Lorenzo Lotto e le Marche

Testo e foto di Donatello Urbani

Lorenzo Lotto, uno dei più importanti artisti del nostro rinascimento, veneziano di nascita e di formazione artistica, trovò nelle Marche la sua terra di elezione tanto che proprio all’interno del Santuario di Loreto, dedicato alla Madonna, della quale era sincero devoto, ha trovato la sua sepoltura. A far tempo dal prossimo 19 ottobre e fino al 10 febbraio 2019, la Regione Marche insieme a varie istituzioni pubbliche e private, ha promosso una mostra che partendo dalla sede di Macerata si estende in vati centri lotteschi quali Ancona, Cingoli. Jesi. Loreto, Mogliano, Monte San Giusto, Recanati e Urbino. L’intento  che va oltre il doveroso riconoscimento ad un artista sincero amante la terra marchigiana è stato quella di tenere viva l’attenzione sulle località colpite dai recenti eventi sismici. L’occasione buona è stata offerta dalle attenzioni che varie importanti istituzioni museali hanno recentemente avuto su questo artista che proprio in varie località di questa regione è tutt’ora presente con ben 25 opere. Onore al merito degli organizzatori di questa bella iniziativa che affonda il suo intimo essere nelle profonde e ben consolidate radici culturali di questa regione, è stata quella di non spostare dai luoghi dove le opere furono commissionate all’artista Lorenzo Lotto  e amorevolmente custodite e conservate nei secoli dalla popolazione locale.

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Testimonianza di questo è offerta dal Museo di Recanati dove sono esposte ben tre opere commissionate a Lotto per ornare alcune chiese, fra queste “L’Annunciazione”, un autentico capolavoro  che trova ampie documentazioni in tutti i testi di storia dell’arte e, nello stesso tempo, rende doverosa testimonianza dell’autentica fede e venerazione verso la Madonna nutrita dall’artista stesso. Di non minor interesse è l’offerta turistica insita in questa iniziativa sia perché giunge in un periodo destagionalizzato dai richiami ed interessi turistici, sia per le buone e convenienti proposte offerte dagli operatori turistici locali che interessano, in un arco di tempo relativamente lungo, località che meritano a pieno titolo di essere visitate anche se coinvolte in questa mostra itinerante.

Macerata – Palazzo Bonaccorsi – Musei Civici – Via Don Minzoni, 24  dal 19 ottobre 2018 al 10 febbraio 2019  dal martedi alla domenica- lunedi chiuso – dalle ore 10,00 alle 18,00. Biglietto d’ingresso intero €.10,00, ridotto €.8,00. Sono previste gratuità, facilitazioni e riduzioni varie per le quali si rimanda per informazioni al tel.0733.256361 – Sferisferio 0733.271709, e anche per le altre località ai siti web www.mostralottomarche.itwww.italytolive.it – e. mail info@italytolive.it

Marcello Mariani “Il Tempo dell’Angelo 1956/2014” – In mostra al Vittoriano – Ala Brasini (Lato Fori Imperiali).

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Un’occasione più unica che rara è presente nelle tre aree espositive del Vittoriano per scoprire il profondo legame tra due avanguardie statunitensi fra le più importanti sorte nel dopoguerra: Pop Art e Action Painting, nei suoi massimi esponenti, Andy Warhol e Jackson Pollock, e la pittura informale italiana, rappresentata da uno dei suoi massimi esponenti Marcello Mariani.

IMG_20181001_185321                                                           Senza titolo – 1956. Tecnica mista e collage su tela applicata su tavola

La rassegna che espone le opere pittoriche di Mariani, promossa dalla Regione Abruzzo, curata dalla storico dell’arte e saggista Gabriele Simongini, ripercorre i 60 di carriera di questo artista, tutti improntati su una costante personale ed autonoma riflessione sull’arte informale in controtendenza con quella seguita da troppi artisti italiani che furono  seguaci  imitatori dell’arte d’oltre oceano. Significativo in proposito quanto scrive il curatore Simongini: “La sua formazione era stata influenzata, per certi aspetti, dall’esempio e dall’opera di certi artisti come Licini, Burri, Fontana, Beuys e Raushenberg che lo indussero a sviluppare una visione sempre più poetica, intensa ed anarchica del mondo. La pittura come territorio magico in cui ripercorre le fratture, le divisioni, le separazioni come rito di passaggio dal visibile all’invisibile, come lavorio inesausto di purificazione interiore in contatto con i sommovimenti segreti del mondo”.

