STATUAE VIVAE – Mostra fotografica di Sergio Visciano al Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps dal 2 ottobre al 1° novembre 2021

La mitologia classica é tutt’ora presente fra noi? La risposta si può trovare nella mostra fotografica sulla statuaria classica che racconta il mito, la  memoria e cultura attraverso uno sguardo contemporaneo.  I corpi nudi delle statue che Sergio Visciano propone nelle sue fotografie sembrano muoversi tra chiaroscuri e luci psichedeliche.

Niobide.MuseoNazionaleRomano.Palazzo Massimo©SergioVisciano

                                                                                    Niobe – Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo

Ventitré immagini che interpretano alcuni capolavori dell’arte classica appartenenti alle collezioni del Museo Nazionale Romano, ma anche dei Musei Capitolini, del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del Museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia e di Palazzo Mattei di Giove a Roma. Il progetto è risultato tra i vincitori della manifestazione di interesse indetta dal Museo Nazionale Romano a marzo 2020, nell’ambito del progetto “Archeologia e Fotografia”, con l’obiettivo di far conoscere il patrimonio archeologico italiano e straniero attraverso il linguaggio fotografico.

Afrodite Anadiomene.MuseoNazionaleRomano.TermediDiocleziano©SergioVisciano

                                                       Afrodite Anadiomene – Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano

Spiega il Direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger: “Con la mostra Statuae Vivae di Sergio Visciano si inaugura la prima mostra fotografica del progetto “Archeologia e Fotografia” del Museo Nazionale Romano. Il progetto è nato per promuovere il patrimonio archeologico attraverso il linguaggio universale della fotografia. Inoltre, il legame tra le opere e le immagini consente di rafforzare la relazione che esiste tra il Museo, il territorio in cui si inserisce e la creatività contemporanea. La mostra trova, quindi, nella sede di Palazzo Altemps la cornice ideale per un racconto visivo dedicato alla scultura antica, ponendosi in costante dialogo con le opere delle collezioni nobiliari qui conservate”.

Doriforo.MuseoArcheologicoNazionalediNapoli©SergioVisciano

                                                                       Doriforo (portatore di lancia) – Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Un viaggio fotografico, come scrivono i curatori, “tra passato e presente, avvenuto in luoghi che ospitano opere antiche di incomparabile valore e bellezza. Il primo corpo del lavoro, iniziato tra il 2006 e il 2007, è stato realizzato tra Roma, Napoli e Baia. Si è andato così a costituire un primo nucleo di opere che sono state esposte nel 2011 presso la Reggia di Colorno, nell’ambito del Festival ColornoPhotolife, poi successivamente, nel 2018, il progetto ha visto l’ospitalità del Museo Archeologico dei Campi Flegrei nel castello di Baia, nella cui cornice si è andato ad inserire, con un allestimento site specific sia all’interno che nelle logge esterne. La serie fotografica nasce dall’idea di valorizzare la statuaria classica presente nei più importanti musei archeologici del territorio nazionale, parte integrante dell’immaginario collettivo sull’antichità, sulla bellezza, sulla classicità. Con l’intento di creare una forte connessione tra l’opera d’arte e lo spettatore, si intendono valorizzare l’essenza dell’opera statuaria ed il proprio intrinseco messaggio che va oltre il tempo ed il contesto storico in cui è stata realizzata. Prendendo spunto dalla serie Mediterraneo del celebre fotografo Mimmo Jodice, in Statue Vivae Sergio Visciano osserva la luce che nelle diverse ore del giorno colpisce le statue e, utilizzando una tecnica di mosso in ripresa e una successiva rielaborazione digitale, realizza le sue foto. Lavora, in particolare, sull’addizione di elementi cromatici creando raffigurazioni in cui il colore diventa segno espressivo. L’osservazione che il fotografo fa delle sculture mette l’accento su un particolare gesto, una movenza, uno sguardo, con il fine ultimo di rendere l’opera viva”. “I diversi colori che ho utilizzato vogliono sottolineare lo “spirito” di ogni statua, esaltarne la forza o la dolcezza, la seduttività o la timidezza. Le sculture degli dei dell’Olimpo, oltre alla bellezza, raccontano il mito e la storia dell’Occidente, per questo ne sono stato affascinato e ho reputato necessario catturarli con la mia lente fotografica e rielaborare poi le immagini in chiave contemporanea. Questi miti, questi dei, sono ancora tra noi, e sono parte di noi, della nostra storia”, racconta Sergio Visciano. Le immagini del passato e la classicità sono quindi reinterpretate in chiave contemporanea e allestite nella sala delle esposizioni temporanee al primo piano del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps. Le ventitré immagini sono incorniciate da grandi strutture di ferro di modulo triangolare, che creano così un gioco di prospettive e suggestioni. La disposizione delle immagini concede al visitatore il tempo e lo spazio di riflessione, offrendo anche un effetto sorpresa nello scoprire le immagini del mito rese vive dall’occhio del fotografo. “Con Statuae Vivae Sergio Visciano reinterpreta la scultura classica e, con l’aggiunta di colore e movimento, dà vita a personaggi pulsanti che travalicano la classicità per diventare contenuti universali e morali,” afferma la curatrice Paola Riccardi.

