“La Civetta sul comò” – la Casina delle Civette ospita un’interessante rassegna organizzata da Noi come Voi ONLUS con opere realizzate da diversamente abili.

Testo e foto di Donatello Urbani

Questa rassegna ospitata nel loggiato all’ingresso del Museo della Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia, purtroppo ha un tempo limitato. Infatti sarà visitabile fino a mercoledi prossimo 20 settembre e questa breve puntata romana è solo una presentazione di quella ben più articolata che sarà ospitata a gennaio 2018 negli spazi espositivi della Camera dei Deputati. La rassegna, nelle intenzioni degli organizzatori, tutti volontari della ONLUS Noi come Voi, deve essere itinerante, una messaggera della presenza nella nostra società di persone anche diversamente abili. I vari artisti hanno accompagnato nella nostra città le loro opere ed è ancora più significativo che la bella iniziativa escursionistica trovi riscontro in altra di carattere esclusivamente culturale: essere ospiti di un’importante struttura museale. Uno stretto binomio, inoltre, lega la” location”, Casina delle Civette, con le opere in mostra. La civetta, l’animale identificato nella mitologia greco/romana con la dea Atena,  tutelare dell’intelligenza, sapienza, saggezza e delle arti, è anche un uccello notturno particolarmente dotato per muoversi nel buio fra i tanti pericoli notturni così come questi artisti  che devono muoversi tra il buio delle incomprensioni e le difficoltà della vita che anche per un normodotato spesso sono difficili da affrontare.  Le arti visive, non solo pittoriche, per molti portatori di handicap rappresentano una preziosa terapia e uno spiraglio di luce che annuncia la fine  delle tenebre notturne ed apre un’alba foriera di giornate più radiose.

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Le opere esposte sono circa una quindicina e quasi tutte  presentano interessanti caratteristiche artistiche  che pongono in secondo piano, quasi in un angolo remoto,  quelle umane scevre di qualsiasi pietismo. Sono tutte opere che devono essere lette alla stregua di quelle di Van Gogh e di tanti altri artisti che nella loro vita, anche artistica, hanno dovuto combattere e confrontarsi con una diversa abilità. Significative in proposito sono le opere  della giovane artista Cristina di Bella che riesce solo a dialogare con l’arte pittorica avendole la natura  precluso l’uso della parola. La tavolozza dei colori presenti nella tela, realizzata a più mani, “La civetta curiosa”, ricca di tante varietà, parlano e ci raccontano la loro voglia di vivere  testimoniando contemporaneamente la gioia che provano nell’incontrare i visitatori che, proprio Cristina, accoglie tutti con un accattivante sorriso.

IMG_20170915_170017                                         Cristina di Bella presenta la tela realiazzata in collaborazione con altri tal titolo “La civetta curiosa”

Ciascuna opera, indipendentemente dal suo autore, ci accompagna, sulle corde della bellezza, nei sentieri più reconditi del nostro animo, la stessa “bellezza” che Goethe ci indicava capace di “salvare il mondo”.

Roma – Porticato della Casina della Civette – Parco di Villa Torlonia – Via Nomentana-  fino al 20 settembre 2017 con ingresso gratuito.

Giuseppe Carta in mostra a Roma al centro Eataly con “GERMINAZIONI – I diari della terra”.

Testo e foto di Donatello Urbani – Ricerche bibliografiche di  Mariagrazia Fiorentino

Anche il linguaggio delle nature morte, alla stregua di quanto avvenuto nelle arti figurative nel corso degli anni, si è notevolmente modificato adeguandosi di volta in volta agli umori e al diverso sentire degli artisti. Così si può affermare, senza timore di smentita, che le opere di Giuseppe Carta esposte nel punto commerciale Eataly di Roma, location tanta insolita quanto particolarmente consona, rappresentano il sentire artistico ultimo nato e chiude il simbolico cerchio iniziato millenni fa  con le raffigurazioni naturalistiche all’alba della nostra civiltà  come testimoniato  nelle bellissime opere d’arte  presenti in vari musei,  siti archeologici e nelle decorazioni delle “domus” e “villae” pompeiane e romane.