IMG_20181001_185636                                                                       Forma archetipa 91 – 2010. Olio e tecnica mista su tela

Sempre Simongini ci offre una spiegazione del titolo della rassegna: “ Il Tempo dell’Angelo fa riferimento al fatto che spesso nelle opere di Mariani affiorano con forza abbagliante, da dimensioni sovrumane,  presenze angeliche che sono anche scariche di energia catartica, epifanie luminose e portatrici di un vento di rinnovamento”.  Le opere presenti lungo tutto il percorso espositivo ci offrono uno spaccato di tutta la carriera artistica di Mariani, lunga quasi sessant’anni, in cui l’artista si è imposto tanto in ambito nazionale quanto internazionale per la costante “riflessione sulla pittura informale, evoluta poi in un linguaggio libero da qualsiasi definizione precostituita”, come scrive il curatore. Di particolare intensità sono le opere che Mariani creò dopo la terribile esperienza  del terremoto che nel 2009 distrusse L’Aquila. In quella circostanza l’artista, fra le altre cose, perse il suo atelier e questo, non avendo più un riferimento dove creare le proprie opere, fu certamente la molla che lo spinse a girovagare fra le macerie e da queste trarre ispirazione e stimoli per le proprie opere. Altrettanto significativa è la produzione del post terremoto quando tolte le macerie fonte d’ispirazione furono le prime ricostruzioni.  Ulteriore testimonianza di questa tragedia sono le fotografie di Gianni Berengo Gardin con uno speciale reportage sull’amico di sempre Marcello Mariani. “20 scatti, come scrivono i curatori, realizzati prima del sisma dal grande maestro della fotografia che ci restituiscono uno spaccato di vita intima e potente di Mariani”.

Roma – Complesso del Vittoriano – Via San Pietro in Carcere – Ala Brasini (Lato Fori Imperiali) fino al 4 novembre 2018 con ingresso gratuito con orari; dal Lunedi al Giovedi 9,30/19,30 – Venerdi e Sabato 9,30/22,00 e Domenica 9,30/20,30

Je suis l’autre – Giacometti Picasso e gli altri. Il primitivismo nella scultura del Novecento.

Testo e foto di Donatello Urbani

Mostre di scultura non sono così frequenti a Roma e questa allestita nelle suggestive sale delle Terme di Diocleziano, che normalmente ospitano opere archeologiche di scultura classica, può essere salutata con vera soddisfazione anche per il soggetto considerato sicuramente innovativo. Il titolo, in lingua francese, vuole chiaramente indicarci il luogo di nascita di un nuovo stile e modo di scolpire definito “Primitivismo” che nacque in Francia nella seconda metà dell’Ottocento quando i colonizzatori iniziarono a raccogliere e mettere insieme manufatti realizzati da artigiani ed artisti prodotti nei territori d’oltre mare, come si usava chiamare allora le terre colonizzate.

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Busto in pietra raffigurante un antenato fondatore del villaggio                                                          Mirko Basaldella:”Idolo”-1961

Queste opere, una volta giunte nella madre patria, passarono di mano dai colonizzatori ai galleristi e ai collezionisti destando anche le attenzioni degli artisti della prima metà del XX secolo che nel frattempo avevano aperto nuovi orizzonti e prospettive alle arti figurative.          

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Scultura in legno e capelli umani: Principe Tschibinda Iluba –                                                              Pablo Picasso:”Visage”-1961

Questa nuova visione che non informava trasversalmente una sola corrente artistica entrò a far parte di precise scelte stilistiche  ed importanti come il cubismo, l’espressionismo tedesco anche nella versione francese chiamata “fauve” e di molte altre “avanguardie”, fino alle soglie della modernità quando a partire dagli anni 1960 un’altra forma di colonialismo, ben più sofisticata della precedente, denominata globalizzazione porrà il primitivismo fra le correnti artistiche passate. Così non sorprende che questa bellissima mostra allestita lungo le grandi  Aule delle Terme di Diocleziano, metta a confronto i totem, i bastoni magici degli sciamani, i  simboli rappresentativi delle civiltà che prima di allora erano ritenute primitive e le maschere funerarie che sembrano dire chi sei tu che mi guardi?,  con le opere di artisti ritenuti pietre miliari delle arti figurative quali Picasso, Giacometti, Man Ray, Georges Braque, Jean Dubuffet, Arnaldo Pomodoro, Piero Manzoni, Mirko Basaldella, Pietro Consagra, Marino Marini e Enrico Bay, solo per citarne alcuni.

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Sezione di pilastro di legno posto all’ingresso di una “casa delle anime” .            Arnaldo Pomodoro: “Colonna del viaggiatore” – 1962

L’essersi ispirati ai simboli primitivi identificativi di popolazioni  diverse, aprendosi culturalmente ad esse ed aver battezzato il loro movimento artistico “Privitimismo”, fu un’apertura ed un passo importante verso quei principi di democrazia ed eguaglianza che molti artisti, prevalentemente europei, fecero propri nel secolo scorso in cui tendenze autoritarie e dittatoriali sembravano dovessero affermarsi proprio in quelle nazioni ritenute avanguardie di civiltà senza riserve.

