Musei Capitolini – Sale espositive di Palazzo Caffarelli – Campidoglio, ai Musei Capitolini “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. In mostra il famoso Ragazzo morso da un ramarro e oltre quaranta dipinti degli artisti influenzati dalla sua rivoluzione figurativa

A cura della Redazione

Le sale espositive di Palazzo Caffarelli – Roma, Campidoglio – la mostra curata da Maria Cristina Bandera “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. La pittura di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, e della sua cerchia rappresenta infatti la centralità delle ricerche di Roberto Longhi, una delle personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX secolo, di cui ricorre nel 2020 il cinquantenario della scomparsa. La mostra si apre con queste suggestive parole, scritte da Roberto Longhi nel 1951: “Dopo il Caravaggio, i “caravaggeschi”. Quasi tutti a Roma, anch’essi, e da Roma presto diramatisi in tutta Europa. La “cerchia” si potrà dire, meglio che la scuola; dato che il Caravaggio suggerì un atteggiamento, provocò un consenso in altri spiriti liberi, non definì una poetica di regola fissa; e insomma, come non aveva avuto maestri, non ebbe scolari.

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                                                    Valentin de Boulogne: “Negazione di Pietro” – 1615/1617. Olio su tela

Lo storico dell’arte Roberto Longhi si dedicò allo studio del Caravaggio, all’epoca uno dei pittori “meno conosciuti dell’arte italiana”, già a partire dalla tesi di laurea, discussa con Pietro Toesca, all’Università di Torino nel 1911. Una scelta pionieristica, che tuttavia dimostra come il giovane Longhi seppe da subito riconoscere la portata rivoluzionaria della pittura del Merisi, così da intenderlo come il primo pittore dell’età moderna. In mostra é esposto uno dei capolavori di Caravaggio, acquistato da Roberto Longhi alla fine degli anni Venti: il Ragazzo morso da un ramarro. L’opera, che risale all’inizio del soggiorno romano di Caravaggio e databile intorno al 1596-1597, colpisce innanzitutto per la resa del brusco scatto dovuto al dolore fisico e alla sorpresa, che si esprimono nella contrazione dei muscoli facciali del ragazzo e nella contorsione della sua spalla. Ma anche per la “diligenza” con cui il pittore ha reso il brano della natura morta con la caraffa trasparente e i fiori, come sottolineò Giovanni Baglione già nel 1642

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Nella sala introduttiva, dedicata alla figura di Roberto Longhi e alla Fondazione da lui istituita, è esposto un disegno a carboncino della sola figura del ragazzo, tratto dallo stesso Roberto Longhi, che vi appose la propria firma e la data 1930. Si tratta di un d’après, dal foglio a grandezza quasi naturale, che non solo dimostra l’abilità di disegnatore dello storico dell’arte, ma che soprattutto ne attesta la perfetta comprensione dell’organizzazione luminosa del dipinto che aveva davanti agli occhi.

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Roberto Longhi: “Ragazzo morso da un ramarro”. Disegno dal dipinto del Caravaggio. – 1930 – Carboncino su carta bianca

” Quattro tavolette di Lorenzo Lotto e due dipinti di Battista del Moro e Bartolomeo Passarotti aprono il percorso espositivo con l’intento di rappresentare il clima artistico del manierismo lombardo e veneto in cui si è formato Caravaggio. Oltre al Ragazzo morso da un ramarro è in mostra Il Ragazzo che monda un frutto, una copia antica da Caravaggio, che Longhi riteneva una “reliquia”, tanto da esporla all’epocale rassegna di Palazzo Reale a Milano nel 1951. A seguire sono esposti oltre quaranta dipinti degli artisti che per tutto il secolo XVII sono stati influenzati dalla sua rivoluzione figurativa. Tra questi è possibile ammirare tre tele di Carlo Saraceni; l’Allegoria della Vanità, una delle opere più significative di Angelo Caroselli; l’Angelo annunciante di Guglielmo Caccia detto Il Moncalvo; la Maria Maddalena penitente di Domenico Fetti; la splendida Incoronazione di spine di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone.

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        Giovan Battista Caracciolo detto Battistello: Cristo morto trasportato al sepolcro- Primo quarto XVII sec. – Olio su tela

Tra i grandi capolavori del primo caravaggismo spiccano inoltre cinque tele raffiguranti Apostoli del giovane Jusepe de Ribera e la di Cristo di Battistello Caracciolo, tra i primi seguaci napoletani del Caravaggio. La Negazione di Pietro è poi il grande capolavoro di Valentin de Boulogne, recentemente esposto al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo del Louvre di Parigi, la cui ambientazione è un preciso riferimento alla famosa Vocazione di San Matteo di Caravaggio, nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi. Con opere di rilievo sono presenti anche artisti fiamminghi e olandesi come Gerrit van Honthorst, Dirck van Baburen e soprattutto Matthias Stom. A una stagione più avanzata sono riferibili due capolavori di Mattia Preti – l’artista che più di ogni altro contribuì a mantenere fino alla fine del Seicento la vitalità della tradizione caravaggesca – e due bellissime tele di Giacinto Brandi con le quali si conclude il percorso espositivo.

Roma Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli  Piazza del Campidoglio, 1 -Fino al 13 settembre 2020. Tutti i giorni ore 9.30 – 19.30. Preacquisto obbligatorio online da casa www.museicapitolini.orgwww.museiincomune.it – Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i non residenti a Roma: € 15,00 biglietto integrato intero; € 13,00 biglietto integrato ridotto. Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i residenti a Roma € 14,00 biglietto integrato intero; € 12,00 biglietto integrato ridotto. Ingresso gratuito per i possessori della “MIC Card” previa prenotazione obbligatoria e gratuita al numero 060608.  Preacquisto MIC card online.

World Press Photo Exhibition 2020 -La parola alle immagini. Le 139 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo al Palazzo delle Esposizioni dal 16 giugno al 2 Agosto 2020.

