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Federico II e “La Cripta di Santa Margherita” a Melfi

Donatello Urbani

A Melfi, cittadina della Basilicata che nel 2019  per un gioco di vicinanza ed appartenenza territoriale ha condiviso con Matera il titolo di capitale europea della cultura, la presenza del re normanno Federico II si avverte in ogni angolo del suo centro storico. Qui, infatti, si può rivivere appieno una inusitata pagina di storia e di arte, soprattutto attraverso l’immagine di  questo regnante, che  tuttora è “stupor mundi”, come lo definirono i suoi contemporanei. Una testimonianza di questo si trova in un recondito anfratto della sua ubertosa campagna, che si stende ai piedi del Vulture, monte che tanto ricorda il germanico Hohenstaufen, da cui il nome della celebre casata. Quell’ immagine che ha portato ad un’autentica riscoperta di un luogo forse dimenticato e che oggi è sempre più meta di migliaia di turisti e studiosi, soprattutto d’oltralpe é una cripta legata alla migrazione di ordini monastici dall’Oriente all’Italia meridionale, spinti dalla lotta iconoclasta nella loro terra, e rappresenta, dell’habitat rupestre del Vulture, l’esempio più significativo per l’impianto e la decorazione pittorica. Posizionata a circa tre chilometri dal centro, nei pressi del camposanto della città, percorrendo la statale 303, Melfi – Rapolla, è documentata già dal Medioevo, periodo questi, nel comune immaginifico, tetro e buio. La corte normanna rappresentava, per molti versi, una bella eccezione a questa tendenza generale. Infatti in questo luogo, vi è un’opposta rappresentazione: un vero trionfo del colore.

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L’inaspettata prova si presenta nella chiesa rupestre dedicata a S. Margherita di Antiochia, scavata interamente nel tufo, a due campate con volte a crociera ed ampio cenobio. Di colpo ci si ritrova in un immutato habitat del 1200, dove misticità e arte si fondono nella rappresentazione di una moltitudine di santi raffigurati ora in stile bizantino, ora, come per i martiri, in stile catalano. Tutti raffigurati con colori vivi e stupendi partire dalla struttura. Siamo in pieno secolo XIII. Basti guardare l’arco ogivale mediano che alla base si chiude quasi a botte, dandoci l’aspetto della carena di una barca capovolta. Elemento questo ancor più accentuato nell’ingresso alla cella dell’eremita, quanto mai orientaleggiante. Entrando colpisce il visitatore é un inusitato affresco che deve la sua originaria grande importanza e motivo di largo interesse quella di essere la prima raffigurazione del genere in Europa, nonché premessa al ciclo delle “danze macabre”, motivo caro alla teologia di quel tempo, (Jurgis BALTRUŠAITIS – “Il Medioevo Fantastico”), che in occasione dell’ottavo centenario della nascita di Federico II ha assunto particolare importanza per essere divenuta icona dell’evento.

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L’affresco denominato “Il monito dei morti”, presenta due scheletri che si ergono in posizione verticale dall’aspetto terrificante e ripugnante, dai teschi orripilanti ed il ventre brulicante di vermi, laddove una volta vi erano gli organi vitali. A questo “memento mori” si contrappongono tre viventi, tutti in abiti da falconiere. Il primo ha la veste scarlatta ornata di ermellino, segno di regalità, guantone e falco, al suo fianco non una spada ma una daga orientale ingemmata (quasi a sottolineare il suo particolare rapporto con il mondo arabo), una barba rada e rossa, in atteggiamento ieratico e cerca, con lo sguardo e con la mano sinistra, di allontanare gli scheletri. Gli è accanto una donna dall’aspetto nordico abbastanza alta con bionda capigliatura ed occhi cerulei. Ella abbraccia amorevolmente, quasi per proteggerlo, un adolescente, anch’egli dai biondi capelli. Tutti hanno al loro fianco una borsa da falconiere, quasi scomparsa nel primo personaggio, sulla quale campeggia un fior di loto a otto petali, numero particolare caro a chi lo volle tanto presente in Castel del Monte e che lo portò impresso nel suo anello sigillo, ritrovato nella sepoltura di Palermo. Da aggiungere la magicità del numero. Inferiore al nove, che è la divinità, ed in posizione orizzontale l’infinito, quale era il potere di un imperatore. D’altronde anche per i cristiani l’otto ha la sua simbologia. E’ la Pasqua. Questi alcuni degli elementi che portano ad affermare che nell’affresco è rappresentato Federico II, la terza moglie, Isabella d’Inghilterra, e Corrado, figlio della seconda moglie, Jolanda di Brienne Nella raffigurazione, al monito si unisce un messaggio consolatorio per il popolo: la vulnerabilità di Federico II e la sua famiglia, alla pari di ogni mortale.

