Roma – In mostra un’importante selezione di fotografie di Robert Mapplethorpe alla Galleria Nazionale Corsini.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

 

La fotografia è un sogno, cultura, libertà. La mostra dal titolo “Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile”, curata da Flaminia Gennari Santori, Direttore delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini, é tutta incentrata su un possibile dialogo tra passato e presente, tra le opere d’arte esposte in via permanente nella Galleria e le fotografie scattate da uno dei più discussi fotografi del secolo scorso. Questo dialogo non è nuovo alla politica espositiva seguita dalla direzione delle due Gallerie Nazionali ed è iniziato con l’esposizione di Parade di Picasso nel 2017 e la rassegna Eco e Narciso nel 2018. Dialogo, come avvenuto in questa rassegna, non necessariamente deve seguire una comune linea artistica, anzi, come voluto per questa occasione, si è cercato deliberatamente d’impostarlo su temi dissonanti e provocatori, che fossero in netto contrasto fra di loro.

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                                                                                   Ken and Lydia and Tyler – 1985

Così scrive nel suo testo Flaminia Gennari Santori: “… fare una mostra su Robert Mapplethorpe è ispirata alla pratica collezionistica dell’artista, avido raccoglitore di fotografie storiche, passione che condivideva con il compagno Sam Wagstaff, la cui collezione fotografica – composta in larghissima parte di ritratti, figure e paesaggi – costituisce un fondo straordinario del dipartimento di fotografia del Getty Museum di Los Angeles. La mostra è un evento unico poiché le foto sono state in varie occasioni accostate alle opere di artisti del passato – Michelangelo, Hendrick Goltzius, Auguste Rodin – attraverso dialoghi sorprendenti e rivelatori, ma questa è la prima volta che vengono esposte nel contesto di una quadreria settecentesca.

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In alto sulla sinistra: Papa Clemente XII- Lorenzo Corsini                                                Italian Devil (Diavolo) – 1988

La selezione delle opere e la loro collocazione nella Galleria rispondono a diverse intenzioni: mettere in luce aspetti del lavoro di Mapplethorpe che risuonano in modo particolare con la Galleria Corsini, intesa come spazio — fisico e concettuale — del collezionismo, per innescare una relazione inedita tra i visitatori, le opere e gli ambienti della Galleria. Mapplethorpe non è mai stato alla Galleria Corsini, ma senz’altro avrebbe trovato interessanti le sale ancora allestite secondo il gusto del cardinale Neri (1685 – 1770), il creatore della collezione che visse in questo appartamento dal 1738 alla morte….”

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                                                                                                Winter Landscape, 1979

Il percorso espositivo che raccoglie quarantacinque opere, si concentra su alcuni temi che contraddistinguono l’opera di Robert Mapplethorpe (1946-1989), si snoda in tutte le sale del museo, inizia nella cosiddetta Anticamera dove Winter Landscape, un raro paesaggio del 1979, è esposto sotto Paesaggio con Rinaldo e Armida di Gaspard Dughet. Per prosegue poi nella Prima Galleria, nella Galleria del Cardinale, nella Camera del Camino e passando per l’alcova di Cristina di Svezia, prosegue nel Gabinetto Verde, nella Sala Verde, nella Sala Rossa per concludersi In una piccola stanza adiacente dove sono esposte alcune fotografie più esplicite affiancate a immagini di fiori. La mostra “Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile”, come affermato dalla curatrice: “è un’occasione straordinaria per guardare le sue fotografie da punti di vista inusuali e riscoprire la collezione del museo in una luce contemporanea”. Accompagna la mostra un piccolo catalogo, preziosa guida per una lettura corretta delle opere.

Roma, Galleria Corsini, via della Lungara 10 – fino al 30 giugno 2019 dal mercoledì al lunedì dalle 8.30 alle 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00; giorno di chiusura il : martedì. Biglietto d’ingresso: Intero 12 € – Ridotto 2 € (per i giovani dai 18 ai 25 anni) . Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Gratuito per i minori di 18 anni ed altre categorie previste dalla legge.

Roma – Ministero dei Beni e le Attività Culturali – Firma del protocollo per la restituite al Messico 594 tavolette votive trafugate dai luoghi di culto.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Gli ambienti monumentali della “Crociera” del Collegio Romano, sono stati la cornice ideale per esporre i 594 dipinti ex voto, illecitamente sottratti al patrimonio culturale messicano ed esportati illegalmente in Italia.

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Con una cerimonia ufficiale il 6 u.s. è stato firmato il protocollo di restituzione alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturale Alberto Bonisoli e della Segretario della Cultura Dottoressa Alejandra Frausto Guerrero degli Stati Uniti Messicani.

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Nelle raffigurazioni pittoriche la Madonna viene rappresentata in mille modi diversi, perché di lei non possediamo alcun ritratto iconografico sicuro.

20190306_120537                                                                    Nostra Signora di Guadalupe Patrona del Messico

Eppure a un certo momento, questa mancanza venne sentita e la pietà popolare pur di avere l’effige “vera” di Maria immagini ideali: ma non per questo meno care al nostro cuore, care anche se non siano uscite da pennelli celebri, perché non è il valore artistico a determinare la venerazione verso un’immagine mariana, bensì la copia delle grazie che la fede impreta dall’onnipotenza divina e come ci sono quadri famosi, che noi ammiriamo nelle sale di un museo senza che essi ci suggeriscano un solo palpito di devozione, esistono invece a centinaia, nei santuari di tutto il mondo cattolico, immagini senza alcuna pretesa artistica attorno alle quali è un plebiscito di fede e di gratitudine che si rinnova di secolo in secolo.