Donatello Urbani

Roma, in anteprima nazionale, ospita al piano superiore del Palazzo delle Esposizioni, le 139 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti. L’esposizione è ideata dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam. I nomi dei vincitori dell’edizione 2020 sono stati annunciati lo scorso 16 aprile attraverso i social network; la pandemia non ha reso possibile la consueta cerimonia di premiazione che si tiene ogni anno ad Amsterdam e che inaugura il World Press Photo Festival. Per questa 63° edizione, la giuria formata da esperti internazionali, ha esaminato i lavori di 4.282 fotografi, provenienti da 125 paesi per un totale di 73.996 immagini. Sono arrivati in finale 44 fotografi, provenienti da 24 paesi.

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Yasuyoshi Chiba è risultato il vincitore della foto dell’anno con Straight Voice. Lo scatto ritrae un giovane che, illuminato dai telefoni cellulari dei suoi compagni, recita poesie nel corso di una manifestazione di protesta che reclama un governo democratico per il Sudan, durante un blackout a Khartum, il 19 giugno 2019. Parole al posto della violenza, come ha precisato Luca Bergamo, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Roma. La fotografia che ritrae il giovane vuole esprimere un senso profondo di speranza per un mondo migliore che va ben oltre la protesta. Gli altri premiati sono: Romain Laurendeau, “World Press Photo Story of the Year”, con Kho, The Genesis of Revolt. Kho, nel colloquiale arabo nordafricano, significa fratello. Il reportage racconta il profondo disagio della gioventù algerina che, sfidando le autorità, ha spinto il resto della popolazione a unirsi alla loro azione, dando vita al più grande movimento di protesta dell’Algeria degli ultimi decenni.

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                                                                                   Foto Fabio Bucciarelli per l’Espresso

Tra i finalisti anche sei italiani: Fabio Bucciarelli, Luca Locatelli, Alessio Mamo (classificatosi secondo nella categoria “General News, foto singola”), Nicolò Filippo Rosso, Lorenzo Tugnoli e Daniele Volpe. In mostra, per la prima volta, anche una selezione delle foto iconiche che hanno vinto il premio come Foto dell’Anno dal 1955 ad oggi. Oltre alle foto, è presente per il secondo anno anche una sezione dedicata al Digital Storytelling con una serie di video che raccontano gli eventi cruciali e la storia nascosta del nostro tempo. Una mostra questa di grande interesse  e che dimostra e restituisce al mondo intero, come ha dichiarato Francesco Zizola, coocuratore per l’Italia della rassegna, “l’enorme capacità documentale e narrativa delle immagini, rivelandone il fondamentale ruolo di testimonianza storica del nostro tempo”.

Roma: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 – fino al 2 agosto 2020. Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura ed esclusivamente previa prenotazione obbligatoria gratuita e acquisto del biglietto on line. Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it Costo del biglietto: Intero € 12.50; Ridotto € 10,00; valido anche per visitare la mostra Jim Dine

Guerrino Tramonti – Faenza 1915/1992 – alla Casina delle Civette con la mostra antologica “Alchimie di terra e di luce” – fino al 27 settembre 2020-06-11. I mille volti della ceramica

Donatello Urbani

Le arti applicate, già da vario tempo, hanno trovato a Roma, nella Casina delle Civette, la loro dimora preferita. Non poteva essere altrimenti in considerazione sia della particolare architettura del fabbricato e dell’arredo che fanno rivivere, fra l’altro, un certo sapore esoterico, sia per le belle decorazioni, in particolare vetrate, che quasi in contrapposizione sono un elogio della luce e della brillantezza.

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Su questo percorso si sono mossi e tanto la Direttrice della Casina delle Civette, dott.ssa Maria Grazia Massafra,  che le responsabili del progetto di allestimento Cloe Berni e Livia Ducoli della Galleria Sinopia, arte antica e contemporanea, design artistico, che nell’esposizione delle opere di Guerrino Tramonti, hanno prestato la massima attenzione nel farle dialogare con quelle in esposizione permanente.

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In proposito significativo è quanto scrive la dott.ssa Maria Grazia Massafra nel bel catalogo edito da EdiLet – edizioni letterarie – nel presentare le opere in esposizione che: “….si collocano magicamente negli spazi intimi ed esoterici della Casina delle Civette, dialogando con le vetrate artistiche attraverso la trasmutazione della materia in luce e colore. La stessa natura solitaria ed artistica lega l’artista Tramonti al Principe Giovanni Torlonia Jr., che esprime sé stesso con il motto – Sapienza e Solitudine – apposto sopra uno degli ingressi della sua casa alchemica….. Anche la presentazione di questo artista,  vero e proprio alchimista specie nella scelta dei colori, la dott.ssa Massafra scrive: “Guerrino Tramonti  nel corso della sua proficua e lunga attività, ha delineato un percorso di artista ben riconoscibile, in particolare nella sua produzione di ceramiche. Ha definito sempre stili innovativi dove la favola e la magia del fare giocano un ruolo importante nel design. Tramonti modella la terra con l’alchimia casuale del fuoco, creando immagini imprevedibili e non convenzionali, distanti dai canoni accademici. L’impronta materica e policroma che l’artista imprime alle sue opere e l’espressività esuberante che da esse traspare superano la tradizione e pertanto trasmigrano  verso un nuovo linguaggio.”

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Lungo il percorso espositivo che in questa occasione è stato suddiviso in due distinte aree: corpo principale della casina delle Civette e la sua “dependance”, si possono ammirare oltre cinquanta opere tra maioliche, arazzi e dipinti che coprono un arco temporale compreso tra il 1954 e il 1988. Proprio sulle pittura ad olio  si concentrerà l’ultima produzione artistica di Tramonti. Dalla “Dipendenza” può iniziare la visita all’intera rassegna. Qui troviamo una selezione di opere che, come scritto nel catalogo: “dimostrano quanto nella poetica di Tramonti sia determinante approccio globale alle arti: dalla pittura alla ceramica, alla tessitura”…, mentre all’interno del fabbricato principale si trovano esposte opere in “gres porcellanato”, come lo stesso Tramonti amava definirle, realizzate in prevalenza negli anni ‘sessanta.

