Renato Mambor, “artista concettuale” presente alla Galleria Tornabuoni Arte di Roma fino al 28 settembre 2024

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Circa trenta opere, alcune di notevole interesse, ci descrivono il suggestivo percorso artistico di uno dei maggiori esponenti della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo”  che la critica d’arte definisce “il più emotivamente raffreddato, (M. G. Messina), evidenziandone i passaggi sostanziali e la coerenza poetica e formale sempre mantenuta dai primi esiti alle ultime produzioni. Pur nella pluralità dei linguaggi utilizzati e nella poliedricità dei suoi intenti, il lavoro di Renato Mambor continuativamente parla di osservazione, linguaggio, comunicabilità e relazione con l’altro”.

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“Uomo geografico”

Il percorso artistico inizia nel 1958 con una tempera su carta “Senza titolo” appartenente, come riportato sul comunicato stampa: “ad una fase ancora di ricerca e sperimentazione, con delle tangenze all’Informale appena trascorso (ancora non si firma Mambor, ma Mambo). E’ questo il momento delle prime mostre importanti: il Premio Cinecittà del 1958 e l’anno successivo Mambo(r), Schifano, Tacchi, a cura di Emilio Villa alla Galleria Appia Antica”. Dopo un lungo periodo dove sperimentazione e utilizzo di materiali vari sono al centro dell’attività artistica di Mambor che spazia oltre quella figurativa nel teatro e nel cinema, c’è un ritorno alla pittura come attestato da alcune opere, presenti in mostra, realizzate nel 1987 quando questa: “torna ad assumere una parte preponderante nella sua produzione. A questo periodo appartengono i lavori: Gli Osservatori (Maschera), 1983; Osservatori bianchi, 1996; L’uomo geografico/ fondo grigio, 2012; Le Coltivazioni Musicali, 2011. “Nei primi anni ’80 ho iniziato a lavorare su un’esperienza estetica che ho definito l’Osservatore […]  Non mi interessa chi è la persona, l’osservatore non è un ritratto alla persona, ma mi interessa ciò che la persona fa: l’atto di osservare” (parole dell’artista). Anche la scultura diventa parte strutturale della nuova produzione di Mambor, in una ricerca sullo spazio e sul modo di occuparlo, probabile eredità dell’esperienza teatrale. Chiude la mostra il lavoro Fili, 2012. Una serie di rocchetti di fili colorati è disposta su una parete secondo una sequenza lineare; una doppia sagoma tiene in mano una matassa. Unità separate all’occhio dello spettatore sono in realtà legate tra loro; immobili eppure in azione”. “Non c’è niente e nessuno che sia veramente separato dal resto, la vita stessa si manifesta in relazione. Tra il pittore e il fare il quadro, tra il dipinto e lo spettatore…Questi Fili nell’arte sono ciò che ci lega ai compagni di strada, alla storia contemporanea, al passato, alle diverse forme d’arte”. (R. Mambor)

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“Chiudere la porta”

Roma – Galleria Tornabuoni Arte – Via Bocca di Leone, 88 fino al 24 settembre 2024 con orario dal Martedì al Sabato h 10.00-13.00 / 14.00-19.00. Per saperne di più email roma@tornabuoniarte.it |tel. +39 06 98381010 –  Instagram| @tornabuoniart

Leonardo da Vinci ricordato nel 572^ anniversario della nascita al Museo/Mostra “Il Genio e le Invenzioni”al Palazzo della Cancelleria di Roma e nell’esposizione di opere dell’artista italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

“…..nulla egli toccò che non trasmutasse in bellezza eterna.” – Berenson

In occasione del 572 anniversario della nascita di Leonardo da Vinci, il Museo/Mostra permanente  allestita nel Palazzo della Cancelleria a Roma dove sono esposte ben 65 riproduzioni delle più note macchine interattive progettate da Leonardo, è stata incrementata con varie riproduzioni di alcuni disegni relativi alle diverse aree di studio del genio del Rinascimento: ingegneria, tecnologia, musica, botanica, aeronautica, anatomia, cucina, robot, autocarri, ponti girevoli, macchine da stampa, sottomarini, apparati scenografici e molte altre.

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L’indiscusso fascino e interesse che si avverte lungo tutto il percorso espositivo è stato notevolmente ampliato con l’inserimento al suo interno delle opere dell’artista italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia.

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Fin dalla Genesi, la donna è stata plasmata da Dio come “aiuto simile” all’uomo (Genesi 2,18). Creatura di ineguagliabile bellezza e forza interiore, ella custodisce il mistero della vita, donando al mondo il frutto del suo grembo e nutrendo con amorevole dedizione la famiglia, focolare di affetti e di speranza. Tutto questo l’artista riesce a trasmettere nelle sue opere.

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Da comunicato stampa: “pittore e fotografo di fama internazionale. Nel corso della sua carriera artistica si è fatto apprezzare per la sua capacità di ritrarre la figura umana in modo da fissarne su tela l’essenza spirituale. Ha realizzato affreschi e pitture murali sia all’estero che in Italia, esponendo le sue opere in numerose gallerie d’Arte. Inoltre, dal 2011 collabora con il Vaticano per cui realizza commissioni artistiche. I quadri proposti all’interno della Mostra di Leonardo sono delle rivisitazioni delle celebri opere di Leonardo Da Vinci come la Gioconda, la Scapigliata, la Madonna del Garofano, la Dama con l’ermellino e tante altre. Per saperne di più sull’artista consultare il sito www.francescoastiaso.com

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E ancora, al fianco di Astiaso Garcia, anche le opere di Mario Taddei, artista, studioso ed esperto di multimedialità, dei codici e delle macchine di Leonardo da Vinci. La sua cifra stilistica si basa sulla rielaborazione digitale di figure ispirare ai manoscritti del maestro”.

Roma – Palazzo della Cancelleria – Piazza della Cancelleria, n.1 – Orari dal lunedi al venerdi dalle 9,30 alle 19,00 -. Weekend e festivi fino alle 19,30 – Costo biglietto d’ingresso acquistabile anche on-line: €.9,00 – 19/64 anni – studenti ed anziani. (over 65 anni) €.7,00 – bambini €.6,00 (5/12 anni)- gratis fino a 4 anni.