Roma – Palazzo Altemps – Museo Nazionale Romano Piazza di Sant’Apollinare, 46 – 00186 Roma Orari: dal martedì al venerdì dalle 14.00 alle 19.45; sabato e la domenica dalle 10.30 alle 19.45. Titolo della mostra: Statuae Vivae Autore: Sergio Visciano Informazioni: https://museonazionaleromano.beniculturali.it/  L’ingresso sarà consentito solo ai possessori del Green Pass o di una certificazione equivalente.

Sardegna: Isola Megalitica – Un mondo in evoluzione che non dimentica le sue origini.

Mariagrazia Fiorentino

Mostra presente in quattro grandi Musei per un progetto paneuropeo. Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli sono le tappe di un evento internazionale dedicato alle antichissime culture megalitiche della Sardegna, compresa quella nuragica, per la prima volta al centro dell’attenzione internazionale.

Il Ministro  della Cultura On.le Dario Franceschini, nel suo intervento sottolinea che “…si tratta di una grande iniziativa, un segnale concreto per riaprire… C’é un grande interesse per la cultura, per un turismo colto, intelligente e di qualità….”La Regione Autonoma della Sardegna, proseguendo il progetto pluriennale di Heritage Tourism, finanziato dall’Unione Europea e dedicato all’archeologia, vuole individuare un canale turistico che affianchi quello estivo allestendo un grande evento espositivo che vuole evidenziare le grandi civiltà megalitiche nate e sviluppatesi nell’isola e testimoniate da oltre 7mila siti archeologici e una moltitudine di prestigiosi reperti quali l’eccezionale prestito del Museo Nazionale di Cagliari di uno dei Guerrieri di Mont’e Prama.

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Le antichissime culture megalitiche della Sardegna e in particolare la cultura Nuragica a partire da luglio saranno al centro, per la prima volta, di un incredibile evento internazionale, che toccherà a partire dal 30 giugno 2021 fino a settembre del 2022  quattro importanti città europee e i loro prestigiosi musei, rivelando al pubblico storie e testimonianze materiali, paesaggi e civiltà affascinanti e uniche, per molti versi ancora avvolte nelle nebbie della ricerca.

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Riflettori puntati, come scrivono i curatori: “…sulle sepolture delle “domus de janas”diepoca neolitica ed eneolitica e sulle iconicheriproduzioni statuarie di “deemadri”,talvolta veri e propri capolavori artistici; sulle incredibiliarchitetturedei nuraghi che hanno caratterizzato l’Età del Bronzo nell’Isola e sullecosiddette“tombe di giganti”; sui contatti tra civiltà lontane e suglieccezionalibronzetti nuragici raffiguranti donne, uomini, guerrieri eanimali; su spade votive, modellini di edifici e di navi e sugli incredibili,monumentaliGuerrieri di Mont’e Prama: autorappresentazione di unpassato mitico riferito all’apogeo dell’Età nuragica,ma in piena Età delFerro…..”

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E’ la prima iniziativa importante post covid 19 per il nostro paese, prima tappa Berlino Museo Nazionale per la Preistoria e Protostoria (dal 30/06/21 al30/09/21); a seguire, Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo (dal 19/10/21 al 16/01/22); Museo Archeologico Nazionale di Salonicco (dall’11/02/22 al 15/05/22); ed infine Napoli MANN MuseoArcheologico Nazionale (dal 10/06/22 all’11/09/22) che ospiterà questo evento nel prestigioso salone della meridiana e nei tre grandi giardini all’aperto per offrire ai visitatori… “un quadro completo per conoscere meglio questa regione”, come affermato dal Direttore del Museo MANN Dott. Paolo Giulierini.

Il catalogo che accompagnerà la mostra é una coedizione Skira / Il Cigno GG Edizioni e pubblicato in 5 lingue: italiano, inglese, tedesco, russo e greco.

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Il percorso espositivo inizia dal periodo recente e finale del Neolitico, quando si diffondono le”domus de janas”scavate nella roccia, ovvero in lingua sarda le “case delle fate odelle streghe” – in diversi casi successivamente monumentalizzate in facciata – oquando sidiffondono i dolmen e poi, in Età del Rame, quindi nel cuore della civiltà nuragica, vero simbolo dell’unicitàdella Sardegna. Nello stesso contesto, ispirati al megalitismo, sono anche gli edifici legati al campofunerario e i luoghi di culto, pur con tutti i mutamenti della religiosità che si possonosupporre nell’ampia fase nuragica. Le “tombe di giganti”, così chiamate a livello popolare a causa delle imponentidimensioni,che nell’immaginario venivano collegate al gigantismo dei defunti,erano in realtà sepolture comunitarie ospitanti anche centinaia di individui econnesse forse al culto degli antenati, davanti alle quali venivano praticati rituali eofferte, spesso al cospetto della rappresentazione di divinità (betili). Allo stesso modo anchei luoghi di culto e i santuarisi articolano in numerosetipologie edilizie tutte improntate al megalitismo:tempi a pozzo, fonti sacre e templia megaronsono diffusi in tutta la Sardegna a partire dal Bronzo Recente e spesso ledifferenti tipologie coesistono all’interno dello stesso complesso.

