Testo e  Foto Donatello Urbani

Per l’archeologo Giacomo Boni questa mostra che si svolge interamente all’interno del Foro Romano è un vero e proprio ritorno a casa. Nessuno più di lui ha avuto il merito della riscoperta e valorizzazione di questo sito archeologico che è divenuto uno dei più visitati al mondo con i circa diecimila visitatori al giorno in prevalenza stranieri. Padrini di questa rassegna sono stati il Ministro dei Beni Culturali  On.le Dario Franceschini, Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei Statali e Alfonsina Russo, Direttore del Parco Archeologico del Colosseo.

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All’inaugurazione era presente anche l’Assessore Comunale ai Beni Culturali di Roma Capitale, Miguel Gotor, in omaggio ai grandi meriti che Boni ha avuto nell’affermazione di Roma quale capitale dell’allora giovane Regno d’Italia. Bopni arrivò a Roma dalla natia Venezia all’indomani dell’Unità d’Italia e dal 1898 fino al 1925 diresse le campagne di scavo che interessarono l’intera area del Foro Romano, rendendola fruibile non solo agli studiosi bensì all’intera popolazione. Di grande importanza furono le tecniche messe in campo quali la stratigrafia negli scavi e la fotografia aerea grazie ad una piccola mongolfiera che è possibile ammirare in originale fra i vari reperti esposti in mostra. La stessa Direttrice Alfonsina Russo definisce Boni: “…. un grande intellettuale del tempo, un antesignano, un personaggio a cui dobbiamo molto.”

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Merito indiscusso di Boni, fra i tanti riconosciutogli, fu quello non solo di avvalersi nel suo lavoro di quanto più di moderno e tecnologicamente avanzato veniva offerto in quegli anni, quanto di saperlo comunicare all’esterno avvalendosi tanto dei giornali quanto della stampa specialistica e creare intorno alle attività archeologiche messe in campo a  Roma, un interesse generale. Ai pellegrini che giungevano a Roma richiamati dalla fede religiosa e ai tanti turisti amanti dell’arte e del bello si aggiunsero quelli altrettanto numerosi che erano attratti dalla storia e dalle testimonianze archeologiche che giornalmente venivano alla luce. Tutto questo si può vedere, quasi toccare con mano, attraverso  fotografie e filmati dell’epoca realizzati dal neonato Istituto Luce, in un prezioso documentario fruibile all’interno del Museo Forense, riaperto per l’occasione dopo 40 anni di chiusura.

 

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Il percorso espositivo si articola in 4 sezioni. La prima di queste nel Tempio del Divo Romolo e nell’area circostante utilizzata nel periodo protostorico e monarchico quale necropoli. Questa fu l’area da dove Boni iniziò la sua campagna di scavi portando alla luce antiche tumulazioni risalenti ai Re di Roma. Molte di queste appartenevano a un ceto sociale elevato data la ricchezza dei corredi funerari rinvenuti. Interessanti quelle che custodivano le spoglie di bambini piccolissimi tumulati insieme a legni aromatici di bosso che, bruciati, davano un profumo di buono e di casa. All’interno del Tempio del Divo Romolo sono presenti le parti fisse della mongolfiera utilizzata da Boni alle quali fanno compagnia alcune opere d’arte di artisti del primo novecento quali Duilio Cambellotti, mentre la palla aerostatica è visibile all’esterno.

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La seconda sezione si trova nell’area di pertinenza della chiesa di Santa Maria Nova e relativo convento dei Padri Olivetani. Qui si trova il Museo Forense che espone, nelle stesse bacheche volute da Boni, i più importanti reperti rinvenuti nell’intera area. Fra questi meritano una particolare segnalazione alcune statue ed una vera di pozzo che permetteva di attingere l’acqua dalla Fonte Sacra di Giuturna voluta in età augustea dal magistrato Marcus Bartatius Pollio.

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La terza sezione, allestita nelle Uccelliere Fasrnese, ospita una ricostruzione dello studio di Boni e utilizzato anche per ricevere i personaggi in vista dell’epoca. Oltre il mobilio sono presenti in questo studio opere di artisti simbolisti del primo novecento, bellissima la tela di Giorgio De Chirico “Gli archeologi”.

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Una vera perla è lo spazio assegnato alla quarta sezione: “Santa Maria Antiqua” e relative pertinenze. Conosciuta come la “Cappella Sistina dell’antichità” per il prestigioso quanto bellissimo ciclo pittorico, è stata, nei secoli che videro la presenza bizantina in Italia, il punto di riferimento per i solenni riti religiosi. Fu riportata alla luce dallo stesso Boni abbattendo una chiesa seicentesca dedicata a Santa Maria Liberatrice che ne ostruiva l’accesso. Al suo interno oltre i bellissimi affreschi, presenti in originale, è possibile ammirare una ricostruzione multimediale dell’intero ciclo pittorico ed avere una panoramica di storia e cultura bizantina presente in Italia nei primi secoli del medioevo, testimoniati anche da vari reperti rinvenuti nel corso degli scavi.

 

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Come recita il titolo, “L’alba della modernità”, questa rassegna offre a molti visitatori l’opportunità di rivedere un preconcetto sull’archeologia: “scienza di cose vecchie, ma aperta anche al nuovo”.

 

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I lavori di scavo e restauro iniziati nel 2019 non si sono mai fermati durante la pandemia e sono tutt’ora in corso. Percorsi appositi sono previsti per disabili.

Accompagna la mostra un catalogo per le edizioni Electa pagine 215 costo €.34,00