La cripta, ignorata dagli studiosi dell’ottocento (Schultz, Lenormant, Diehel e Bertaux), è scoperta e studiata solo nel 1899 da Giambattista Guarini, unitamente al pittore Luigi Rubino, che dota il testo, pubblicato su “Napoli Nobilissima”, dei disegni degli affreschi. Oggi la chiesa rupestre di S. Margherita è uno dei monumenti più studiati e visitati del Meridione. In particolare, da circa dieci anni, vi è un risvegliato interesse, dovuto proprio alla sensazionale scoperta dell’immagine di Federico II. A favorire il flusso di visitatori l’opera della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera, che ha reso leggibili gli affreschi. A questa si è aggiunta quella di alcuni volontari che l’hanno inclusa nel Distretto Culturale dell’Habitat Rupestre della regione, dando vita al progetto “per una migliore conservazione, valorizzazione e fruibilità della cripta, nella quale con chiarezza emerge la figura di Federico II”. Alla raffigurazione dell’imperatore, al centro di una sempre crescente attenzione di studiosi e mass-media, si unisce quella di altri stupendi affreschi. A iniziare da Santa Margherita, raffigurata sull’altare principale, con le “storielle” della vita a sinistra e del martirio a destra (la Santa viene flagellata, scorticata con una pettine di ferro, calata nell’olio bollente e decapitata); da S. Paolo alla sua sinistra e S. Pietro alla sua destra; al Cristo Pantocratore, attorniato da angeli, di alta scuola bizantina, sull’archivolto absidale, ai quattro evangelisti.  Completano il ciclo: S. Nicola (il cui manto presenta dei sorprendenti elementi decorativi, un insieme di puntini a grappolo, vera sigla del Maestro dell’Ordine dei Templari); S. Basilio, lateralmente a destra, figura particolarmente emblematica per i monaci basiliani;  S. Guglielmo, che a Melfi maturò l’idea di un suo ordine; S. Elisabetta, a sinistra in alto e S. Vito, in basso. Sull’arcata principale, a destra, una suggestiva raffigurazione di S. Lorenzo sulla graticola, il suo aguzzino, il sovrano che ordina il martirio, l’angelo benedicente e un meraviglioso cielo stellato.  La ricorrenza del santo, 10 agosto, è legata alla notte delle stelle cadenti e, in uno squarcio della volta celeste, appare la mano benedicente di Dio. Di fronte S. Lucia e S. Caterina con ricchi abiti bizantini. Sempre a destra, sulla parete di fondo, in alto la lapidazione di S. Stefano. Qui allo sguardo dolce del Santo si contrappone il ghigno degli aguzzini. In basso è riconoscibile S. Benedetto ed accanto, nei frammenti residui, una natività con una Madonna “dormiente” e sulla parete a fianco un’Annunciazione. Al disopra il martirio di S. Andrea, immagine di altra particolare suggestione. Sulla parete opposta, nella prima cappella, partendo da destra, altre raffigurazioni di santi di grande effetto pittorico: S. Bartolomeo, scorticato vivo, in una sorprendente rappresentazione anatomica; S. Michele Arcangelo, che insieme a quello raffigurato sull’altare, mostra un particolare culto micaelico in una perfetta iconografia bizantina e un rinnovato motivo d’interesse rappresentato dal globo nella mano sinistra dei santi, segnato, rispettivamente, da una croce nera teutonica ed una rossa, a conferma della presenza dei Templari. Inoltre S. Michele, con Raffaele e Gabriele completano, nella simbologia cristiana la SS.Trinità, mentre la sfera con croce la redenzione operata da Cristo. A seguire una stupenda Madonna in trono con bambino, S. Giovanni evangelista e altra raffigurazione di S. Margherita. Sulla parete a fianco, S. Giovanni Battista e un bellissimo Cristo in trono. E, quasi a chiudere a cerchio questo viaggio nel tempo, la scena de “Il monito dei morti”.

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Ma per il visitatore, nell’uscire dalla cripta, c’è ancora un qualcosa,  non del tutto fortuito. Alle spalle dell’affresco troneggia la sagoma imponente del castello di Federico II, oggi sede di uno dei più interessanti musei archeologici nazionali, che, con la sua mole, domina prepotentemente l’intero centro abitato e, quasi certamente, è stata fonte  d’ispirazione all’ignoto eremita di questa singolare raffigurazione, dove la grandezza dell’imperatore si annienta di fronte alla morte.