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Per una più completa conoscenza di questo “artista oramai storicizzato”, come lo definiscono le curatrici Stefania Severi e Raffaella Lupi, la Galleria Sinopia: “da sempre attiva nel promuovere la scultura ceramica contemporanea, ha inserito opere dell’artista nell’articolato spazio della galleria, tra arredi antichi, scultura moderna e disign artistico, a sottolineare non solo la duttilità di inserimento che la ceramica consente, ma anche  la sua perfetta godibilità….”, come scrivono nel catalogo le suddette, Raffaella Lupi e Stefania Severinel. Catalogo edito da EdiLet – Edizioni Letterarie – pagine 87 costo €.15,00.

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Roma, Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette (Via Nomentana, 70), fino al 27 settembre 2020;

Sinopia Galleria, Via dei Banchi Nuovi, n.21/b- Roma – www.sinopiagalleria.com – tel.06.6872869.

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Viaggio straordinario fra i musei delle Marche.

Mariagrazia Fiorentino

La chiusura dei musei, resa necessaria per contenere la diffusione del contagio da COVID 19, oltre a causare danni economici e sacrifici occupazionali, impedisce la produzione e la fruizione di valori che mai come in questo momento costituirebbero strumenti di pubblica utilità e conforto, più che occasione di semplice godimento. Per questo, in un momento eccezionale dove è preclusa la fruizione culturale nelle forme tradizionali, la Regione Marche, la Fondazione Marche Cultura e Icom Marche si sono fatti interpreti del mondo delle attività culturali e, in particolar modo del sistema dei musei marchigiani, dando loro voce con nuovi percorsi della conoscenza, grazie a una rappresentazione digitale del patrimonio culturale marchigiano attraverso oltre 60 clip video condivisi sui canali social della Regione Marche e sul blog www.destinazionemarche.it. Queste 60 clip, prodotte da più di 30 musei, ma anche da comuni ed enti culturali marchigiani, hanno una durata di circa due minuti e sono visibili sui canali social della Regione Marche: in una playlist dedicata sul canale Youtube Marche Tourism, sulle pagine Facebook Marche Tourisme Tesori delle Marche, sull’account Twitter Marche Tourism, oltre che sul blog ufficiale della Regione.

Sala-Bellini_pala-ph-Alessandro-Giampaoli-1024x681                                                                                                  Pesaro – Musei civici – Sala Bellini

“La Regione Marche”, efferma l’assessore regionale al Turismo-Cultura, Moreno Pieroni, “vuole contribuire a contenere il sacrificio di ciascuno di noi proponendo un’opportunità alternativa di uso dei musei e delle collezioni delle Marche, con un utilizzo in digitale e virtuale, forma che resta l’unico ambito di agibilità relazionale e professionale dell’unica fruizione culturale che ci viene concessa e approfittare di questo momento per sperimentare una forma di comunicazione e promozione museale nuova e che troverà sempre più spazio in un prossimo futuro. Da non trascurare anche la grande opportunità offerta da questo Viaggio straordinario fra i musei delle Marche che vuole essere funzionale e propedeutico al Grand Tour Musei edizione 2020, in programma dal 18 al 24 maggio, che si consumerà nello spazio digitale presentando un programma articolato e nuovo nella sua proposizione”. Le proposte offerte dalle 60 clip video di Viaggio straordinario fra i musei delle Marche sono molto diverse tra loro e tali da soddisfare tutti i gusti e gli interessi. Si possono trovare molti spunti per vivere la cultura in maniera divertente e alternativa, come nel video del Museo Statale Tattile Omero di Ancona, che dedica ai bambini il racconto dell’opera “Mater Amabilis” di Valerio Trubbiani o del Museo della Carrozza, ospitato all’interno dei musei civici di Palazzo Buonaccorsi a Macerata, che propone invece un divertente tutorial per avvicinare i più piccoli alla collezione del museo.

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Non solo,studiosi, esperti e responsabili museali accompagnano in tour guidati dei musei a porte chiuse,come nelle Sale museali di Palazzo Bisaccioni a Jesi con una guida davvero d’eccezione e nella Pinacoteca di Ascoli Piceno in cui si parla della figura della donna nella storia prendendo spunto dai quadri esposti in galleria o ancora raccontano una particolare vicenda o dettaglio legato a un’opera, come nel video del Museo Civico di Mondolfo sulla macchina oraria.Non mancano i racconti semiseri che mostrano curiosità e aneddoti delle opere conservate,quale la serie pensata per guardare all’arte con un sorriso realizzata dalla Pinacoteca di Sarnano in collaborazione con Il Circolo di Piazza Alta. La buona tradizione presente in questa regione è una garanzia per offrire una proposta di alto livello culturale alla quale se ne affiancano altrettante, tutte di grande interesse turistico, che proprio in questi giorni hanno trovato attuazione in tutta sicurezza e tranquillità. Cultura e turismo trovano nelle Regione Marche un perfetto connubio.

Per visionare le clip sopradescritte collegarsi al sito www.destinazionemarche.it

 

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Federico II e “La Cripta di Santa Margherita” a Melfi

Donatello Urbani

A Melfi, cittadina della Basilicata che nel 2019  per un gioco di vicinanza ed appartenenza territoriale ha condiviso con Matera il titolo di capitale europea della cultura, la presenza del re normanno Federico II si avverte in ogni angolo del suo centro storico. Qui, infatti, si può rivivere appieno una inusitata pagina di storia e di arte, soprattutto attraverso l’immagine di  questo regnante, che  tuttora è “stupor mundi”, come lo definirono i suoi contemporanei. Una testimonianza di questo si trova in un recondito anfratto della sua ubertosa campagna, che si stende ai piedi del Vulture, monte che tanto ricorda il germanico Hohenstaufen, da cui il nome della celebre casata. Quell’ immagine che ha portato ad un’autentica riscoperta di un luogo forse dimenticato e che oggi è sempre più meta di migliaia di turisti e studiosi, soprattutto d’oltralpe é una cripta legata alla migrazione di ordini monastici dall’Oriente all’Italia meridionale, spinti dalla lotta iconoclasta nella loro terra, e rappresenta, dell’habitat rupestre del Vulture, l’esempio più significativo per l’impianto e la decorazione pittorica. Posizionata a circa tre chilometri dal centro, nei pressi del camposanto della città, percorrendo la statale 303, Melfi – Rapolla, è documentata già dal Medioevo, periodo questi, nel comune immaginifico, tetro e buio. La corte normanna rappresentava, per molti versi, una bella eccezione a questa tendenza generale. Infatti in questo luogo, vi è un’opposta rappresentazione: un vero trionfo del colore.