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Le opere restituite per l’occasione, furono asportate tra il 1960 ed il 1970 da vari luoghi di culto del Messico.Individuate grazie all’archivio della Banca Dati del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza, furono da questi sequestrate nel giugno del 2016, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Erano tutte esposte in due musei, uno lombardo e l’altro piemontese, ove erano giunte a seguito di una donazione da parte di un noto collezionista milanese, nel frattempo deceduto.

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“Grazie all’esperienza dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale”, come ha rilevato il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri, “supportati dagli esperti del Ministero per i beni e le attività culturali, è stato possibile, sulla base dell’analisi iconografica e delle iscrizioni presenti, ricondurre i dipinti al Messico. I successivi accertamenti, esperiti sul canale diplomatico, hanno permesso di acquisire, dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Segretariato della Cultura messicana di Città del Messico, la conferma dell’appartenenza degli ex voto al patrimonio culturale del Paese centroamericano.

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La cerimonia odierna, che segue quelle avvenute nel 2014 e nel 2016 in cui sono stati restituiti agli Stati Uniti Messicani molti altri reperti archeologici provenienti da scavi illegali, testimonia la proficua e consolidata collaborazione tra l’Italia e il Messico nella lotta al traffico illecito di beni culturali, ulteriormente qualificata dall’istituzione, nel marzo 2018, della “Unidad de Tutela del Patrimonio Cultural” della Divisione di Gendarmeria della Policía Federal de México. Il reparto, che è nato sul modello dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, anche a seguito della sensibilizzazione prodotta, in ambito internazionale, dall’iniziativa italiana della Task Force “Unite4Heritage”, si occuperà di tutelare il ricchissimo patrimonio culturale di quel Paese”.

Vincenzo Scolamiero al Museo Bilotti con la mostra “Della declinante ombra”

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Sia il titolo di questa rassegna “Della declinante Ombra” che le opere esposte che presentano tutte una predominanza di un colore sugli altri, quasi una monocromia, hanno un chiaro riferimento allo spazio espositivo – location – del Parco di Villa Borghese e alla netta dominanza del colore verde all’esterno del museo.

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E’ lo stesso artista Vincenzo Scolamiero che confessa un’attrazione inspiegabile verso la monocromia anche quando si è trattato di collaborare alla realizzazione di un libro-opera, in sette esemplari numerati e firmati dagli autori, dove le sue opere pittoriche, realizzate con inchiostri di china e pigmenti, hanno costituito un tutt’uno con le note musicali autografe di Silvia Colasanti, tratte dalla partitura per il Quartetto d’Archi “Ogni cosa ad ogni cosa ha detto addio” edito dalla Casa Ricordi nel 2017. La visione delle opere pittoriche, con sovraesposte le note musicali, è accompagnata dall’esecuzione delle stesse da parte di un quartetto di archi.

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Un’emozione in più che esalta lo stretto connubio esistente fra le due arti: musica e pittura, certamente le più nobili oggi disponibili per l’essere umano. Un perfetto sincretismo che offre una visione, con sottofondo musicale, attraverso lo svolgersi di fotogrammi come in un film pittorico il cui tema è un invito a riflettere sulla continuità che lega gli esseri umani in un andamento circolare fatto di connessioni misteriose, sulla fragilità ma anche sulla gioia dell’assoluto.

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Lungo il percorso espositivo, che inizia al piano terra, è possibile prendere visione di tutto il percorso artistico compiuto negli anni da Vincenzo Scolamiero e che trova nelle parole del curatore, Gabriele Simongini, riportate nel bellissimo catalogo edito da De Luca Editore d’Arte, pagine 70 prezzo di copertina €.25,00 una perfetta descrizione: “La pittura di Scolamiero è evocativa, raffinata, sintetica ed è sempre attraversata da un vento malinconicamente inquieto che è prima di tutto soffio e respiro interiore. Una natura poetica suggerita attraverso piccoli antieroici gesti e reperti in un microcosmo fatto di cose minute, ramoscelli, foglie secche, ciuffi d’erba, ciottoli, giunchi, nidi, i cui equivalenti reali il visitatore attento e paziente potrà trovare nella Villa Borghese, prima e dopo aver visitato la mostra.”

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Roma – Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese – Viale Fiorello La Guardia, n.6 – fino al 9 giugno 2019. Ingresso GRATUITO ed orario dal martedi al venerdi 10.00/16,00 – sabato e domenica 10,00/19,00, consentito fino a mezz’ora prima degli orari di chiusura. Info tel 060608 siti weg www.museocarlobilotti.itwww.museiincomune.it

Il gruppo scultoreo di Eurisace ed Atistia, dopo il restauro, fa il suo ingresso nell’esposizione archeologica permanente della Centrale Montemartini a Roma.

Testo e foto di Donatello Urbani

Arrivando alla stazione ferroviaria Termini, il primo monumento di grande effetto scenico che riusciamo ad intravedere dal finestrino di sinistra, grazie alla velocità ridotta del treno prima di arrestarsi, è la spettacolare Porta Maggiore con a fianco, quasi a ridosso, i resti del monumento funerario di Marco Virgilio Eurisace, panettiere ed appaltatore dello stato, e della moglie Atistia.