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La Concessione Del Telefono

Mariagrazia Fiorentino

RAI  FICTION presenta LA CONCESSIONE DEL TELEFONO in prima visione su RAI 1 lunedì 23 marzo 2020 tratto al romanzo omonimo di Andrea Camilleri edito da Sellerio Editore| sceneggiatura di Andrea Camilleri, Francesco Bruni, Roan Johnson regia di Roan Johnson  con Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Federica De Cola, con Dajana Roncione, Corrado Fortuna, Ninni Bruschetta e con Corrado Guzzanti, con la partecipazione di Fabrizio Bentivoglio.

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La concessione del telefono, come scrive il regista  Roan Johnson,  è la storia di tre piccole palle di neve (che nel film hanno la forma di tre lettere inviate da Pippo Genuardi al prefetto Marascianno) che, rotolando piano piano, diventeranno una valanga che travolgerà il nostro povero protagonista. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Camilleri che è un gioiello d’ingegneria narrativa.

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Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3settembre 1856, è un commerciante di legnami. Ma sia chiaro: quella non è la sua occupazione maggiore, anzi, potremmo dire che il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, ma il nostro protagonista è appunto un uomo che in realtà non si accontenta mai. E così, spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno (un napoletano paranoico e complottista), mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata “concessione del telefono”, infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà. Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi, venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi. Negli scritti di Camilleri si avverte l’ironia, l’impegno e la profondità degli argomenti trattati.

 

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Raffaello – Le Scuderie del Quirinale ricordano il mezzo millennio della morte di questo artista con una grande mostra.

Donatello Urbani

L’arte, insieme all’armonia della bellezza e della naturalezza, hanno fatto il canone del bello artistico ridonando vitalità all’arte classica di Raffaello, principalmente nella pittura,  che è stata per tutti gli artisti che gli sono succeduti un esempio da seguire cecamente, fino a quando, alla fine dell’800, un gruppo di pittori ed architetti francesi rivoluzionarono gli interi sistemi grazie anche alle nuove tecnologie e nuovi materiali che, nel frattempo le scienze avevano messo a loro disposizione. Tutto questo non ha assolutamente posto in discussione la grandezza di questo artista. Quanto affermato alla sua morte, avvenuta quando aveva 37 anni, “ILLE. HIC. EST. RAPHAEL. TIMVIT. QUO. SOSPITE. VINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI“ – Qui sta quel Raffaello, mentre era vivo il quale la Natura temette di essere vinta e mentre moriva, di morire con lui – ancor oggi resta pienamente valido, come è possibile respirare lungo tutto il percorso espositivo di questa importante rassegna presente fino al prossimo 2 giugno a Roma.

Raffaello Sanzio -Ritratto di papa Leone X-min                                 Ritratto di Leone X tra i Cardinali Giulio dè Medici e Luigi dè Rossi – Olio su tavola 1518/1519

Per questa occasione, come scrivono i curatori: “…sono stati riuniti per la prima volta più di cento capolavori autografi o comunque riconducibili a ideazione raffaellesca tra dipinti, cartoni, disegni, arazzi e progetti architettonici. A questi sono stati affiancati altrettante opere di confronto e di contesto (sculture ed altri manufatti antichi, sculture rinascimentali, codici, documenti, preziosi capolavori di arte applicata), per un totale di 204 opere in mostra, di cui 120 dello stesso Raffaello tra dipinti e disegni”.

Sagrada Familia con San Juanito, o Virgen de la rosa                                                         “La Madonna della Rosa” – Olio su tavola trasportata su tela. !518/1520

Il titolo dell’esposizione “Raffaello: 1520 – 1483” attesta, oltre qualsiasi supposizione, come si articola il percorso espositivo che parte a ritroso proprio dalla celebre “Lettera a Leone X”, scritta da Raffaello in collaborazione con Baldassarre Castiglione – divenuta anche in anni successivi  il fondamento teorico della moderna idea di tutela dei beni culturali – per giungere agli anni della piena maturità artistica passando per l’anno 1509 quando, appena ventiquattrenne, giunse a Roma divenendo quasi immediatamente famoso ed osannato per la sua arte. Prendendo a modello questo programma per percorso a ritroso nel tempo che  il visitatore attento e disponibile ad ampliare la conoscenza di questo artista, parta dal luogo di sepoltura nel Pantheon – uno dei pochi monumenti ad ingresso gratuito –  per proseguire nella visita della Galleria Borghese dove si trova esposta la “Deposizione Baglioni”, opera che Raffaello dipinse a Perugia su commissione dell’omonima famiglia. A Perugia, Raffaello, vi giunse, dalla natia Urbino, per apprendere ed approfondire le sue conoscenze sulle caratteristiche pittoriche di due grandi maestri: Perugino e Pinturicchio.