 

 

Achille Funi – ‘900 Classico e Rinascimentale – Dipinti, disegni e cartoni alla Galleria del Laocoonte Via di Margutta, 53/B e Nuovo spazio espositivo, Via Margutta, 81 fino al 28 aprile 2024

Mariagrazia Fiorentino – Donatello Urbani

“Lei non può entrare”. Il mio tentativo di visitare di persona gli affreschi realizzati da Funi negli anni 1930 nella Cattedrale di Tripoli in Libia, trasformata successivamente in moschea, falli miseramente. Questo episodio mi ha lasciato una certa curiosità su questo artista tanto che non ho perso occasione di approfondirne la conoscenza, ogni qual volta il ristretto tempo disponibile me lo ha concesso. L’occasione offerta da Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, titolari della Galleria del Laocoonte, di organizzare una mostra su Achille Funi era un’occasione unica da non lasciarsi sfuggire. L’interessante catalogo messo a disposizione dei visitatori curato da Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli con schede di Nicoletta Colombo, Luca Esposito e Vincenzo Mazzarella,: “Virgilio Socrate Funi, in arte Achille, nasce a Ferrara il 26 febbraio 1890. Nella città natale compie i primi studi di disegno, decorazione e modellazione alla Scuola d’arte «Dosso Dossi». Nel 1906 si trasferisce a Milano dove segue fino al 1910 i corsi di Pittura di Figura all’Accademia di Brera con Cesare Tallone”.

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Achille Funi: “La Battaglia” – 1949/&1950 – Tempera su cartone preparatoria all’affresco “La battaglia di Legnano” – Bergamo. Municipio. Sala Conciliare. Opera di grande attualità e modernità che pone in evidenza i peggiori istinti dell’uomo e dove nessun contendente è il reale vincitore della guerra.

Nel 1922 dopo le prime esperienze pittoriche con i Futuristi e la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale incontra Margherita Sarfatti e Lino Pesaro.  Con loro ed insieme ad altri artisti fondarono il gruppo di “Novecento”  volto ad un recupero della tradizione classica italiana rivisitata alla luce delle esperienze delle avanguardie degli inizi del secolo. Così la critica d’arte: “Le sue figure femminili, le nature morte, i ritratti, al di là dell’esplicita aspirazione neoclassicistica, stabiliscono un’eclettica gamma di riferimenti culturali, in parte connessi alla tradizione artistica ferrarese. L’interesse per la figura come fulcro ideale e soggetto principale dell’opera è, insieme con l’attenzione al mestiere, la caratteristica dominante del classicismo degli anni venti. Si era ormai spenta l’eco delle dichiarazioni futuriste del Manifesto tecnico (aprile 1910). Nel 1925 la Sarfatti, in una monografia su Funi, considerava l’artista erede della tradizione classica e rinascimentale ferrarese, ritenendo profeticamente che i caratteri di essenzialità e di grandezza del comporre che Funi dimostrava avrebbero potuto tradursi in efficaci soluzioni ad affresco”. Gli anni successivi videro l’artista impegnato sui fronti sia di pittura che di affresco pur nella diversità delle due tecniche. Mentre la pittura su cavalletto richiede prolungate riflessioni e molteplici prove prima di realizzare il segno sulla tela, quella murale è caratterizzata da veloci esecuzioni prima che l’intonaco sul quale è realizzata si prosciughi e non sia più idoneo a ricevere il colore. Questa attività proseguirà fino alla sua morte avvenuta ad Appiano Gentile (Como) il 26 luglio 1972.

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Come ricordato dai curatori nel catalogo: “Dal 1939 al 1960 è stato titolare della Cattedra d’Affresco all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove suoi allievi sono stati Giuseppe Ajmone, Valerio Pilon, Oreste Carpi. Alla sua carriera di insegnamento aggiungerà una breve parentesi all’Accademia Carrara di Bergamo, con una cattedra in pittura nel 1945….. E’ giusto che anche Funi possa rivedere le sue opere: perciò dalla collezione romana “Facce del Novecento” abbiano tirato fuori un autoritratto ad olio estivo del 1955. Il rosso di una fetta d’anguria, le rosse righe della maglietta a maniche corte, il cappello di paglia in capo, le iridi scure a pallottola, fanno pensare per un attimo a Picasso in Costa Azzurra. E invece è proprio lui, Socrate Virgilio Funi, detto Achille, nel suo villino di Forte dei Marmi…..”

 

Storia e Archeologia di Israele – Novità sulle vie del pellegrinaggio.

Donatello Urbani

L’approssimarsi del Giubileo della Misericordia 2025 ha riproposto in maniera autorevole le vie dei pellegrini che da sempre hanno avuto quali mete principali tanto Roma quanto Gerusalemme. Quanto mai interessante il Convegno organizzato dall’Ufficio Nazionale Israeliano CNPI – Coordinamento Nazionale Pellegrinaggi Italiani – sede di Milano al Pontificio Istituto Biblico di Roma con l’intento di presentare agli studiosi ed operatori turistici le ultime novità archeologiche israeliane.

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I professori Uzi Leibner e Orit Peleg-Barkat dell’Ebrew University of Jerusalem, co-direttori di scavi all’Ophel, hanno presentate le ultime campagne di scavo all’insediamento – Ophel –   che ospitava a Gerusalemme i pellegrini al tempo del secondo Tempio, mentre Marcello Fidanzio, dell’Università della Svizzera Italiana e Direttore della Qumram Caves Publication Projet, ha tenuto un’interessante relazione sul tema: “Le grotte di Qumran e i Rotoli del Mar Morto: nuove ricerche archeologiche”.

A seguire gli interventi di:

Kalanit Goren, Direttrice Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo –  con la presentazione delle: “Novità di Pellegrinaggi e turismo culturale: proposte del Ministero del Turismo di Israele;

Francesca Romana Stasolla (Sapienza Università di Roma, direttrice dello scavo al complesso del Santo Sepolcro) sul tem: “Dai pellegrini agli archeologi: racconti, prospettive, suggestioni di fronte al Santo Sepolcro di Gerusalemme”;

Craig Morrison (Pontificio Istituto Biblico, ha partecipato al convegno e contribuito al volume “I farisei” GB Press – San Paolo): “Chi erano i Farisei? Una ricerca interdisciplinare condotta da ebrei e cristiani”;

Mariagrazia Falcone, Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo, Pr Director, che ha illustrato i nuovi: “Itinerari a piedi. Un nuovo modo di fare pellegrinaggio”

 

Al via il ciclo di mostre virtuali con “Pàthos. Valori, passioni, virtù”. In mostra 80 capolavori di oltre 60 artisti raffiguranti le passioni, i valori e le emozioni di personaggi femminili che hanno segnato la storia antica.