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L’inaspettata prova si presenta nella chiesa rupestre dedicata a S. Margherita di Antiochia, scavata interamente nel tufo, a due campate con volte a crociera ed ampio cenobio. Di colpo ci si ritrova in un immutato habitat del 1200, dove misticità e arte si fondono nella rappresentazione di una moltitudine di santi raffigurati ora in stile bizantino, ora, come per i martiri, in stile catalano. Tutti raffigurati con colori vivi e stupendi partire dalla struttura. Siamo in pieno secolo XIII. Basti guardare l’arco ogivale mediano che alla base si chiude quasi a botte, dandoci l’aspetto della carena di una barca capovolta. Elemento questo ancor più accentuato nell’ingresso alla cella dell’eremita, quanto mai orientaleggiante. Entrando colpisce il visitatore é un inusitato affresco che deve la sua originaria grande importanza e motivo di largo interesse quella di essere la prima raffigurazione del genere in Europa, nonché premessa al ciclo delle “danze macabre”, motivo caro alla teologia di quel tempo, (Jurgis BALTRUŠAITIS – “Il Medioevo Fantastico”), che in occasione dell’ottavo centenario della nascita di Federico II ha assunto particolare importanza per essere divenuta icona dell’evento.

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L’affresco denominato “Il monito dei morti”, presenta due scheletri che si ergono in posizione verticale dall’aspetto terrificante e ripugnante, dai teschi orripilanti ed il ventre brulicante di vermi, laddove una volta vi erano gli organi vitali. A questo “memento mori” si contrappongono tre viventi, tutti in abiti da falconiere. Il primo ha la veste scarlatta ornata di ermellino, segno di regalità, guantone e falco, al suo fianco non una spada ma una daga orientale ingemmata (quasi a sottolineare il suo particolare rapporto con il mondo arabo), una barba rada e rossa, in atteggiamento ieratico e cerca, con lo sguardo e con la mano sinistra, di allontanare gli scheletri. Gli è accanto una donna dall’aspetto nordico abbastanza alta con bionda capigliatura ed occhi cerulei. Ella abbraccia amorevolmente, quasi per proteggerlo, un adolescente, anch’egli dai biondi capelli. Tutti hanno al loro fianco una borsa da falconiere, quasi scomparsa nel primo personaggio, sulla quale campeggia un fior di loto a otto petali, numero particolare caro a chi lo volle tanto presente in Castel del Monte e che lo portò impresso nel suo anello sigillo, ritrovato nella sepoltura di Palermo. Da aggiungere la magicità del numero. Inferiore al nove, che è la divinità, ed in posizione orizzontale l’infinito, quale era il potere di un imperatore. D’altronde anche per i cristiani l’otto ha la sua simbologia. E’ la Pasqua. Questi alcuni degli elementi che portano ad affermare che nell’affresco è rappresentato Federico II, la terza moglie, Isabella d’Inghilterra, e Corrado, figlio della seconda moglie, Jolanda di Brienne Nella raffigurazione, al monito si unisce un messaggio consolatorio per il popolo: la vulnerabilità di Federico II e la sua famiglia, alla pari di ogni mortale.

La cripta, ignorata dagli studiosi dell’ottocento (Schultz, Lenormant, Diehel e Bertaux), è scoperta e studiata solo nel 1899 da Giambattista Guarini, unitamente al pittore Luigi Rubino, che dota il testo, pubblicato su “Napoli Nobilissima”, dei disegni degli affreschi. Oggi la chiesa rupestre di S. Margherita è uno dei monumenti più studiati e visitati del Meridione. In particolare, da circa dieci anni, vi è un risvegliato interesse, dovuto proprio alla sensazionale scoperta dell’immagine di Federico II. A favorire il flusso di visitatori l’opera della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera, che ha reso leggibili gli affreschi. A questa si è aggiunta quella di alcuni volontari che l’hanno inclusa nel Distretto Culturale dell’Habitat Rupestre della regione, dando vita al progetto “per una migliore conservazione, valorizzazione e fruibilità della cripta, nella quale con chiarezza emerge la figura di Federico II”. Alla raffigurazione dell’imperatore, al centro di una sempre crescente attenzione di studiosi e mass-media, si unisce quella di altri stupendi affreschi. A iniziare da Santa Margherita, raffigurata sull’altare principale, con le “storielle” della vita a sinistra e del martirio a destra (la Santa viene flagellata, scorticata con una pettine di ferro, calata nell’olio bollente e decapitata); da S. Paolo alla sua sinistra e S. Pietro alla sua destra; al Cristo Pantocratore, attorniato da angeli, di alta scuola bizantina, sull’archivolto absidale, ai quattro evangelisti.  Completano il ciclo: S. Nicola (il cui manto presenta dei sorprendenti elementi decorativi, un insieme di puntini a grappolo, vera sigla del Maestro dell’Ordine dei Templari); S. Basilio, lateralmente a destra, figura particolarmente emblematica per i monaci basiliani;  S. Guglielmo, che a Melfi maturò l’idea di un suo ordine; S. Elisabetta, a sinistra in alto e S. Vito, in basso. Sull’arcata principale, a destra, una suggestiva raffigurazione di S. Lorenzo sulla graticola, il suo aguzzino, il sovrano che ordina il martirio, l’angelo benedicente e un meraviglioso cielo stellato.  La ricorrenza del santo, 10 agosto, è legata alla notte delle stelle cadenti e, in uno squarcio della volta celeste, appare la mano benedicente di Dio. Di fronte S. Lucia e S. Caterina con ricchi abiti bizantini. Sempre a destra, sulla parete di fondo, in alto la lapidazione di S. Stefano. Qui allo sguardo dolce del Santo si contrappone il ghigno degli aguzzini. In basso è riconoscibile S. Benedetto ed accanto, nei frammenti residui, una natività con una Madonna “dormiente” e sulla parete a fianco un’Annunciazione. Al disopra il martirio di S. Andrea, immagine di altra particolare suggestione. Sulla parete opposta, nella prima cappella, partendo da destra, altre raffigurazioni di santi di grande effetto pittorico: S. Bartolomeo, scorticato vivo, in una sorprendente rappresentazione anatomica; S. Michele Arcangelo, che insieme a quello raffigurato sull’altare, mostra un particolare culto micaelico in una perfetta iconografia bizantina e un rinnovato motivo d’interesse rappresentato dal globo nella mano sinistra dei santi, segnato, rispettivamente, da una croce nera teutonica ed una rossa, a conferma della presenza dei Templari. Inoltre S. Michele, con Raffaele e Gabriele completano, nella simbologia cristiana la SS.Trinità, mentre la sfera con croce la redenzione operata da Cristo. A seguire una stupenda Madonna in trono con bambino, S. Giovanni evangelista e altra raffigurazione di S. Margherita. Sulla parete a fianco, S. Giovanni Battista e un bellissimo Cristo in trono. E, quasi a chiudere a cerchio questo viaggio nel tempo, la scena de “Il monito dei morti”.