Roma – Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano – Via Enrico De Nicola, 78 fino al 20 gennaio 2019 con orario dalle 9,00 alle 19,30 dal martedi alla domenica. Biglietto d’ingresso €.12,00, ridotto €.10,00, ridotto scuola €.5,00, con data aperta €.13,00. Costi biglietti d’ingresso mostra  + museo €.15,00 acquistabile solo on line su www.museonazionalesomano.beniculturali.it.  Riduzioni e gratuità come stabilite dalla legge. Info sul sito www.electa.it – tel.06.39967700

Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Berberini ospita contemporaneamente due mostre che espongono, insieme ad altre opere pittoriche, due capolavori dell’arte Italiana: L’Ecce Homo di Andrea Mantegna e I Maestri della Madonna Straus

Testo e foto di Donatello Urbani

Dopo cinquecentotrenta anni Andrea Mantegna ritorna a Roma e, per l’occasione, occupa uno spazio di gran prestigio del Palazzo Barberini nel quale è stata allestita una mostra con una sua opera proveniente dal Museo Jacquemart  Andrè di Parigi che prende il nome “La stanza di Mantegna” dove “L’Ecce Homo” occupa il ruolo di primo piano.

20180926_105117                                             Andrea Mantegna; “Ecce Homo” – 1500 circa. Tempera su tela montata su tavola

A Roma non si conservano opere autografe di Mantegna e questa rassegna è un’occasione unica  per stabilire un approccio con un  grande interprete della pittura italiana della seconda metà del quattrocento e del primo cinquecento. Per l’occasione sono state scelte altre cinque opere che completano l’esposizione della sala che comprendono oltre la “Madonna con il Bambino tra i Santi Gerolamo e Ludovico di Tolosa” ritenuta un’opera giovanile di Mantegna, insieme ad altra “Madonna col Bambino” di Giovanni Battista Cima da Conegliano, un raro ritratto su pergamena di Giorgio Schiavone, un bronzo raffigurante” Mosé “di Andrea Briosco, detto il Riccio e il disegno di Scuola Mantegnesca  con soggetto “Ercole e Anteo”.

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                                                                Giovanni Cima da Conegliano: “Madonna con il Bambino”

“Questa selezione”, nelle parole del curatore Michele Di Monte, “è incentrata sul capolavoro di Andrea Mantegna Ecce Homo, chiara sintesi d’inizio cinquecento tra le esigenze della pittura devozionale e una costruzione scientifica delle forme anatomiche e dello spazio.” La sala attigua accoglie l’altra mostra dal titolo “Gotico americano. I Maestri della Madonna Straus”  che ruota intorno a due tavole, rare quanto pregiate, del trecento italiano tra i pezzi più importanti della collezione del Museum of  Fine  Arts di Houston. Entrambe le tavole tra loro complementari sia stilisticamente che per essere al centro di uno scambio di opere pittoriche fra le due istituzioni museali.  Sono giunte qui a Roma alla Galleria Nazionale dì’Arte Antica in cambio del prestito del Ritratto di Enrico VIII di Hans Holbein che farà parte delle opere esposte nella mostra sui Tudor organizzata dal Museum of Fine Arts di Houston. La prima tavola, la più antica, “Madonna con il Bambino”, conosciuta come opera del Maestro senese della Madonna di Straus,  è attribuita ad un pittore delle metà del XIV secolo, influenzato dalla maniera di Simone Martini, del quale tramanda i modi raffinati e preziosamente stilizzati. La seconda tavola anch’essa raffigurante una “Madonna con il Bambino” e conosciuta come opere del Maestro della Madonna di Straus è invece attribuita ad un anonimo pittore fiorentino degli inizi del XV secolo erede della tradizione della pittura gotica toscana. Il comune riferimento alla “Madonna di Straus” è dovuto al collezionista statunitense Perxcy Selden Straus (1876/1944) che insieme alla moglie Edith Abraham (1882/1957) raccolse molte opere pittoriche tra cui alcuni capolavori della pittura italiana gotica e rinascimentale, successivamente acquistati dal Museo di Houston. Tutte queste opere  sono testimoni di un’importante fase della storia del collezionismo d’arte europeo della fine del XIX secolo, segnato dalla crescente passione per le opere del Rinascimento italiano con una particolare predilezione per i maestri delle scuole toscane e veneta. Grazie a queste nuove forme di gestione dei beni culturali è oggi possibile ammirare capolavori d’arte che diversamente sarebbero stati gelosamente interdetti alla pubblica fruibilità.