Mariagrazia Fiorentino

Un museo on line unico che permette di avere una visione globale di opere sia museali che provenienti dai depositi, collezioni private o fondazioni che si trovano in varie parti del mondo. Un museo catalogo “unicum” che permette a qualsiasi persona di usufruirne anche per chi si trova in un borgo sperduto del mondo, “perché le opere per meglio conservarsi non devono viaggiare, (non sono una compagnia di giro)” questo è anche il pensiero del curatore della mostra Angelo Massa. La dott.ssa Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese, nel suo intervento, sottolinea l’importanza di questa nuova forma di apprendimento virtuale di cui lo stesso Museo ne è capofila. L’istituzione museale, oltre promuovere le proprie collezioni, deve dare una proposta didattica ed educativa attraverso spazi laboratori dedicati che coniugano linguaggi tecnologici, analogici, digitali e artistici, non solo per bambini e ragazzi, ma soprattutto per adulti.

copertina                                      Domenico Brusasorci: “Suicidio di Cleopatra” 1515/1516 – Proprietà di Crèdit Agricole Italia

Da comunicato stampa: “Prorogata fino al 15 maggio 2024 “Pàthos. Valori, passioni, virtù” Mostra promossa da Acri Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa e realizzata nell’ambito di Raccolte A seguito del successo riscontrato, la mostra virtuale “Pàthos. Valori, passioni, virtù” – curata dallo storico dell’arte Angelo Mazza, promossa dalla Commissione per i Beni e le Attività Culturali di Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa e realizzata nell’ambito di R’Accolte – è stata prorogata fino al 15 maggio 2024. La proroga è stata annunciata in occasione dell’evento “Arte e @rte. I linguaggi della bellezza”, tenutosi lo scorso 13 marzo a Roma presso la sede centrale di Acri, promotore dell’incontro. Con il coinvolgimento di personalità di spicco del mondo della cultura – dotate di competenze, conoscenze e capacità scientifiche e comunicative nell’ambito dell’arte – sono stati affrontati diversi temi legati alla divulgazione artistica. L’obiettivo era mettere a confronto il mondo classico e tradizionale con quello contemporaneo, in modo da individuarne i punti di forza ma anche sollevando alcune criticità, creando insieme un dialogo condiviso e costruttivo. I protagonisti dell’evento – che ha visto la partecipazione di un vasto numero di giornalisti, addetti ai lavori e appassionati d’arte – sono stati: il giornalista e conduttore televisivo e radiofonico Nicolas Ballario, la giovane divulgatrice Benedetta Colombo – nota con il nome di @benedetta.artefacile – e lo storico dell’arte e curatore della mostra Angelo Mazza. Insieme a loro si è dialogato sul fenomeno della digitalizzazione dell’arte, sull’impatto dei social media e della realtà aumentata e su come le modalità tradizionali e quelle di ultima generazione al giorno d’oggi coesistano, rendendo l’arte sempre più accessibile.

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                                                            Guido Reni: “Lucrezia” – 1635/1640 circa – Proprietà di Fondazione Carisbo

Hanno preso parte al confronto anche il nuovo Presidente di Acri Giovanni Azzone, la direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti e il Presidente della Commissione per i Beni e le Attività Culturali di Acri Donatella Pieri. Le video dichiarazioni di tutti i partecipanti all’incontro si possono scaricare da questo link: https://drive.google.com/drive/folders/1sLc3e-9nnYoyfvdAC3LQAMM4mU0-oFiq È inoltre possibile rivedere l’intero evento accedendo a questo link: https://raccolte.acri.it/it/pathos-raccolte/ “Pàthos. Valori, passioni, virtù”, inaugurata lo scorso 30 gennaio 2024, segna l’inizio di una nuova fase d’impegno di valorizzazione culturale da parte di R’Accolte, il più grande catalogo multimediale in Italia, che con l’avvio di questa prima mostra virtuale offre al pubblico l’opportunità di esplorare e comprendere le collezioni d’arte delle Fondazioni di origine bancaria in modi del tutto innovativi. L’esposizione, visitabile gratuitamente su www.pathos-raccolte.it, esplora in 10 stanze l’iconografia di numerose figure femminili dell’antichità e del Vecchio Testamento, divenute simbolo di uno specifico sentimento, emblema di valori, passioni e virtù. Al centro dell’esposizione le vicende di grandi eroine, come Cleopatra, Lucrezia, Eva, Betsabea, Rebecca e Giuditta, raffigurate da importanti artisti che hanno fatto la storia dell’arte. Elisabetta Sirani, Guercino, Parmigianino, Guido Reni, Giambattista Tiepolo, Giacinto Gemignani e Agostino Carracci sono solo alcuni dei nomi dei 60 artisti che hanno messo in luce le varie interpretazioni dei racconti biblici attraverso prevalentemente dipinti – ma anche incisioni, maioliche, bronzi e terrecotte – presentando al pubblico online una selezione di 80 capolavori che coprono un arco temporale dal XVI al XX secolo, provenienti da 31 Fondazioni. R’Accolte continuerà a celebrare e diffondere il ricco patrimonio delle collezioni d’arte delle Fondazioni di origine bancaria con l’avvio di nuove mostre virtuali, proseguendo sulla scia del successo ottenuto con “Pàthos. Valori, passioni, virtù”. Inoltre, è in fase di realizzazione un ampio programma di eventi e di iniziative culturali. Le Fondazioni per l’Arte: un impegno decennale nella promozione culturale Le Fondazioni di origine bancaria sono organizzazioni non profit, private e autonome, rappresentate collettivamente da Acri, il cui settore primario di intervento è proprio la cura e l’accessibilità dei beni culturali. Dal 2000 a oggi, a questo settore le Fondazioni hanno destinato complessivamente oltre 7,5 miliardi di euro, contribuendo significativamente allo sviluppo culturale delle comunità di riferimento e dell’intero Paese. Gli interventi sostenuti consistono prevalentemente in percorsi di creazione artistica, conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali, con particolare attenzione all’accessibilità dei giovani e delle fasce più fragili delle comunità. Proprio con la medesima finalità, nel 2012 è nato R’Accolte, il grande catalogo multimediale delle opere d’arte delle Fondazioni, che ha reso alla portata di tutti le loro collezioni d’arte. Dal suo avvio, R’Accolte ha reso accessibili oltre 15.000 opere, censite secondo i più accurati standard internazionali, appartenenti a 78 collezioni, spaziando dal mondo antico al contemporaneo.