Una-sala-del-museo-archeologico

Ma per il visitatore, nell’uscire dalla cripta, c’è ancora un qualcosa,  non del tutto fortuito. Alle spalle dell’affresco troneggia la sagoma imponente del castello di Federico II, oggi sede di uno dei più interessanti musei archeologici nazionali, che, con la sua mole, domina prepotentemente l’intero centro abitato e, quasi certamente, è stata fonte  d’ispirazione all’ignoto eremita di questa singolare raffigurazione, dove la grandezza dell’imperatore si annienta di fronte alla morte.

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Raffaello – Le Scuderie del Quirinale ricordano il mezzo millennio della morte di questo artista con una grande mostra.

Donatello Urbani

L’arte, insieme all’armonia della bellezza e della naturalezza, hanno fatto il canone del bello artistico ridonando vitalità all’arte classica di Raffaello, principalmente nella pittura,  che è stata per tutti gli artisti che gli sono succeduti un esempio da seguire cecamente, fino a quando, alla fine dell’800, un gruppo di pittori ed architetti francesi rivoluzionarono gli interi sistemi grazie anche alle nuove tecnologie e nuovi materiali che, nel frattempo le scienze avevano messo a loro disposizione. Tutto questo non ha assolutamente posto in discussione la grandezza di questo artista. Quanto affermato alla sua morte, avvenuta quando aveva 37 anni, “ILLE. HIC. EST. RAPHAEL. TIMVIT. QUO. SOSPITE. VINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI“ – Qui sta quel Raffaello, mentre era vivo il quale la Natura temette di essere vinta e mentre moriva, di morire con lui – ancor oggi resta pienamente valido, come è possibile respirare lungo tutto il percorso espositivo di questa importante rassegna presente fino al prossimo 2 giugno a Roma.

Raffaello Sanzio -Ritratto di papa Leone X-min                                 Ritratto di Leone X tra i Cardinali Giulio dè Medici e Luigi dè Rossi – Olio su tavola 1518/1519

Per questa occasione, come scrivono i curatori: “…sono stati riuniti per la prima volta più di cento capolavori autografi o comunque riconducibili a ideazione raffaellesca tra dipinti, cartoni, disegni, arazzi e progetti architettonici. A questi sono stati affiancati altrettante opere di confronto e di contesto (sculture ed altri manufatti antichi, sculture rinascimentali, codici, documenti, preziosi capolavori di arte applicata), per un totale di 204 opere in mostra, di cui 120 dello stesso Raffaello tra dipinti e disegni”.

Sagrada Familia con San Juanito, o Virgen de la rosa                                                         “La Madonna della Rosa” – Olio su tavola trasportata su tela. !518/1520

Il titolo dell’esposizione “Raffaello: 1520 – 1483” attesta, oltre qualsiasi supposizione, come si articola il percorso espositivo che parte a ritroso proprio dalla celebre “Lettera a Leone X”, scritta da Raffaello in collaborazione con Baldassarre Castiglione – divenuta anche in anni successivi  il fondamento teorico della moderna idea di tutela dei beni culturali – per giungere agli anni della piena maturità artistica passando per l’anno 1509 quando, appena ventiquattrenne, giunse a Roma divenendo quasi immediatamente famoso ed osannato per la sua arte. Prendendo a modello questo programma per percorso a ritroso nel tempo che  il visitatore attento e disponibile ad ampliare la conoscenza di questo artista, parta dal luogo di sepoltura nel Pantheon – uno dei pochi monumenti ad ingresso gratuito –  per proseguire nella visita della Galleria Borghese dove si trova esposta la “Deposizione Baglioni”, opera che Raffaello dipinse a Perugia su commissione dell’omonima famiglia. A Perugia, Raffaello, vi giunse, dalla natia Urbino, per apprendere ed approfondire le sue conoscenze sulle caratteristiche pittoriche di due grandi maestri: Perugino e Pinturicchio.

Transfiguration_Raphael                                                                                              “La Trasfigurazione di Cristo”

Inoltre, sempre a Roma, non sono assolutamente da perdere due visite: una alla Villa Farnesina in Via della Lungara, sede dell’Accademia dei Lincei, dove sono presenti gli affreschi commissionati da Agostino Chigi, il Magnifico, per proseguire poi ai Musei Vaticani, dove, oltre l’affascinante galleria degli arazzi, realizzati da artisti fiamminghi su cartoni di Raffaello – uno di questi presente in mostra – si possono ammirare sia le stanze di Leone X con la celeberrima “Scuola di Atene” presente nella “Sala della segnatura”, che, esposto al centro della Pinacoteca Vaticana,  il celebre dipinto che raffigura “La trasfigurazione di Cristo”, ritenuta dai maggiori critici e storici d’arte la più bella opera pittorica dell’urbinate, (Paolucci ed  altri). Infine,  prima di concludere l’intero percorso ad Urbino, merita una sosta la cittadina marchigiana di Cagli – provincia di Pesaro-Urbino.