Roma – Palazzo Barberini – Via delle Quattro Fontane, 13, fino al 27 gennaio 2019 con orario dalle 8,30 alle 19,00 dal martedi alla domenica. Biglietto d’ingresso intero €.12,00 ridotto €.6,00 e consente di visitare anche le collezioni museale dei Palazzi Barberini e Corsini con una validità di 10 giorni dalla timbratura.  Info www.barberinicorsini.orgcomunicazione@barberinicorsini.org

 

Andy Warhol – Al complesso del Vittoriano

Testo di Giorgia Lattanzi e Mariagrazia Fiorentino – foto Donatello Urbani

Sono trascorsi trent’anni ma il tempo e l’arte di Andy Warhol, padre della Pop Art, è come non se ne fosse mai andato. Una mostra antologica con circa 170 opere ripercorre le tappe della sua carriera e inaugura uno sguardo d’eccezione sul mondo della società newyorkèse che l’artista ha amato e catturato in tutte le sue manifestazioni: Musica, Moda, Fotografia, Cinema.

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Alla ricerca di “15 minuti di notorietà” che ha trovato inizialmente nascosta dentro quei prodotti di consumo di massa come la celebre Coca Cola o le zuppe della Campbell’s (1962). L’industria alimentare iniziò a fare prodotti uguali per tutti. Sia i poveri che i miliardari bevevano e mangiavano gli stessi sapori. Una rivoluzione che il timido disegnatore, chiamato inizialmente Andy lo straccione, non si fece sfuggire e sulla quale edificò il suo impero. L’arte divenne un Oggetto di Consumo. Warhol nel 1963 ha dato vita alla sua Silver Factory.

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Iniziando a creare opere d’arte che potessero raggiungere le masse. Inizia così un lungo periodo di produzione artistica ispirata al mondo della mondaneità che lui tanto amava ed è grazie all’uso della serigrafia che può realizzare infinite combinazioni di ritratti e di effetti cromatici sempre diversi. L’euforica combinazione tra soggetti, colori e polaroid sembrano soddisfare e alimentare il genio dell’artista che sfrutta la notorietà delle icone del suo tempo per dar vita ad un operazione POP senza precedenti.

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                               Liz                                                                                                                                                            Marylin

La famosissima serie delle Marilyn (1967), i Self-Pportrait di LIiz(1964), di Mao, di Mick Jagger, parlano lo stesso linguaggio stilistico delle sue amate Drag Queen (1975). Ancora una volta annullando la differenza tra le classi sociali. La sua impronta era ormai entrata in tutti i settori ed infatti nel 1967 disegna un’altra icona dei nostri tempi: la copertina del disco dei Velevt Undergroun e Nico con la celebre Banana. Nel 1969 fonda la rivista Interview  grazie alla quale eseguirà una serie ininterrotta di scatti fotografici a tutte le star del cinema e soprattutto della moda tra cui il giovane Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino. Catturando in quegli scatti tutti i volti che hanno reso celebre il “sogno americano”.

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Fu lo stesso Warhol che scoprì, in questa atmosfera magica di NY, un ragazzo che diventerà poi uno dei più famosi ed emblematici precursori del graffitismo americano J.M.Basquiat. Nel 1984 venne commissionato a Warhol un gruppo di opere basate sull’ultima cena di Leonardo Da Vinci dal collezionista greco Iolas che le espose a Milano presso il “Palazzo delle Stelline”. Fu proprio in questa occasione che il collezionista Eugenio Falcioni conobbe le opere dell’imperatore  americano della Pop Art. Prima di quest’incontro, il signor Falconi collezionava solo opere d’Arte Antica e in seguito inizia ad appassionarsi a Warhol divenendo ad oggi il maggior collezionista sul territorio nazionale italiano. Il collezionista Iolas costruì ad Atene una villa di 1300mq, una casa museo per ospitare la sua collezione. Dopo la sua morte l’intera area fu venduta ed in seguito espropriata dal Ministero dei Beni Culturali; una manovra burocratica che bloccò qualsiasi tipo di intervento di recupero. Attualmente la villa è in uno stato di degrado ed è stata “vandalizzata”. Mi chiedo, se per ironia della sorte, qualche ignoto writers non abbia dipinto lì una sua opera, apportando così il suo contributo ad un sogno, mai realizzato, di uno dei collezionisti più importanti del secolo scorso?

Roma – Complesso del Vittoriano- Ala Brasini Via San Pietro in Carcere, Roma. Fino al 3 febbraio 2019. Biglietti d’ingresso: Intero € 13.00 – Ridotto € 11.00. Info www.ilvittoriano.com

Marcello Mariani – Forme dal terremoto.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Gli eventi sismici che nell’anno 2009 colpirono la città de L’Aquila hanno segnato in maniera indelebile non solo la vita privata di Marcello Mariani, (L’Aquila 1938/2017), bensì hanno rappresentato anche un punto di svolta in quella artistica.