INFORMAZIONI UTILI TITOLO MOSTRA: Pàthos. Valori, passioni, virtù A CURA DI: Angelo Mazza QUANDO: Fino al 15 maggio 2024 DOVE: Online su www.pathos-raccolte.it PROMOSSA DA: Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa NELL’AMBITO DI: R’accolte – https://raccolte.acri.it/

Immagini per pensare – In una mostra collettiva nella sede romana dell’Università e-Campus – Via Matera, 18 – fino al 19 aprile 2024

Redazione – Foto courtesy della curatrice Cinzia Folcarelli.

L’esposizione collettiva dall’originale titolo “Immagini per pensare” curata da Cinzia  Folcarelli,  con  la  collaborazione dell’Associazione IPAZIA, vuole, come riportato sul comunicato stampa: “raccontare  con  le  immagini  il  pensiero  irrazionale  e  il  mondo  inconscio  attraverso  forme,  linee, colori:  la  ricerca  degli  artisti  dell’Associazione  IPAZIA  e  rendere  materia  le  immagini  e  i pensieri della realtà profonda, dando loro bellezza concreta”.

Paolo CAMIZ Congiunzione astrale 2023

                                                                                                          Paolo Camiz: “Congiunzione astrale” – 2023

Paolo Camiz: scultore, musicista e scienziato, assembla materiali di recupero, soprattutto ferro e legno, trasformandoli in personaggi spesso ironici e in racconti mitologici. Alessandra Diodati: nelle sue composizioni “musicali”, vuole rappresentare la leggerezza e la “fragilità”, col suo stendere e sovrapporre colori e trasparenze.

Riccardo Marchetti: è autore storico di opere piene di energia, ritmiche e poetiche, in cui la componente astratto-informale è protagonista.

Per Stefania Panelli l’arte è un potente mezzo di espressione individuale e comunicativo, che attualmente rivolge al mondo delle geometrie primitive.

Roberta PUGNO, ROSSO INTERNO, omaggio a Giordano Bruno,2024,tecnica mista su tela 90x104

                                                                                        Roberta Pugno: ROSSO INTERNO – Omaggio a Giordano

Roberta Pugno, pittrice-filosofa, è da sempre alla ricerca dell’origine del pensiero che nasce dalla materia e che, vestendosi di colore, sa creare forme nuove del “sentire”.

Nel corso dell’inaugurazione gli artisti sono stati intervistati dalla Responsabile della sede romana dell’Università e-Campus, dottoressa Rita Neri.

Mostra collettiva “Immagini per pensare”. Opere di Paolo Camiz, Alessandra Diodati, Riccardo Marchetti, Stefania Panelli, Roberta Pugno a cura di Cinzia Folcarelli in collaborazione con l’Associazione IPAZIA fino al 19 aprile 2024 nella sede romana: Università e-Campus, via Matera 18 – Roma, orari di apertura: dal lunedì al venerdì, ore 8.30 – 20.00; sabato 8.30 – 13.00; domenica e festivi    chiuso con ingresso gratuito. Informazioni: tel. 06 70304949 email: eventiecampus@uniecampus.it, cinzia.folcarelli@gmail.com, www.ipaziaimmaginepensiero.org

 

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ricorda Carla Accardi, nel centenario della nascita con una mostra retrospettiva fino al 9 giugno 2024

Redazione – Foto courtesy Palazzo dell’Esposizioni – Ufficio Stampa

Da comunicato stampa: “Figura di assoluto rilievo, Carla Accardi è stata per oltre mezzo secolo protagonista della cultura visiva italiana e internazionale. Attraverso la sua pittura, continuamente ridefinita da scelte radicali, ha contribuito in maniera rilevante alla nascita e allo sviluppo di nuovi modi di intendere l’opera d’arte, dall’astrattismo dell’immediato dopoguerra all’informale, dalla pittura-ambiente a un’arte segnata dalle istanze del femminismo, fino alla rinnovata joie de vivre incarnata nei dipinti negli anni Ottanta e nei grandi dittici e trittici degli anni Novanta e Duemila. Caso unico tra gli artisti italiani della sua generazione, ha allacciato dialoghi significativi con artisti e intellettuali più giovani nell’arco delle diverse stagioni del suo lavoro. In mostra circa cento opere, datate dal 1946 al 2014, articolate in un percorso cronologico che include porzioni di allestimenti concepiti dalla stessa Carla Accardi, dedotti dalla documentazione fotografica che ha consentito di ricostruire anche la sala personale alla Biennale di Venezia del 1988. Grazie a questi ‘innesti’, nel progettare la mostra è stato possibile affidarsi alla ‘scrittura espositiva’ dell’artista stessa, potendo così restituire l’estrema libertà con la quale concepì il rapporto tra opera e spazio, scardinando convenzioni e inaugurando nuove pratiche. I capolavori sono stati scelti con l’idea sia di mettere in evidenza le fasi germinali nel lavoro di Carla Accardi, sia di presentare le opere nelle quali l’artista si è espressa con maggiore radicalità e che si sono rivelate seminali nel contesto nazionale e internazionale.

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                                                                                                     Composizione – 1947

Si potranno ammirare i suoi primi oli su tela, mai esposti. Sarà possibile ripercorrere gli esordi nella compagine di Forma e verificare le diverse fasi del suo lavoro: l’approdo a una originale definizione del segno, la radicalità del bianco e nero e la successiva iridescente apparizione del colore, la dematerializzazione del corpo della pittura e la scoperta della superficie di sicofoil trasparente, gli ambienti degli anni Sessanta che hanno precorso i tempi, le sperimentazioni degli anni Settanta e Ottanta, fino ai grandi dittici degli anni Novanta e Duemila. Di particolare rilievo è la presenza di entrambe le Tende realizzate dall’artista: Tenda del 1965-1966 e la radiosa Triplice tenda del 1969-1971, il grande ambiente dipinto che si trova nelle collezioni del Centre Pompidou. Saranno esposte anche le due altre opere dell’artista concepite come spazi abitabili e attraversabili, la Casa labirinto del 1999-2000 e il Cilindrocono del 1972-2013. È riproposta anche l’installazione-ambiente Origine, l’opera maggiormente legata alla militanza femminista di Carla Accardi, nel modo esatto in cui l’artista la presentò nel 1976 a Roma, concependola come un percorso attraverso i recessi della memoria.