20190228_112402 Prime documentazioni illustrate e  fotogradiche. L’ultima immagine sulla destra in basso é opera dell’archeologo Luigi Canina 

Sconosciuti entrambi dalle fonti storiche, sono balzati alla notorietà grazie al monumento che ha accolto le loro spoglie mortali e che fecero edificare negli anni 40/30 a.C. in un’area posta fuori della cinta muraria serviana che allora, primi anni del principato di Ottaviano Augusto, separava l’area urbana, con abitazioni civili, da quella periferica adibita ad altri scopi ,principalmente agricolo. Il sepolcro, come affermato in conferenza stampa, fu risparmiato dalla realizzazione delle arcate monumentali dell’acquedotto Claudio, nella metà del sec. I d.C., ma fu coinvolto nella costruzione delle Mura Aureliane nel III secolo d.C. e definitivamente inglobato, due secoli più tardi, nel bastione costruito dall’imperatore Onorio per potenziare la cinta muraria presso la Porta Labicana/Prenestina, oggi Porta Maggiore. Molti secoli dopo, nel 1838, le strutture attribuibili al rifacimento di Onorio, furono demolite per volontà di Papa Gregorio XVI e, nel corso dei lavori, venne portato completamente alla luce il sepolcro di Eurisace che, in quella occasione, fu disegnato dall’archeologo Luigi Canina al quale si deve anche una delle più complete documentazioni.

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La decorazione scultorea posta nella parte alta del monumento, attico, fa precisi riferimenti alla professione di fornaio del committente attraverso illustrazioni che indicano le diverse fasi della panificazione, mentre l’iscrizione su lastra marmorea, ripetuta sui tre lati superstiti, posta nella fascia divisoria fra i due corpi, superiore ed inferiore, indica il proprietario del monumento insieme a parole di lode per la moglie, Atistia, sepolta all’interno in un “panario”, urna a forma di cesta simile a quelle utilizzate per contenere il pane. Il gruppo scultoreo, debitamente restaurato e che oggi possiamo ammirare nella Sala delle Colonne del museo archeologico romano della Centrale Montemartini, si trovava originariamente sulla facciata orientale del sepolcro e ci mostra i due coniugi in posizione frontale con la testa rivolta l’uno verso l’altra, come per evidenziare il legame che li univa.

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Purtroppo la testa della donna fu rubata nel 1934 e in occasione del restauro è stato posto, in sua vece, un volto in gesso grazie alle foto scattate prima del furto quando il rilievo era esposto all’aperto lungo le mura presso Porta Maggiore nel luogo dove, nel 1856, sarebbe sorta la stazione ferroviaria della tratta Roma/Frascati costruita da Papa Pio IX. Noi oggigiorno definiremmo Marco Virgilio Eurisace un “self made man”, un uomo di origine greca che partendo dalla condizione di liberto, schiavo affrancato, era riuscito a costruire una grande fortuna economica e grazie al suo monumento funerario, a distanza di due millenni, ha trovato posto e notorietà insieme alle grandi figure di romani ospitate nella collezione permanente di questo prestigioso museo archeologico.

ROMAMOR – Anne e Patrick Poirier in mostra a Villa Medici – Accademia di Francia a Roma – con i ricordi dei loro soggiorni romani.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Un primato che Roma può vantare, a pieno merito, è quello di essere stata complice in tanti innamoramenti. Il fascino di tanti monumenti, presenti in città, che hanno sfidato i millenni, possono essere assunti a sinonimi di amore eterno insieme alle molte prestigiose rovine archeologiche che invitano gli amanti a riflettere sulla caducità del tempo.

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Fotomontaggio con i volti sovrapposti di Anne e Patrich Poirier. L’opera é esposta nell’Atelier Balthus.

Considerazioni queste che forse hanno spinto anche Patrick Poirier, prima d’incontrare Anne, entrambi pensionnaires di Villa Medici, a chiedere aiuto alla città eterna. La rassegna ROMAMOR, allestita nei prestigiosi spazi di Villa Medici – Accademia di Francia a Roma – nasce dopo cinqant’anni ,dal loro primo incontro e nello scegliere il titolo all’esposizione delle loro opere, testimoni di una lunga vita in comune, anche artistica, giocano sulla doppia valenza del nome Roma che, se letto al contrario, è Amor. Infatti di fronte a queste opere ci troviamo immersi all’interno di uno status storico artistico emozionale che fa parte contemporaneamente della loro vita personale ed artistica. Anna e Patrick Poirier, come affermato in conferenza stampa, “Appartengono a quella generazione di artisti che, viaggiando e aprendosi al mondo fin dagli anni sessanta, sviluppa una fascinazione per le città e le civiltà antiche e, in particolare, per i processi della loro scomparsa. In linea con questa sensibilità: Città misteriose, ricostruzioni archeologiche immaginarie, fascino delle rovine, indagine di giardini, unione di opere storiche e ricostruzioni in situ, sono gli elementi che danno vita alla mostra ROMAMOR a Villa Medici”. Il percorso espositivo parte dagli spazi della cisterna dove è allestita un’installazione dal titolo “Palissade/Scavi in corso” dalla quale, attraverso dei fori, è possibile traguardare scene di vita romana quali appunto cantieri di scavo. Salita una piccola rampa di scale incontriamo un’altra installazione “Finis Terrae”, realizzata, come la precedente, nel corrente anno.

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Nella prima sala ci attende una scultura luminosa, “Le monde à l’envers” (2019), costituita da un lampadario di Murano rovesciato, da un globo terrestre e costellazioni celesti sovrastate da un aereo dal quale piovono lame di coltello e oggetti contundenti su un tappeto che riproduce la rovine di Palmira, città siriana martirizzata dall’ISIS.