Cappella feroci Cagli                                    Cagli (PU): Affresco realizzato da Giovanni Santi nella Cappella Tiranni, Chiesa di San Domenico.

Qui nella Chiesa di San Domenico si trova la Cappella Tiranni affrescata nei primi anni del 1490 dal padre di Raffaello, Giovanni Santi, che si avvalse della presenza del figlio per lasciarci, come affermano molti, un ritratto del giovanissimo Raffaello immortalato nell’angelo di sinistra. Nello stesso anno, 1494, l’undicenne Raffaello Santi già orfano di madre, perderà anche il padre. Quest’opera a buon diritto può avere tutti i requisiti per essere un testamento spirituale e un’ultima manifestazione di affetto, che il padre Giovanni lascia al giovane figlio Raffaello. Una serie d’iniziative accompagneranno questa rassegna nell’arco di tutta la sua durata; informazioni più dettagliate sul sito www.scuderiedelquirinale.it

Roma – Scuderie del Quirinale – Via XXIV Maggio, n.16 – Mostra “Raffaello: 1520 – 1483” fino al 2 giugno 2020, con ingressi contingentati, dalla domenica al giovedi dalle ore 10,00 alle 20,00  nei giorni di venerdi e sabato fino alle 22,30. Biglietto intero €.15,00 – ridotto €.13,00 per gratuità, agevolazioni, promozioni speciali e attività didattiche, consultare il sito www.scuderiedelquirinale.it. Info anche per e.mail info@scuderiedelquirinale.it e call center +39.02.92897722.

 

Le altre opere. Artisti che collezionano artisti – Una grande rassegna di artisti contemporanei che si confrontano in cinque Musei di Roma dal 27 febbraio al 27 settembre 2020 Museo Carlo Bilotti, Museo Pietro Canonica, Museo di Roma in Trastevere, Galleria d’Arte Moderna e Museo Napoleonico

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani
E’ una rassegna che vuole unire nelle opere esposte la tradizione e la visione del futuro, con uno sguardo sulla realtà sospesa tra le sfide della modernità e il peso della tradizione sia pittorica che scultorea. La città di Roma ospita un progetto espositivo pilota al quale hanno aderito 86 artisti che si alterneranno in cinque Musei civici, secondo una rigorosa divisione per ordine alfabetico e con la prospettiva di realizzare una prima rassegna dedicata all’arte presente oggi nella capitale. Questo progetto espositivo pilota, ideato da Lucilla Catania, Daniela Perego e con la cura scientifica di Claudio Crescentini e molti altri, vuole mettere a confronto diretto artisti, stili, linguaggi del XX e XXI secolo, iniziato nel 2018 grazie a un notevole impegno organizzativo e portato a termine nel 2020. 550 opere esposte -.

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  E’ un vero “Taccuino d’artista”, che si riflette nella sua minuta perfezione.

   Di Alessandro Ratti, dedicato a Pino Boresta. – “A spasso per libri -2019″

 

 

 

 

 

 

 

Capofila il Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese, dal 27 febbraio al 29 marzo 2020. A seguire, Museo Pietro Canonica a Villa Borghese, dal 6 marzo al 19 aprile 2020; Museo di Roma in Trastevere, dal 13 marzo al 19 aprile 2020; Galleria d’Arte Moderna, dall’8 aprile al 3 giugno 2020; Museo Napoleonico, dal 19 giugno al 27 settembre 2020.

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   Simone Bertugno: “Esaurito, esautorato, esausto esternalizzo escatologiche esegesi – ed altre 6101 parole”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…..”Percorrendo le sale delle mostre si percepiscono storie bellissime di amicizia e ammirazione reciproca e gli artisti, con i loro lavori, rendono omaggio alla Roma dell’arte contemporanea. Il visitatore intraprenderà un viaggio culturale attraverso un doppio registro di lettura: quello sentimentale che lega reciprocamente gli artisti e quello documentario che racconta la vita culturale e la ricerca estetica di Roma contemporanea. É questa un’occasione unica per immergersi in un multiforme caleidoscopio di tecniche, stili, forme e , in un viaggio collettivo e condiviso tra passato e presente, tra collezionismo e creatività”. Arianna Angelelli, Laura Panarese, Ileana Pansino, Roberta Perfetti e Carla Scicchitano
Informazioni: tel.060608 tutti i giorni dalle 0re 9,00 alle 19,00; sito web www.museiincomune.it

Rinascimento Marchigiano – Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma –

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il complesso monumentale di San Salvatore in Lauro, sede del Pio Sodalizio dei Piceni a Roma –P.za San Salvatore in Lauro –  accoglie una significativa testimonianza di quanto sia stato catastrofico nel 2016 il sisma che ha colpito la terra marchigiana. In mostra un notevole gruppo di opere d’arte, tra pittura e scultura che dicono di quanto amore sia stato riservato alla cultura e quanto grande sia stato lo sforzo profuso e condiviso con altri settori, taluni di vitale importanza per la vita civile.

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Nicola di Pier Gentile da Filetta di Amatrice detto Il Filotesio: “Redentore” – 1515/1520 – Affresco staccato dalla chiesa di S.Margerita ad Ascoli Piceno

Dietro ciascuna delle opere esposte ci sono sacrificio, tanto impegno e ricerca scientifica prestata da molti tecnici, tutti marchigiani che hanno lavorato in stretta collaborazione con le Università di Camerino ed Urbino e la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio delle Marche avvalendosi anche d’innovative analisi diagnostiche.  Vederle oggi esposte già restaurate, sia pure con evidenti segni  per lo shock subito, non possono che suscitare un plauso e tanta ammirazione.