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La religiosità delle genti nuragiche è qui rappresentata al suo massimo gradodall’enorme numero diex voto figurati in bronzo- i cosiddetti “bronzetti” di cui lamostra darà conto con alcuni reperti di grandissimo interesse- che riproduconofigure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, ma anche animali,oggetti e persino edifici. Proprio la produzione della bronzistica figurata offre unospaccato vivace della società nuragica, del vestiario, della gestualità, delle armi,dei sistemi alimentari; mentre la presenza dicollane e vaghi in ambra, rinvenutinegli scavi degli ultimi trent’anni in tanti santuari della Sardegna,testimonia stretticollegamentidell’Isola non solo con il mondo mediterraneo,ma anche con lereticommerciali e culturali della Penisola e dell’Europa centrale.

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Anche nell’Età del Ferro (I millennio a.C.), in una società in cui si sono profondamentemodificate le dinamiche sociali, economiche e costruttive, i nuraghi, pur non edificatida vari secoli, continuano a essere centrali nell’immaginario collettivoquale simbolodi unpassato mitico in cui tutta la popolazione dell’Isola si riconosce. Finito il tempo degli ingegnosi e arditi costruttori di torri nuragiche, si diffondonodunque leminiature di tali edifici, in pietra, ceramica, bronzoe anche in materialideperibili, utilizzate probabilmente come altari in rituali collettivie rinvenuti infatti alcentro di edifici megalitici intesi come “capanne delle riunioni”.

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È questo il momento in cui alcuni gruppi emergono sugli altri e si formano le prime aristocrazie. A Mont’e Prama una di queste si autorappresenta e si autocelebra con un complesso scultoreo unico nel suo genere, composto da quasi 40 imponenti statue in pietra di Guerrieri, Arcieri e Pugilatori, oltre a modelli di nuraghe e betili.Per la nuova società, il tempo lontano degli eroi era oggetto di venerazione e di richiamo identitario.

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Un dato tuttavia è certo: la civiltà nuragica era ormai al tramonto. Nonostante questo, il suo retaggio continuerà ad essere leggibile attraverso i secoli, malgrado il mutare dell’orizzonte semantico: dapprima con l’arrivo dei Fenici attestati lungo le coste sarde a partire dal IX secolo a.C, quindi con la presa dell’Isola da parte di Cartagine, alla fine del VI secolo, e poi con l’arrivo dei Romani. Anche dopo la conquista romana (238 a.C.) l’eredità nuragica appare leggibile, come testimoniano i resti della cultura materiale in mostra e in alcuni casi le fonti epigrafiche che ci restituiscono una onomastica prelatina. Persino in età medievale i nuraghi e addirittura le “domus de janas” sono ancora oggetto di riutilizzo e molti villaggi medievali si addensano intorno alle torri nuragiche.

Giuseppe Modica ospite fino al 24 ottobre 2021 del Museo Hendrik Christian Andersen con una mostra dal titolo: “Atelier Giuseppe Modica 1990-2021”

Donatello Urbani

L’invito che i due curatori della mostra, Maria Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini, rivolgono ai visitatori è non solo quello di entrare nell’atelier dell’artista, bensì volgere lo sguardo fuori della finestra e osservare il mondo esterno e cogliere tanti precisi istanti di accadimenti che saranno gli indiscussi protagonisti delle opere di Giuseppe Modica a partire dagli anni 90 del secolo scorso e fino ai nostri giorni.

5Bz6_zMw                                                               Giuseppe Modica: “Anticoronavirus – Oltre il buio un orizzonte di luce” 2020

“La mostra che il Museo Hendrik Andersen dedica a Giuseppe Modica”,  come scrivono i curatori, “è un tributo alla sua carriera lunga e prolifica e, al tempo stesso, un omaggio a Hendrik Christian Andersen, nella casa museo dove sono raccolte quasi tutte le sue opere più importanti. Il percorso espositivo s’incentra sul tema dell’atelier, soggetto fra i più studiati dal pittore siciliano ed è proprio in questo contesto museale che s’inserisce la mostra di Giuseppe Modica. Qui all’ interno del suo atelier incontriamo i soggetti e i temi cari all’artista che Gabriele Simongini, co-curatore della mostra li presenta allo spettatore come in un…” viaggio dentro l’opera fra miraggi, riflessi, rifrazioni, esiti in controluce, rispecchiamenti. Ci lasciamo andare perdendoci in questi labirinti della visione mediterranea, sapendo che ammiriamo un’illusione che ci porta altrove, forse un’utopia dello sguardo capace di dialogare efficacemente con quell’afflato utopistico e ideale che, pur in modi diversi, ovunque si diffonde nel Museo Andersen. La vicinanza della realtà visibile viene trasfigurata nella lontananza dell’aura metafisica. Il quadro diventa un dispositivo di moltiplicazione visiva e riflessivo/speculativa”.

j83IwVvA                                                                         Giuseppe Modica: “Omaggio ad Antonello da Messina” – 1998

Il percorso espositivo si apre su un’opera emblematica di Modica, un omaggio al San Girolamo nello studio di Antonello da Messina con l’opera Omaggio ad Antonello (S. Girolamo nello studio)del 1990-91. In proposito scrivono i curatori: “Qui l’artista si ritrae seduto mentre dipinge, e lo studio, uno spazio assolato e aderente allo straordinario registro compositivo dell’opera di Antonello, si trasforma nell’atelier dell’artista, come a voler consacrare il valore della pittura”. L’Atelier è uno spazio privato che appartiene solo all’Artista; che i curatori ce lo presentano come “…il luogo di un labirintico intreccio di impressioni del quotidiano e di memorie culturali che prendono forma in oggetti-personaggio: la macchina fotografica, lo specchio, la squadra, il cubo di Dürer e le enigmatiche presenze di Man Ray.”