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Il tema distruzioni si ripete anche nella seconda sala che riporta in un unico plastico la Domus Aurea insieme ai resti della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, entrambi adagiati su un letto di carbone in ricordo dell’incendio subito da quest’ultima per mano del Saladino. Aria diversa nella successiva sala con “Ouranopolis” – 1995 – , ovvero la città celeste: una stazione spaziale che consente d’intravedere, attraverso minuscoli fori, uno spazio interno di ben 40 sale.

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Spazio onirico è possibile definire quello allestito lungo la grande scalinata delle antiche scuderie di Villa Medici dove un’installazione luminosa, “Le songe de Jacob” – 2019 –, offre preciso riferimento al sogno di Giacobbe, descritto nella Bibbia, dove la presenza dell’angelo è testimoniata a terra dalle sue piume bianche. Uno spazio intimo e personale è quello che Anne e Patrick si sono riservati al termine della scalinata.

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Due figure, autoritratto tridimensionale della coppia, calpestano la ghiaia dei giardino di Villa Medici, dove è iniziato il loro comune percorso, camminano verso uno specchio, che simboleggia il futuro, sovrastato da insegne luminose al neon che parlano di utopia, intuition, creation, memory, passions, love, veritas e immagination, ecc. Il percorso prosegue, prima di giungere nel giardino, presentando opere che espongono temi vari con una netta prevalenza di plastici che riproducono monumenti archeologici con specifici riferimenti a quelli presenti nella città di Roma.

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Nel giardino sono presenti due significative opere: la prima, disegnata con marmi di Carrara, ha la forma di un cervello – “Le Labirinthe du Cerveau” (2019), con i suoi due emisferi, preciso riferimento all’unità e diversità della simbiosi umana, mentre la seconda, “Le regarde des Statues” (2019), che occupa per intero la grande fontana dell’obelisco, ci offre enormi e anonimi occhi di gesso deformati dall’acqua in cui sono immersi.

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Nell’atelier di Balthus, ultima tappa del percorso espositivo, sono sistemate opere dai precisi riferimenti alla presenza dei due artisti a Roma. Inquadrati in piccole teche, sono esposte foglie delle piante, fiori e fotografie delle erme presenti nel giardino di Villa Medici. Il tema delle erme, riprodotte in gesso e carta, è presente anche in altrettante teche sistemate nella parete di fronte e sistemate, per l’occasione, in teche di vetro.

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E’ disponibile un catalogo edito da Electa in tre lingue – italiano, francese e inglese –, €.22,00, concepito dagli artisti come un album di ricordi e progetti, in cui sono raccolte immagini e documenti, accompagnate dalle opere esposte in mostra. La pubblicazione include anche una conversazione della curatrice, Chiara Parisi con Anne e Patrick Poirier e un poster a corredo del volume.

Roma – Accademia di Francia – Villa Medici – Viale Trinità dei Monti – Info tel. O6.67611 – sito web www.villamedici.it

 

Manifesto – Julian Rosefeld in mostra al Palazzo delle Esposizioni

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, con l’affermarsi in pittura delle avanguardie, per poi proseguire negli anni successivi, abbiamo assistito ad una controversia fra gli studiosi, non solo accademica, di come, quanto e se le arti visive, non solo nella pittura, dovessero rappresentare le istanze politiche, civili e sociali presenti nelle varie società, indipendentemente dal sistema politico al potere. Significativo in proposito quanto scritto da Giulio Carlo Argan su l’arte del XX secolo: “…L’arte costituisce dunque un problema, uno dei grandi problemi del secolo. Forma l’oggetto di ricerche filosofiche, storiche, scientifiche, operative, sperimentali; determina tutto un insieme di attività collaterali, anche sul piano economico e politico, miranti a proteggerla e promuoverla; è argomento di dibattiti dottrinali, formulazioni teoriche, programmi di azione e animate polemiche ….”

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Per molti aspetti, sia pure in forme molto diverse, tutto questo ce lo siamo portato dietro anche noi nel successivo XXI secolo. Su questo retaggio è stata allestita la rassegna di Julien Rosefeld nel salone principale del Palazzo delle Esposizioni dal titolo “Manifesto”, articolata in 13 grandi schermi che narrano altrettanti diversi contesti che hanno caratterizzato i primi anni di questo secolo. Lo stesso cineasta tiene a precisare il titolo di questa sua mostra: “L’opera è un omaggio alla pratica novecentesca dei Manifesti, quei testi diffusi come proclami categorici con i quali gli artisti distruggevano il passato per difendere – con parole incise come quelle di una poesia – una nuova visione dell’arte che fosse specchio di un mondo nuovo”.

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Ciascun video, della durata massima di 10 minuti e 30 secondi, vede come protagonista assoluta Cate Blanchett, attrice australiana due volte premio Oscar, che presta la propria immagine per interpretare magistralmente tredici diverse situazioni legate ad altrettante correnti di fare e narrare l’arte. Nel primo video, che funge da prologo introduttivo agli altri 12, si ascoltano, in inglese come in tutti i commenti sonori dei successivi video, le parole del Manifesto del Partito Comunista scritte nel 1848 dal Karl Marx e Friedrich Endels. Scelta voluta dallo stesso Rosefeld per “ … sottolineare la comune matrice rivoluzionaria di queste dichiarazioni di poetica”.

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Il secondo video ci presenta un senzacasa vittima delle crisi economiche, con un riferimento esplicito ai manifesti di Lucio Fontana, Constan Nieuwennhuys, Aleksander Rodchenko e Guy Debord che proprio come scrive quest’ultimo ci rimandano al “Situazionismo” e al “Suprematismo”, due avanguardie pittoriche molto importanti negli anni fra le due guerre mondiali. Un Broker presenta il “Futurismo”, con il commento audio del Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti ed altri artisti di varie discipline da Balla, Carrà e Severini fino a Guillaume Apollinaire.