20200218_130643                                             Vittore Crivelli: “Madonna adorante il Bambino ed angeli musicanti” – Tempera su tavola

Il titolo “Rinascimento Marchigiano”, infatti vuole indicare proprio come in questa esposizione si possa vedere essenzialmente una rinascita,. Non solo culturale, dell’intera regione dopo un sisma che ha particolarmente infierito  nelle provincie di Macerata ed Ascoli Piceno provocando danni  superiori a tutte le restanti provincie del centro Italia

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                       Jacobello del Fiore: “Storie di Santa Lucia” – Lucia riceve l’Eucarestia – Lucia trafitta alla gola dal pugnale del boia

La mostra si avvale di un percorso itinerante concepito in tre tappe che hanno preso il via proprio nella zona del cratere, ad Ascoli Piceno presso il Forte Malatesta ed ora prosegue a Roma presso la sede del Pio Sodalizio dei Piceni e si concluderà nell’estate 2020 a Senigallia, sulla riviera adriatica. Le opere esposte come scrivono i due curatori Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi, nel bellissimo catalogo: “vanno dal ‘400 al ‘700., alcune dall’alto valore devozionale e non storico-artistico, altre invece dal grande valore storico-artistico. Tra queste crocifissi lignei e vesperbild di ambito tedesco che ancora oggi si trovano all’interno delle chiese come oggetti di culto da parte dei fedeli. Non mancano però nomi importanti come Iacobello del Fiore con la serie delle scene della vita di Santa Lucia provenienti dal Palazzo dei Priori di Fermo, Vittore Crivelli con la Madonna Orante, il Bambino con Angeli Musicanti di Sarnano, Cola da Amatrice di cui spicca la Natività con i Santi Girolamo, Francesco, Antonio da Padova e Giacomo della Marca dalla sacrestia della chiesa di San Francesco ad Ascoli Piceno.”

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Scuola Marchigiana del XVIII sec. “Sportelli di armadio a muro” raffioguranti le tre cvirtù teologali: Fede-Speranza-Carità-, più una quarta (coniagata per l’occasione): Povertà volontaria. Particolari le 5 serrature le cui chiavi erano tenute da 5 diverse persone.

L’obbiettivo della mostra è anche quello di rendere fruibili le opere restaurate da qui in futuro come spiega Pierluigi Moriconi della Soprintendenza dei Beni Architettonici delle Marche e curatore dell’esposizione: “Terminate le mostre le opere che non potranno essere ricollocate nelle loro sedi originali perché crollate o non ancora restaurate, saranno collocate in 8  depositi e li saranno sempre a disposizione del pubblico previo contatto con la Soprintendenza”. Grazie alla presenza di queste opere nella capitale, sarà possibile ammirare una parte del prezioso patrimonio disseminato nel territorio marchigiano che è stato danneggiato dal terremoto, recuperato, portato a nuova vita e con questa mostra reso di nuovo fruibile.

Roma- Pio Sodalizio dei Piceni – Piazza San Salvatore in Lauro fino al 5 luglio 2020 con ingresso gratuito dal lunedi al sabato nelle ore 10,00/13,00 e 16,00/19,00.

Presentate le linee guida della XVII Quadriennale di Roma

A cura della redazione

La prima edizione si svolse nell’anno 1931 e, come per la futura che prenderà il via il prossimo 1 ottobre  2020, fu ospitata nel Palazzo delle Esposizioni. I lunghi percorsi compiuti nelle passate 16 edizioni non sempre sono stati lineari comunque è innegabile che abbiano sempre rappresentato una finestra importante dalla quale intravedere  i maggiori artisti che nei successivi anni avrebbero degnamente rappresentato l’arte italiana tanto in patria che all’estero. Non appena chiusi i battenti della XVI^ edizione, viene reso noto un bando per la nomina del direttore artistico, incarico fino adesso mai nominato, che progetti e realizzi la programmazione culturale nel triennio 2018/2020 in vista proprio della 17^ Quadriennale d’arte. Sul tavolo dell’omonima Fondazione arrivano sette progetti e dopo un’accurata selezione, viene affidato l’incarico a Sara Cusolich che chiama a coadiuvarla nel impegnativo compito e con il preciso incarico di curare l’esposizione, Stefano Collicelli Cagol. Nell’agosto 2019 viene chiamato alla presidenza della Quadriennale Umberto Croppi, già assessore alle politiche culturali di Roma Capitale. Queste le principali direttrici che la 17^ Quadriennale si prefigge nel prossimo quadriennio:

  • Ritornare al suo spirito originario di strumento in cui gli artisti siano al centro della sua attività, coinvolti nella costruzione dei suoi indirizzi e degli eventi prodotti.
  • Diventare un punto di riferimento per il sostegno della produzione artistica e la selezione di talenti, offrendo ad artisti e collezionisti occasioni dirette di incontro.
  • Costruire una rete stabile, a partire dalla prossima mostra di ottobre, di relazioni e coordinamento con le altre istituzioni del contemporaneo, sia pubbliche che private, con le fondazioni, le gallerie, le associazioni, gli studi, le scuole, non solo nell’ambito delle arti visive, ma anche della musica, della danza, del teatro.
  • Consolidare e creare attività di relazioni con istituzioni internazionali, a partire da quelle presenti nella Capitale, con uno sguardo costantemente rivolto alle aree del mondo che costituiscono ormai nodi imprescindibili per la valorizzazione degli artisti.
  • Espandere le azioni di ricerca e studio e diffusione della conoscenza, cooperando con le università, le accademie, gli istituti di formazione, anche attraverso il potenziamento dell’attività editoriale.
  • Essere protagonista dell’unico caso di rigenerazione urbana in corso a Roma con la nuova sede dell’Arsenale Clementino, i cui lavori di ristrutturazione e progettazione sono già in fase avanzata.
  • Diventare uno dei principali punti di riferimento per aziende e fondazioni bancarie, nel potenziare l’utilizzo dell’arte nella cultura d’impresa e nelle politiche di formazione e aggiornamento professionali.
  • Promuovere delle azioni per individuare un partner che consenta un ampliamento delle attività secondo le linee qui definite; avviare una campagna di ricerca di partner minori, a partire dalle singole persone, ma anche costituire una comunità più direttamente coinvolta nella vita della Fondazione; predisporre un piano di membership, con focus immediato la mostra del 2020, che faciliti una raccolta di fondi mirata, in aggiunta alle sponsorizzazioni in senso stretto.