F9GkTnCA                                                                                    Giusppe Modica: “Le rotte della tragedia” – 2020

Oltre gli oggetti che ci rimandano agli indirizzi artistici seguiti dall’artista, quali quelli metafisici, i veri protagonisti li troviamo sul fronte dell’attualità con alcune opere dedicate al dramma dei migranti nel Mediterraneo e alla condizione di solitudine causata dall’attuale pandemia. Significativa la descrizione dei curatori che scrivono: “L’atelier diventa una tela solitaria immersa nell’intensa luce dello studio d’artista dove lo sguardo dello spettatore si accende sulla geografia del dolore o si trasforma in uno spazio quasi buio con una visione minimale del mondo.”  Prezioso per una precisa lettura dell’esposizione è il catalogo  edito da Silvana Editoriale con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Roma e dedicato al Centenario della nascita di Leonardo Sciascia.

Roma – Museo Hendrik Christian Andersen – Via Pasquale Stanislao Mancini, 20, fino al 24 ottobre 2012 con ingresso gratuito, dal martedì al sabato, dalle ore 9.30 alle 19.30 (ultimo accesso ore 19.00). Chiuso la domenica e il lunedì. Ingresso contingentato fino ad un massimo di 15 persone in contemporanea -per i gruppi fino a quindici persone con guida è prevista la prenotazione via mail da martedì a sabato –il singolo utente può prenotare al massimo per altre tre persone (totale quattro). Info: tel. +39 06 3219089 – sito web: www.direzionemuseistataliroma.beniculturali.it  – e. mail dms-rm.museoandersen@beniculturali.it  – Social: FB: MuseoHendrikChristianAndersenTW: @MuseoAndersen

Mostra al Palazzo delle Esposizioni: “Toccare la bellezza: Maria Montessori – Bruno Munari”

L’esposizione presente al piano zero del Palazo delle Esposizioni di Roma fino al 27 febbraio 2022 è organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo é stata voluta dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona, in collaborazione con la Fondazione Chiaravalle Montessori e l’Associazione Bruno Munari e con il prezioso contributo dell’Opera Nazionale Montessori. Il senso del tatto e l’esperienza del bello sono stati duramente colpiti dalle limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria. Accettando una sfida che può sembrare audace, dopo il grande successo al Museo Tattile Statale Omero di Ancona, nel centenario del Manifesto del tattilismo di Filippo T. Marinetti, la mostra, coordinata nell’edizione romana dal Laboratorio d’arte dell’Azienda Speciale Palaexpo, rimette al centro l’importanza del toccare e il suo valore estetico ed educativo. E’ questa un’occasione per conoscere meglio due tra i più illustri protagonisti della cultura italiana moderna, riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo e per la prima volta insieme in un’esposizione, attraverso il pensiero e i materiali di Maria Montessori e i progetti e i lavori originali di Bruno Munari. Partiti da esperienze, formazioni e riflessioni differenti, trovano proprio nell’esperienza estetica tattile un possibile punto di incontro.

L’allestimento, si articola in cinque nuclei tematici: le forme, i materiali, la pelle delle cose, alfabeti e narrazioni tattili, manipolare e interagire. Ogni sezione racconta il dialogo tra i due protagonisti attraverso oggetti, libri, strumenti esposti su tavoli appositamente ideati e disegnati, le cui forme sono in dialogo con le opere a parete. A conclusione del percorso l’ultimo tavolo-laboratorio permette ai visitatori di osservare, manipolare e sperimentare in sicurezza una selezione di opere e oggetti che approfondiranno, ogni mese, aspetti e collegamenti diversi.Una mostra dinamica che guarda verso il futuro e la possibilità di poter tornare a vivere a pieno le esperienze tattili e multisensoriali con una nuova e più matura consapevolezza.

 

Laocoon Zoo – Mostra di arte antica, moderna e contemporanea curata da Monica Cardarelli e Marco Fabio Apolloni con protagonisti gli animali

