Riapre al pubblico l’Area Sacra di Largo Argentina

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

La meraviglia è in ogni angolo, in ogni reperto marmoreo se la sappiamo vedere e cercare. La collaborazione tra pubblico e privato, in questo caso, si è resa determinante. Sponsor la Maison Bulgari, sempre sensibile a tutto quello che è cultura, motivo d’ispirazione per molte loro creazioni, famose in tutto il mondo.  Jean-Christophe Babin, Amministratore Delegato del Gruppo Bulgari nel suo intervento: “Siamo orgogliosi di aver contribuito a rendere finalmente fruibile ai cittadini e ai turisti questo gioiello archeologico e architettonico, preziosa testimonianza dell’affascinante sovrapposizione di epoche e stili che rende la Città Eterna unica al mondo. Un progetto che ci ha consentito di onorare, ancora una volta, il profondo legame che abbiamo con Roma, da sempre inesauribile fonte di ispirazione e crocevia millenario di arti, culture e tradizioni. Nell’Area Sacra si percepisce il respiro della Storia. Queste maestose vestigia – che da oggi potremo ammirare da vicino – raccontano la grandezza di un impero che ha forgiato la nostra civiltà”. Vogliamo restituire a Roma qualcosa dei nostri introiti.

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Il Sovrintendente Claudio Parisi Presicce dichiara: “Il prezioso lavoro dei tecnici dalla Sovrintendenza ha restituito alla città un’area importantissima, consentendo a tutti di ammirare uno spaccato di storia di oltre due millenni: dalla Roma repubblicana a quella degli imperatori, dal riutilizzo delle strutture come dimore di famiglie aristocratiche, chiese e monasteri fino alle demolizioni degli anni Venti del ‘900.”

Da comunicato stampa: La storia millenaria dell’Area Sacra di Largo Argentina, dal 20 giugno, si offre al pubblico con un nuovo percorso che per la prima volta consente di accedere al sito e visitarlo in modo sistematico, leggendone le fasi di vita dall’età repubblicana attraverso l’epoca imperiale e medievale, fino alla riscoperta avvenuta nel secolo scorso con le demolizioni degli anni Venti.

La maestosità dei resti dei templi dell’Area Sacra si può ora cogliere a distanza ravvicinata, apprezzandone i dettagli, le fasi costruttive e i materiali, camminando allo stesso livello di strutture che per decenni cittadini e turisti hanno osservato dal piano stradale.

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I lavori sono stati realizzati ponendo attenzione ai criteri che hanno consentito di rendere il sito facilmente accessibile a tutti. Da via di San Nicola de’ Cesarini il visitatore ha la possibilità di scendere e visitare l’area archeologica grazie a un percorso su passerella completamente privo di barriere architettoniche. Una piattaforma elevatrice consente l’accesso alle persone con mobilità ridotta, mentre all’interno sono stati eliminati tutti i dislivelli e salti di quota, rendendo agevole la visita anche in sedia a rotelle o con passeggini.

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Elemento di grande novità sono le due aree espositive nel portico della medioevale Torre del Papito e nei locali al di sotto del piano stradale di via di San Nicola de’ Cesarini. Gli spazi sono stati allestiti con una selezione dei numerosi reperti provenienti dagli scavi e dalle demolizioni del secolo scorso, tra cui frammenti di epigrafi, sarcofagi, decorazioni architettoniche e due teste di statue colossali appartenenti a divinità venerate nell’area.

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Per raccontare al meglio la storia del sito e delle trasformazioni avvenute nel corso dei secoli, l’intero percorso di visita è dotato di una serie di pannelli illustrativi con testi in italiano e in inglese e di un ricco corredo fotografic0

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Per le persone ipovedenti e non vedenti sono stati realizzati due grandi pannelli tattili, in italiano, inglese e braille con le indicazioni dell’intero complesso e dei singoli monumenti e con la lettura tattile di due reperti scansionati in 3D – un frammento di lastra con uccellino che becca un frutto e la testa colossale di statua di culto femminile.

È stata realizzata una nuova illuminazione su tutta la passerella e gli espositori situati nello spazio museale, mentre a livello stradale è stato illuminato il portico della Torre del Papito.

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Cenni storici: Tra il 1926 e il 1929 i lavori di demolizione del quartiere compreso tra via del Teatro Argentina, via Florida, via S. Nicola de’ Cesarini e corso Vittorio Emanuele II per la costruzione di nuovi edifici, riportarono alla luce una vasta piazza lastricata su cui sorgono quattro templi, comunemente indicati con le prime quattro lettere dell’alfabeto in assenza di identificazione certa: il tempio C (inizi III sec. a.C.), dedicato probabilmente a Feronia; il tempio A (metà III sec. a.C.) in onore di Giuturna; il tempio D (inizi II sec. a.C.), dedicato alle Ninfe o ai Lari Permarini; e il tempio B (fine II sec. a.C.), dedicato alla Fortuna huiusce diei.

Alla metà del I sec. a.C. si data il complesso dei Portici di Pompeo, adiacente all’area sacra, nella cui Curia (di cui è ancora visibile il basamento in tufo alle spalle dei templi B e C) ebbe luogo l’assassinio di Giulio Cesare.

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                                                                                                             Fondamenta  in tufo della Curia di Pompeo

L’incendio dell’80 d.C. che devastò gran parte del Campo Marzio portò a una profonda trasformazione dell’area sotto l’imperatore Domiziano, con la realizzazione di una nuova pavimentazione in lastre di travertino, ancora visibile, e la ricostruzione degli alzati dei templi.