Fra le novità di maggior rilievo, come affermato dalla sottosegretaria On.le Lorenza Bonaccorsi c’è quella che interessa l’Arsenale Clementino a Porta Portese, complesso monumentale che il MiBACT ha destinato alla Fondazione.

Nel prossimo mese di maggio sarà nuovamente convocata una conferenza stampa per rendere noti in maniera dettagliata tutte le caratteristiche che interesseranno questa importante manifestazione.

 

Opere di Jim Dine in mostra al Palazzo dell’Esposizioni dall’11 febbraio al 2 giugno Roma, 2020 –

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Non è certo la prima mostra d’arte contemporanea ad essere ospitata nel Palazzo delle Esposizioni; grazie però al suo attuale direttore – Cesare Pietroiusti, – in questi anni  segnati dalla sua gestione, queste si sono notevolmente moltiplicate, per nostra fortuna e di quanti amano l’arte al passo della contemporaneità. Fino al prossimo 2 giugno avremo la bella opportunità di conoscere da vicino l’arte di  Jim Dine, (Cincinnati, USA, 1935 – un americano appassionato dell’Europa e amante di Roma -), in una mostra che accoglie circa 80 opere promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, ideata e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo e curata da Daniela Lancioni.

20200210_110345_001                                                                                                        Harvest (Recolte) 1984

Si tratta di un’ampia mostra antologica realizzata in stretta collaborazione con un artista che in più di mezzo secolo ha esplorato tecniche e soggetti,  dove un esaustivo apparato iconografico restituisce la memoria visiva dei celebri happening raccontati dalla voce dello stesso Jim Dine. Una selezione di video interviste, infine, permetterà di familiarizzare con la figura dell’artista.

20200210_114525                                                                                                     Long Island Landscape – 1963

Come ha tenuto a precisare il Direttore Pietroiusti:”Il Palazzo delle Esposizioni presenta uno dei maggiori protagonisti dell’arte americana, il cui lavoro, radicale e innovativo, ha avuto un grande impatto sulla cultura visiva contemporanea, in particolare su quella italiana degli anni Sessanta. Nonostante la sua popolarità, Jim Dine rimane un artista difficilmente catalogabile in virtù soprattutto della sua volontà d’indipendenza e del suo rifiuto a identificarsi nelle categorie della critica, della storia dell’arte e del mercato. Sono esemplari l’autonomia e la libertà con le quali da sempre si rapporta al panorama dei valori accertati”.

20200210_113934                                                                                                             Head – 1959

Il percorso espositivo è stato ordinato secondo un criterio prevalentemente cronologico e distribuito nelle sei sale che coronano la hall centrale. I primi lavori sono piccoli dipinti su tela e acquarelli datati 1959,in ciascuno dei quali campeggia una testa isolata dal corpo (Head). Lo stesso soggetto è presente nell’ultima sala a conclusione della visita ingigantito in un dittico del 2016 (Two Large Voices Against Everything).

20200210_114256                                                                                                            Shoe – 1961

Segue un focus dedicato agli happening. Per la realizzazione di questa sezione, scrivono i curatori della mostra, “è stata condotta un’approfondita ricerca delle fonti iconografiche negli archivi che detengono le immagini dei maggiori fotografi attivi negli anni Cinquanta e Sessanta sulla scena artistica downtown di New York: Robert R. McElroy, Fred W. McDarrah e Peter Moore.

20200210_115019_001                                                                                                       Black Venus – 1951

Le immagini fotografiche reperite sono esposte insieme a un commento audio appositamente registrato dall’artista per la mostra romana”. Ampio spazio nelle sale successive è stato dedicato ai dipinti datati tra il 1960 e il 1963, attraverso i quali è offerta la possibilità di familiarizzare con i temi noti dell’arte di Dine, dagli strumenti di lavoro, recuperati nella ferramenta del nonno, alla tavolozza del pittore  e gli indumenti di lavoro. Il fil rouge è il colore che si trasforma in diverse metamorfosi.

20200210_114802                                                                                              A Thin Kindergarten Picture – 1974

Proseguendo nel percorso s’incontrano alcune opere considerate i suoi capolavori, come Window with an Axedel 1961, Black Shoveldel 1962, Four Roomsdel 1962,costituito da quattro grandi tele e da elementi dislocati nello spazio, e Two Palettes in Black with Stovepipe (Dream)del 1963. Significativi, inoltre, cinque degli otto lavori presentati alla Biennale di Venezia del 1964, presenti circa a metà del percorso espositivo.

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Un’intera sala è stata dedicata ai noti Cuori di Jim Dine mentre in una successiva è presente il grande cuore di paglia (Straw Heart) insieme alla mano verde (Green Hand). Nell’ultima delle sei sale intorno alla  del Palazzo delle Esposizionisarà si trova esposta Black Venus del 1991 (scultura derivata dal modello della Venere di Milo,cui Jim Dine lavora a partire dalla fine degli anni Settanta) e altre opere diversamente riconducibili a modelli dell’arte del passato.

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La mostra proseguirà con una selezione di opere degli anni più recenti e terminerà con una folla di Pinocchi, sculture in legno realizzate a partire dai primi anni Duemila. Scrivono in proposito i curatori: “… questa reiterata presenza svelerà la predilezione di Jim Dine per il personaggio di Carlo Collodi, creatura meravigliosa portatrice dell’antica metamorfosi dell’inanimato che prende vita”. La rassegna è accompagnata da un catalogo edito da Quodlibet costo €.28.00 pagine 304. Attività collaterali affiancheranno la mostra: concerti, conferenze, rassegna cinematografica, laboratori e visite guidate bilingue anche per non vedenti e molto altro.

Roma:Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 fino al 2 giugno2020 con orari:domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso Informazioni e prenotazioni: Singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 0639967500; www.palazzoesposizioni.it Biglietti:intero€12,50; ridotto€10,00.

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