La Fondazione FS Italiane compie 10 anni – Le celebrazioni al Museo Ferroviario di Pietrarsa

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Un viaggio in treno con un treno d’epoca riesce a dare solo gioia. OMOTENASHI, in giapponese è considerata un’arte oltre che un sentimento. Vuol dire mettere il visitatore al centro dei propri pensieri immaginando di sorprenderlo, di superare ogni sua aspettativa e di spingersi oltre i suoi bisogni e desideri.

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La Fondazione FS, nata il 6 marzo 2013 con l’obiettivo di recuperare, preservare e valorizzare il patrimonio  storico delle ferrovie italiane. Il tutto promuovendo il turismo lento, sostenibile e di prossimità, alla scoperta delle ricchezze del territorio italiano e dei suoi borghi a bordo dei treni storici e su linee ferroviarie recuperate dall’abbandono.

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E proprio su due treni storici prende il via la giornata di celebrazioni del decennale. A partire dal Binario 1 della Stazione di Roma Ostiense un elettrotreno Arlecchino, simbolo dell’Italia del boom economico, inaugurato il 23 luglio 1960 per le Olimpiadi di Roma e recuperato dalla Fondazione FS e un altro convoglio con le storiche carrozze Gran Comfort degli anni ’70.

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La destinazione di entrambi i treni, con a bordo alcuni esponenti del Governo e una rappresentanza del Gruppo FS e della Fondazione FS  è il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, allestito nei locali delle ex Officine di Pietrarsa, davanti alla Stazione Pietrarsa-San Giorgio a Cremano. Un luogo iconico per la storia delle ferrovie italiane, visto che proprio qui, il 3 ottobre 1839 nel Regno delle Due Sicilie veniva inaugurata la prima strada ferrata d’Italia: la leggendaria ferrovia Napoli-Portici.

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                                                                La prima locomotiva utilizzata nella tratta Napoli/Portici – La ,leggendaria “Bayard”

Il treno con le sue innovazioni, la velocità, il miglioramento graduale dei servizi ha contribuito alla crescita sociale e civile dell’Italia sono vittorie tecnologiche in un mondo in continua evoluzione e progressiva sperimentazione che lavora per offrire emozioni, (tra i fumi del vapore e dello champagne, la carrozza reale avanza nel paesaggio).

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Ad aprire le celebrazioni a Pietrarsa, i saluti di Luca Torchia, Chief Communication Officer del Gruppo Ferrovie dello Stato e gli interventi del Ministro del Turismo Daniela Santanchè, del Sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti Tullio Ferrante e del Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi.

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Il Presidente della Fondazione FS Prof. Andreatta Mons.Liberio

Alla presenza del Prof. Andreatta Mons. Liberio, Presidente della Fondazione FS e del Direttore della Fondazione FS Luigi Cantamessa, è stata inaugurata la mostra fotografica dal titolo “La storia diventa futuro”, un percorso espositivo, suddiviso in cinque sezioni: “L’importanza delle fonti e della memoria storica”, “Il turismo slow per riscoprire le bellezze del territorio”, “Alla scoperta del patrimonio archeologico industriale ferroviario”, “Antichi treni tornano a correre” e “Uno sguardo verso il futuro”.

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Duecento scatti originali per testimoniare la missione storica e culturale della Fondazione FS. Una bella storia lunga 10 anni d’impegno, passione, amore e cultura ferroviaria, che guarda al futuro e alle sue nuove sfide per continuare a raccontare il ruolo delle ferrovie italiane e di un’azienda che da oltre 100 anni traina lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese.

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Questa mostra prevalentemente formata da immagini vuole documentare il rapporto ininterrotto tra treno e la realtà lavorativa per accompagnare il visitatore in questo suggestivo e inedito viaggio.

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Interno della carrozza ferroviaria utilizzata per il trasporto di carcerati

Il treno e il cinema ci aiutano entrambi a sognare, ad immaginare viaggi in paesi lontani e avventure fantastiche. Nati negli stessi anni, almeno a livello sperimentale, il treno è stato protagonista del debutto del cinema come spettacolo il 28 dicembre 1895 con la proiezione cinematografica dei fratelli Lumiere che s’intitolava “L’arrivee dun train en gare” perchè il treno aiuta a sognare!

I prossimi eventi di celebrazione dei 10 anni della Fondazione FS:

– 18-19 marzo: open day al deposito officina rotabili storici di La Spezia Migliarina;

– 6-7 maggio: open day al deposito officina rotabili storici di Pistoia;

– 21-22 ottobre: open day a Milano all’officina squadra Rialzo e al deposito locomotive Smistamento.

Accompagna la mostra il catalogo edito da Grafica Nappa pag.115 con contributi e  ampia documentazione fotografica in vendita presso il book shop del museo.

Se vuoi saperne di più sulla Fondazione scarica l’app Fondazione FS Italiane. Un futuro di passione e lavoro ancora tutto da scrivere.

 

Vital Spaces, Sodexo – Foto che raccontano l’innovazione di spazi e modalità di lavoro nelle aziende italiane.

Testo e foto Donatello Urbani –Mariagrazia Fiorentino

Sodexo, multinazionale francese leader nei servizi di ristorazione, di cura e manutenzione degli spazi, quasi esclusivamente rivolti ad aziende, ha allestito nella sede romana del proprio cliente, Toyota Italia, una mostra fotografica dall’emblematico titolo: “Lavorare per cambiare”.

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Titolo oltremodo propiziatorio alla presentazione di nuovi posizionamenti in linea con la trasformazione in atto nel mondo del lavoro e gestione del personale, come avvenuto in occasione dell’inaugurazione, con l’organizzare un convegno al quale hanno partecipato molti dei 1300 clienti italiani.