Con il V secolo ha inizio il processo di abbandono e trasformazione degli edifici. Si ipotizza che l’area venne occupata da un complesso monastico, mentre successivamente, tra l’VIII e il IX secolo, vennero realizzate strutture forse pertinenti a case aristocratiche. Sempre al IX secolo appartengono anche le prime testimonianze dell’impianto di una chiesa all’interno del tempio A, che nel 1132 fu dedicata a San Nicola, con la denominazione prima de’ Calcarario e poi de’ Cesarini. In età barocca sulla chiesa medievale si impostò un nuovo edificio sacro, distrutto completamente durante le demolizioni del Governatorato.

Per ulteriori informazioni, orari di apertura, biglietti d’ingresso, prenotazioni: call center 060608 dalle 9 alle 19 tutti i giorni – www.sovraintendenzaroma.it

“Afro: Dalla meditazione su Piero della Francesca all’informale”. In mostra ad Arezzo alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea fino al 22 ottobre 2023.

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Nei cinquecento anni che separano Piero da Afro, salvo brevi periodi in cui le attenzioni artistiche si sono rivolte prima a Parigi e successivamente a New York, l’Italia ha giocato un ruolo da assoluta protagonista nelle arti visive. Nell’ottica di una continuità artistica vissuta e interpretata dagli artisti italiani, ciascuna nei  personali linguaggi, in questo contesto deve essere letta la bella mostra “Afro: Dalla meditazione su Piero della Francesca all’Informale”, curata da Marco Pierini con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, allestita nelle ristrutturate sale della Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo.

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                                                                         Afro Basaldella: “Si fondano le città” – 1939 – Olio su tela

Significativo in proposito quanto scrive Afro: “Dimentica i pieni, cioè le figure, e osserva la perfezione delle forme dei vuoti. Impara a leggere i quadri antichi prescindendo dalla figura e imparerai a trovare gli stessi valori nei quadri moderni che all’apparenza non hanno un rapporto naturalistico. I miei quadri contengono abbastanza vita atmosferica e fantastica per non aver bisogno di un’illuminazione semplice, chiara e diretta. I miei quadri dovrebbero essere illuminati direttamente dalla luce del cielo, il mio museo ideale è un edificio senza tetto. Cruda e semplice come la luce del cielo dovrebbe essere la parete dove il quadro si appoggia: un timbro neutro ed esaltante; il più “vero” possibile, appunto per circondare ed isolare la pittura che è la cosa più “falsa” perché è quella che assomiglia di più alla coscienza”.

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                                                                    Afro Basaldella: “Ragazzo con il toro” – 1954 – Tecnica mista su tela

Nell’opera di Piero di Piero della Francesca il realismo ed il plasticismo si traducono nel rigore geometrico delle composizioni e delle singole figure che le compongono in favore di un’immagine razionale e intellettuale costruita anche attraverso la luce.

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                                                                    Afro Basaldella: “Cristo morto da Mantegna” – 1932 – Olio su tela

Il percorso espositivo, adiacente alla Chiesa di S.Francesco che conserva il famoso ciclo delle “Storie della Vera Croce” di Piero della Francesca, inizia con i primi disegni di Afro appartenenti ai primi anni 30 ispirati a Rubens, El Greco, Velasquez e con le sue pitture di esordio quali “Il Cristo morto” di Andrea Mantegna ed i grandi cartoni preparatori, rappresentanti le Scienza e le Arti, che, realizzati in mosaico, avrebbero trovato posto nel Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi dell’Esposizione Universale di Roma – E42-.

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                                 Afro Basaldella: “Senza titolo” – 1938 – Temperra su tavola – Museum of Modern Greek Art di Rodi 

Di rilievo internazionale alcuni dipinti, tra cui il “Ciclo delle Stagioni” in prestito dal Museum of Modern Greek Art di Rodi realizzati da Afro nel 1938 ed alcuni documenti e bozzetti preparatori al murales realizzato nel 1958, anno in cui Afro era da vario tempo uno dei massimi esponenti della pittura informale, per la sede dell’UNESCO a Parigi.

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                                                            Afro Basaldella: “Minotauro” – 1949 – Tecnica mista su carta intelata.

Una mostra questa che per essere vissuta e goduta nella sua pienezza non può prescindere da una visita alla Cappella Bacci nella Chiesa di S.Francesco ad Arezzo e confrontare di persona come i due percorsi artistici, di Piero e di Afro, si colleghino artisticamente fondendosi entrambi idealmente alla storia di una città aperta alla bellezza come dimostrano le tante iniziative culturali ed istituzioni museali testimoni di una vitalità che supera abbondantemente quelle economica.

Arezzo – Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea – Piazza S.Francesco, n.4 – mostra “Afro: Dalla meditazione su Piero della Francesca all’informale” fino al 22 ottobre 2023 nei giorni di lunedi, mercoledi, giovedi e venerdi dalle ore  11,00 alle 19,00, sabato, domenica e festivi dalle ore 10,00  alle 20,00. Costo biglietti d’ingresso: €. 8,00 intero, per la mostra Afro – €.14,00 intero, per la mostra Afro + Cappella Bacci. Informazioni: Fondazione Guido d’Arezzo – Francesca Ceccarelli tel.333.5317547 – email comunicazione@fondazioneguidodarezzo.it – sito web www.fondazioneguidodarezzo.com

L’istante e l’eternità Tra noi e gli antichi – Archeologia e non solo in mostra fino al 30 luglio 2023 al Museo Nazionale Romano nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano chiuse dal 1911.

