurò un rapporto di conflitto e di collaborazione allo stesso tempo. Nell’anno 15, dopo aver sedato una rivolta militare in Pannonia, venne eletto console avendo anche l’incarico di governatore nell’Illirico e nel 19 quando Germanico morì rimase l’unico erede al principato. Le principali fonti storiche lo presentano come un abile comandante militare che sapeva mostrare la sua intelligenza nelle occasioni più importanti alle quali faceva riscontro una vita mondana costellata di vizi e banchetti accompagnate da un’eccessiva crudeltà ed altrettanto piacere nel vedere spargere sangue, tanto che le spade più affilate vennero chiamate “Drusiane” in suo onore. Comportamenti questi spesso criticati dal padre Tiberio, che gli rimproverava la troppa licenziosità e dissolutezza. I grandi analisti e biografi imperiali romani, soprattutto da Tacito in poi, mettono in evidenza la sua arroganza e superbia dietro un’apparente modestia, mentre Plinio ci riporta un aneddoto che ci fa capire come Druso conducesse una vita mondana, seguendo i consigli del raffinato gastronomo Apicio, a dispetto della condotta che gli veniva suggerita dal padre. La sua intolleranza e la sua impulsività, inoltre, sfociavano spesso in diverbi che lo mettevano in scomode posizioni specie nei rapporti con Seiano, potente e ambizioso prefetto del Pretorio, che ne organizzò l’uccisione. Il giovane venne eletto console una seconda volta nel 21 e ricevette la “tribuniacia potestas” nel 22, ma Seiano, constatato il pericolo che incombeva su di lui decise di colpire Druso attraverso la moglie Livilla, che era inoltre sorella di Germanico, e, fingendosene perdutamente innamorato, la portò all’adulterio mettendola contro il marito. Seiano riuscì ad avvicinarsi sempre di più a Tiberio, fino ad essere il suo consigliere personale, e questo gli consentì l’attuazione di un piano per eliminare Druso con un veleno che avesse un effetto lento, in modo da sembrare un malattia. Il veleno fu somministrato dal liberto Ligdo, uno degli schiavi preferiti di Druso, che si dice Seiano avesse legato a sé con lo stupro. Druso morì il 14 settembre dell’anno 23 d.C. e gli furono attribuiti gli stessi onori funebri che erano stati concessi a Germanico. I funerali furono fastosi e il corteo pieno di immagini degli antenati, da Enea e Romolo fino ai Claudii. Druso fu sepolto nel Mausoleo di Augusto, accanto al fratello Germanico e a fianco di suo nonno Augusto.

Per Visionare il reperto recuperato dagli USA: Roma –  Sede del Comando Carabinieri TPC – piazza S.Ignazio, 152 – tutti i sabati di settembre 2017 dalle ore 10,00 alle 14,00.

 

“Il Tesoro di Santa Rosa – Un monastero di Arte, Fede e Luce.” – In mostra a Viterbo

Donatello Urbani

Non sono molte le città che possono vantare una patrona autoctona, nata ed operante per tutta la vita sempre nella propria città. Viterbo è una di queste con Santa Rosa. Il 3 settembre di ciascun anno si festeggia la ricorrenza con una processione che coinvolge l’intera città accompagnata, lungo le strade cittadine, da una spettacolare macchina processionale del peso di varie tonnellate, alta decine di metri, trasportata a spalla da un gruppo di cittadini noti come “I Facchini di Santa Rosa”.

viterbo-1                                                                                                                Viterbo: Scorcio panoramico presente nel sito del Comune

In occasione dei festeggiamenti di quest’anno 2017 a cura della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, insieme al Comune di Viterbo e varie istituzioni private, fra le quali la Fondazione Carivit – Cassa di Risparmio di Viterbo- e il Centro studi Santa Rosa, è stata allestita nell’antico monastero, che ospita i resti mortali della Santa, una mostra nell’intento di esporre, insieme per la prima volta consegnandoli al godimento pubblico, preziosi manufatti tra cui manoscritti,documenti, dipinti, ceramiche e argenti sacri che intendono ricostruire la vita della Santa e le vicende meno note del monastero. Se nella lettura del testo ci fermassimo alla prima parte di presentazione della mostra: “Il Tesoro di Santa Rosa”, potremmo aspettarci un’esposizione di oggetti preziosi dal grande valore economico; niente di tutto questo! In realtà, come ha tenuto a precisare la Sovrintendente Alfonsina Russo: “Il tesoro di Santa Rosa è un patrimonio culturale e spirituale diffuso su tutta la popolazione della Tuscia e del Viterbese”. Questa, senza dubbio, è la maggiore caratteristica presente nell’importante rassegna che, in assoluto per la prima volta, svincola i valori economici da quelli intellettivi e spirituali a tutto vantaggio del vivere civile in armonia con i veri valori che dovrebbero essere presenti, purtroppo non sempre, nella nostra società.