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Ad un’operaia, in un inceneritore di rifiuti, è affidato l’incarico di commentare la nuova “Architettura” che “deve bruciare” come scritto nel manifesto della Coop Himmelb e di altri. Un’Amministratrice delegata di una società è chiamata a presentarci “Vorticismo”, “Cavaliere Azzurro” e l’”Espressionismo astratto” con le parole di vari artisti fra cui Vasilij Kandiskij, Barnett Newman e Wyndham Lewis. “Stridentismo” e “Creazionismo” sono affidate alle parole di una Ragazza punk tatuata; mentre a quelle di una scienziata fanno riferimento le avanguardie del “Suprematismo” e” Costruttivismo”. Il “Dadaismo” invece è affidato ad una oratrice di un funerale, “Surrealismo” e “Spazialismo” ad una burattinaia così come la “Pop art” ad una Madre tradizionalista che insieme alla famiglia recita la preghiera di ringraziamento al Signore prima d’iniziare il pranzo.

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Una coreografa è chiamata a presentarci “Fluxus”, “Merz” e “Happening”; ad un telecronista e reporter sono affidate “Arte concettuale” e il “Minimalismo” e un’insegnate ci fa assistere ad una lezione sul “Cinema” . Il tredicesimo video “Epiliogo” è un collage di manifesti sul cinema che ha come commento audio quanto scrive Lebbeus Woods nel suo Manifesto.

Accompagna la mostra una preziosa pubblicazione che facilita la lettura e la comprensione di quanto illustrato sui video.

Roma – Palazzo delle Esposizioni – Via Nazionale, 194, fino al 22 aprile 2019. Biglietto d’ingresso intero €.10,00, ridotto €.8,00. Informazioni tel.06.39967500 e sul sito www.palazzoesposizioni.it

Il trionfo dei sensi. Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti – Uno sguardo sulla bottega dei fratelli Preti: Gregorio, il maestro e Mattia il discepolo

 

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

 

Come si addice alle migliori favole, il discepolo, fratello minore di circa 10 anni, supera il maestro e grazie a quanto appreso sull’arte pittorica dagli insegnanti del fratello maggiore, intraprenderà il volo verso una notorietà che andrà oltre i confini nazionali. L’esposizione voluta dalle Gallerie Nazionali d’Arte Antica, allestita in due splendide sale di Palazzo Barberini, esamina la prima attività di Mattia Preti e la sua formazione nella bottega romana del fratello Gregorio. Il tutto ruota attorno alla monumentale tela d’impronta caravaggesca: “Allegoria dei cinque sensi” delle Gallerie Nazionali, rimasta per anni nascosta nel deposito del Circolo Ufficiali delle Forze Armate, cofruitore del monumentale edificio.

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Gregorio e Mattia Preti, Allegoria dei cinque sensi, 1642-1646 ca., Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, olio su tela, 200 x 396 cm.

Sono gli stessi curatori, Alessandro Cosma ed Yuri Primarosa, a presentare il dipinto che, attrazione in più, ha mostrato anche interessanti novità sia sulle tecniche pittoriche nonché alcuni riferimenti storici legati all’attività artistica dei due fratelli. Questa tela che insieme ad altre undici costituisce l’intero corpo espositivo, fu, come scrivono i curatori nel catalogo per De Luca Editori d’Arte, pagine 184 costo €.35,00: “Realizzata dai due fratelli negli anni Quaranta del Seicento, è ricordata nel 1686 nella collezione di Maffeo Barberini junior come un quadro “per longo con diversi ritratti: chi sona, chi canta, chi gioca, chi beve e chi gabba il compagno”, in una descrizione che sottolinea la complessa articolazione del dipinto dove, secondo un modello molto in voga nel Seicento, diversi gruppi di personaggi intenti in attività quotidiane diventano immagine allegorica dei cinque sensi”.

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Gregorio e Mattia Preti, Cristo guarisce l’idropico, 1630 ca., Milano, Courtesy Matteo Lampertico, olio su tela, 122 x 170 cm.

Lungo il percorso espositivo sono presenti anche importanti dipinti inediti di Mattia: primo fra tutti il monumentale “Cristo e la Cananea”, in origine nella collezione dei Principi Colonna, opera capitale del periodo romano del pittore, databile su base documentaria al 1646-1647. La scoperta dello straordinario dipinto – il primo dell’artista fornito di una data certa – ha permesso di precisare la cronologia della sua prima produzione. Inoltre sono esposti dipinti che permetteranno al giovane talentuoso Mattia di porsi in evidenza su quella del fratello, quali quelle esposte per la prima volta, come “L’Archimede”, oggi a Varese, e un Apostolo proveniente da una collezione privata torinese, autentiche testimonianze della precoce riflessione di Mattia sulla pittura di Caravaggio e di Jusepe de Ribera.

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Gregorio Preti, Cristo mostrato al popolo, 1645-1655, Torino, collezione privata, olio su tela, 113 x 157 cm.