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                                                                                            Grandenerobianco – 1991

Fil rouge delle opere, risalenti agli anni Novanta e Duemila, è la particolare ‘rivisitazione’ che Carla Accardi fece dei suoi segni, frammentandoli, dilatandoli, ingigantendoli, ponendoli, in maniere diverse in relazione con l’ombra”. Il percorso espositivo si chiude con gli ultimi due dipinti di Carla Accardi, Imbucare i misteri e Ordine inverso, realizzati poco prima della sua scomparsa.

Palazzo Esposizioni Roma Roma, via Nazionale, 194. Mostra “Carla Accardi” fino al 9 giugno 2024. Dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 20.00, lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura. Biglietti d’ingresso: Intero € 12.50 – ridotto € 10.00 – ragazzi dai 7 ai 18 anni € 6.00 Ingresso gratuito per i bambini fino a 6 anni. Il biglietto è valido per tutte le mostre in corso. PRIMO MERCOLEDÌ DEL MESE Ingresso gratuito per gli under 30 (dalle 14.00 a chiusura). Il Palazzo Esposizioni Roma è accessibile alle persone con ridotta capacità motoria o sensoriale da tre ingressi privi di barriere architettoniche. Info www.palazzoesposizioni.it Facebook: @PalazzoEsposizioni | Instagram: @palazzoesposizioni | Twitter: @Esposizioni

Manuel Felisi al Museo Bilotti di Roma fino al 21 aprile 2024

Testo Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Un progetto dell’artista per il Museo Carlo Bilotti dedicato al mondo animale: un bestiario raffigurato su grandi tavole di legno posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia. La mostra intende, inoltre, aprire ad una crescente coscienza antispecista e figurare relazioni basate sul riconoscimento della diversità tra l’essere umano e l’altro. Lo splendido catalogo che accompagna la mostra con la prefazione di Gabriele Simongini è un vero volume d’arte sia d’informazione visiva che accademica.

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Nota critica del curatore della mostra, Gabriele Simongini estratta dal catalogo pubblicato da Gangemi Editore: “

Campi (F)Elisi della pittura/natura

Partiamo dall’illuminante saggezza di Carl Gustav Jung: “Quanto più invecchio e quanto più osservo gli animali, tanto maggiore è il rispetto che nutro per loro. Il modo in cui l’animale vive il mondo dev’essere di una ineguagliabile pienezza e singolarità”. E ancora: “Gli dei sono simboleggiati da animali; perfino lo Spirito Santo è un uccello, tutti gli dei dell’antichità come quelli dei popoli primitivi sono contemporaneamente animali”. Solo tenendo presenti parole come rispetto, pienezza e singolarità, possiamo avvicinarci nel modo giusto al ciclo di opere di Manuel Felisi che hanno come protagonisti gli animali, resi in scala reale, 1:1, per proporre un impatto forte e concreto con la nostra stessa presenza mentre contempliamo i quadri, perlopiù di grandi dimensioni. E poi il nostro artista pensa anche ai bambini, molti dei quali, nati e cresciuti in unaciviltà ipermediatica in cui la conoscenza del mondo si esplica perlopiù attraverso il filtro asettico degli schermi (smartphone, tablet, televisori, ecc.), non hanno mai visto tanti di questi animali nelle loro dimensioni reali, quelle in cui li ha rappresentati appunto il nostro artista, dai più mastodontici agli insetti più piccoli, fra micro e macro. Inoltre, con un occhio alla percezione superstimolata e sovraeccitata del nostro tempo, la staticità iconica delle tavole dialogherà in mostra con animazioni digitali che avranno come protagonisti sempre gli animali. E certamente una mostra come questa, anche per l’attenzione ai bambini, non avrebbe potuto trovare sede più adatta del Museo Bilotti, nel cuore di Villa Borghese e vicino al Bioparco, con cui sono previste iniziative in comune, sotto il segno dell’importante ed emblematica collaborazione, che non ha precedenti dal punto di vista artistico, instaurata per l’occasione dalla Galleria Russo con il National Geographic.

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In fin dei conti anche noi esseri umani siamo animali ma Felisi, da sempre sensibile osservatore della natura (si pensi alle sue opere vertiginosamente incentrate sugli alberi), dedica la sua attenzione agli altri animali, quelli che guardiamo dall’alto in basso, con indifferenza e noncuranza, quelli che mangiamo o che uccidiamo, quelli su cui sperimentiamo torturandoli, quelli di cui mettiamo in costante pericolo l’esistenza distruggendo il loro habitat naturale. Ma siamo così sicuri di essere superiori? Non c’era proprio alcuna ragione perché gli dei antichi fossero contemporaneamente animali, come ha scritto Jung? E non ha forse colto nel segno un grandepittore come Ennio Calabria quando mi ha detto, recentemente, che “gli animali sono il volto di Dio”? Non dovremmo finalmente smetterla di giudicarli poco sensibili o poco intelligenti solo perché le loro qualità straordinarie, e spesso a noi ignote, ci sfuggono completamente e non sono valutabili secondo i nostri criteri antropocentrici? A questo proposito sentiamo ancora Jung: “Come tutti gli animali e le piante, la scimmia possiede istintivamente la saggezza della natura, ma la saggezza è rappresentata da una creatura che non è cosciente di sé, e quindi non può propriamente dirsi saggezza. Per esempio, la lucciola rappresenta il segreto di produrre luce senza calore; l’uomo non è in grado di produrre il 98 per cento di luce senza dispendio di calore, mentre la lucciola sì, conosce il segreto. Se si potesse trasformare la lucciola in una creatura consapevole del fatto di possedere un segreto simile, ecco che avremmo un uomo di intelligenza e sapienza molto superiori alle nostre; sarebbe probabilmente un grande scienziato o un grande inventore, capace di trasformare tutta la nostra tecnologia”. Lo scrittore, sociologo e antropologo Roger Callois esaltava un antropomorfismo alla rovescia, nel quale l’uomo, lungi dall’attribuire, e a volte con condiscendenza, le sue proprie emozioni agli altri esseri viventi, partecipa con umiltà a tutto quello che è incluso o era incluso nei tre regni. Così Manuel Felisi, novello Noè, porta nella grande Arca della pittura l’immagine/memoria di animali la cui esistenza è spesso minacciata dalla nostra folle e pervasiva aggressione ambientale. E i titoli delle opere con quei numeri misteriosi indicano quanti esemplari di ciascun animale rimangono attualmente sulla Terra, prima che gli esseri umani li facciano diminuire progressivamente. Tanto che quelle cifre sono quanto mai effimere, destinate a cambiare, in una sorta di tragico conto alla rovescia che tutti ci dovremmo impegnare concretamente a fermare. Così, se molte specie di animali vanno drasticamente a ridursi, noi esseri umani aumentiamo continuamente: la nostra presenza sempre più nociva è richiamata in mostra da un’opera con incisa la scritta “OTTO MILIARDI”, che indica l’attuale popolazione del nostro pianeta, nella quale il visitatore si specchierà non appena uscito dalla saletta proiezioni, proprio dietro alle tavole sugli insetti e forse non a caso collocata in questa ubicazione visto che dobbiamo tornare ad accettare umilmente la nostra piccolezza a fronte della smisurata grandezza del mondo e del cosmo. Sospesi fra apparizione e scomparsa, non di rado trasformati in presenze fantasmatiche (si guardi la capra o l’orso polare, ad esempio), gli animali di Felisi ci fissano quasi increduli, stagliandosi in scala reale su sfondi vagamente floreali che sembrano evocare anche la raffinatezza dell’Art Dèco e comunque un tempo che già appartiene alla dimensione del ricordo.