Il percorso espositivo si articola in  quattro aree tematiche che presentano oggetti che narrano l’antico monastero e la sua decorazione; la vita di Santa Rosa e la sua canonizzazione; le monache di Santa Rosa e la vita nel monastero e, per finire, la devozione popolare con gli ex voto.

Balletta        Francesco d’Antonio Zacchi, detto Il Balletta (Viterbo, notizie dal 1430, + prima del 1476): “La Madonna del latte”. Affresco su laterizio

Fra i tanti oggetti esposti rivestono particolare importanza la teca contenente il corpo della santa insieme ad alcuni dipinti di grande interesse storico artistico, come quelli restaurati appositamente per l’esposizione dalla Carivit, quali la quattrocentesca Madonna del Latte, opera dell’artista viterbese Balletta, dipinta su una tegola e un olio su tela del XVI secolo raffigurante Sant’Orsola. Particolarmente interessanti sono il bozzetto di Marco Benefial (gentilmente concesso da Intesa San Paolo) con “La prova del fuoco”; le riproduzioni degli acquerelli secenteschi del Sabatini con la storia della Santa, dipinta a metà del Quattrocento da Benozzo Gozzoli nell’antica chiesa andata distrutta; i preziosi documenti relativi alla santificazione, fra i quali il manoscritto del 1457 contenente il processo di canonizzazione e le cosiddette “Lettere patenti” di 13 comunità limitrofe che lo sostenevano. Ciascuna lettera è munita di sigillo e si ritiene che siano i più antichi (1457) finora noti per quei comuni.

refUltCena                      Scuola del Cavalier d’Arpino: “L’ultima cena”. Dipinto murale presente nel Refettorio del Convento. 1612 rilevata dal cartiglio.

Nella sala del refettorio, dove dipinti murali appena restaurati consentono di calarsi nella vita del monastero, sono esposti gli antichi “Abadessati”, documenti conventuali che testimoniano i periodi delle varie Badesse insieme a ceramiche antiche ed elaborate oreficerie. Alcune ceramiche recano il nome per esteso della monaca che, messo in relazione con i nomi presenti nei registri dei Capitoli, ha permesso di attribuire con esattezza l’oggetto alla religiosa e di ricostruire uno spaccato della storia del monastero compreso tra la fine del XVI e il XVIII secolo. Infine gli ex voto, esposti anche virtualmente grazie ad una nuova postazione multimediale, testimoniano la devozione popolare verso la Santa e, nello stesso tempo, offrono uno spaccato sull’arte pittorica popolare nel viterbese.

Una visita a questa rassegna offre veramente una preziosa opportunità per godere di opere d’arte  che sono accompagnate anche da una profonda ispirazione per la fede e la spiritualità.

“Rosa” tiene a precisare il Prof. Attilio Bartoli Langeli, Presidente del Cenrtro Studi Santa Rosa di Viterbo, nel presentarci la figura della Santa, “ è una Santa giovane, povera e rivoluzionaria i cui resti, dal Tredicesimo secolo, sono ospitati nel Monastero posto nel cuore della città di Viterbo. Attorno al suo culto patronale, la Città dei Papi si stringe in una celebre festa incentrata sulla processione della statua con la luminosa macchina di S. Rosa, che esprime, in momenti di grande suggestione, il calore dei fedeli e l’attualità di una lunga storia”.

del_piombo_sebastiano_511_pieta                                                                                                         Sebastiano Luciani detto Del Piombo: “Pietà” – Museo Civico di Viterbo