I riconoscimenti che meritatamente vengono attribuiti a Mattia, gli consentiranno di ottenere l’importante commessa di affrescare il Duomo de La Valletta nell’isola di Malta, da parte dei Cavalieri di San Giovanni, oggi presenti come Cavalieri di Malta. In quest’isola Mattia otterrà ampie soddisfazioni e riconoscimenti e qui rimarrà fino alla fine dei propri giorni. Chiude il percorso una mirabile Testa di bambina, ritrovata nei depositi della Galleria Corsini, ulteriore nuova testimonianza degli anni romani in cui l’artista si formò, grazie principalmente agli insegnamenti del fratello maggiore, che lo indirizzeranno verso la meritata fama di “magister pictorum”.

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Mattia Preti, Testa di bambina con collana di corallo, 1645-1650 ca         Mattia Preti, San Bonaventura, 1637-1645

ELENCO DELLE OPERE ESPOSTE:

  1. Gregorio e Mattia Preti, Concerto con scena di buona ventura (Allegoria dei cinque sensi), 1630-1635, Torino, Accademia Albertina, olio su tela, 195 x 285 cm
  2. Gregorio e Mattia Preti, Cristo guarisce l’idropico, 1630 ca., Milano, Courtesy Matteo Lampertico, olio su tela, 122 x 170 cm
  3. Gregorio e Mattia Preti, Pilato che si lava le mani (Cristo dinanzi a Pilato), 1640 ca., Roma, Confederazione Nazionale Coldiretti, olio su tela, 131 x 295 cm
  4. Gregorio e Mattia Preti, Allegoria dei cinque sensi, 1642-1646 ca., Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, olio su tela, 200 x 396 cm.
  5. Gregorio Preti, Cristo mostrato al popolo, 1645-1655, Torino, collezione privata, olio su tela, 113 x 157 cm
  6. Mattia Preti, Archimede, 1630 ca., Varese, Pinacoteca Larizza, olio su tela, 130 x 95,5 cm
  7. Mattia Preti, Negazione di Pietro, 1635-1640 ca., Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, olio su tela, 126 x 97 cm
  8. Mattia Preti, Fuga da Troia, 1635-1640, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, olio su tela, 186 x 153 cm
  9. Mattia Preti, Apostolo, 1635 ca., Torino, Galleria Giamblanco, olio su tela, 97 x 73,5 cm
  10. Mattia Preti, San Bonaventura, 1637-1645, Ariccia, deposito da collezione inglese, olio su tela, 71 x 58,5 cm.
  11. Mattia Preti, Testa di bambina con collana di corallo, 1645-1650 ca., Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, olio su tela, 32 x 28,5 cm.
  12. Mattia Preti, Cristo e la Cananea, 1646-1647, collezione privata, olio su tela, 235 x 235 cm.

Roma, Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13 fino al 16 giugno 2019 con orario dal martedì alla domenica 8.30 – 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00. Biglietto d’ingresso unico inclusivo anche delle Gallerie d’Arte Antica Barberini a Corsini – Via della Lungara – valido tre giorni: Intero 12 € – Ridotto 6 €. Agevolazioni ed ingressi gratuiti come indicati dalla legge.

Beni culturali ecclesiastici: tutela e protezione tra presente e futuro . Illustrate le conclusioni e le decisioni scaturite al termine di un ciclo d’incontri e conferenze fra le parti in causa.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’argomento trattato è senza dubbio di primaria importanza, non per niente alla conferenza conclusiva del ciclo d’incontri e conferenze sui “Beni culturali ecclesiastici, tutela e protezione tra presente e futuro” hanno preso parte sia il Dottor Alberto Bonisoli, Ministro per i beni e le attività culturali e Sua Eminenza il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana nonché varie Soprintendenze, Uffici diocesani per i beni culturali e l’edilizia di culto e i più alti gradi del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. “I beni culturali rappresentano il petrolio per il nostro paese e i luoghi di culto si confermano gli obbiettivi più colpiti”, è quanto affermato dal Generale di Brigata Fabrizio Parrulli, Comandante il Nucleo dei Carabinieri T.P.C. e questo giustifica le iniziative proposte che sono tutte indirizzate a focalizzare l’attenzione sul fenomeno dei furti e dei danneggiamenti in danno di chiese e luoghi di culto ove la fragilità del patrimonio culturale è ulteriormente messa a repentaglio dalla fruizione devozionale e liturgica degli stessi beni.

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Le decisione assunte dopo 19 eventi, tenutisi da Bolzano a Monreale (PA) tra il 10 ottobre 2018 e il 1° febbraio di quest’anno, è stato deciso di assumere, come affermato dal Ministro del Beni Culturali On.le Alberto Bonisoli:“ una qualificata occasione per incentivare le attività di catalogazione del patrimonio culturale ecclesiastico e rivolgere alla Cei l’istituzione di un tavolo di confronto permanente sui Beni culturali ecclesiastici”. Proposta che il presidente della Cei, Sua Eminenza il Cardinale Gualtiero Bassetti ha accolto con grande favore. Oltre questa importante iniziativa le future attività di tutela e conservazione dei beni culturali s’incentreranno, sempre nelle parole del Ministro dei Beni Culturali: “L’Italia quest’anno ha assunto la leadership della task force Copernicus. Si tratta di una grande iniziativa europea che prevede l’utilizzo dell’osservazione satellitare per la conservazione dei beni culturali. Con dati immediatamente fruibili potremmo intervenire in modo tempestivo e risolvere problemi”.

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Nel corso del suo intervento, il ministro ha ricordato, infine, il 50/mo anniversario della costituzione del Comando tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri, che ricorre quest’anno. “Il nostro Ministero – ha concluso – collabora con loro con grande efficacia. E in vista di questa importante ricorrenza, stiamo organizzando un ciclo di celebrazioni. L’ evento culmine sarà la mostra  organizzata al Quirinale con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica”.  I’incontro che ha visto nel suo proseguo altri pregevoli interventi sia di autorità ecclesiastiche,che militari e civili, ha trovato un unanime consenso sull’importanza che riveste la sensibilizzazione della popolazione sulla presa di coscienza sul patrimonio dei beni culturali e come questi sia un bene comune da difendere e tutelare indipendentemente dal titolare che ne vanta il diritto di proprietà.