IMG_20180918_180203            Marcello Mariani: “Forma Archetipa” – 2008. Olio e tecnica mista su tela. Opera realizzata prima del sisma del 2009

Dopo aver perso sia lo studio che l’abitazione era frequente incontrare Marcello Mariani mentre camminava in silenzio nella periferia dell’Aquila deturpata dal sisma, mentre raccoglieva pezzi d’intonaci e calcinacci lungo strade deserte di quartieri evacuati, come scrive Gabriele Simoncini nel catalogo che accompagna la mostra allestita all’Accademia di Belle Arti di Roma e curata dallo stesso Simongini insieme al figlio dell’artista, Daniele Mariani. Quanto raccolto veniva usato per “creare nuove  e bellissime opere astratte in cui c’è, anche fisicamente, tutta quell’apocalisse” sono sempre parole di Simongini che proseguono con: “…In un legame indissolubile tra l’artista e la sua città natale, i muri da lui dipinti sono stati anche di buon auspicio e quasi di stimolo ideale per la rinascita di uno dei simboli della città. La cinta muraria trecentesca, oggi in gran parte restaurata dopo il terremoto del 2009. Insieme a una quindicina di opere, tutte realizzate nel 2009,sono esposti tre grandi quadri degli anni successivi che testimoniano le stratificazioni di memorie, di segni, di voci di storie dimenticate che animano i palinsesti dipinti da Mariani.”

IMG_20180918_180940                                        Marcello Mariani: “Forma Archetipa” – 2009. Frammenti d’intonaco. Tecnica mista su tavola

Fanno da cornice alle opere pittoriche alcune fotografie in bianco e nero scattate da Gianni Berengo Gardin che oltre a testimoniare le distruzioni provocate dal sisma offrono momenti di sincera amicizia che lo stesso fotografo nutriva per l’amico pittore. Questa rassegna, tiene a precisare Daniele Mariani, fa da apripista a quella che “voluta dalla Regione Abruzzo nell’occasione del decennale degli eventi sismici, sarà allestita nei prestigiosi spazi del Complesso del Vittoriano”.

IMG_20180918_180236                                                            Marcello Mariani: “Forma Archetipa” – 2012. Olio su tela

L’aver fatto una sosta all’Accademia di Belle Arti di Roma, seppur breve fino al 29 settembre, è un segno del “profondo rispetto che l’artista nutriva per questa istituzione soprattutto per il messaggio creativo ed etico trasmesso ai più giovani, per quel senso di memoria in divenire espresso anche dalle sue opere post terremoto”, come scrive sempre nel catalogo Gabriele Simongini.

Roma – Accademia di Belle Arti – Sala Colleoni – Piazza Ferro di Cavallo (Via di Ripetta) fino al 29 settembre 2018 con ingresso gratuito.

Sergio Ceccotti – Il romanzo della pittura 1958/2018 – In mostra al Palazzo delle Esposizioni

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

La visita a questa mostra allestita nelle sale a piano terra con ingresso da Via Milano – Spazio Fontana, –  visitabile gratuitamente, riserva simpatiche sorprese ad iniziare proprio dalle opere esposte che c’introducono all’interno della vita dello stesso artista che si apre ai visitatori rivolgendo loro un invito ad entrare nelle sua abitazione, in mezzo ai suoi amici fra i luoghi da lui frequentati fin dagli anni della primaria formazione artistica.

20180910_184444                                                                    Sergio Ceccotti: “Le quattro stagioni” – 1975/79. Olio su tela

Le circa 40 opere, allestite lungo il percorso espositivo seguendo un ordine cronologico, ripercorrono il personale “romanzo della pittura” lungo sessant’anni di attività, dal 1958 al 2018. Sergio Ceccotti, antesignano della figurazione italiana contemporanea,lungimirante erede della metafisica dechirichiana e del realismo magico, come ce lo presenta la critica, si è formato nel corso di questi cinquant’anni, seguendo: “…suggestioni neocubiste (Il giradischi, 1958; Ricordo d’Olanda, 1959)” come scrivono i curatori, per giungere, “ a quelli della prima metà degli anni Sessanta nei quali riecheggia potente l’espressionismo tedesco (Al bar II, 1962). Gli anni successivi sono quelli della formazione, sempre negli scritti dei curatori: “chiamato realismo ceccottiano, una visione pittorica colta, raffinata e originale che distilla spunti della storia dell’arte, che impiega artifici retorici del cinema alla Hitchcock, del fumetto (come Diabolik delle sorelle Giussani), della fotografia, del fotoromanzo e della letteratura di genere, dal racconto poliziesco alla Hammett o alla Chandler, alla narrativa di autori contemporanei come Georges Perec, Patrick Modiano, Antonio Tabucchi o Paul Auster. Nei dipinti di Ceccotti si rinnovano anche gli spunti dei rebus o meglio, dei disegni dell’illustratrice della Settimana Enigmistica Maria Ghezzi”.