Altrettanto interessante è il percorso turistico che affianca quello espositivo di questa rassegna in una simbiosi tale da raggiungere il reciproco completamento. A breve distanza dal Monastero di Santa Rosa si trova il Museo Civico, dove sono esposti, insieme ad alcune opere di grande valore artistico quali la “Pietà” di Sebastiano del Piombo, alcuni bozzetti delle antiche macchine processionali di Santa Rosa. Lasciato questo Museo, si può raggiungere il vicino Museo Archeologico dove sono esposte uniche testimonianze di arte etrusca recuperata prevalentemente nelle vicine necropoli della Tuscia quali Vulci, Tarquinia, Cerveteri e molte altre. Qualora si voglia prolungare la permanenza di un giorno, in un qualunque fine settimana, Viterbo offre di tutto e di più per soddisfare anche i palati più raffinati ed esigenti, sono solo in senso enogastronomico. Il bellissimo Duomo, vero scrigno di molteplici capolavori artistici è una meta obbligata. Inoltre in vari fine settimana a cura dell’Ufficio Turistico Comunale vengono organizzate delle passeggiate fra le strade cittadine che non hanno tutt’ora tradito l’originale aspetto medievale narranti la storia d’importanti figure femminili vissute quì fra quelle antiche pietre di tufo.  Per un’assistenza turistica diretta e ricevere informazioni sulle varie iniziative culturali si può contattare telefonicamente l’Ufficio Turistico Comunale al numero 0761.226427. Un valido aiuto su come muoversi in città è offerto dall’app “Viterbo ART City”, realizzata da ARM23 in partenariato con la locale amministrazione comunale, che porta tanto i turisti che la popolazione locale alla scoperta delle bellezze di Viterbo. “L’applicazione nasce al fine di regalare a quanti visitano la città, in forma del tutto gratuita, un valido strumento in grado di far godere le bellezze artistiche e culturali che Viterbo custodisce in maniera coinvolgente e innovativa” dice Luisa Ciambella, Vice Sindaco di Viterbo, che prosegue affermando: “L’app, disponibile per dispositivi iOS e Android, permette agli utenti, attraverso un sistema di geolocalizzazione, d’individuare l’esatta posizione della Macchina di Santa Rosa durante tutte le tappe previste in tempo reale. Inoltre consente ai visitatori di scoprire, in maniera interattiva, i punti d’interesse artistico e culturale presenti nelle vie della città, corredati da dettagliate informazioni in una realtà aumentata da esclusivi audio immersivi appositamente realizzati. L’app, disponibile in italiano e inglese, è scaricabile dagli store Android e iOS e prevede la possibilità di acquisti in-app per accedere ai contenuti speciali di alcuni punti d’interesse”.

Viterbo – Monastero di Santa Rosa – Via di Santa Rosa, n.33 dal 2 settembre 2017 al 6 gennaio 2018, con ingresso gratuito e Orario dalle 9.30-12.30; 15.30-20 (fino al 13 settembre) e a partire dal 14 settembre dalle ore 15.30-19.00. Info: Tel. 0761 342887;  e-mail: monasterosantarosa@alice.it  – www.sabap-rm-met.beniculturali.it

 

I nuovi scavi e restauri nell’area archeologica di Santa Croce in Gerusalemme hanno ridestato interesse turistico su una zona ricca di preziose testimonianze storiche, culturali e religiose.

Testo e foto di Donatello Urbani

Dall’arrivo dei piemontesi a Roma, così chiamavano i romani l’esercito italiano, l’area di Santa Croce in Gerusalemme ebbe una destinazione quasi esclusiva a caserma militare con una vasta piazza d’armi centrale attorno alla quale erano stati costruiti numerosi fabbricati. In occasione dei lavori di restauro e ristrutturazione intrapresi nel 2016 è venuto alla luce un pavimento mosaicato. Un primo esame, succeduto all’euforia iniziale, ha messo in luce chiaramente come lo stesso fosse  in stretto collegamento con due “domus” adiacenti facenti parte dei quartieri destinati ai dignitari della corte di Elena, madre dell’imperatore Costantino, qui insediatasi nel “Sessorium” – termine che indica un luogo di soggiorno imperiale- al confine con le mura aureliane.