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La mostra “Germinazioni. I diari della Terra”, ideata e organizzata da Arte Contemporanea Italiana in collaborazione proprio con Eataly, esplora il rapporto tra cibo, arte e natura attraverso circa trenta opere tra sculture policrome in bronzo e oli su tela, di medie e piccole dimensioni. Fino al 30 settembre, come scrivono i curatori, “ciliegie, limoni, fragole, uva, fichi e melograni, mele e pere diventano cibo per l’anima grazie alle opere iperrealiste di Giuseppe Carta. La cornice di Eataly permette un’immediata armonizzazione visiva e concettuale tra le opere ed i loro corrispettivi “commestibili”. Il cibo stesso è arte e il luogo che negli ultimi anni ha più di tutti valorizzato e diffuso nel mondo i migliori prodotti culinari italiani apre le sue porte all’arte di Carta, capace di suscitare una riflessione sull’incredibile varietà di prodotti gastronomici presenti nel nostro Paese e curiosità sulle potenzialità comunicative del cibo”. Allo scritto dei curatori fanno riscontro le parole dell’artista: “L’arte può esplorare nuovi orizzonti e nuovi contesti perché si può decontestualizzare tutto ma non gli argomenti trattati, nel senso che un’opera d’arte, un cibo, un libro, un concetto o una pièce teatrale possono essere presentati in ogni luogo e in ogni ora del giorno ma ciò non toglie la sua Essenza e la sua Natura”.

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Proprio il rapporto con la natura è il tema trattato in tutte le opere  di Carta in maniera del tutto intima e personale maturato dall’ esperienza nella cura dei suoi frutteti e dell’oliveto, in particolare, sulle colline di Banari, suo luogo di nascita in Sardegna. L’osservazione giornaliera delle piante, dei fiori e dei frutti sono la fonte primaria nella realizzazione delle opere sia pittoriche che scultoree in un realismo più perfetto del reale. Alquanto singolare è anche la realizzazione delle sue opere che oltre a richiedere tempi lunghi come avviene in natura per la raccolta dei frutti Carta adopera una tecnica antica, “la velatura, e per le sculture la fusione a cera persa che prevede lunghe fasi di modellatura, lavorazione e patinatura” come lui stesso tiene a precisare. Sempre i curatori scrivono in proposito: “Carta non trascura nulla, nelle tele come nelle sculture: frutta e ortaggi sono rappresentati in ogni fase del loro corso vitale, dai momenti di massimo splendore e fulgore, fino a quelli di caducità e germinazione, perché crede che non ci sia più bella cosa di un frutto maturo che ha nella sua pelle tutta la sua vita”. Significativi sono i versi che Pabblo Neruda ci offre in un omaggio letterario alla cipolla:

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                                                        “Cipolla, anfora luminosa,

                                                                petalo e petalo

                                                            si formò la tua bellezza   

                                                      squame di cristallo ti accrebbero                                                                                                               

                                                       e nel segreto della terra oscura  

                                                    si arrotondò il tuo ventre di rugiada …….

                                                   E come in   Afrodite il mar remoto

                                                                   duplicò la magnolia

                                                                innalzando i suoi seni

                                                                           così ti fece

                                                                         cipolla …………

                                                                         Esci dal suolo,

                                                                     eterna, intatta, pura

                                                                      come seme d’astro

                                                                          e nel tagliarti

                                                                       il coltello in cucina

                                                                      sale l’unica lacrima

                                             senza pena. Ci hai fatto piangere senza affliggerci ……………….”

Completa la mostra il catalogo edito da E20 Progetti che presenta, oltre le bellissime tavole a colori di tutte le opere in esposizione,  un’intervista a Giuseppe Carta realizzata dallo chef di Eataly Pino Cuttaia, con due ricette: Una elaborata dallo stesso chef e l’altra dallo stesso artista che presenta una saporita zuppa di cipolle di Banari (facile da realizzare).

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Per maggiori informazioni: presso lo spazio Eataly si tengono corsi di cucina aperti a tutti previa prenotazione sul sito www.roma.eataly.it/eventiedidattica. In occasione della conferenza stampa ,a chel Alessandra Mariani ha presentato e fatto realizzare ai presenti una saporita pasta di gnocchetti sardi con cipolla stufata, capperi r polvere di mandorle.