Transfiguration_Raphael                                                                                              “La Trasfigurazione di Cristo”

Inoltre, sempre a Roma, non sono assolutamente da perdere due visite: una alla Villa Farnesina in Via della Lungara, sede dell’Accademia dei Lincei, dove sono presenti gli affreschi commissionati da Agostino Chigi, il Magnifico, per proseguire poi ai Musei Vaticani, dove, oltre l’affascinante galleria degli arazzi, realizzati da artisti fiamminghi su cartoni di Raffaello – uno di questi presente in mostra – si possono ammirare sia le stanze di Leone X con la celeberrima “Scuola di Atene” presente nella “Sala della segnatura”, che, esposto al centro della Pinacoteca Vaticana,  il celebre dipinto che raffigura “La trasfigurazione di Cristo”, ritenuta dai maggiori critici e storici d’arte la più bella opera pittorica dell’urbinate, (Paolucci ed  altri). Infine,  prima di concludere l’intero percorso ad Urbino, merita una sosta la cittadina marchigiana di Cagli – provincia di Pesaro-Urbino.

Cappella feroci Cagli                                    Cagli (PU): Affresco realizzato da Giovanni Santi nella Cappella Tiranni, Chiesa di San Domenico.

Qui nella Chiesa di San Domenico si trova la Cappella Tiranni affrescata nei primi anni del 1490 dal padre di Raffaello, Giovanni Santi, che si avvalse della presenza del figlio per lasciarci, come affermano molti, un ritratto del giovanissimo Raffaello immortalato nell’angelo di sinistra. Nello stesso anno, 1494, l’undicenne Raffaello Santi già orfano di madre, perderà anche il padre. Quest’opera a buon diritto può avere tutti i requisiti per essere un testamento spirituale e un’ultima manifestazione di affetto, che il padre Giovanni lascia al giovane figlio Raffaello. Una serie d’iniziative accompagneranno questa rassegna nell’arco di tutta la sua durata; informazioni più dettagliate sul sito www.scuderiedelquirinale.it

Roma – Scuderie del Quirinale – Via XXIV Maggio, n.16 – Mostra “Raffaello: 1520 – 1483” fino al 2 giugno 2020, con ingressi contingentati, dalla domenica al giovedi dalle ore 10,00 alle 20,00  nei giorni di venerdi e sabato fino alle 22,30. Biglietto intero €.15,00 – ridotto €.13,00 per gratuità, agevolazioni, promozioni speciali e attività didattiche, consultare il sito www.scuderiedelquirinale.it. Info anche per e.mail info@scuderiedelquirinale.it e call center +39.02.92897722.

 

Le altre opere. Artisti che collezionano artisti – Una grande rassegna di artisti contemporanei che si confrontano in cinque Musei di Roma dal 27 febbraio al 27 settembre 2020 Museo Carlo Bilotti, Museo Pietro Canonica, Museo di Roma in Trastevere, Galleria d’Arte Moderna e Museo Napoleonico

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani
E’ una rassegna che vuole unire nelle opere esposte la tradizione e la visione del futuro, con uno sguardo sulla realtà sospesa tra le sfide della modernità e il peso della tradizione sia pittorica che scultorea. La città di Roma ospita un progetto espositivo pilota al quale hanno aderito 86 artisti che si alterneranno in cinque Musei civici, secondo una rigorosa divisione per ordine alfabetico e con la prospettiva di realizzare una prima rassegna dedicata all’arte presente oggi nella capitale. Questo progetto espositivo pilota, ideato da Lucilla Catania, Daniela Perego e con la cura scientifica di Claudio Crescentini e molti altri, vuole mettere a confronto diretto artisti, stili, linguaggi del XX e XXI secolo, iniziato nel 2018 grazie a un notevole impegno organizzativo e portato a termine nel 2020. 550 opere esposte -.

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  E’ un vero “Taccuino d’artista”, che si riflette nella sua minuta perfezione.

   Di Alessandro Ratti, dedicato a Pino Boresta. – “A spasso per libri -2019″

 

 

 

 

 

 

 

Capofila il Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese, dal 27 febbraio al 29 marzo 2020. A seguire, Museo Pietro Canonica a Villa Borghese, dal 6 marzo al 19 aprile 2020; Museo di Roma in Trastevere, dal 13 marzo al 19 aprile 2020; Galleria d’Arte Moderna, dall’8 aprile al 3 giugno 2020; Museo Napoleonico, dal 19 giugno al 27 settembre 2020.