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La prima domus è detta “dei ritratti” per i busti dei proprietari effigiati nel pavimento a mosaico in due triclini è, allo stato attuale, la più interessante fra le due. L’altra fu chiamata “della fontana” proprio per la presenza nel cortile di una fontana rivestita di lastrine di marmo bianco. Lo scavo stratigrafico, iniziato nel mese di maggio 2017, ha fornito precise indicazioni sull’intera planimetria della domus dei ritratti con un primo ambiente, forse solo parzialmente coperto, destinato ad atrio ed altri due locali di cui uno, un corridoio che era di snodo verso i diversi settori della casa, mentre l’altro, una terza stanza scoperta destinata a locale di servizio, é un ambiente delimitato da tufelli e laterizi con una vasca in cocciopesto collegata ad una canaletta di deflusso e un piano adibito a bancale e probabilmente anche alla cottura dei cibi.

burstL’interesse culturale e storico del luogo non si limita alla sola area archeologica. Destinato fin dal IX^ secolo a.C. ad area funeraria si trasformò a partire dal V^ secolo a.C. in area di grande interesse per la confluenza di tre grandi strade: Labicana, Prenestina, Celimontana e ben otto acquedotti, tra cui quello Claudio, la più antica testimonianza del comprensorio, risalente al 52 d.C., ed ancor oggi visitabile. Negli anni compresi tra il 42 ed il 38 a.C. con il riassetto urbanistico della città voluto da Augusto, l’area fu trasformata in quartiere residenziale con grandi ville e domus private immerse in magnifici e vasti giardini, conosciuti come “horti”. Famosi per la loro presenza, ancor oggi parzialmente presenti nella zona, furono quelli di Mecenate, con l’auditorium oggi raggiungibile da via Merulana, e gli Horti Variani che l’imperatore Elagabalo (218/222 d.CV.) acquisì a demanio imperiale e trasformò in una sua nuova residenza “Sessorium”, strutturata in nuclei monumentali che facevano perno su un atrio corrispondente all’attuale Basilica di Santa Croce. Della villa facevano parte anche l’anfiteatro Castrense ed il Circo Variano, utilizzati per giochi e corse di cavali, nonché le Terme Eleniane, edificate successivamente da Alessandro Severo (222/235 d.C.). La costruzione delle mura aureliane anticipò il ridimensionamento dell’intera costruzione, l’anfiteatro e il circo furono inglobati nelle mura, che  avverrà con Elena, madre di Costantino, che la destinò in parte ad alloggi privati di funzionari della corte, oltre quella destinata alla famiglia imperiale, trasformando il grandioso atrio in Cappella Palatina dedicata al culto della Croce di Cristo, ancor oggi praticato nell’omonima Basilica. Il degrado che seguì alla morte di Elena e alle tante vicende storiche accadute nella nostra città, escluso il fiorente culto religioso alla Croce di Cristo mai cessato negli anni, è decisamente finito grazie anche a questi lavori di ripristino con nuova fruibilità dell’area archeologica, nonché alla presenza di una importante istituzione quale il Museo degli Strumenti Musicali. L’area archeologica è aperta tutto l’anno su prenotazione il 1° e 3° sabato del mese, anche con visite guidate, per singoli alle ore 10,15 e per gruppi alle ore 9,00 e 11,30. Informazioni e prenotazioni sul sito web www.coopculture.it/heritage.cfm?id=65 e al numero telefonico 06.3996770.

Museo Nazionale Romano – Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale – TPC – restituisce il 59^ frammento del grande Rilievo in marmo del Mitra Tauroctonos.

Mariagrazia Fiorentino

Manca solo un piccolo frammento relativo alla mano destra, il sessantesimo di un magnifico “puzzle”, per completare interamente il pregevole rilievo marmoreo che raffigura il dio Mitra nell’atto di uccidere il toro, -opera artisticamente pregevole e databile al II  / III sec. d.C.- conservata alle Terme di Diocleziano del Museo Nazionale Romano.

1500031531059_RICOMPOSIZIONE_MITRA_2                                                             Ricomposizione del rilievo raffigurante il dio Mitra. Visibile sotto la mano il 60° frammento mancante.