Roma - Eataly, Piazzale XII Ottobre 1492 – (Stazione Ferroviaria di Roma Osiense, seguire le indicazioni) – Metro B stazione Piramide e varie linee urbane bus e tram linea 3 – fino al 30 settembre 2017 con ingresso gratuito tutti i giorni, negli orari di apertura del negozio.  Info al pubblico dal lunedi al  giovedi dalle  9.30 alle 18,00; il venerdi  dalle 9.30 alle 17,00- telefoniche +39.02.58316316  e sito web https://www.eataly.net/it_it/negozi/roma/

Roma: Le strade del quartiere ebraico si vestono a festa per accogliere la 10^ edizione del Festival della Cultura Ebraica.

Mariagrazia Fiorentino – Donatello Urbani

La terra promessa da Dio al suo popolo è stata da sempre al centro dei pensieri, della cultura e della vita d’Israele e questo, senza dubbio, è da sempre alla base del grande amore e venerazione  che hanno riversato gli Ebrei sulla terra di tutto il pianeta indipendentemente dall’essere o meno quella assegnatagli da Dio. La comunità ebraica di Roma, non fa eccezione. Basta camminare per le strade del quartiere ebraico per avvertire e respirare a pieni polmoni  la vera romanità e quel senso di appartenenza a pieno titolo a questa città da oltre duemila anni.

In questo spirito e dopo il successo e la grande partecipazione popolare degli scorsi anni, anche quest’anno la Comunità Ebraica di Roma promuove e organizza il  Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica che in questa decima edizione ha per tema principale proprio la terra “Earth.Life beyond”, un percorso di riflessione e sguardo culturale, sociale e filosofico sul cambiamento e sull’innovazione scientifica e tecnologica verso il nostro pianeta.

“Un ricco panel di ospiti è stato chiamato a sviluppare l’argomento Terra in tutte le sue più ampie accezioni” tengono a precisare gli organizzatori, “Terra come identità, come viaggio e come ritorno, Terra come ambiente da conservare e trasmettere al futuro, Terra come risorse e Terra come modello di sviluppo.  Interventi e riflessioni dedicate a comprendere come la spinta dell’innovazione scientifica e tecnologica, nell’andare a delineare nuovi modelli di sostenibilità, agisca come agente acceleratore del futuro definendo nuovi perimetri di relazione, conoscenza e consapevolezza tra persone e comunità”.  A questo interessante tema si affiancano altri quali il letterario con presentazione di libri, incontri con scrittori, mostre, visite guidate alle testimonianze culturali ebraiche presenti nel territorio comunale di Roma e spettacoli dei quali uno, quello che sabato prossimo 9 settembre inaugurerà questa manifestazione incentrato su un pilastro della cultura ebraica: “La notte della Cabbalà”. Location principali: il Palazzo della Cultura, sede della scuola ebraica, il Museo Ebraico e i Giardini del Tempio. Il ricco calendario degli eventi prevede:

notte cabbalà_2                                         Notte della Cabbalà edizione 2016: In attesa di entrare alla visita guidata al Museo Ebraico di Roma

sabato 9 settembre: la Notte della Cabbalà, un vero e proprio evento nell’evento che vede l’intero Quartiere Ebraico del Portico d’Ottavia animarsi con una maratona di eventi culturali, musica, teatro, degustazioni, incontri letterari, che intende celebrare ancora una volta il sodalizio tra la Capitale e la Roma ebraica e che offre alla città la straordinaria opportunità dell’ingresso gratuito al Museo Ebraico e di poter fruire di visite guidate gratuite alla Grande Sinagoga e all’interno dell’Antico Ghetto; la perfomance artistica della serata è affidata a Enrico Fink, poliedrico musicista che metterà in scena, insieme a Giancarlo Schiaffini,  grande trombonista del jazz italiano, la session  “In Principio” – Il canto della creazione del mondo, uno spettacolo tra cosmologia, scienza e creazione con musica e voce narrante che partendo dai midrashim (racconti) sulla Genesi racconta la creazione del mondo da vari punti di vista.