Testo e Foto Donatello Urbani

Il susseguirsi di mostre archeologiche “in tempi recenti” con una grande affluenza di visitatori, dimostra il forte interesse per i beni culturali presenti nel nostro paese sia da parte di visitatori italiani che stranieri. La mostra è per ricordare e riflettere sul passato perché il senso della vita spinge alla conoscenza degli eventi trascorsi per conoscere meglio se stessi. Nel suo intervento Massimo Osanna tiene a precisare “una mostra che unisce come un “file rouge” le antichità di varie epoche, una mostra variegata e empatica”.

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Circa 300 pezzi eccezionali tra opere greche, romane, etrusche e italiche, medievali, moderne e contemporanee, esplorano, come scrivono i curatori “in modi inaspettati e spettacolari il rapporto complesso e variegato che noi intratteniamo con gli antichi. Per l’occasione riaprono al pubblico, dopo decenni, alcune delle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, che ospitarono nel 1911 la Mostra Archeologica nell’ambito delle celebrazioni per il primo cinquantenario dell’Unità d’Italia e che conservano, ancora oggi, parte dell’allestimento storico degli anni Cinquanta”.

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Raffinata testa femminile facente parte del cosiddetto “Tesoro di Marengo”. Eccezionale complesso di argenti decorati a sbalzo e in alcuni casi dorati, forse sepolti per essere salvaguardati ma rinvenuti per caso molti secoli dopo.

Il percorso espositivo si articola in 5 sezioni, ciascuna con l’intento d’illustrare, come scrivono sempre i curatori il “lungo e discontinuo processo storico di trasmissione intellettuale e artistica che ha plasmato la nostra cultura classica fra continuità, fratture e manipolazioni; dall’altra, ha talvolta preso la forma di un rapporto di immedesimazione, sviluppato con persone che, pur vissute molto tempo fa, hanno affrontato, come noi, tutte le vicende della vita, dalle più gioiose alle più drammatiche, e a queste hanno dato voci e forme che sono giunte fino ai nostri tempi. Per questo, gli antichi ci sembrano allo stesso tempo lontani e vicini”.

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La prima sala della mostra (Aula I – L’eternità di un istante) espone reperti che più di tutti esplicitano un doppio rapporto come nel calco di due vittime anonime dell’eruzione del Vesuvio nell’istante della morte e le diverse forme popolari di reinterpretazione moderna di un antico evento.

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                                                                                                                         Busto di Omero

La seconda sala (Aula II – La fama eterna degli eroi) esplora le forme della trasmissione e tradizione culturale dell’antichità attraverso l’arte e la letteratura: come i grandi cicli mitici – quelli omerici dell’Iliade e dell’Odissea – tramandati in varie forme fin dall’antichità, sono rimasti vivi nell’immaginario popolare contemporaneo.

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Dal mito si passa, nell’Aula III (L’ordine del cosmos) alle rappresentazioni antiche dello spazio e del tempo, che prendono la forma di divinità, di personificazioni e di entità astratte che hanno dato origine alle nostre categorie spaziali e temporali.

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                                                                                                             Carro da parata di Civita Giuliana

Nell’Aula IV (Le opere e i giorni) si ricostruiscono, attraverso una serie di spettacolari scoperte recenti, importanti momenti della vita sociale, sia nella casa sia nella città. Di grande effetto scenico sia  per la ricostruzione che per il paziente restauro, il il Carro da parata di Civita Giuliana

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La ragazza di Santorini

Una scelta significativa di queste raffigurazioni è esposta nell’Aula V (Umani divini. Spiccano in particolare la monumentale statua femminile di Santorini, una della più antiche di tutta la scultura greca, esposta per la prima volta in assoluto al grande pubblico, la statua in bronzo dell’arringatore e uno dei giganti sardi di Mont’e Prama. Intorno a queste figure umane divinizzate, si segue il lungo percorso che porta il defunto nell’aldilà, sia attraverso le diverse raffigurazioni del rituale funerario, sia tramite le varie credenze nell’oltretomba che l’antichità ci ha tramandato.

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Tabula Chigi – I sec. a,C,  Il bassorilievo è realizzato in marmo giallo. Sulla cornice un epigramma celebra le imprese di Alessandro Magno. La scena è dominata dalla presenza di un grande scudo sorretto da due figure femminili, personificazione di Europa e Asia, all’interno dello scudo è raffigurato il trionfo di Alessandro Magno su Dario III nella battaglia di Arbela del 331 a.C. Rinvenuta nel ‘700 la tabula Chigi è stata acquistata nel 2022 dal Museo Nazionale Romano.

Accompagnano, sempre nelle parole dei curatori: “ il visitatore in questo percorso di scoperta e confronto, alcune opere straordinariamente rappresentative, provenienti non solo dai principali musei italiani, nell’ambito del Sistema Museale Nazionale coordinato dalla Direzione Generale Musei, ma anche da importantissimi istituti della Grecia. Molte delle opere in mostra sono presentate al pubblico per la prima volta: nuove scoperte, come il carro da parata di Civita Giuliana e la statua di Ercole del Parco Archeologico dell’Appia Antica, nuove acquisizioni, come la Tabula Chigi del Museo Nazionale Romano, e soprattutto numerosi capolavori solitamente conservati nei depositi dei musei dell’Italia e della Grecia, come la statua di Santorini. La mostra rappresenta così un’ulteriore opportunità per il progetto Depositi (Ri)scoperti, ideato e promosso dal Museo Nazionale Romano, permettendo non solo di proseguire l’iniziativa, ma anche di incrementarla con la realizzazione di nuove tappe espositive negli istituti della Direzione Regionale Musei Lazio a Nemi e a Sperlonga”.