20180910_184227                                                                           Sergio ceccotti: “Plein air” – 2001. Olio su tela

A questo proposito sono significative le dichiarazione dell’artista «Il mio interesse per questi disegni non nasceva da una grande passione per i rebus, anche se mi diverte risolverli, ma dal fascino che quelle scene emanavano, un fascino che tenterò di spiegare. Gli accostamenti di oggetti incongrui, ingrediente principale di ogni rebus, non producono qui un effetto disturbante di tipo surrealista, ma sono tranquillamente assorbiti dalla scena generale, come se in quel mondo fosse naturale che un ragazzo lotti con un serpente tra l’indifferenza di altri personaggi che contemplano le barche sul fiume, mentre su una pietra in primo piano una teiera e una tazza attendono, accanto a due grossi coltelli».  Il percorso espositivo si conclude con il documentario inedito su Sergio Ceccotti dal titolo Cercando il Signor S. (2018) prodotto e realizzato da RUFA – Rome University of Fine Arts.

20180910_184739                                                                          Sergio Ceccotti: “Canzone notturna” – 2012 – Olio su tela
La mostra è accompagnata da un catalogo a cura di Cesare Biasini Selvaggi, edito per i tipi di Carlo Cambi editore, che include il saggio del curatore, le tavole e le schede delle opere esposte, un’antologia di testi critici dedicati all’artista, un’estesa cronologia e una sezione di apparati espositivo-bibliografici.
Roma – Palazzo delle Esposizioni, via Milano 13 – 00184 Roma fino al  14 ottobre 2018 con ingresso libero. Nei giorni di  domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso; informazioni  www.palazzoesposizioni.it

“COURBET e la natura” – A Ferrara – Palazzo dei Diamanti – dal 22 settembre 2018 con una mostra antologica

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

“ Il bello è nella natura”
Gustave Courbet

Fra Gustave Courbet e l’Italia non c’è mai stato un buon “feeling”. Il primo non era mai venuto in Italia, malgrado conoscesse bene l’arte pittorica italiana, di rimando in Italia sono state organizzate con gran parsimonia rassegne e  mostre di questo grande interprete dell’arte pittorica francese. Così dopo quasi cinquant’anni torna in Italia Gustave Courbet con una importante retrospettiva tutta incentrata su questo genio indiscusso dell’Ottocento e al suo rivoluzionario approccio alla pittura di paesaggio. Uomo dalla personalità forte e complessa, Courbet s’impose come padre del realismo, aprendo la strada alla modernità in pittura con lavori provocatori e antiaccademici la cui principale fonte d’ispirazione fu la natura.

20180713_111326Roma: Palazzo Farnese sede dell’Ambasciata della Repubblica Francese – Intrvento di S.E. l’Ambasciartore nel corso della conferenza stampa.

La mostra espone una cinquantina di tele che gli stessi curatori, Dominique de Font-Réaulx, Barbara Guidi, Maria Luisa Pacelli, Isolde Pludermacher e Vincent Pomarède, hanno presentato in una conferenza stampa tenutasi presso l’Ambasciata di Francia a Roma, nella quale hanno affermato: “Quanto esposto  a Ferrara nel prestigioso Palazzo dei Diamanti, rappresenta il meglio della produzione artistica di Courbert, con opere quali Buongiorno signor Courbet, l’autoritratto, L’uomo ferito o le celebri Fanciulle sulle rive della Senna, provenienti dai più importanti musei del mondo”.  Lungo le cinque sezioni in cui si articola il percorso espositivo il visitatore attraverserà i luoghi e i temi dell’impressionante e appassionata rappresentazione del mondo naturale di Courbet dove i veri protagonisti sono i panorami della sua terra natale, le spettacolari marine battute dalla tempesta, incontrate nelle sue peregrinazioni,  le misteriose grotte da cui scaturiscono sorgenti di torrenti, fino ai sensuali nudi immersi in una rigogliosa vegetazione  e alle sublimi scene di caccia della maturità.

Gustave Courbet Guistave Courbet: “L’onda” 1869. Olio su tela- Edinburgo national Gelleries of Scotland. Dono di Ser Alexander Maitland in memoria della moglie Rosalind, 1960. Foto courtesy Ufficio Stampa Esseci

Di grande interesse anche quanto scritto nel comunicato dagli stessi curatori: “Guardato come un maestro dagli impressionisti e venerato da Cézanne, Courbet sembra svelare forme in attesa di essere rese visibili, catturando i fenomeni naturali più elusivi e transitori. I paesaggi della regione natale, la Franca Contea, occupano un posto particolare nel cuore dell’artista: la vallata lussureggiante della Loue, gli altipiani aridi, i fiumi impetuosi, il sottobosco e i cieli immensi sono rielaborati in infinite e sorprendenti varianti. Motivo d’ispirazione sono stati anche i luoghi dove ebbe modo di soggiornare o che visitò nel corso della sua vita, come le coste mediterranee nei pressi di Montpellier, i paesaggi rocciosi della regione della Mosa in Belgio, le marine della Normandia, con le onde rigonfie prima di infrangersi sugli scogli, o i laghi svizzeri dipinti in esilio in un’atmosfera carica di nostalgia.