In precedenza alle ore 20.45 ci sarà l’inaugurazione della mostra fotografica “Israele. Ritorno alla Terra” , una  raccolta di circa quaranta scatti dell’agenzia ebraica che testimoniano i primi anni dalla nascita dello Stato d’Israele, dal 1948. L’esposizione si concentra su tre temi: immigrazione, legame con la terra, la nuova vita nel neonato Paese. , l’inaugurazione della mostra Israele. Ritorno alla Terra, il tributo che il Festival dedica alle famiglie ebraiche che, provenienti da tutto il mondo, con il supporto della Jewish Agency, hanno fatto ritorno a casa, a partire dal 1948, dando vita allo Stato d’Israele. L’esposizione, in collaborazione con il Centro di documentazione Ebraica contemporanea e con il supporto di EL Al, presenta circa quaranta immagini di grande forza evocativa sui grandi temi dell’immigrazione ebraica, del legame con la terra e della nuova vita nel neonato Paese.

domenica 10 settembre: L’evento clou pone l’attenzione sul gemellaggio del Festival con la Giornata Europea della Cultura Ebraica incentrata sul tema Diaspora. Identità e Dialogo, alla quale è dedicata la sessione pomeridiana e serale .

lunedì 11 settembre Simonetta Agnello Hornby, Pierpaolo Pinhas Punturello e Francesca Nocerino  racconteranno le vicende degli Ebrei nel Meridione d’Italia, come terra di esilio, di partenze e di abbandoni, ma soprattutto come terra d’identità.

martedì 12 settembre: l’evento centrale sarà l’intervista di Benedetta Tobagi alla filosofa e sociologa Agnes Heller sul futuro della nostra società rispetto alla tematiche dell’etica, della sessualità e della famiglia. A seguire Edoardo Camurri intervisterà Helena Janeczek sul suo nuovo romanzo La ragazza con la Leica, dedicato a Gerda Pohorylle, donna formidabile e fotografa, morta “sul campo” durante la guerra civile spagnola nel 1937 e grande amore del fotografo Robert Capa.

mercoledì 13 settembre,  L’evento di chiusura è stato realizzato in collaborazione con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori. Sarà un omaggio al grande artista e musicista Herbert Pagani con due momenti di esibizione. S’inizierà con un reading, scandito da momenti musicali, interpretato e a cura di Ketty Di Porto incentrato sulla vita, le opere e la poetica dell’artista scomparso prematuramente a soli 44 anni. Dopo la performance sarà assegnata una targa come riconoscimento ad un giovane artista che si sia distinto nel suo percorso, e che abbia ideato un’opera ispirata ai temi, alla storia o alla produzione artistica di Herbert Pagani, nato in Libia ha subito, insieme alla famiglia e  a tutta la comunità di correligionari, l’ostracismo dei governanti libici, obbligandoli all’esilio.

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Roma: Museo Ebraico- Teca con reperti della comunità libica. Interessanti i manufetti in argento, la cui lavorazione, insieme all’oro, era l’attività principe della comunità stessa. Di gran pregio in vestito da sposa, con preziosi ricami e merletti. La cerimonia della sposalizio era molto curata nella realizzazione, seguiva consuetudini consolidate nel tempo e avveniva in prevalenza nel giorno di mercoledi, in tempo utile di ripudiare la sposa qualora il marito non l’avesse trovata illibata. – Foto Donatello Urbani

Una teca nel Museo Ebraico testimonia con vari reperti, alcuni donati dalla famiglia Pagani, questa nuova ulteriore “shoah” subita dagli ebre ilibici, molti espatriati successivamente in Italia.

Questa manifestazione sarà una festa voluta dall’intera Comunità Ebraica che apre la loro casa in un completo coinvolgimento di tutta la zona del Portico d’Ottavia con un’estensione anche al territorio comunale.  Una mano tesa in amicizia che deve essere stretta con calore.

Roma- Quartiere ebraico – Portico di Ottavia – dal 9 al 13 settembre 2017. Per informazioni rivolgersi al Centro di Cultura Ebraica 06.5897589 – e.mail centrocultura@romaebraica.it, siti web www.romaebraica.itwww.culturaebraica.roma.it

Un ritorno particolarmente gradito: La testa marmorea di Druso minore, opera del I^ sec. d.C.