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        Stele funeraria Daunia – VII/VI sec. a.C. – raffigurante il defunto riccamente abbigliato- Museo Archeologico di Manfredonia

Curatori ed ideatori della mostra Massimo Osanna, Stephane Berger, Maria Luisa Catoni, Demetrios Athanasoulis. Progetto e allestimento museografico Studio Guicciardini e Magni Architetti

Roma – Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano Piazza della Repubblica – fino al 30 luglio 2023 dal martedi alla domenica dalle ore 11 alle 18. Costi del biglietto d’ingresso: intero €.13,00, ridotto €.7,00 (cittadini Unione Europea inferiori ai 25 anni. Gratuità previste come da legge vigente.

Vita Dulcis – Paura e Desiderio nell’Impero Romano – In Mostra al Palazzo delle Esposizioni fino al 27 agosto 2023

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

La dolce vita nell’antica Roma. Vita Dulcis-Paura e Desiderio nell’Impero Romano- altro non è, come scrivono i curatori, “che una latinizzazione –  della prima parte del titolo n.d.r. – del celebre film di Federico Fellini La dolce vita”. Il percorso espositivo pensato, sempre nelle parole dei curatori: “introduce e riassume l’agilità̀ con cui la mostra intende muoversi tra epoche e contesti differenti e si sviluppa in sette sale tematiche collegate dalla rotonda centrale, che fa da introduzione, e accosta opere e reperti archeologici conservati nelle diverse sedi del Museo Nazionale Romano – capolavori noti e reperti mai esposti al pubblico prima d’ora – a clip cinematografiche di grande successo come Cabiria, primo colossal italiano datato 1914, sceneggiato da Gabriele D’Annunzio, Satyricon di Federico Fellini, Sebastiane di Derek Jarman, Il gladiatore di Ridley Scott. Le opere di Vezzoli, che incorporano elementi d’epoca antica o che all’antico sono ispirate, costituiscono il terzo elemento di questo dialogo”.

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Questo interessante progetto inserito in un più vasto programma di collaborazioni fra istituzioni culturali, vuole creare una nuova narrativa sui percorsi culturali, come ha dichiarato Marco Delogu, presidente di Azienda Speciale Palaexpo, presentando opere e reperti dell’arte classica romana in un percorso espositivo privo di quella “freddezza e lontananza caratteristiche di molte esposizioni museali, restituendo al visitatore l’intensità vitale e la passione autentica che questi reperti sanno suscitare, immergendoli in un allestimento concettuale scenografico suggestivo e inaspettato, che li mette in relazione con alcune opere recenti di Vezzoli. Il cinema è il completamento ideale del racconto di Vita Dulcis: tra tutte le arti visive, è stato il mezzo che più di tutti ha utilizzato e celebrato il periodo storico dell’antica Roma, sempre cercando di restituirne la verità, la passione, le storie, le psicologie, le atmosfere e i colori. Questa compresenza di livelli semantici è già particolarmente evidente all’ingresso della mostra, nella grandiosa “rotonda”, dove i visitatori sono accolti da una serie di opere provenienti dal progetto 24Hours Museum, che Francesco Vezzoli ha prodotto nel 2012 in collaborazione con Prada ed esposto – per un solo giorno nello storico Palais d’Iéna a Parigi”.

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Intorno alla Sala Rotonda di Palazzo delle Esposizioni si sviluppano sette sale tematiche, ognuna dedicata a un aspetto peculiare della storia dell’impero romano. La prima sala, intitolata PARA BELLUM, è dedicata al tema della guerra e al culto della potenza del corpo maschile, inteso nella sua duplice accezione di difensore armato e protettore di valori estetico morali.  Alessandro Magno, il Dio Marte e l’Imperatore Domiziano, dialogano fra loro re-interpretando il mito di Achille e Pentesilea.

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La seconda sala ANIMULA VAGULA BLANDULA fa proprie le partole dell’Imperatore Adriano nel presentarci il culto di Antinoo come creazione culturale ed estetica della passione amorosa.

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La terza sala DUX FEMINA FACTI vuole evidenziare l’importanza della celebrazione della donna, imprescindibile nella cultura romana. La figura femminile verrà qui rappresentata in tutte le sue personificazioni, dalle più aggressive e minacciose (Testa di Medusa) alle più fisiche e passionali, (le Dee, come Venere e Diana), dal ritratto di una Matrona all’installazione di 69 sculture di uteri ex voto.

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La quarta sala, intitolata CERTA OMNIBUS è dedicata al culto dei defunti, molto sentito nell’antica Roma, ‘presentandociu circa 50 lapidi funerarie in marmo, provenienti dai depositi delle Terme di Diocleziano.

mde Fellini Satyricon (1969), capolavoro assoluto del cinema mondiale, dà lo spunto centrale al tema della quinta sala, RIDENTEM DICERE VERUM. La celebre sequenza della cena di Trimalcione fa da sfondo a un’installazione di sculture (teste e busti di personaggi storici) apparecchiate come in un banchetto dionisiaco, al cui centro appare una delle opere più riconoscibili e iconiche del Museo Nazionale Romano: l’Ermafrodito dormiente del II sec. d.C.

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I temi sviluppati nelle ultime due sale interessano la celebrazione del potere imperiale e la forza distruttiva della sua degenerazione. Una UBI POTENTIA REGNAT ospita una sequenza di ritratti di imperatori romani, mentre l’altra, ultima sala della mostra, MIXTURA DEMENTIAE, è dedicata alla caduta dell’Impero ed espone una serie di preziosi frammenti e reperti che sono di contrappunto alla proiezione di Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula (2005).