Redazione

Una positività, fra le pochissime, lasciataci dal Covid-19: guardare i nostri amici animali con nuovi occhi: Le lunghe, interminabili ore d’isolamento fra le mura domestiche sono state accompagnate spesso da un animale. Gli stessi disegnati, dipinti, scolpiti, forgiati nella ceramica che sono i protagonisti di una nuova, interessante e divertente mostra che la Galleria del Laocoonte inaugurerà il prossimo 16 giugno a Roma in anticipo rispetto alla sua inaugurazione nella sede di Londra per la London Art Week nel mese di luglio. Scrivono in proposito i curatori nel presentare questa bella iniziativa: “Sono più di 100 opere di arte antica, di Novecento e contemporaneo. Gatti, cani, scimmie, struzzi, ippopotami, galli, elefanti, e tanti altri animali che inteneriscono, commuovono, incuriosiscono, incantano e fanno sorridere per la loro irresistibile comicità. Il mondo sarebbe un posto molto più triste senza di loro e l’arte troppo seria. Molti artisti devono proprio agli animali, la loro fortuna. Antonio Raineri verso la fine del Settecento fu reso celere dai suoi innumerevoli, variopinti uccelli esotici. Tofanari è del Novecento il perfetto animalier. Andrea Spadini (1912 – 1983) fu adorato dalle star di Hollywood soprattutto per le sue esilaranti scimmie, famosissimo è il suo gigantesco girotondo di animali intorno alla Torre dell’orologio musicale di Central Park, di cui in mostra alcuni bozzetti preparatori in terracotta. Per Marino Marini (1901 – Viareggio 1980) i cavalli furono una magnifica ossessione. Per Pericle Fazzini il gatto un poetico scherzo. Per Patrick Alò (1975) gli animali prendono vita da rottami di metallo genialmente assemblati. Oltre questi saranno in mostra opere di: Gaetano Monti, Joseph Gott, Libero Andreotti, Duilio Cambellotti, Alberto Martini, Marcello Dudovich, Enrico Sacchetti, Primo Sinopico, Pippo Rizzo, Orfeo Tamburri, Torquato Tamagnini, Pino Pascali, Leoncillo, Fabrizio Clerici, Eugene Berman, Alberto Ziveri ed altri ancora”. Il Catalogo della mostra è curato da Monica Cardarelli e Marco Fabio Apolloni. (Edizione D’Arte 2021)

Visite su appuntamento  con orario dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00 dal martedì al venerdì. Galleria del Laocoonte: tel.+39 06 68308994 oppure per Email: info@laocoontegalleria.it

Dalla parte di Beatrice: Al Museo Barracco La Vita Nova nelle opere di 10 artiste italiane- Un omaggio tutto al femminile per il sommo poeta

Dante - Giosetta FioroniRedazione

Il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco a Roma, 0spita fino al 19 settembre 2021 la mostra La Vita Nova. L’amore in Dante nello sguardo di 10 artiste, progetto speciale che dopo Roma proseguirà a Napoli presso il Museo Madre, partner dell’iniziativa. La mostra coinvolge 10 artiste italiane contemporanee di diverse generazioni: Micol Assaël (Roma, 1979), la fotografa Letizia Battaglia (Palermo, 1935), Elisabetta Benassi (Roma, 1966), Marta dell’Angelo (Pavia, 1970), l’artista e film-maker Rä di Martino (Roma, 1975), Giosetta Fioroni (Roma, 1932), Marzia Migliora (Alessandria, 1972), Sabina Mirri (Roma, 1957), Elisa Montessori (Genova, 1931) e un’opera di arte visiva della poetessa Patrizia Cavalli (Todi, 1947).

Dante - Elisabetta BENASSI 1

                                                                                                             Elisabetta Benassi

Il progetto di questa mostra prende spunto dal celebre testo giovanile di Dante Alighieri, proponendosi di chiedere alle artiste un’opera ispirata ai temi della Vita Nova: la celebrazione dell’amore; l’apparizione e la santificazione della donna amata; il connubio amore e morte; l’elevazione spirituale e la ricerca di Dio attraverso l’amore terreno, ma anche la crudeltà dell’amore come appare nell’inquietante sogno di Dante che immagina Beatrice nell’atto di mangiare il suo cuore.

Tutti temi che possono essere rielaborati attraverso quella ricerca visiva che, soprattutto le artiste dalla seconda metà del Novecento, hanno abbracciato a partire dalla propria esperienza personale. Del resto, la novità del testo di Dante fu proprio quella di porsi in forma autobiografica, in una sorta di diario che indaga il sentimento d’amore e lo distilla in un’opera letteraria dai forti elementi visivi. Il tema di questa mostra non è illustrativo. Vuole piuttosto offrire un confronto ravvicinato fra la contemporanea sensibilità di un’artista donna e l’eternità di un testo che, al di là delle tante interpretazioni mistiche, esoteriche e allegoriche, resta un paradigma del discorso d’amore nella cultura d’Occidente.

Scenario di questo appassionante e avvincente percorso espositivo, che mette in scena 10 modi diversi di fare arte nell’affrontare le tematiche proposte, è il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco. Questa splendida sede, che reca la firma di Antonio da Sangallo, fa da cornice alla raccolta di antichità donata da Giovanni Barracco alla città di Roma nel 1904. Oggi, la collezione Baracco, costituita da reperti di atemporale bellezza – che vanno dall’arte egizia a quella Sumera e Assira, dalla scultura ellenistica alla pittura a fresco romana – si interseca con le opere delle artiste, creando uno spazio intimo e insieme corale, pieno di suggestioni.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da All’Insegna del Mare, la casa editrice fondata nel 2019 dal Centro Studi Roccantica assieme a Franco Cardini e Roberto Mancini. Corredato da un intervento storico-critico della curatrice Alessandra Mammì e da un testo firmato dall’italianista e professore all’ Università per Stranieri di Perugia, Floriana Calitti.