In attesa della completa ricomposizione, in questi giorni di piena estate, c’è stata la consegna  del  59° tassello di questo grande rilievo in marmo lunense del Mitra tauroctonos, raffigurante la testa del toro e la mano sinistra del dio. Questa consegna del pezzo alla Soprintendenza Archeologica Romana  ha consentito la ricomposizione definitiva dell’importantissimo rilievo marmoreo.L’importante recupero è stato possibile grazie all’azione che il Nucleo Carabinieri TPC svolge, quotidianamente, nella lotta alla dispersione del patrimonio culturale italiano. In questo caso il Nucleo Carabinieri TPC di Cagliari, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, nell’ambito di una ampia attività d’indagine, ha portato al sequestro di questo reperto insieme anche ad altri beni culturali.Questa operazione nasce nel mese di febbraio di quest’anno da un controllo amministrativo ad un negozio di antiquariato del cagliaritano, durante il quale i militari del locale Nucleo Tutela Patrimonio Culturale hanno notato esposti due frammenti in marmo di verosimile interesse archeologico. I titolari dell’esercizio non sono stati in grado di fornire legittimanti dati di provenienza,  pertanto sono stati sequestrati e messi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, interpellata nel frattempo, dopo un accurato esame, ha giudicato i beni autentici, di sicuro interesse archeologico e riconducibili a maestranze altamente qualificate del II-III secolo d.C.La descrizione del seguito è affidata alle parole del Generale di Brigata Fabrizio Parrulli, comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale: “Considerato il pregio dei reperti, abbiamo proseguito le indagini effettuando ricerche sul web e nella banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, gestita dal TPC, con mirate verifiche delle opere riferibili alla rappresentazione del culto del dio Mitra nel mondo antico romano. Durante tali ricerche, l’attenzione di un militare si è concentrata sull’immagine del grande rilievo esposto alle Terme di Diocleziano in cui appariva, in piena evidenza, l’assenza della parte raffigurante la testa del toro e la mano del dio. Una prima sovrapposizione fotografica di uno dei due reperti sequestrati, che rappresentava lo stesso soggetto del tassello mancante al rilievo delle Terme di Diocleziano con l’immagine acquisita dal web del bene esposto,  ci ha permesso di rilevare numerose e significative attinenze formali e stilistiche tali da far considerare plausibile l’appartenenza del frammento al rilievo”.I controlli successivi hanno comprovato, senza ombra di dubbio, che le parti risultavano compatibili, anzi, perfettamente combacianti ed è stato tecnicamente possibile ricollocare il frammento nel fregio con raffigurazione del dio Mitra che uccide il toro esposto nelle sale museali delle Terme. Si tratta del 59° frammento di un manufatto straordinario, sia per la qualità dell’esecuzione sia per le vicende che ne hanno consentito la ricomposizione.rilievo MITRA TAUROCTONOS©MNR_ph L. Mandato                          L’intero rilievo mitraico dopo la collocazione del pezzo mancante rintracciato dai Carabinieri TPC

Altrettanto avventurosa è l’intera cronaca della ricomposizione di questo rilievo iniziata nel 1964, a Roma, in località Tor Cervara (sulla Via Tiburtina) con un’operazione di bonifica da residuati bellici in cui furono rinvenuti 57 frammenti di marmo lunense che andavano a comporre un grande rilievo. Una volta ricostituito, questo presentava la raffigurazione del dio Mitra che uccide il toro. Purtroppo risultavano mancanti le spalle e la testa del dio e altre parti fra cui il muso dell’animale. Nel 1965, il rilievo fu acquisito nelle raccolte del Museo Nazionale Romano dove fu collocato nelle ‘Grandi Aule’ delle Terme di Diocleziano. In occasione della mostra sui culti orientali nell’Impero Romano – allestita nel 2013 a Karlsruhe – è stato materialmente possibile ricongiungere le varie parti poiché tutte presenti contemporaneamente nella cittadina tedesca.

A seguito di accordi culturali istituiti fra la Direzione Generale per le Antichità e la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, con il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe (Germania), è stata possibile aggiungere al rilievo il 58° pezzo e, nel contempo, confermare l’ipotesi, già avanzata da uno studioso alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, secondo cui il frammento lapideo con volto di Mitra, acquisito per donazione dal Museo di Karlsruhe, fosse pertinente al rilievo da Tor Cervara conservato nel Museo delle Terme di Diocleziano.

Forse in qualche cantina di un abitante di Tor Cervara, o di qualche romano già abitante in quel quartiere, fra i tanti oggetti dimenticati si troverebbe anche il 60° pezzo relativo alla mano destra del dio Mitra. Una campagna di sensibilizzazione fra i romani intesa a rintracciare questo ultimo pezzo potrebbe portare alla completa ricomposizione dell’intero rilievo e contemporaneamente portare all’onore della cronaca un onesto cittadino benemerito del patrimonio culturale nazionale.

A puro titolo di cronaca: il valore commerciale attuale del rilievo supera i due milioni di euro.

 

Roma, Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano. Telefono: +39 06 477881. Fax: +39 06 4814125. E-mail: mn-rm@beniculturali.it