Roma -. Palazzo delle Esposizioni – Via Nazionale, 194., Mostra “Vita Dulcis” fino al 27 agosto 2023 dal martedi alla domenica dalle ore 10,00 alle 20,00. Informazioni sulle attività didattiche, aperture speciali, costi dei biglietti d’ingresso www.palazzoesposizoni.it  e sulle varie piattaforme social

 

 

Depositi in mostra – Il nuovo programma di apertura al pubblico con visite guidate dei depositi gestiti dal Parco Archeologico del Colosseo

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Il progetto che prende il nome “Depositi in mostra” non solo è l’occasione per rendere noti alla comunità scientifica e divulgare al pubblico nuovi e importanti reperti antichi ritornati alla luce nel corso delle ordinarie attività della Sovrintendenza Archeologica statale, ma anche per sperimentare nuove forme di comunicazione e condivisione del Patrimonio culturale con la comunità dei cittadini.

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I reperti in esposizione sono tutti provenienti dalle varie campagne di scavo intraprese dal 1870 fino ai giorni nostri, sono in numero rilevante e sconosciuti al grande pubblico. Ognuno di questi, come ha rilevato la Direttrice Dott.ssa Alfonsina Russo, “…ha una sua micro storia da raccontare ,,,,” che, sia pure in modo parziale, una volta inserito in un contesto più ampio, contribuisce a scrivere la Storia, con la “S” maiuscola, e l’identità culturale ai livelli più alti. Non volevamo lasciare invisibili reperti di grande valore e per questo abbiamo ideato un nuovo allestimento e aprendolo al pubblico.

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“Depositi in mostra” è un nuovo programma di visite guidate che, ogni venerdì fino al mese di luglio, consentirà al pubblico di scoprire il prezioso patrimonio custodito nei depositi sulla via Nova, eccezionalmente aperti per l’occasione, con reperti che non erano esposti da oltre 30 anni. Per la prima volta sarà consentito ai visitatori del PArCo di accedere agli ambienti delle tabernae appartenenti al complesso della Domus Tiberiana che, per l’occasione, sono stati oggetto di un importante lavoro di riqualificazione e sistemazione.

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Il progetto espositivo, basato su un criterio tematico e cronologico, intende ricostruire i diversi contesti dei preziosi manufatti appartenenti alla collezione storica dell’Antiquario, riferibili a diversi e fondamentali contesti dell’area e immagazzinati in occasione della realizzazione del Nuovo Museo del Foro Romano nel 2021, pur senza rientrare a fare parte dell’allestimento. Proprio per fornire ai visitatori un quadro del contesto storico culturale del complesso, le visite guidate, curate dal personale interno del PArCo, proseguiranno al Museo del Foro Romano, situato al piano terra del Chiostro di Santa Maria Nova, con un percorso espositivo che valorizza soprattutto i contesti scavati dall’archeologo e architetto Giacomo Boni.

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Per ciascun venerdì sono disponibili tre turni di visita – 15:30; 16:30; 17:30 – fino a esaurimento posti (8 posti per turno), per una durata di un’ora e mezza circa. L’accesso è libero previo acquisto di uno dei biglietti d’ingresso al Parco archeologico del Colosseo e per i possessori della Membership Card. La prenotazione può essere effettuata al link: https://www.eventbrite.it/e/615513947787”.

 

Luca Signorelli – Ricordato nella sua città – Cortona (AR) – a 500 anni dalla sua scomparsa

Donatello Urbani

La mostra dedicata a Luca Signorelli segna una ulteriore tappa del percorso di valorizzazione degli artisti più rappresentativi del Rinascimento.  Un rapporto solido e consolidato legava Luca Signorelli alla sua città natale, da considerare che lo stesso artista aveva più volte ricoperto incarichi pubblici e non disdegnava essere chiamato Maestro Luca da Cortona. Dal 23 giugno prossimo la sua città gli rende omaggio con una mostra dal significativo titolo “Signorelli 500, Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia”, a distanza di cinque secoli dalla sua scomparsa avvenuta nell’ottobre del 1523 a seguito di postumi per una caduta da un’impalcatura mentre stava lavorando. Trenta opere provenienti da 24 diversi prestatori, molti esteri, testimonieranno il lungo percorso artistico di questo importante pittore, pilastro del nostro rinascimento. “Nessun evento al mondo è stato più importante del nostro rinascimento” parole di Vittorio Sgarbi. Una recente critica vuole che questo artista, allievo di Piero della Francesca, abbia trasmesso gli insegnamenti appresi dai suoi maestri, ai successivi artisti che a lui s’ispireranno quali Raffaello e Michelangelo.

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Di notevole interesse, inoltre, sono anche i percorsi turistico/culturali predisposti da varie istituzioni pubbliche delle regioni Toscana, Umbria, Marche, con l’intento di abbinare le testimonianze artistiche lasciate da Signorelli nei loro territori, nel corso della sua carriera, alle numerose altre eccellenze, non ultime quelle enogastronomiche: una per tutte la bistecca alla fiorentina, siamo nel territorio della chianina, e del vino nobile Chianti. Una grande opportunità in più per non mancare questa rassegna, vero evento che unisce in un’unica occasione: turismo, cultura e buona tavola.

Signorelli 500 – Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia – In mostra a Cortona (AR) dal 23 giugno all’8 ottobre 2023 tutti i giorni con orario dalle ore 10,00 alle 19,00. Biglietti d’ingresso: intero €.10,00 – ridotto €.7,00 – ridotto scolaresche €.3,00. Per tutte le informazioni sui biglietti d’ingresso ridotti e gratuiti visitare il sito cortonamaec.org/it/orari-e-tariffe/. Visite guidate e attività didattiche tel.0575.630415 – 0575.637235 – e.mail prenotazioni@cortonamaec.org

 

La Materia e il Perimetro – Mostra di Primarosa Cesarini Sforza al Casino dei Principi di Villa Torlonia – Roma, fino al 2 luglio 2023.