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   Simone Bertugno: “Esaurito, esautorato, esausto esternalizzo escatologiche esegesi – ed altre 6101 parole”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…..”Percorrendo le sale delle mostre si percepiscono storie bellissime di amicizia e ammirazione reciproca e gli artisti, con i loro lavori, rendono omaggio alla Roma dell’arte contemporanea. Il visitatore intraprenderà un viaggio culturale attraverso un doppio registro di lettura: quello sentimentale che lega reciprocamente gli artisti e quello documentario che racconta la vita culturale e la ricerca estetica di Roma contemporanea. É questa un’occasione unica per immergersi in un multiforme caleidoscopio di tecniche, stili, forme e , in un viaggio collettivo e condiviso tra passato e presente, tra collezionismo e creatività”. Arianna Angelelli, Laura Panarese, Ileana Pansino, Roberta Perfetti e Carla Scicchitano
Informazioni: tel.060608 tutti i giorni dalle 0re 9,00 alle 19,00; sito web www.museiincomune.it

Shine Pink Floyd Moon opera Rock di Micha van Hoecke al teatro Olimpico di Roma dal 3 all’8 marzo 2020

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Protagonista assoluta di questa opera rock è la musica dei Pink Floyd riproposta in questa occasione dalla Band Pink Floyd Legend, nonché ispiratrice del lavoro del coreografo/regista russo belga Micha van Hoecke le cui coreografie saranno portate nel palcoscenico del Teatro Olimpico di Roma dalla Compagnia di Danza Daniele Cipriani.

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“Punto di partenza nella creazione di Shine Pink Floyd Moon”, è stato affermato nel corso della conferenza stampa di presentazione, “ è il celeberrimo brano “Shine on You Drazy Diamond” in cui i quattro Pink Floyd – al secolo Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright e David Gilmour – rendevano omaggio al loro compagno Syd Barrett che si era perso nelle regioni sconosciute della “luna”, intesa come malattia mentale. In Shine Pink Floyd Moon, Sid è interpretato da Denys Ganio, già étoile del balletto  di Marsiglia ed interprete del famoso Pink Floyd Ballet di Roland Petit, balletto cult che debuttò nel 1973, in piena epoca pop con la band inglese che suonava dal vivo”.  Non può passare inosservato come questo spettacolo coincida, rende dogli un doveroso omaggio, con il cinquantesimo del primo passo dell’uomo sulla luna e la musiche psichedeliche dei Pink Floyd sono i compagni ideali di uno spazio onirico di una luna surreale abitata da personaggi, come affermato in conferenza stampa, come il “doppio “ di Syd in una veste di “Pierrot Lunaire”.

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E’ la biografia che racconta la vita di ogni uomo”, afferma Micha van Hoecke, dalla nascita alla morte. Shine Pink Floyd Moon è un lavoro intriso di speranza, in cui la fantasia diventa l’arma per combattere il materialismo che imperversa, il potere e le brame che incombono oggi”. Degna cornice alla presentazione di Shine è stata la “location”: Hard Rock Cafe” di Via Veneto a Roma che nell’occasione é avvenuta anche la  presentazione delle iniziative previste per l’intero mese di marzo che a partire dall’8, giorno della “Festa della donna” saranno presenti in questo interessante locale che, oltre la musica, offre ai propri clienti gustosi menù anche per vegetariani.

Per prenotare all’Hard Rock Cafe: www.hardrockcafe.com/locations.aspx. Per acquistare i prodotti a marchio Hard Rock Cafe: https://shop.hardrock.com. Per ogni altra informazione sul brand Hard Rock Cafe:  www.hardrockcafe.com

Roma – Teatro Olimpico – Piazza Gentile da Fabriano, 17 – Opera Rock Shine Pink Floyd Moon dal 3 all’8 marzo 2020 tutti i giorni alle ore 21,00 – domenica alle 18,00. Biglietti d’ingresso da €.24,00 a €.43,00 . Info sul sito www.filarmonicaromana.org

Associazione Pandolea: le Donne dell’Olio – Premiati i vincitori della IV^ Edizione del Premio Letterario Ranieri Filo della Torre

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’olivo, in tutte le sue manifestazioni: dall’albero all’olio passando per le olive, é da tempo immemorabile fonte d’ispirazione preferita dagli artisti, in particolare scrittori e poeti. Neppure Pablo Neruda si è salvato dal contagio, per nostra fortuna, e ci ha lasciato una lirica di grande valore, sia artistica che letteraria, dedicata all’olio di oliva:

“Il prodigio,

la capsula perfetta

dell’uliva

che riempie il fogliame

con le sue costellazioni:

più tardii recipienti,

il miracolo, l’olio.

     lo amo

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Il bando lanciato dall’Associazione Pandolea – Le Donne dell’Olio – per il premio Ranieri Filo della Torre,  personaggio di primo piano nell’olivicultura italiana, giunto quest’anno alla IV^ edizione, oltre  scrittori e poeti coinvolgeva anche studenti e ricercatori di scienze agricole. In occasione della premiazione avvenuta nella sede centrale della Confederazione Italiana Agricoltori – CIA – ben 14 tesi di laurea hanno affiancato testi letterari e poesie. Inframezzati  nelle parole di saluto e ringraziamento dei partecipanti e dei premiati, alcuni pensieri sull’olio  extravergine di oliva hanno raccolto consensi e plauso fra i partecipanti: “… olio dolce sulla pelle e forte nella gola…. Olio che sa di casa….”.