Roma – Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco – Corso Vittorio Emanuele II – Fino al 19 settembre 2021 con ingresso gratuito e nel rispetto delle norme anti Covid19. Informazioni e prenotazioni delle visite www.museiincomuneroma.it

“Il Carro di Eretum” – In mostra a Rieti – Palazzo Dosi -fino al 10 ottobre 2021

Le bardature equine del carro di EretumDonatello Urbani

Il titolo completo di questa interessante mostra di reperti archeologici sabini è “Strada facendo – Il lungo viaggio del Carro di Eretum”. Da questi reperti si può chiaramente intendere che quanto esposto, non solo il carro in se stesso che comunque era destinato a viaggiare, risalga a corredi funerari e che sia passato dalle mani di scavatori di frodo, così detti tombaroli, a varie sedi, alcune museali, quali l’ultima: Ny Carlsberg Clyptotek di Copenaghen prima di giungere a Rieti per un’esposizione temporanea – Palazzo Dosi – curata da Alessandro Betori, Francesca Licordari e Paola Refice, e trovare, successivamente, sistemazione definitiva nel bellissimo Museo Archeologico di Fara in Sabina, la sabina Cures, dal quale provengono parte dei reperti esposti a Rieti.

materiali ceramici pertinenti alla deposizione del _principe_

Proprio in questo territorio: Eretum, l’attuale Montelibretti, si trova la tomba del VII secolo a.C. contraddistinta dal numero XI per distinguerla dalle altre facenti parte della Necropoli del Forno.

laminette d'oro (foto Q. Berti)

Nel corso dei secoli, fino al III^ a.C. la tomba che per la sua particolare collocazione e monumentalità si distingueva dalle altre, accolse più sepolture, documentate da vari reperti lungo l’articolato percorso espositivo,  fra le quali quella di un personaggio di rango elevato, forse un principe sabino, con tanto di corredo funerario che oltre le ceneri raccolte in una preziosa cassetta ornata di pregevoli lamelle bronzee, comprendeva armi, vario materiale e ben due carri: uno da passeggio ed uno da parata con tanto di decorazioni auree e varie bardature per i cavalli.

Rieti – Palazzo Dosi –  Piazza Vittorio Emanuele II^ – fino al 10 ottobre 2021 con ingresso gratuito dal martedi alle domenica dalle ore 17,00 alle20,00 con prenotazione obbligatoria sulla piattaforma Eventbrite nel rispetto delle norme anti Covid 19

 

 

Savinio incanto e mito – Mostra al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps fino al 13 giugno 2021.

Donatello Urbani

Una critica non troppo benevola, vuole, con una buona dose di superficialità, la pittura romana della prima metà del secolo scorso una testimonianza archeologica avvalorando così la bella iniziativa della direzione di Palazzo Altemps, uno dei più interessanti e raffinati musei archeologici presenti a Roma, che ospita una grande mostra monografica del pittore Savinio dal titolo “Incanto e mito”, per la cura di Ester Coen e l’organizzazione di Electa. Se da un lato ci sono le notevoli ed importanti trasformazioni intervenute nel frattempo nell’arte pittorica, in contrapposizione troviamo la modernità dei personaggi e la validità tutt’ora presente nel messaggio artistico che hanno tramandato. La rassegna presente a Palazzo Altemps,  che ospita circa 90 lavori, tra dipinti e opere grafiche, lascia emergere, come scrive la curatrice, “i molteplici interessi dell’artista che spaziano dalla musica alla letteratura, dalla pittura al teatro. Eclettico ed erudito, Alberto Savinio (Andrea De Chirico, 1891-1952) rappresenta la figura di un intellettuale dalla complessità straordinaria, capace di far dialogare e intessere le discipline umanistiche in un linguaggio visionario e all’avanguardia. Un aspetto pienamente messo in luce dall’innesto delle sue opere nella collezione permanente di arte antica del Museo”.

Savinio-Poema marino

                                                                                                                “Poema marino”

L’intero percorso espositivo è stato suddiviso in vari periodi  corrispondenti ai più importanti momenti che hanno interessato la vita artistica di Savinio partendo da un focus, tra gli anni 1925 e il 1931 trascorsi a Parigi dall’artista, per giungere alle ultime produzioni testimoni di una poetica che associa e coniuga antico e moderno, estetica e ironia, memoria e fantasia in un’ottica globale oggi di grande attualità.  Scrive in proposito la curatrice: “Il gioco, le strutture e trame illusorie e chimeriche, le civiltà passate e le epoche aurorali, la decostruzione dei racconti leggendari e mitici, le caleidoscopiche immagini che spezzano l’equilibrio visivo in composizioni inattese e folgoranti, diventano gli indizi da inseguire negli spazi del piano nobile del Museo. Sarcastico e pungente, Savinio affonda a piene mani nella letteratura “noir” e misterica, nella filosofia greca riletta attraverso i pensatori tedeschi di fine ottocento, Nietzsche in particolare nell’illuminante metafora del gioco, scintilla primaria per l’esegesi dell’artista.” Contrariamente al fratello Giorgio De Chirico, Alberto Savinio fu più eclettico con uno spirito più gioioso del loro tempo dando, nel contempo, lustro all’arte italiana.