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Del resto, la memoria è parte integrante di quelle garze e tessuti che fanno da sfondo e che rimandano, nella vita di Felisi, al ricordo dei suoi inizi creativi messi alla prova sulle lenzuola della nonna. E’ come se il nostro artista ci dicesse che questi animali un tempo erano protagonisti della Terra mentre ora sono ridotti quasi a sfondi decorativi, nell’era del cosiddetto “Capitalocene”, termine con cui, in contrapposizione ad Antropocene, si intende mettere in luce le durature conseguenze negative del sistema capitalista sul piano economico-sociale, culturale e ambientale. Così gli animali giunti al Museo Bilotti sembrano diventare testimoni dell’accusa contro di noi in un processo immaginario e quasi fiabesco, visto che anche nelle favole ci sono aspetti malinconici o addirittura drammatici. E ci direbbero, se potessero parlare come per incantesimo, “noi siamo qui, davanti a voi, non siamo oggetti da consumare e buttare via, siamo esseri viventi e sentiamo pienamente tutto quello che ci accade”.

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Questa sorta di richiamo della natura a cui ha risposto Felisi è nato durante la fase più acuta della pandemia di COVID-19, quando, chiusi in casa, nonostante tutto, abbiamo riscoperto la bellezza imprevista e metafisica delle nostre città deserte ed abbiamo guardato con maggior calma ed attenzione ad un sorprendente rigoglio naturale perfino nelle nostre metropoli. Forse, proprio allora, qualcuno di noi, tra cui Felisi, ha iniziato a chiedersi se in fin dei conti la nostra presenza di esseri umani non rappresenti un pericolo costante per il resto del mondo e per gli animali in primis.

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Perfino la scelta di dipingere su tavole di legno è stata condizionata, in quei mesi di lockdown, dalla difficile reperibilità di tele ma Felisi l’ha portata avanti coerentemente anche dopo, forse perché il legno in quanto materiale naturale è il più adatto ad accogliere quella sorta di ecosistema ideale o di zoo senza gabbie dipinti dal nostro artista. E naturale è, ancora, la cenere che spesso viene posata sugli sfondi e che è l’esito delle lunghe passeggiate nei boschi di Felisi, concepite come occasioni fondamentali di riflessione e contemplazione. Le immagini degli animali invece, con un intento quasi documentario e “filologico”, sono prelevate da fotografie e vanno a riempire la sagoma bianca predisposta sulla tela, accolte dagli sfondi che spesso si estendono e diventano quasi tatuaggi sulla loro pelle. L’impaginazione visiva, nell’horror vacui complessivo (per certi aspetti, fra cui una comune radice concettuale, viene perfino in mente il Boetti della serie “Tutto”, mutatis mutandis) è resa con una profonda attenzione agli equilibri compositivi e alla centralità assoluta dell’animale. In queste opere di Felisi la profonda, positiva umanità della pittura (ha detto Gerhard Richter: “dipingere è una delle capacità intrinseche dell’uomo, come ballare e cantare, una capacità che ha senso, con cui conviviamo, qualcosa di assolutamente umano”) conserva il ricordo di quella natura che forse, continuando di questo passo, non esisterà più. Non a caso, in questo mondo votato all’oblio e devoto soltanto al culto economico/tecnologico, la pittura (intesa anche come sapienza tecnica tramandata fra generazioni), la memoria e la natura sono sempre più a rischio di cancellazione, a beneficio di una civiltà del simulacro, dell’artificio, del virtuale, del transumanesimo. Del resto, come ha detto Ian Bremmer, “gran parte degli umani non consuma più verità, né la cerca: assorbe ciò che gli viene algoritmicamente somministrato. Il rapporto con figli, animali domestici, amici, non può essere affidato all’Ai. Ma gli esseri umani ormai vivono sempre  più come se fossero algoritmi: l’intelligenza artificiale comincerà a sostituire l’umanità di queste relazioni”. Il problema di fondo è quindi la sopravvivenza di ciò che definiamo umano in un mondo in cui tutto appare disumano, con la priorità di tornare a sentirci parte di un tutto in cui ogni essere è collegato agli altri, per vivere in armonia con la natura (come ha recentemente auspicato, con fin troppo ottimismo, l’Onu indicando nel 2050 la data entro cui raggiungere questa difficilissima aspirazione, visto il nostro stile di vita distruttivo e iperconsumistico).

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In qualche modo, le opere di Felisi ci sollecitano senza alcuna retorica ad acquisire una nuova consapevolezza di vita e di comportamenti, mettendo da parte la nostra arrogante e aggressiva superiorità di tirannici Signori del mondo e imparando a rispettare quelle creature meravigliose. E tutto può iniziare guardandole negli occhi, in scala 1:1, come avviene in questa mostra, per avviare un percorso verso la mentenaturale e verso una sorta di spiritualità ecologica volta a costruire una cosmologia unitaria e soprattutto ad annullare quell’ossessione del dominio pervasivo e totalizzante che pensiamo d’imporre al pianeta Terra”.