Donatello Urbani

Per i cinquant’anni di attività artistica di Primarosa Cesarini Sforza Roma ha voluto rendergli omaggio con una mostra di opere realizzate, quasi esclusivamente, al rientro in patria dopo un lungo periodo trascorso negli Stati Uniti.

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Il titolo, nelle parole della curatrice Michela Becchis,: “…nasce dalle due coordinate che anno contrassegnato il lavoro dell’artista. Da una lato il costante confronto con la materia che ha portato Cesarini Sforza a sperimentare le più disparate tecniche e materiali, per dare forma al suo processo creativo,…….dall’altro un uso della memoria come perimetro dentro cui condurre quel confronto con la materia…..”.

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Il percorso espositivo, comprensivo delle varie tecniche utilizzate dell’artista nei molti anni di attività, quali disegni, dipinti, installazioni, grafica, ceramiche, libri d’artista, cataloghi e fotografie, è suddiviso per periodi e questo rende più facile la comprensione delle linee guida che hanno caratterizzato tutta la sua carriera artistica.

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Una mostra essenziale, sempre nelle parole della curatrice, capace di offrire ai visitatori un esauriente spaccato di un lungo percorso artistico che ha indagato con cura il suo tempo in ogni mutamento intimo e collettivo.

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Roma – Villa Torlonia – Casino dei Principi – Via Nomentana, 70, fino al 2 luglio 2023 dal martedi alla domenica con orario 9,00/19,00. Info biglietti d’ingresso e facilitazioni concesse: tel. 06.060608 – www.museivillatorlonia.itwww.museiincomune.it

Giovanni dè Luteri detto Dosso Dossi – In mostra alla Galleria Borghese di Roma con il “Fregio di Enea”

Donatello Urbani

La precipitosa fuga di Enea dalla sua città – Troia – distrutta dai greci, ha da sempre attirato su di se una grande attenzione; dalla descrizione di Dionigi di Alicarnasso (…. Non essendo visibile in alcun luogo il corpo di Enea, alcuni ne dedussero che fosse stato trasportato tra gli dei, altri che fosse perito nel fiume presso il quale avvenne la battaglia. E i Latini gli costruirono un  Heròon …..) al bellissimo gruppo scultoreo di Sandro Chia passando per Dosso Dossi che reinterpreta in pittura i principali episodi descritti nell’Eneide da Virgilio.

davSandro Chia: Enea  in fuga con il padrea Anchise ed il figlio Ascanio – Gruppo scultorea posto all’ingresso di Palazzo Valentini in Piazza Santissimi Apostoli a Roma

Dieci tele che componevano il fregio realizzato da Dosso Dossi tra il 1518 e il 1520 per il Camerino d’Alabastro del Duca Alfonso I d’Este, duca di Ferrara dal 1505 fino alla sua morte avvenuta nel 1534. Con il passaggio del ducato di Ferrara nello stato pontificio, iniziano le peripezie di questi fregi, prima con il trasferimento a Roma nella pinacoteca del Cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di  Papa Clemente VIII,  successivamente con la loro dispersione avvenuta dopo il 1856, anno in cui vengono tutte catalogate dopo essere state acquistate dal Direttore del Prado Josè de Madrazo (1781/1859). Con questa mostra, curata da Marina Minozzi e allestita al secondo piano della Galleria Borghese di Roma, per la prima volta vengono riunite in un’unica sede cinque delle dieci tele che componevano l’intero ciclo.  Scrive la curatrice: “L’operazione, anche dettata dall’entusiasmo per la recente ricomparsa di alcuni di questi dipinti, è frutto di un’ambiziosa collaborazione con il Louvre Abu Dhabi, la National  Gallery  of  Art di Washington D.C. e il Museo del  Prado di Madrid. Il Fregio, di cui ad oggi sono state ritrovate soltanto sette tele, è stato realizzato da Dosso Dossi traendo ispirazione da alcuni episodi specifici del poema virgiliano tratti dal primo, terzo, quinto e sesto libro, tralasciando invece la parte dedicata alla storia d’amore dell’eroe con Didone,  quella delle guerre in Italia e la fondazione di Roma.

mde                                                        Dosso Dossi: “Il viaggio agli Inferi” – 1518/1519 circa – Collezione privata

Il fregio, depurato dall’autore degli effetti negativi della passione amorosa e della guerra, offre Enea nella sua accezione più positiva: eroe e uomo incarnazione della pietas romana, che aveva trasformato il dolore dell’esilio in un’impresa che avrebbe riscritto il suo destino e quello del mondo. Nei dipinti di Dosso Dossi è presente una sorta di paesaggio universale, un campionario di elementi: le coste, il mare, le colline, le città in costruzione, il paesaggio infernale, che Enea osserva scendendo nel mondo ultraterreno. Nello stesso tempo l’eroe in viaggio verso la fondazione di una nuova patria, sottolinea la centralità di Roma, nel Cinquecento e nel Seicento, per gli artisti europei.

dav       Dosso Dossi: “Arrivo dei Troiani alle isole Strofadi e attacco delle arpie” – 1518/1519 circa – Madrid, Museo National del Prado