Savinio-Ira di Achille

                                                                                                             “Ira di Achille”

Museo Nazionale Romano Palazzo Altemps Roma, Piazza di S. Apollinare, 46 fino al 13 giugno 2021 dal lunedì al venerdì dalle ore 14.00 alle 19.45 (ultimo ingresso ore 19.00) chiuso il sabato e la domenica biglietti abbonamento annuale 10 € (valido fino al 31 dicembre 2021, consente l’ingresso a tutte le sedi del Museo Nazionale Romano: Palazzo Altemps – Terme di Diocleziano – Crypta Balbi – Palazzo Massimo). Biglietto d’ingresso 2 € per i cittadini dell’Unione Europea di età compresa tra i 18 e i 25 anni gratuità secondo la normativa vigente (biglietto online) Card2020 la validità è prorogata al 31 dicembre 2021 servizio di biglietteria unicamente online www.coopculture.it. Modalità di visita: è sospeso il servizio di biglietteria in sede – obbligo di indossare la mascherina – misurazione della temperatura tramite termoscanner all’ingresso; gel igienizzante a disposizione dei visitatori all’ingresso; ingresso consentito al massimo a 14 visitatori ogni 15’. Percorso di visita a senso unico indicato da mappe, anche scaricabili dal sito del Museo. Il piano terra di Palazzo Altemps resta temporaneamente chiuso, le visite guidate sono consentite a un massimo di 10 visitatori, incluso l’accompagnatore. E’ sospeso il noleggio delle audioguide; è garantito il servizio di bookshop informazioni mn-rm.info@beniculturali.it

La presa di Porta Pia – Le celebrazione per il 150^ Anniversario

Donatello Urbani

Ancor oggi la “Presa di Porta Pia” ha in sé validi ed importanti significati tanto da meritare, nel giorno 20 settembre di ciascun anno, varie celebrazioni non solo da parte dei vincitori: gli Italiani, con i Bersaglieri del generale Raffaele Cadorna, bensì anche dagli sconfitti: il Papa con il suo esercito dove la presenza di soldati stranieri era considerevole. La figura del Papa Re già nel 1870 era abbondantemente obsoleta e gran parte del clero così detto “illuminato” che in quegli anni, al di fuori della curia romana avendo un buon numero di adepti, si augurava che la chiesa, con il suo capo avesse un ruolo diverso, più spirituale e religioso, ed abbandonasse quello del Papa Re. Così, a dimostrazione che l’evento è tutt’ora presente anche al di fuori delle istituzioni pubbliche in occasione del 150° anniversario della presa di Porta Pia, la Galleria W.Apolloni, nella propria sede di Via Margutta 53B, ha allestito un’interessante mostra che, come ha scritto il titolare della galleria presenta: “alcune opere d’arte di somma importanza accomunate dall’eloquente titolo: Lo Zuavo e i Bersaglieri, a voler accomunare, dopo tanto tempo trascorso, spente le passioni e gli odii d’allora, gli avversari di un tempo in un unico sentimento di pietà e gratitudine”. Conosciamo tutti vita morte e miracoli del Corpo dei Bersaglieri italiani, mentre è quasi caduta nel dimenticatoio la memoria degli zuavi pontifici, corpo di volontari giunti da tutti i paesi cattolici, ma in maggioranza francesi, olandesi e belgi, giunti a Roma per difendere Pio IX. In mostra la presenza di questi volontari è rappresentata da una scultura funebre in marmo a grandezza naturale del capitano Augustin Latimier Du Clésieux (Saint-Brieuc, Bretagna, 1844-1871), già zuavo a Roma, caduto l’anno successivo nella guerra franco/prussiana. L’opera fu commissionata dalla madre contessa Du Clésieux all’artista Victor Edmond Leharivel Durocher (Chanu, Orne, 1816-1878), scultore ufficiale che nel Secondo Impero collaborò con l’architetto Louis Visconti – figlio dell’archeologo romano Ennio Quirino – ad ornare l’ingrandimento del Louvre voluto da Napoleone III. Augustin Du Clésieux era l’unico figlio di una famiglia bretone molto ricca e da poco nobilitata. La scultura, come scrive il titolare della Galleria Apolloni: fu posta sopra la tomba del defunto nella cripta di una cappella neoromanica, dedicata a S.Agostino, fatta costruire adiacente alla Scuola dei Fratelli della Dottrina Cristiana nella rue Vicaire della città di Saint-Brieuc. Nazionalizzata la scuola sotto la Terza Repubblica, distrutta la cappella nel 1971 per fare posto ad un parcheggio, chissà dove tumulate le ossa del povero Augustin, la monumentale scultura è andata all’asta a Brest quattro anni fa, nel più totale disinteresse dei locali e delle autorità preposte alla tutela artistica di Francia. Questa opera fu acquistata dall’antiquario romano Marco Fabio Apolloni proprio perché il giovane e nobile zuavo, già venuto a difendere papa Mastai contro “L’Anticristo” Garibaldi, tornasse a Roma per trovarvi, si spera, una pace definitiva. Il giovane ufficiale è rappresentato ancora vivo semisdraiato su una chaise-longue neo-rococò, nell’uniforme tipica che traeva origine dall’abbigliamento dei guerrieri algerini che i francesi combatterono nel 1830, e che fu reso famoso dalle seguenti campagne militari in Crimea e in Italia durante la Seconda Guerra d’Indipendenza. Solo il colore grigio celeste, che il marmo non può rendere, distingueva gli zuavi pontifici da quelli inquadrati nell’esercito francese. Per il resto lo scalpello di Leharivel è riuscito a descrivere il ruvido panno dell’uniforme, i pantaloni a sbuffo, il kepì con visiera, le babbucce ricamate e persino i merletti della camicia da cui spunta lo scapolare che il milite cattolico portava al collo. Sul fronte della base è graffita una baionetta, al centro della quale risalta in bassissimo rilievo la medaglia al valore che gli fu consegnata il giorno del funerale. “E’ proprio un’idea da Francesi, di vestire i difensori del Santo Padre da maomettani”. Così dicevano, i romani dell’epoca a proposito della bizzarria dell’uniforme degli zuavi che, non erano però soldati da operetta, se si considera che il pur brevissimo fatto d’arme di Porta Pia costò agli italiani il doppio dei morti e dei feriti rispetto ai pontifici. Corpi nuovi, creati più o meno negli stessi anni, Zuavi e Bersaglieri avevano combattuto fianco a fianco in Crimea e nelle battaglie del ’59”. In mostra con la splendida scultura dello zuavo francese morente sono presenti la famosa tela di Michele Cammarano (Napoli 1835-1920), testimone oculare dell’entrata degli italiani a Roma: la tela alta più di tre metri fissa le ancora calde, se così si può dire, impressioni della battaglia per conquistare all’Italia la sua Capitale; il quadretto del fiammingo Carel Max Quaedvlieg (Valkenburg 1823 – Roma 1874), minuscolo in confronto al Cammarano che, entro il suo perimetro di tredici per venti centimetri, riesce a inquadrare le Mura Aureliane e la breccia formicolante di Bersaglieri, con la morte del comandante Giacomo Pagliari sull’avanscena, e gli zuavi che sparano sullo sfondo di questa visione teatrale della Breccia. Completano questa mostra celebrativa il bozzetto in scultura di Publio Morbiducci (Roma, 1889-1963) per il monumento al Bersagliere eretto davanti a Porta Pia nel 1932 e due pastelli satirici che ritraggono Charrette comandante degli Zuavi pontifici e Mons. Pacca il giovane, Prefetto pontificio. Due ritratti del Cardinale Giacomo Antonelli, uno in marmo che lo raffigura giovane, di Giuseppe De Fabris, ed uno dipinto in miniatura a smalto su pietra lavica da Filippo Severati – inventore della tecnica che andò perduta alla sua morte – che lo ritrae in trono nella sua piena dignità di Segretario di Stato, eminenza grigia e anima nera dell’ultimo Papa Re: Pio IX.