http://www.metmuseum.org/art/collection/search/436003Gustave Courbet: “Giovane bagnante” 1866 – Olio su tela. New York Metropolitanm Museum of Art. Lascito della Sig.ra H.O.Havemeyer. Foto courtesy Ufficio Stampa Esseci

A questi soggetti si aggiungono i dipinti che hanno per tema i nudi e gli animali nel paesaggio, dove Courbet dimostra ancora una volta di essere portatore di uno sguardo originale sul mondo, ma anche di essere consapevole della grande tradizione pittorica occidentale, studiata al Louvre”.Questa importante rassegna oltre presentarci le opere di “un artista che ha lasciato un segno indelebile sulla sua epoca traghettando l’arte francese dal sogno romantico alla pittura di realtà, e da questa a un nuovo amore per la natura”, come scrivono i curatori, offre la grande opportunità per un’escursione turistico culturale in una delle città più interessanti presenti in Italia dove anche l’enogastronomia gioca un ruolo di primo piano.

Ferrara, Palazzo dei Diamanti dal 22 settembre 2018 al 6 gennaio 2019. Informazioni sia turistiche che sulla mostra, inclusi il servizio didattico  le prenotazioni di visite guidate: tel. 0532 244949, per e.mail diamanti@comune.fe.it oppure sul sito www.palazzodiamanti.it

“La Roma dei Re – Il racconto dell’archeologia” testimonia le fasi più arcaiche della città

Mariagrazia Fiorentino

Ora sull’Esquilino risanato si può abitare e passeggiare al sole sui bastioni, dove si vedeva con raccapriccio biancheggiare di ossa la terra desolata – Orazio “Satire I.0”.

La mostra accende i riflettori sulla fase più antica della storia di Roma, illustrandone gli aspetti salienti e ricostruendo costumi, ideologie, capacità tecniche, contatti con ambiti culturali diversi e trasformazioni sociali delle comunità. Dice Isabella Damiani, curatrice della mostra: “è quello di valorizzare il nostro patrimonio quello che viene mostrato è solo la punta dell’iceberg, con questa mostra si riapre l’attenzione della storia di questo periodo”.

06. AC13162a     Necropoli dell’Esquilino: Gruppo 103 – Scatole (pisside) di bronzo, decorata a sbalzo con motivi geometrici. 775/750-730 a.C.

Il percorso espositivo – che inizia a partire dal limite cronologico più recente, il VI secolo a.C., e arriva fino al X secolo a.C. – si snoda in diverse sezioni: Santuari e palazzi nella Roma regia, con reperti provenienti dall’area sacra di Sant’Omobono nel Foro Boario presso l’antico approdo sul Tevere; I riti sepolcrali a Roma tra il 1000 e il 500 a.C., con corredi tombali dalle aree successivamente occupate dai Fori di Cesare e di Augusto e dal Foro Romano; L’abitato più antico: la prima Roma, con il plastico di Roma arcaica per un viaggio a ritroso nel tempo dalla Roma di oggi a quella delle origini; Scambi e commerci tra Età del Bronzo ed Età Orientalizzante, con testimonianze provenienti in massima parte dalla necropoli dell’Esquilino, uno dei complessi più importanti della Roma arcaica.

03. AC12283a                            Necropoli dell’Esquilino: Tomba 85. Fibula di bronzo con arco decorato con 3 uccellini. 800/730 a.C.

Oggetti di lusso e di prestigio, e corredi funerari “confusi”, a testimonianza di quella che poteva essere la ricchezza originaria della necropoli. Reperti archeologici sorprendenti che parlano al cuore per il loro vissuto e creano suggestioni per la loro bellezza e modernità. Sarà possibile al visitatore toccare con mano alcune riproduzioni degli oggetti esposti e prendere così conoscenza delle tecniche di lavorazione.

Tiziana                                                                              Foto Courtesy Tiziana Mercurio

Roma, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli e Area del Tempio di Giove di Palazzo dei Conservatori. Piazza del Campidoglio 1  dal 27 luglio 2018  al 27 gennaio 2019, orario tutti i giorni 9.30-19.30;  la biglietteria chiude un’ora prima. Giorni di chiusura:  25 dicembre, 1 gennaio. Biglietti € 15.00 biglietto integrato Mostra + Museo intero per i non residenti a Roma; € 13.00 biglietto integrato Mostra + Museo ridotto per i non residenti a Roma; € 13.00 biglietto integrato Mostra + Museo intero per i residenti a Roma; € 11.00 biglietto integrato Mostra + Museo ridotto per i residenti a Roma. € 2,00 sul biglietto gratuito, ad esclusione dei biglietti per scuole elementari e medie inferiori, bambini da 0 a 6 anni e portatori di handicap. Acquistando la MIC Card, al costo di € 5.00, ingresso illimitato per 12 mesi ai Musei Civici per chi risiede o studia a Roma