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Una premiazione speciale, inoltre, ha interessato Rosaria Marino, direttrice dell’area sicurezza alimentare della ASLRoma 1, la scrittrice Antonella Lattanzi e Stefano Magno, chirurgo senologo della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS di Roma che per l’occasione ha definito “l’olio uno dei pilastri della dieta mediterranea, un vero farmaco nutricentrico, una sapienza millenaria che viene dai nostri antenati”. Un “tocco” d’internazionalità  è stato offerto dalla premiazione, anch’essa speciale, del sindaco di Agrinio – Grecia – Giorgios Papanastasiou. L’invito rivolto dalla presidente di Pandolea, Loriana Abbruzzetti, per la prossima V^ Edizione, ha  seguito la conferma che questa avrà carattere internazionale  e vedrà coinvolti artisti provenienti da tutti i paesi dove la cultura dell’olio di oliva e la coltivazione dell’olivo rivestono primaria importanza.

I testi selezionati e premiati sono stati raccolti in un libro: “50 sfumature di olio. Poesie e racconti”, pubblicato da ZINES Agra Editrice, pagine 128 costo €.14,00.

Per ulteriori notizie sito www.pandolea.it – e.mail info@pandolea.it – tel.339.5373175.

 

Open Colonna Bistrò della Stazione Termini di Roma

Testo e foto di Mariagrazia fiorentino e Donatello Urbani

La campagna di valorizzazione della Stazione Ferroviaria di Roma termini iniziata vari anni fa da Grandi Stazioni Retail mette a segno un ulteriore importante obbiettivo: un ristorante di Prima Classe gestito da un grande chef che ricalcasse quelli già presenti negli anni passati nelle principali stazioni ferroviarie italiane.

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Significative in proposito le parole di Sebastien de Rose, Chief Operating Officier di Grandi Stazioni Retail, che dopo aver ricordato come la stazione di Roma Termini essendo la più grande d’Italia e la seconda in Europa  sia di vitale importanza per la loro azione, ha posto in particolare evidenza la funzione di aggregazione sociale, oltre quella economica, che rivestono le stazioni ferroviarie fungendo da “punto di raccordo tra la città ed il cittadino in generale, non solo residente”. Di particolare importanza presentando i suoi menu basati sui piatti tipici della cucina romana “I romanissimi” – quattro primi: carbonara – gricia- amatriciana e cacio e pepe –  anche quanto affermato dalla chef Antonello Colonna: “Sono orgoglioso di questa nuova sfida che vuole portare l’alta cucina in un contesto di viaggio, dove sembra dominare la fretta tipica di un luogo di passaggio. Con Chef Express abbiamo voluto, al contrario, creare un luogo di riferimento e di destinazione: vogliamo riportare i romani dentro la stazione”.

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E’ indubbio che questa operazione che vuole coniugare una filosofia di alimentazione salutare con i piacere del palato, tipica della cucina romana tradizionale, contrasta con il concetto di benessere che stravolge la classica idea che mangiare sano non soddisfa il palato. Proporre una nuova idea di menù oggi non è facile, specie nel combinare le materie prime messe a disposizione dalla stagione, la capacità esecutiva dei piatti e le esigenze del gusto , soprattutto guardando anche ai costi che, come avviene per  “i romanissimi”  si limitano ad €.12,00. Ad illustrare le attività romane di Chef Express è stato l’Amministratore Delegato Cristian Biasoni che ha ricordato come la sua società sia presente a Roma Termini fin dal 1990 quando fu rilevato lo storico ristorante della stazione. “…oggi nella stazione romana”, ha affermato Biasoni, “Chef Express gestisce 19 punti di vendita suddivisi per tipologia di offerta: bar caffetterie,  gelaterie, pizzerie e ristoranti a marchio Mokà, Juice Bar, Mr.Panino, RossoSapore, Panella, Gusto, Roadhouse Restaurant, quanto prima interessato ad una radicale ristrutturazione, impiegando oltre 326 dipendenti”.