La mostra si protrae fino al 20 ottobre 2020.L’ingresso gratuito è consentito a piccoli gruppi su prenotazione o, compatibilmente, a richiesta, durante gli orari di apertura della galleria 10-13, 16-19 salvo lunedì mattina e sabato pomeriggio.

Accademia di Francia a Roma – Villa Medici – mostra “Dans le tourbillon du tout-monde” dal 10 luglio al 13 settembre 2020 a cura di Lorenzo Romito

Mariagrazia Fiorentino

La mostra dei “pensionnaires” consente, inoltre, l’opportunità di vedere la Villa con i suoi splendidi giardini, un panorama unico della città, visto dalle sue terrazze e alcuni tesori come la cisterna romana, lo scalone d’onore, luoghi non conosciuti dal grande pubblico.

1. Mikel Urquiza - “Il Quotidiano” (1)

                                                                                                Mikel Urquiza: “Il  Quotidiano”

“Una mostra collettiva che riunisce le realizzazioni degli artisti e ricercatori borsisti che operano nel vasto campo della creazione, dalle arti visive al design, dall’architettura alla musica, dal cinema alla letteratura e alla storia dell’arte. Il fotografo e artista visivo Sammy Baloji, gli architetti Frédérique Barchelard e Flavien Menu, lo sceneggiatore Benjamin Crotty, la sceneggiatrice e artista visiva Pauline Curnier-Jardin, il compositore Bastien David, il fotografo Samuel Gratacap, la storica dell’arte Valentina Hristova, lo scrittore Mathieu Larnaudie, il disegnatore e fumettista François Olislaeger, la pittrice Louise Sartor, la scrittrice Fanny Taillandier, Sébastien Thiéry, il compositore Mikel Urquiza, la designer Jeanne Vicerial, la storica dell’arte Sara Vitacca…… La mostra esplora così stati d’animo, gesti, pensieri, propone opere destabilizzate, ne fa il suo senso, ricerca modi del fare e di fare che forse diventeranno presto comportamenti sociali diffusi o magari solo ricordi di un tempo che ci ha segnato, noi che ci pensavamo autori indiscussi delle nostre vite e delle nostre opere”.

2_Jeanne Vicerial

                                                                                                                Jeanne Vicerial

Accademia di Francia a Roma – Villa Medici per ulteriori informazioni  visitare il sito villamedici.it