 

“ART faces” Ritratti d’artista nella collezione Würth – Uno sguardo rivolto alla cultura attraverso una delle collezioni d’arte più prestigiose in Europa.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’amore per l’arte unito al fascino che sprigiona la cultura sono da sempre nel DNA della famiglia Würth. Prova ne sia la dichiarazione del Prof. Dr. h. c. mult. Reinhold Würth, Presidente del Consiglio di Supervisione delle Società di Famiglia del Gruppo Würth, una delle maggiori realtà commerciali tedesche operante in oltre 80 paesi: “L’arte e la cultura servono ad arricchire anche l’ambiente di lavoro”. La raccolta di opere d’arte da parte del Prof. Reinhold Würth é iniziata negli anni Sessanta con l’acquisto di un acquerello di Emil Nolde e, quasi per contagio, oggi è arrivata a comprendere più di 18.000 opere.

 

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                                      Jean Michel Basquiat (1960/1988) : “Senza titolo” – 1984 – Olio e collage su tela.

La Collezione, prevalentemente dedicata all’arte contemporanea, pur riflettendo una grande varietà di temi, stili, correnti e generi, ha una sede stabile in Germania con una rotazione espositiva nelle diverse sedi estere del gruppo. “La maggior parte della vita la trascorriamo lavorando. Quindi il posto di lavoro deve essere piacevole e confortevole in modo che l’attività lavorativa diventi quasi un hobby…” è quanto ha ispirato il Prof. Dr. h. c. mult. Reinhold Würth, in questa particolare gestione della sua collezione d’arte. Così i vari centri commerciali ed operativi della società hanno accolto opere d’arte svolgendo, oltre le varie attività istituzionali, funzioni di veri centri culturali ed espositivi d’arte. A questa legge non è sfuggito il Centro di Capena e, già da vari anni, è divenuto uno dei maggiori punti di riferimento per le arti visive e per la cultura in genere presenti nel Lazio. Dopo esser stata presentata per la prima volta nel 2003 alla Kunsthalle Würth di Schwäbisch Hall, la mostra “Art Faces. Ritratti d’artista nella Collezione Würth” fa tappa all’Art Forum Würth Capena.

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François Meyer: “Enrico Baj” – 1976 – Fotografia                                           Emrico Baj: “Fai Baj da te” – s.d. – Serigrafia in 27 colori

La collezione di “Art Faces” ha inizio dall’opera del fotografo svizzero François Meyer che, spinto dalla curiosità nei confronti della persona che si cela dietro un’opera d’arte, intraprende l’ambizioso progetto di realizzare una collezione di fotografie di ritratti d’artista.  Oggi conta più di 240 fotografie di 42 diversi autori, alcuni dei quali tra i maggiori del XX secolo, tra questi Arnold Newman (1918-2006), autore del ritratto di Piet Mondrian; Herbert List (1903-1975), che scatta il brillante ritratto di Marino Marini; Michel Sima (1912-1987) e molti altri fotografi considerati oggi i grandi maestri dell’arte fotografica e del ritratto in particolare.

20190216_105830Andi Warhol

 

 

 

 

 

 

 

 

François Meyer: “Andy Warhol and Victor Hugo”-1977. fotografia                      Andy Warhol: “Committee 2000″ (P.A.12.004) 1982

La mostra presso l’Art Forum Würth Capena espone una selezione di oltre 100 fotografie di 32 fotografi, accompagnata da alcune opere originali della Collezione Würth di artisti come Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, Max Ernst, Jean Arp, Salvador Dalí, David Hockney, Keith Haring, Roy Lichtenstein, Sam Francis. “Le sale espongono opere e fotografie insieme, creando un percorso che fa da compendio all’idea di Meyer di vincolare l’artista alla sua opera. L’allestimento, che raggruppa gli artisti a partire dai movimenti che li hanno visti protagonisti, si presta mirabilmente a far conoscere le molteplici angolazioni da cui i fotografi si sono approcciati nel tempo al ritratto d’artista e consente di intraprendere un viaggio nella grande Storia dell’Arte attraverso i visi e gli sguardi delle persone che la hanno resa tale”, scrivono i curatori. Secondo la Direttrice della Collezione Würth C. Sylvia Weber, “i nomi degli artisti ritratti non rappresentano solo i riferimenti di maggior spicco del mondo dell’arte, ma in molti casi coincidono perfettamente con l’espressione artistica della Collezione Würth”.

Sam Francis Komposition, 1973 Gouache auf Papier 65 x 78 cm Inv. 3474Sam Francis (1923 – 1994) Maler Foto: François Meyer, 1977 in Santa Monica

 

 

 

 

 

 

 

 

François Meyer: “Sam Francis” – 1977 – Fotografia                                               Sam Francis: “Composition” – 1973. Guazzo su carta

Questa presentazione sarebbe incompleta se non ponessimo l’accento sulle attenzioni e sulle sensibilità verso la disabilità fisica e intellettiva molto sentite nella famiglia Würth. Uno splendido esempio d’integrazione e convivenza di persone con e senza disabilità è l’Hotel Restaurant Anne-Sophie a Künzelsau nato nel 2003 per volontà di Carmen Würth. Inoltre, in Italia come in Germania, Würth è communication partner dell’organizzazione Special Olympics. Accompagna questa rassegna una specifica attività didattica sia per i grandi con visite guidate, conferenze e convegni,  sia per le scuole ed i più piccoli con laboratori creativi. E’ disponibile al bookshop aziendale un catalogo bilingue tedesco/inglese con un inserto in italiano, pagine 126 costo €.34,00.