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L’inaugurazione del Ristorante Open Colonna Bistrò ha coinciso anche con l’apertura nel sottostante piano terra dell’Ala Mazzoniana, il più prestigioso e raffinato angolo della stazione Roma Termini, di un angolo pasticceria “Cioccolatitaliani” e di uno spazio salsamenteria “Renzini Gourmet”, dedicato alla vendita di eccellenze gastronomiche romane.

Maggiori notizie sui social e sul sito www.chefexpress.it

La Val Lessinia (Verona) presenta nelle sede romana dell’ENIT la propria candidatura nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici e degli Alti Pascoli.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

La domanda sottintesa nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’evento conclusivo del percorso di candidatura della Val Lessinia, piccolo territorio montano  compreso tra Veneto e Trentino, nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici, è stata “in quale futuro sarà coinvolta la montagna italiana?”. La risposta offerta da questo territorio è stata uno studio multidisciplinare, propedeutico al dossier ministeriale, commissionato al professor Mauro Agnoletti, ordinario di Pianificazione dei sistemi agricoli e forestali e Storia ambientale presso la Scuola di Agraria dell’Università di Firenze in funzione della presentazione della candidatura degli Alti Pascoli della Lessinia nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici e presentato nella sede romana dell’ENIT.

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Si è voluto con questo dossier porre in evidenza, nelle parole di Giuliano Menegazzi, coordinatore del progetto di candidatura, e ideatore nel 2015 insieme all’architetto Chiara Zanoni dell’iniziativa: “gli elementi di sostenibilità ambientale, integrità paesaggistica e culturale e persistenza delle attività produttive tradizionali configurano un quadro di unicità a livello nazionale. Proprio dalla Lessinia, ad esempio, proviene l’ispirazione per la capanna della Natività dello scorso Natale ricreata in Vaticano sul modello dell’originale  Casara di Malga Fittanze, a testimonianza di un patrimonio, in questo caso architettonico, di costruzioni in pietra, che non ha eguali nel mondo. Un iter istituzionale, quello della candidatura, iniziato formalmente l’8 maggio 2019 con la costituzione proprio a Verona di un’Associazione temporanea di scopo il cui obiettivo principale era quello di produrre un dossier di approfondimento sul territorio della Lessinia – richiesto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – per mezzo di un team di professionisti ed esperti profondi conoscitori di questo lembo di terra montano” (circa 10 mila ettari).

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Iniziativa questa che può essere una valida guida per un percorso virtuoso che interessi l’intero territorio montano nazionale con possibili ritorni economici grazie al turismo.

Tutte le informazioni e un’ampia gallery fotografica sul Progetto, finanziato dal  GAL Baldo Lessinia, sono disponibili sul sito www.altipascolidellalessinia.it

 

Rinascimento Marchigiano – Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma –

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il complesso monumentale di San Salvatore in Lauro, sede del Pio Sodalizio dei Piceni a Roma –P.za San Salvatore in Lauro –  accoglie una significativa testimonianza di quanto sia stato catastrofico nel 2016 il sisma che ha colpito la terra marchigiana. In mostra un notevole gruppo di opere d’arte, tra pittura e scultura che dicono di quanto amore sia stato riservato alla cultura e quanto grande sia stato lo sforzo profuso e condiviso con altri settori, taluni di vitale importanza per la vita civile.

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Nicola di Pier Gentile da Filetta di Amatrice detto Il Filotesio: “Redentore” – 1515/1520 – Affresco staccato dalla chiesa di S.Margerita ad Ascoli Piceno

Dietro ciascuna delle opere esposte ci sono sacrificio, tanto impegno e ricerca scientifica prestata da molti tecnici, tutti marchigiani che hanno lavorato in stretta collaborazione con le Università di Camerino ed Urbino e la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio delle Marche avvalendosi anche d’innovative analisi diagnostiche.  Vederle oggi esposte già restaurate, sia pure con evidenti segni  per lo shock subito, non possono che suscitare un plauso e tanta ammirazione.

20200218_130643                                             Vittore Crivelli: “Madonna adorante il Bambino ed angeli musicanti” – Tempera su tavola

Il titolo “Rinascimento Marchigiano”, infatti vuole indicare proprio come in questa esposizione si possa vedere essenzialmente una rinascita,. Non solo culturale, dell’intera regione dopo un sisma che ha particolarmente infierito  nelle provincie di Macerata ed Ascoli Piceno provocando danni  superiori a tutte le restanti provincie del centro Italia

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                       Jacobello del Fiore: “Storie di Santa Lucia” – Lucia riceve l’Eucarestia – Lucia trafitta alla gola dal pugnale del boia