Con questa mostra, infatti, la Galleria Borghese conclude il percorso intrapreso nel 2021, dedicato al paesaggio, per aprire un nuovo filone di ricerca dedicato al viaggio e allo sguardo degli artisti stranieri sull’Italia.

dav                                                                      Dosso Dossi: “La peste cretese”- 1520/1521 circa – Louvre Adu Dhabi

In mostra, accanto a Il Viaggio agli Inferi dal  libro VI, appartenente a una collezione privata, La peste cretese dal libro III e Giochi siciliani in memoria di Anchise  e fondazione di una città in Sicilia;  dal libro V provenienti dal Louvre Abu Dhabi,  Arrivo dei Troiani alle isole Strofadi e attacco delle Arpie;  dal libro III proveniente dal Museo del Prado di Madrid,  La riparazione delle navi troiane;  la costruzione del tempio di Venere a Erice e offerte alla tomba di Anchise, originariamente un’unica tela; dal libro V della National Gallery  of  Art di  Washington D.C.

mdeDosso Dossi: “Giochi siciliani in memoria di Anchise e fondazione di una città in Sicilia” – 1518/1519 circa – Louvre Abu Dhabi

Queste tele, in cui la vena fantastica e immaginifica di Dosso viene esaltata dalle storie della poesia antica, sono caratterizzate da colori vibranti, un’affascinante eccentricità e composizioni originali, che le rendono un esempio brillante della creatività dell’artista, e di quell’ambiente artistico ferrarese cinquecentesco che acquista nuova vitalità nella grande stagione del Barocco”.

mdeLala fu tagliata e le due parti vendute separatamente. Sulla sinistra:  Dosso Dossi: “La riparazione delle navi troiane” !518/1519 circa – Washington, DC, National Gallery of Art, Samuel H.Kress Collection. –  Destra: “La costruzione del tempio di Venere a Erice e le offerte alla tomba di Anchise” – 1518/1519 circa – Washington, DC, National Gallery of Art

Roma – Piazzale Scipione Borghese, 500197- T +39 06 67233753 gabor@cultura.gov.it  – Fino all’11 giugno, 2023 – Biglietti: Intero€ 13,00 Ridotto 18-25 anni. Prenotazione obbligatoria,  per tutte le tipologie di biglietto€ 2,00. La prenotazione è obbligatoria e la biglietteria chiude 30 minuti prima del museo. Prenotazione+39 06 32810 – sito web galleriaborghese.it  Prenotazione gruppi e scuole+39 06 32810.

 

Food Age. Food as Influencer – Il cibo: dalla Tavola al Museo

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Il nostro rapporto con il cibo, elemento tanto quotidiano quanto effimero, troppo spesso è di conflitto; basti pensare alle numerose diete da tutti sperimentate nel corso degli anni sperando di trovarvi soddisfazione e giovamento fisico. Con la mostra Food Age. Food as Influencer, allestita nel salone principale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Martí Guixé e Inga Knölke, curatori, lo mettono in scena attraverso una lettura subliminale, lo mostrano al pubblico da un punto di vista inedito.

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Artisti che provengono dal nord al sud dell’Europa raccontano il “genius loci” di questo antico continente attraverso un insieme di disegni, sculture, immagini e parole che ci aiutano a comprendere il nostro tempo. Un allestimento bellissimo che da un’aria di  conviviale serenità e tranquillità con i coloratissimi cibi amati da grandi e piccini preziosi alimenti presenti anche nella dieta mediterranea. Togliendo infatti al cibo la sua commestibilità e trasfigurandolo – attraverso l’arte, l’artigianato e il design – nell’oggetto di una rappresentazione pubblica e museale, – i curatori mettono in discussione i nostri punti di riferimento e ci invitano a guardare, attraverso una diversa prospettiva, questo oggetto improvvisamente divenuto complesso e poliedrico.

dav                                                 Ruben Verdù: “Heliospora”-2022. Lecca-lecca realizzato in oro, diamanti e zucchero

Il cibo per Guixé e Knölke non è infatti soltanto il prodotto di funzioni esclusivamente nutritive o esperienziali ma anche un importante modello relazionale e di riflessione bensì un pervasivo influencer che può arrivare a rimodellare attivamente il presente, divenendo così, per il nostro futuro, un ineludibile quanto ancora sconosciuto campo di sperimentazione progettuale. In mostra sono presenti opere indirettamente legate al cibo, disegni, prodotti o pezzi artistici realizzati con materiale commestibile, come la Chocolate Nose Bar (2000) di Paul McCarthy o i pezzi derivati da performance realizzati da Miralda nel 1973 con pane, pasta e riso dove, intervenendo sulla loro colorazione, riesce a trasportarli dal quotidiano al mondo dell’arte. Emerge un’ampia gamma di rielaborazioni del tema, rappresentative dei molti modi in cui gli artisti guardano al cibo, come nei disegni iconografici di Enzo Mari o nell’alterazione del pane con la vernice bianca operata da Piero Manzoni per solidificarlo in scultura (1962), o ancora nella scatola Quality Street dell’edizione di Antje Dorn, dove modelli formalmente incompiuti di barrette alimentari costruiscono frasi non testuali.

dav                                                                                      Piero Manzoni: “Achrone” – 1962 ca.