20190216_105914       Prof. Dr. h. c. mult. Reinhold Würth, Presidente del Consiglio di Supervisione delle Società di Famiglia del Gruppo Würth

Capena (Roma) – Art Forum Würth Capena – Viale della Buona Fortuna, 2. Orario di apertura al pubblico: lunedì – sabato: 10.00 – 17.00 – domenica e festivi chiuso. Informazioni e prenotazioni per le attività didattiche tel. +39.06.90103801 – sito web www.artforumwuert.it – e.mail art.forum@wuert.it   Ingresso gratuito

Artigianato e Palazzo – Botteghe artigiane e loro Committenze: Memorie di Russia a Firenze – Il giardino Corsini ospita la 25^ edizione della mostra mercato riservata ai migliori artigiani del mondo.

Donatello Urbani

Nessuno può non vedere in Firenze la capitale mondiale dell’artigianato. Titolo meritatamente conquistato grazie all’ingegno, l’eccelsa manualità e l’arte di una lunga schiera di artigiani affinate nel corso di centinaia di anni, specialmente, come avvenuto frequentemente, quando sono riuscite a richiamare su questo nobile mestiere  le attenzioni di grandi artisti. Firme illustri del passato: valga una per tutte quella di Benvenuto Cellini, giustamente ricordato con una statua dagli argentieri/orafi di Ponte Vecchio. La venticinquesima edizione della Mostra Mercato “Artigianato e Palazzo, –  Botteghe artigiane e loro Committenze –  ospitata per l’occasione nel  Giardino Corsini a Firenze dal 16 al 19 maggio2019, è nata da un progetto di Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani con l’obiettivo di valorizzare, preservare, traghettare nel futuro, le arti legate alle migliori tradizioni artigiane italiane e straniere, dando, nel contempo, l’occasione di confrontarsi fra loro sulle capacità, conoscenze e risorse individuali.

 

0_Neri Torrigiani e Giorgiana Corsini_Ph Alessandro Moggi                             Neri Torrigiani e  la N.D.Giorgiana Corsini, promotori della rassegna – Ph Alessandro Moggi

“Il nostro impegno in questi anni è stato quello di porre al centro dell’attenzione due princìpi che riteniamo fondamentali per lo sviluppo del nostro Paese: preservare antichi mestieri d’ ingegno tutto italiano; dare spazio al dialogo per costruire un ponte tra storia e innovazione”, affermano Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani. “Al contempo, la nostra ambizione è favorire l’incontro tra i Maestri artigiani e i tanti giovani di talento accompagnandoli a progettare il loro futuro, grazie al recupero e alla valorizzazione di tradizioni artigiane. In uno scenario unico, nel seicentesco giardino all’italiana Corsini disegnato da Gherardo Silvani, quest’anno la mostra porterà una nuova selezione di oltre 100 artigiani italiani e stranieri che arriveranno a Firenze, non solo per mostrare i loro prodotti, ma anche per dare prova della loro maestria lavorando dal vivo. E si metteranno a disposizione dei visitatori per raccontare i segreti di opere uniche di creatività”. A questa bella iniziativa è legata una raccolta fondi a favore del patrimonio culturale fiorentino, come avvenuto nell’edizione del 2018, grazie alla quale è stata possibile la riapertura del Museo della Manifattura Richard Ginori di Doccia. Questa edizione 2019 sarà volta al recupero e alla conservazione di alcune straordinarie opere d’arte, testimoni del legame culturale tra Firenze e la comunità russa che, nel corso dell’800 fino ai primi del ‘900, ha arricchito la città di residenze, chiese ed importanti  collezioni.

 

0_Giardino Corsini dall'alto                                           Il giardino Corsini visto dall’alto – Foto courtesy dell’Ufficio Stampa Studio Maddalena Torricelli

“L’obiettivo, afferma Neri Torrigiani, è raggiungere oltre 308.000 euro per sostenere urgenti interventi di restauro e conservazione a favore dei capolavori della Collezione Demidoff conservati al Museo Stibbert; dell’Emiciclo del Cimitero Evangelico agli Allori; e per il completamento dei restauri della Chiesa della Natività di Nostro Signore Gesù e San Nicola Taumaturgo: le icone di S. Andrea e di S. Giovanni il Teologo, il portone in ferro d’ingresso delle officine Michelucci e l’affresco dell’Annunciazione nel nartece”. Visitare questa rassegna diviene così anche un’opera filantropica e di amore verso l’arte travalicando il mero piacere dell’escursione turistico/culturale ad una delle città più belle ed interessanti della nostra nazione. Gli artigiani che intendini partecipare a questa manifestazione possono inoltrare richiesta fino al 28 febbraio 2019, modalità sul sito https://www.artigianatoepalazzo.it/iscizioni/.

Firenze: Giardino Corsini Via della Scala, 115  dal 16 al 19 maggio 2019. Orario continuato 10-20. Biglietto d’ingresso €.8,00. Per informazioni sulla mostra sito www.artigianatoepalazzoHYPERLINK “http://www.artigianatoepalazzo.it/”.it – per le donazioni sito www.artigianatoepalazzo.it/raccolta-fondi/