La mostra si avvale di un percorso itinerante concepito in tre tappe che hanno preso il via proprio nella zona del cratere, ad Ascoli Piceno presso il Forte Malatesta ed ora prosegue a Roma presso la sede del Pio Sodalizio dei Piceni e si concluderà nell’estate 2020 a Senigallia, sulla riviera adriatica. Le opere esposte come scrivono i due curatori Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi, nel bellissimo catalogo: “vanno dal ‘400 al ‘700., alcune dall’alto valore devozionale e non storico-artistico, altre invece dal grande valore storico-artistico. Tra queste crocifissi lignei e vesperbild di ambito tedesco che ancora oggi si trovano all’interno delle chiese come oggetti di culto da parte dei fedeli. Non mancano però nomi importanti come Iacobello del Fiore con la serie delle scene della vita di Santa Lucia provenienti dal Palazzo dei Priori di Fermo, Vittore Crivelli con la Madonna Orante, il Bambino con Angeli Musicanti di Sarnano, Cola da Amatrice di cui spicca la Natività con i Santi Girolamo, Francesco, Antonio da Padova e Giacomo della Marca dalla sacrestia della chiesa di San Francesco ad Ascoli Piceno.”

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Scuola Marchigiana del XVIII sec. “Sportelli di armadio a muro” raffioguranti le tre cvirtù teologali: Fede-Speranza-Carità-, più una quarta (coniagata per l’occasione): Povertà volontaria. Particolari le 5 serrature le cui chiavi erano tenute da 5 diverse persone.

L’obbiettivo della mostra è anche quello di rendere fruibili le opere restaurate da qui in futuro come spiega Pierluigi Moriconi della Soprintendenza dei Beni Architettonici delle Marche e curatore dell’esposizione: “Terminate le mostre le opere che non potranno essere ricollocate nelle loro sedi originali perché crollate o non ancora restaurate, saranno collocate in 8  depositi e li saranno sempre a disposizione del pubblico previo contatto con la Soprintendenza”. Grazie alla presenza di queste opere nella capitale, sarà possibile ammirare una parte del prezioso patrimonio disseminato nel territorio marchigiano che è stato danneggiato dal terremoto, recuperato, portato a nuova vita e con questa mostra reso di nuovo fruibile.

Roma- Pio Sodalizio dei Piceni – Piazza San Salvatore in Lauro fino al 5 luglio 2020 con ingresso gratuito dal lunedi al sabato nelle ore 10,00/13,00 e 16,00/19,00.

Il Commissario Montalbano – Ritorna in TV da lunedi 9 marzo p.v. ed eccezionalmente nelle sale cinematografiche il 24-25 e 26 febbraio 2020.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Tutti i precedenti 34 episodi trasmessi in oltre venti anni dalla prima rete televisiva nazionale avevano goduto di una doppia paternità: una biologica di Andrea Camilleri ed una mediatica del regista Alberto Sironi. Come vuole la legge di natura, venuti a mancare i genitori, i figli subentranti hanno proseguito l’opera genitoriale. Così la coregia è passata nelle mani di Luca Zingaretti, storica personificazione della figura del commissario  Salvatore (Salvo) Montalbano, mentre la sceneggiatura è stata curata da altri storici collaboratori di Camilleri: Francesco Bruni, Salvatore Mola e Leonardo Marini. Questa operazione ha fornito sufficienti e valide garanzie per una lunga vita a questa saga televisiva, quasi immortale, come affermato dal produttore Carlo Degliesposti.

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Gli ultimi due romanzi di Camilleri, uno già uscito e l’altro dicono chiuso nella cassaforte dell’Editore Sellerio,  sono pronti per essere trasferiti in vari episodi per una nuova serie televisiva. Nelle parole di Luca Zingaretti, sia pure espresse da un attore con una lunga esperienza, è stato avvertito il complesso legame, non solo professionale, che lo legava ai due padri: “… è la prima volta senza Camilleri e senza Sironi del quale ho proseguito la regia nel modo più fedele possibile e con tanta malinconia”. Per la prima volta i due episodi che andranno in onda il 9 e il 16 marzo p.v. saranno presenti dal 24 al 26 febbraio 2020 nelle sale cinematografiche ed il cui ricavato sarà tutto devoluto in beneficienza. I racconti che hanno ispirato questi due episodi sono stati tratti da “Salvo amato …, Livia mia”  e “Il vecchio ladro”. Un terzo episodio tratto dal racconto “La rete di protezione”, edito da Sellerio Editore come gli altri due, é già pronto per essere trasmesso in data da definire. Il Commissario Montalbano è divenuto già da vario tempo un appuntamento molto apprezzato dal pubblico italiano e di questo Camilleri ne era pienamente consapevole: “Molti italiani”, affermava in un’intervista concessa diverso tempo fa a Vincenzo Mollica, “si riconoscono in lui, un personaggio medio la cui lealtà primeggia su tutti”.