Testo e foto di Donatello Urbani

Mancava dalla bacheca del Museo Archeologico di Sessa Aurunca, dove era custodita fin dal lontano 1926,  dagli anni del passaggio in quella città del fronte militare nel corso della seconda guerra mondiale. Il reperto fu sottratto, presumibilmente, da un militare tunisino del corpo di spedizione francese. A dimostrazione di questo le indagini compiute dal nucleo dei Carabinieri TPC – Tutela Patrimonio Culturale – hanno rilevato che il reperto fu commercializzato in Francia per essere, in un secondo tempo, trasferito negli Stati Uniti dove, nel 2004, fu acquistato dal museo di Cleveland per la considerevole cifra di circa tre milioni di dollari. L’appartenenza al Museo di Sessa Aurunca era ampiamente documentata, anche con immagini fotografiche, da una relazione del 1926 redatta in occasione dei lavori di scavo intrapresi nel criptoportico dell’antico teatro romano di Sessa Aurunca.  La restituzione ha seguito una procedura abbastanza travagliata ed ha avuto un felice esito grazie ad un’azione diplomatica condotta dal nostro Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo intrapresa in parallelo con una procedura giudiziaria aperta in precedenza. Tutto questo ha portato alla stipula di un accordo con il museo statunitense sottoscritto il 14 aprile scorso attraverso e grazie al quale, nel successivo mese di giugno, è avvenuto il rimpatrio della preziosa opera in Italia.

IMG_20170901_155750                                                         Testa marmorea di Druso minore – Marmo pario. Opera datata al I^ secolo d.C.

Il valore intrinseco della testa marmorea di Druso minore non è inferiore a quella culturale e morale così come le travagliate vicende di recupero non sono state inferiori alle turbolente vicende umane di Druso minore,  Druso Giulio Cesare,questo il suo vero nome, – Roma 7 ottobre 14 a.C./ 14 settembre 23 d.C.- è meglio conosciuto come Druso minore.  E’ stato un politico e generale romano appartenente alla dinastia giulio-claudia. Figlio primogenito dell’imperatore Tiberio, malgrado la primogenitura nella successione imperiale, gli fu preferito il fratello adottivo Germanico, con il quale s’instaurò un rapporto di conflitto e di collaborazione allo stesso tempo. Nell’anno 15, dopo aver sedato una rivolta militare in Pannonia, venne eletto console avendo anche l’incarico di governatore nell’Illirico e nel 19 quando Germanico morì rimase l’unico erede al principato. Le principali fonti storiche lo presentano come un abile comandante militare che sapeva mostrare la sua intelligenza nelle occasioni più importanti alle quali faceva riscontro una vita mondana costellata di vizi e banchetti accompagnate da un’eccessiva crudeltà ed altrettanto piacere nel vedere spargere sangue, tanto che le spade più affilate vennero chiamate “Drusiane” in suo onore. Comportamenti questi spesso criticati dal padre Tiberio, che gli rimproverava la troppa licenziosità e dissolutezza. I grandi analisti e biografi imperiali romani, soprattutto da Tacito in poi, mettono in evidenza la sua arroganza e superbia dietro un’apparente modestia, mentre Plinio ci riporta un aneddoto che ci fa capire come Druso conducesse una vita mondana, seguendo i consigli del raffinato gastronomo Apicio, a dispetto della condotta che gli veniva suggerita dal padre. La sua intolleranza e la sua impulsività, inoltre, sfociavano spesso in diverbi che lo mettevano in scomode posizioni specie nei rapporti con Seiano, potente e ambizioso prefetto del Pretorio, che ne organizzò l’uccisione. Il giovane venne eletto console una seconda volta nel 21 e ricevette la “tribuniacia potestas” nel 22, ma Seiano, constatato il pericolo che incombeva su di lui decise di colpire Druso attraverso la moglie Livilla, che era inoltre sorella di Germanico, e, fingendosene perdutamente innamorato, la portò all’adulterio mettendola contro il marito. Seiano riuscì ad avvicinarsi sempre di più a Tiberio, fino ad essere il suo consigliere personale, e questo gli consentì l’attuazione di un piano per eliminare Druso con un veleno che avesse un effetto lento, in modo da sembrare un malattia. Il veleno fu somministrato dal liberto Ligdo, uno degli schiavi preferiti di Druso, che si dice Seiano avesse legato a sé con lo stupro. Druso morì il 14 settembre dell’anno 23 d.C. e gli furono attribuiti gli stessi onori funebri che erano stati concessi a Germanico. I funerali furono fastosi e il corteo pieno di immagini degli antenati, da Enea e Romolo fino ai Claudii. Druso fu sepolto nel Mausoleo di Augusto, accanto al fratello Germanico e a fianco di suo nonno Augusto.

Per Visionare il reperto recuperato dagli USA: Roma –  Sede del Comando Carabinieri TPC – piazza S.Ignazio, 152 – tutti i sabati di settembre 2017 dalle ore 10,00 alle 14,00.

 

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