Bric – a – brac “The Jamble of Growth” – Artisti contemporanei di paesi emergenti in mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Lo sviluppo economico e quello artistico non sempre vanno di pari passo. Ciascuno per nostra fortuna percorre la propria strada anche se, molto spesso, entrambi si lanciano sui rispettivi operati sguardi non sempre amichevoli. Le finalità che si sono poste i dirigenti del Today Art Museum di Pechino nell’organizzare  questa mostra dal significativo titolo “Bric a brac – The Jamble of Growth”, giunta in Italia alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, sono state proprio quelle di mettere in risalto gli sguardi degli artisti  sulle molteplici manifestazioni di sviluppo, non solo economico, presenti nelle società dei paesi così detti emergenti. Gli interventi dei due curatori Gerardo Mosquera e  Huang Du, provenienti da paesi agli antipodi, rispettivamente Cuba e Cina, due contesti culturali e geografici molto diversi, hanno posto in evidenza come entrambi condividono una scommessa comune sulle possibilità di lettura del presente da parte di un insieme di visioni apparentemente distanti tra loro.

20180716_121757                                                                Jiri Kolàr: “Il mondo delle comunicazioni” – 1962/1972

Questa mostra è il risultato di una collaborazione tra la Galleria Nazionale e il  Today Art Museum di Pechino, un museo privato non-profit, risultato di un impegno  nella creazione di fruttuosi legami con istituzioni culturali su scala internazionale. La mostra esplora il processo delle trasformazioni economiche, sociali e culturali globali innescato dal boom delle economie di mercato emergenti analizzando i vari modi in cui l’arte ha partecipato ad alcune di queste transizioni o ha reagito a esse, nonché i loro effetti sulla cultura, la società e l’individuo.

20180716_122443                                                             Lu Lei: “Pretending Egomania” – 2015. Today Art Museum, Pechino.

Il titolo della mostra è la prima chiave interpretativa: multilingue e tripartito, analizza e cerca di tradurre il contesto contradditorio in cui viviamo. Giocando sull’espressione francese “bric-à-brac”, accostamento eterogeneo e disordinato di piccoli elementi decorativi, il progetto espositivo mette a fuoco la crescita caotica e conflittuale – “The Jumble of Growth” – dei Paesi dalle economie emergenti, in particolare quella dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e ora anche Sudafrica), l’acronimo coniato nel 2001 dall’economista Jim O’Neill.

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Tian Longyu: “A….O! – A….O!”, 2014. L’opera s’ispira ad un proverbio cinese: La tigre mangia di tutto. Cosa succede se mangia qualcosa più grande di lei, come nel caso di un elefante?. Il messaggio é oltremodo esplicito.

Scrivono i curatori: “L’obiettivo è quello di esplorare l’espressione artistica di diversi modelli di sviluppo economico attraverso opere che riflettono le conseguenze sociali e individuali del progresso, visto in particolare con la lente della globalizzazione. La complessità dei fenomeni socioeconomici invita a riflettere sullo stato attuale del pianeta e sull’alternativa, come indica il titolo cinese “另一种选择”, che i paesi con un forte sviluppo economico, bilanciando in parte gli equilibri di potere del pianeta, rappresentano oggi su scala globale”. Il percorso espositivo vuole esaminare, infatti, le varie forme in cui l’arte prende parte o reagisce alle trasformazioni che la globalizzazione trascina vorticosamente con sé. Il loro sguardo introspettivo è orientato alle questioni che la complessità della nostra epoca solleva, ai contrasti vibranti e agli elementi sorprendenti, ma anche all’eredità della tradizione sullo sfondo, per restituire risposte dal taglio critico e provocatorio.

20180716_123819                                                                 Fernando Sàanchez Castillo: “Terracotta Army”. 2016

La circa cinquanta opere realizzate da 34 artisti che hanno scelto di dare voce alla propria intuizione del mondo e della società, si avvalgono, attraverso nuovi linguaggi, di video, installazioni e della fotografia, senza trascurare l’uso di materiali insoliti, per rendere attuale e di grande impatto visivo il loro linguaggio. Artisti provenienti dalla Cina e dai paesi BRICS sono in dialogo con altri di diverse provenienze internazionali. La realtà globalizzata e post-industriale che caratterizza la Cina e gli altri paesi ad economia in rapido sviluppo è lo spazio in cui la cultura e l’espressione artistica stanno oggi dando voce al proprio post-moderno.

Roma: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea viale delle Belle Arti 131, fino al 14 ottobre 2018. Ingresso disabili  Via Gramsci 71. Orari di apertura dal martedì alla domenica:  8.30 –19.30. Costo del biglietto d’ingresso intero: €.10,00 – ridotto €.5,00. Informazioni tel. + 39. 06.32298221- sito web www.lagallerianazionale.com