Roma – Museo Carlo Bilotti – www.museocarlobilotti.itVia Fiorello La Guardia, 6 e Viale dell’Aranciera 4 – 00197  Ingresso Gratuito -Orari: dal martedì al venerdì ore 10.00 – 16.00; il sabato e la domenica ore 10.00 – 19.00

Bioparco di RomaPiazzale del Giardino Zoologico, 1 – 00197 Roma – Aperto tutti i giorni – orari di apertura su:  bioparco.it  - Presentando il Biglietto del Museo Carlo Bilotti riduzione di € 4

 

 

 

 

 

Guercino. Il Mestiere del pittore – In mostra oltre 100 opere dal 23 marzo al 28 luglio 2024 a Torino, Musei Reali – Sale Chiablese

Mariagrazia Fiorentino – Donatello Urbani

Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666)  ha un posto di primo piano nelle grandi esposizioni previste per l’anno 2024, grazie anche a nuovi ed importanti studi compiuti in questi ultimi anni. All’indomani della riapertura della Pinacoteca Civica di Cento, è stata presentata al Ministero della Cultura a Roma la ricchissima esposizione che i Musei Reali di Torino hanno organizzato nelle Sale Chiablese per giungere a Roma nel prossimo autunno – Scuderie del Quirinale con temi diversi.

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Nel suo intervento Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei, afferma: ”questa esposizione torinese sarà una mostra eventi del 2024 e avrà un notevole successo perché è una mostra di grande rilievo con prestiti internazionali che fa riflettere sull’importanza della stessa.”…. Questa esposizione torinese vuole riservare una particolare attenzione al mestiere del pittore che nel Seicento si esprime in maniera oltremodo significativa sulla figura del Guercino, uno dei maggiori protagonisti della scena artistica dell’epoca.  Scrivono le curatrici: “Ripercorrendo temi e aspetti che attraversano tutta la carriera del Maestro, grazie a capolavori di primo piano, la mostra intende dare conto più in generale della professione del pittore a quel tempo: le sfide del mestiere, i sistemi di produzione, l’organizzazione della bottega, le dinamiche del mercato e delle committenze….. Le importanti opere riunite a Torino nell’occasione – inclusi due dipinti inediti di collezioni private e le tele che permettono lo straordinario ricongiungimento dopo 400 anni del ciclo Ludovisi – sono dunque particolarmente significative per questo racconto, sviluppato in 10 sezioni tematiche tra confronti, parallelismi, testimonianze.

Guercino

Il percorso espositivo inizia con la presentazione dell’autoritratto dell’artista. Qui Guercino ci appare, circa quarantenne, e con gli strumenti del mestiere per svilupparsi nelle successive sezioni dove partendo dalla fase della formazione, definite dalle curatrici: debitrice, come per tutti i pittori, dello studio di opere di grandi maestri e dell’incontro con personalità che incidono nella maturazione di un artista: per Guercino punti di riferimento furono in particolare Ludovico Carracci, ammirato a Bologna ma anche a Cento…. Quindi l’incontro con la realtà e la spiccata vocazione per il quotidiano, che nei primi anni apre alle opere di paesaggio in analogia con quanto proposto da altri artisti come Annibale Carracci, Domenichino e Agostino Tassi di cui la mostra dà testimonianza insieme a importanti disegni di Guercino della Biblioteca Reale di Torino e alle pitture murali di Casa Pannini, che il giovane pittore realizza a Cento tra il 1615 e il 1617 insieme a collaboratori”. L’ Accademia del nudo ”sarà la fase successiva: Guercino ormai famoso in patria, apre la sua Accademia nel 1616 – così come era uso per i migliori -, facendone un punto di riferimento per molti giovani artisti. Prima di affrontare il tema della bottega e delle sue dinamiche, la mostra ricorda le fasi dell’affermazione del pittore e la geografia delle committenze, che sempre nella carriera di un artista rivestono un ruolo centralIn questo contesto, fondamentale risulta la figura di Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna e dal 1621 papa Gregorio XV. Questi aveva già conosciuto Guercino grazie alla mediazione di padre Mirandola, grande promotore dell’artista di Cento, e all’apprezzamento di Ludovico Carracci folgorato, come sappiamo, dalla pittura del giovane artista e chiamato dall’arcivescovo Ludovisi a valutare il costo delle opere da lui commissionate.

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                                                                    Guercino – “Susanna ei vecchioni” – 1617 – Museo del Prado Madrid

Tra il 1617 e il 1618 Guercino realizza infatti per Alessandro Ludovisi e il nipote Ludovico, quattro grandi tele, eccezionalmente riunite dopo quattro secoli nella mostra di Torino: Lot e le figlie proveniente da San Lorenzo a El Escorial, Susanna e i vecchioni prestata dal Museo del Prado, la Resurrezione di Tabita dalle Gallerie degli Uffizi- Palazzo Pitti e Il Ritorno del figliol prodigo dei Musei Reali. Un’infilata di preziosi disegni del centese racconta dell’iter creativo e del momento fondamentale dell’invenzione tramite l’opera grafica: emblematico il “caso” della Vestizione di San Guglielmo ricordato grazie a tre degli oltre venti disegni preparatori originali. Le ultime tre sezioni della mostra sono dedicate ad alcuni dei temi e dei soggetti più aderenti alla realtà del tempo o di particolare successo e dunque maggiormente indagati dal pittore e dalla bottega.
E’ il caso delle novità scientifiche legate al rivoluzionario pensiero galileiano, che accendono l’interesse di committenti, intellettuali e artisti compreso Guercino, il quale su richiesta dei Medici dipinge il famoso Atlante che regge il globo (Museo Bardini di Firenze) e con sguardo disincantato disegna invece il Mago Brumio, testimonianza delle credenze popolari ancora diffuse. Quindi, il “gran teatro della pittura barocca” con altri capolavori, tra cui Il ritorno del figliol prodigo (1627-28) della Galleria Borghese proveniente dalla collezione romana dei Lancellotti, o Amnon e Tamar dalla Galleria Estense di Modena.