L’ampia rete di riferimenti e connessioni che dispiega Food Age. Food as Influencer comprende, inoltre, opere fotografiche, come Glass of Petrol di Agnieszka Polska, oltre a dipinti e sculture.

bst                                                              Ferran Adrià: “Cappuccino de habitas menù e bulli – a la menta” – 2003

Tra le circa 100 opere in mostra, una cospicua selezione di opere provenienti dalle collezioni della Galleria Nazionale presenta nature morte di artisti come Casorati, Cassinari, De Pisis, Gentilini, Mafai, Morandi, Pascali, Vedova, per citarne solo alcuni.
Food Age. Food as Influencer è la mostra conclusiva della trilogia curata da Martí Guixé e Inga Knölke per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea: tre esposizioni che hanno visto il museo, per la prima volta, esplorare in chiave radicale e anticonvenzionale il territorio ibrido in cui dialogano arte, design e artigianato. La prima mostra è stata On Flower Power (2019) che ha affrontato la questione della capacità di empatia all’interno delle tecniche digitali e dei meccanismi con sistemi operativi digitali, dove l’oggetto di mediazione era il vaso da fiori. La seconda tappa è stata invece INTERTWINGLED (2022), che ha riguardato l’interconnettività e la possibilità di rendere visibile la complessità tramite un’interfaccia grafica e concreta, con il motivo dell’intreccio e del tappeto come fil rouge.

dav                                                                                   Franco Gentilini: “Tavolo con natura morta” – 1955

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea – Roma Viale delle Belle Arti, 131
Ingresso accessibile da via Gramsci, n.7. Orari di apertura da martedì a domenica: 9.00 – 19.00, Biglietti d’ingresso intero: € 10,00 ridotto: € 7,00 | € 5,00 | € 2,00 info T + 39 06 32298 221 – sito web: lagallerianazionale.com

The Sweet Sixties – Narrazioni di Moda – Mostra-performance al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo – Roma – Sale delle Armerie Superiori fino al 21 maggio 2023

Testo Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Moda, ma cos’è la moda? Ricercata, semplicissima immaginaria, di colore……, la moda è molto di più.

20230327_123450abito ispirazione Courrèges

Malgrado il termine sia mediaticamente molto inflazionato, ancor oggi è una domanda ricorrente. Questa mostra vuole esaltare il talento creativo degli stilisti che hanno saputo trarre ispirazione in un giuoco di rimandi, allusioni, godimento e felicità creativa. “La Swinging London”, scrivono i curatori Stefano Dominella e Guillermo Mariotto, “ la minigonna di Mary Quant, le visioni da indossare di Ossie Clark, le vetrine coloratissime di Carnaby Street a Soho e lo sbarco sulla Luna: l’eredità associata all’immaginario estetico degli anni Sessanta costituisce un bacino semantico reinterpretabile sotto molteplici aspetti. Età violentemente rivoluzionaria soltanto nel suo epilogo, lo scenario degli anni Sessanta agisce in realtà come nume tutelare delle contaminazioni visive tipiche del mondo della moda.
Di qui la volontà di indagare il lato straordinariamente dolce della decade “fluttuante” – così il settimanale Time definiva Londra nel 1966 – attraverso un’antologia fatta di atmosfere e citazioni raffinatamente sixties. Nel caso di questa mostra, la rappresentazione degli anni Sessanta attraverso gli stili degli abiti e dei loro creatori, ci consente di rivivere uno dei periodi più densi di innovazione e trasgressione della nostra storia più recente, di coglierne l’entusiastica identificazione dei giovani con un modo di vestire che racconta l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali e geografici. Cinquanta creazioni per cinque capitoli, cinque sale, cinque filoni narrativi per raccontare la parte più leggera e sognante degli anni Sessanta.

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Tutto prende inizio da Carnaby Street, la prima sala, con due look creati e curati da Guillermo Mariotto, co-curatore della performance, che troneggiano al centro dell’ambiente. Ecco le passanti, le cui mise riproducono il look di giovani donne alle prese con una sessione di shopping nelle boutique cult di Londra.

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Il secondo capitolo riflette invece sulle libere associazioni vestimentarie: da una parte le stampe naturalistiche, rigogliose anche attraverso il plumage coloratissimo di Ken Scott, dall’altra il denim e gli angioletti dichiaratamente pop di Fiorucci.

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Si arriva così alla terza sala, realtà in cui sono le atmosfere lunari di Courrèges, Pierre Cardin, Paco Rabanne, Valentino Garavani ad essere riscoperte sotto forma di metallo, pvc e cappelli a mo’ di casco. Un presagio stilistico, quello della Space Age, che di lì a poco vedrà un uomo solcare il suolo lunare per la prima volta.

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E poi è la volta dei colori e dei ricami con cui l’alta moda vestiva i borghesi per le grandi occasioni – le tinte audaci, il glamour e le paillettes iridescenti rivivono grazie ad una selezione di abiti d’archivio tra cui quelli della sartoria Battilocchi, Jole Veneziani, Gattinoni, Lancetti, Mila Schön e Carosa.

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Infine, nella sala Optical, il ritmo degli Sweet Sixties rallenta e si sofferma sull’accostamento geometrico dei due colori (non colori) per antonomasia: il bianco e il nero. Si finisce con il celebrare l’arte – si citano il testamento creativo di Giuseppe Capogrossi e l’operato dei Pittori maledetti di Roma – e con il ricordare la straordinaria potenza evocativa della moda, che questo progetto in fieri utilizza come sistema d’indagine e di ricerca dai contorni mobili e sfumati per rileggere un’epoca sospesa tra mille possibilità. Bella, dolce e moderna come allora.”
Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo Lungotevere Castello, 50 – 00193 Roma Tel. +39 06 68191100 – Ufficio Promozione e Comunicazione – email dms-rm.comunicazione@cultura.gov.it

PEC: dms-rm@pec.cultura.gov.it – PEO: dms-rm@cultura.gov.it www.direzionemuseistataliroma.beniculturali.it   – www.castelsantangelo.beniculturali.it