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                    Paolo Antonio Barbieri e  Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino – “L ‘Ortolana” – 1655 – Collezione Privata   

Il Seicento porta all’estremo il gusto per la rappresentazione degli affetti, la gestualità accesa, la visione ravvicinata e coinvolgente degli eventi e Guercino è un vero maestro in questo, sia nelle resa delle figure che nel dipingere l’apparato scenico ricco di particolari. La resa teatrale delle tensioni e delle psicologie, dei drammi e delle passioni si coglie anche in uno dei soggetti più amati e di successo dell’arte del tempo e della  produzione guerciniana. Guercino mette magistralmente in scena l’ultimo atto della tragedia, rendendo partecipe lo spettatore e trasportandolo nella sublime emozione dello spettacolo barocco”.

Torino –  Musei Reali – Sale Chiablese Torino – Piazzetta Reale, Dal 23 marzo al 28 luglio 2024. Dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00. Costo del biglietto d’ingresso: Intero mostra: 15 € Ridotto mostra: 13 € (gruppi con prenotazioni, insegnanti, 18 – 25 anni, convenzioni partner mostra: ARCI, NOVACOOP) Ridotto mostra: 7 € (visitatori da 12 a 17 anni) Integrato Mostra + Musei Reali Intero: 25 € Integrato Mostra + Leonardo Intero: 25 € Tour Reale intero: 30 € (Mostra + Musei Reali + Leonardo) Tour Reale ridotto: 15 € (18-25 anni) Gratuito (0-11 anni, Abbonamento Musei Piemonte, Torino Piemonte Card, Royal Pass, 1 accompagnatore per disabili; Giornalisti; Dipendenti MIC; 2 accompagnatori per gruppi scolastici; soci ICOM) Prevendita biglietto mostra online: 2 € Prenotazione turno gruppo mostra: 15 € Prenotazione turno scuola mostra: 10€ INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI T +39 0111 9560449 info.torino@coopculture.it Gruppi: tour@coopculture.it Scuole: edu@coopculture.it www.coopculture.it

 

 

 

Antonio Donghi a Palazzo Merulana con la mostra “La magia del silenzio” fino al 26 maggio 2024

Redazione

Quanto mai appropriata la presentazione del curatore di questa mostra, Fabio Benzi, che scrive: “ Trentaquattro opere, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, che nel loro insieme rappresentano l’intero percorso di uno dei più grandi esponenti del Realismo magico. Una mostra “inclusiva” che offre nuove chiavi di lettura della poetica donghiana: da un lato la ricerca delle ragioni della sua improvvisa svolta artistica negli anni 22-23 e i suoi riferimenti all’arte antica; dall’altro una riflessione sul suo modello di “narrazione gentile” della romanità e della nuova condizione di modernità borghese”.

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Politici, saltimbanchi, giocolieri, cacciatori, pescatori, fanciulle, paesaggi e nature morte popolano il mondo pittorico di Antonio Donghi protagonista di questa interessante rassegna allestita nelle sale di Palazzo Merulana a Roma, Via Merulana, 121. Il percorso espositivo offre ai visitatori un ampio sguardo di carattere generale sull’opera e la personalità di Donghi anche attraverso diversi piccoli quadri che parlano un linguaggio efficace, raccontando piccole realtà: Donghi, infatti, non mira al risultato plateale ma, il suo obiettivo è carpire la realtà e lo fa dipingendo donne che ci stupiscono per la loro precisione e per la capacità dell’artista di cogliere l’insieme.

Donghi_PalazzoMerulana-52 La moderna critica d’arte vuole i quadri di Antonio Donghi, inseriti in un “universo apparentemente quotidiano ma, in realtà, specchio di una realtà “altra” straniante, magica, quasi allucinata. Il suo realismo pittorico, infatti, si fa ovunque esasperatamente preciso, sia nella resa levigata dei particolari, che nella definizione geometricamente esatta delle coordinate spaziali. Attraverso i suoi quadri, scopriamo che la banalità non è quello che sembra, perché Donghi ha la rara capacità di alterare la percezione della realtà e, in questo, risiede la sua contemporaneità”.

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Con l’occasione è stato presentato anche un interessante progetto culturale con il nome: “Open Merulana”, che grazie alla partecipazione al bando del Ministero della Cultura per l’accessibilità nei luoghi della cultura, finanziato dal PNRR, Palazzo Merulana ha potuto usufruire di risorse finanziarie per completare un percorso di buone pratiche per la creazione di un vero e proprio “Museo Gentile”. Tra le varie azioni un posto speciale è riservato alle istallazioni artistiche di Gaia Riposati e Massimo Di Leo, Nuvola Project, che animano alcune delle opere della mostra e altre tra le più significative della Collezione Cerasi, che è permanente ed esposta al secondo e terzo piano del museo. Attraverso un’applicazione dedicata, scaricabile da qr code, le opere prenderanno vita “magicamente” in un’installazione artistica in interazione fra intelligenza naturale e intelligenza artificiale, una vera e propria drammaturgia a cui gli autori hanno lavorato con la consulenza scientifica degli storici dell’arte del museo. L’operazione integra in realtà aumentata anche l’interpretazione di una attrice segnante in LIS per la perfetta accessibilità dell’esperienza di fruizione alle persone sorde e si è avvalsa per questi a spetti della consulenza e collaborazione dell’Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi. Lo scopo è garantire un’esperienza culturale non residuale ma intensa e piena. Le opere animate saranno otto, di cui cinque finanziate dal MIC e tre finanziate da Unicredit che ha destinato parte delle risorse del progetto “Carta Etica” alla realizzazione di tre opere della Collezione Cerasi: Le Lavandaie e Gita in barca di Antonio Donghi e Primo Carnera di Giacomo Balla.

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Modalità di visita. La mostra è inclusa nel biglietto di ingresso di Palazzo Merulana, che comprende la visita alla Collezione Cerasi. E’ aperta al pubblico dal mercoledì alla domenica ore 12-20. Biglietti: Intero € 12,00, Ridotto € 10,00 (Giovani under 26, adulti over 65, insegnanti in attività, possessori di Cartax2, possessori Lazio Youth card). Ridotto Scuole € 4,00. Gratuito (bambini e ragazzi under 7, un insegnante ogni 10 studenti, un accompagnatore ogni 10 persone, disabile con accompagnatore, possessori Pass Palazzo Merulana e Pass Palazzo Merulana Young, membri ICOM, guide turistiche con patentino). Maggiori informazioni: www.palazzomerulana.it