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Le opere esposte hanno espresso in immagini un’Italia nuova e in rinnovamento in linea con quanto il Direttore Segmento Aziende Sodexo Italia, Enrico Bartoli, ha confermato in parole:” “Il concetto di lavoro è mutato progressivamente nel tempo. Si è passati dal vivere per lavorare al lavorare per vivere, ben rappresentato dagli anni ‘80 e ’90. Oggi la nuova frontiera è il lavorare per cambiare: andare a lavorare per cambiare noi stessi e cambiare il mondo in meglio. Per questo anche a Roma, come a Milano e in altri territori dello stivale, abbiamo riscontrato importanti evoluzioni e concrete innovazioni nelle modalità di lavoro e nell’organizzazione degli spazi di lavoro. Abbiamo inoltre notato che l’attenzione e la cura nei confronti dei collaboratori, inteso come equilibrio personale ed efficienza lavorativa, è un aspetto già molto presente nelle aziende della Capitale e del Lazio. È in questo nuovo scenario che Sodexo ha deciso di annunciare Vital Spaces, la nuova proposta di valore per le aziende che vogliono intraprendere questo percorso di sperimentazione e innovazione - prosegue -. Sodexo è un’azienda di servizi a valore aggiunto: il servizio di ristorazione, storicamente il nostro core business, oggi incide per il 70% del fatturato mentre gli altri servizi Soft & Hard FM, che portano un valore all’esperienza del dipendente in azienda tramite la gestione e la cura degli spazi, pesano per il 30%. La nostra previsione è quella di una crescita nei servizi FM (Facilities Management) che porteranno nel prossimo triennio ad una suddivisione del fatturato rispettivamente al 60% per il servizio di ristorazione e al 40% per gli altri servizi.”

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Nuove tecnologie hanno aperto scenari che nei vicini anni preCovid-19 consideravamo del tutto impensabili. Si può essere nella propria postazione in ufficio ed aggiornare le competenze e mansioni in un percorso storico/archeologico, per un dipendente amante dell’archeologia e della storia, oppure fra le galassie interplanetarie per gli amanti della fantascienza. Sarà sufficiente entrare in uno specifico “Dome” per realizzare un’esperienza nel metaverso e un percorso in realtà virtuale in multiplayer grazie a dei visori innovativi. In questa direzione l’intervento di Alexis Lerouge, Direttore Marketing Aziende di Sodexo Italia: “Ora si vedono sempre più spesso i nuovi “phone booth” per isolarsi e lavorare nelle aree comuni oppure divani con scrivanie e pannelli insonorizzanti per riunioni e video meeting con poche persone, spazi fruiti sia fisicamente che virtualmente. Ma anche parcheggi dedicati al car sharing o alla ricarica elettrica. Lavorare per cambiare mostra insomma come – da una parte – una migliore vivibilità dell’impresa può fare la differenza sulla qualità della vita e sull’esperienza di benessere del posto di lavoro e dall’altra mette in evidenzia il bisogno che le aziende hanno di trasformare gli spazi perché si prestino alla sperimentazione e alla creatività per innovare e restare rilevanti in futuro”.

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Di grande interesse gli interventi proposti ai presenti dai vari specialisti e ricercatori interpellati da Sodexo Italia: Carmelo di Bartolo, Docente di Creatività e Progettazione Iulm e di Ergonomia Cognitiva Unisob, Gianandrea Ciaramella Architetto e professore associato del Politecnico e l’esperto di smartworking di Workitect Luca Brusamolino, che hanno. animato il convegno.

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“Il ruolo dei servizi si sta trasformando perché sta cambiando il modo in cui si utilizzano gli spazi. Gli spazi degli uffici sono sempre più spesso oggetto di una trasformazione che comporta una loro riduzione o rimodulazione per un impatto più sostenibile dell’impresa nell’ambiente. Sono spazi sempre più flessibili e polifunzionali perché le medesime aree devono essere destinate ad accogliere diversi tipi di attività durante la giornata o diverse tipologie di lavoro: di gruppo o individuale. Sono spazi che devono permettere l’incontro delle persone, indispensabile per favorire la creatività e il senso di appartenenza all’azienda. Il lavoro da remoto, infatti non è parimenti efficace quando è necessario stimolare la creatività e l’attaccamento all’azienda. Quello che le aziende stanno sperimentando sono soluzioni e servizi per far vivere bene le persone in spazi gradevoli e facili da usare. Soluzioni che permettano di avere a disposizione aree di dimensioni e con caratteristiche adatte agli obiettivi dell’attività dei lavoratori: una postazione individuale insonorizzata o un ambiente ampio dove riunirsi o ancora una sala dove lavorare senza distrazioni. Ancora, aree per dare prestigio all’azienda e messe a disposizione dei collaboratori così da valorizzarli e farli sentire strategici”.

Nella Vita e nel Hanji – Le arti visive tradizionali coreane rivisitate con la carta Hanji nelle opere del maestro Lee Seung Chul esposte a Roma presso l’Istituto Culturale Coreano

Donatello Urbani

Il momento di grande gloria tra la carta coreana Hanji e la pittura fu vissuto nel 1994 in occasione della fine dei lavori di restauro, pulitura e conservazione dell’intero ciclo pittorico della Cappella Sistina. Si parlò allora di une vero matrimonio e di una fortunata unione, dove solo le peculiari caratteristiche della carta Hanji, senza provocare alcuna alterazione, consentirono, una volta applicata sui preziosi quanto delicati affreschi, la loro ripulitura e ricostituzione degli originali pigmenti già vecchi di quasi 500 anni.

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La carta tradizionale Hanji, antica manifattura coreana denominata anche “carta dei mille anni” per la sua durata e resistenza nel tempo, è prodotta dalla sola corteccia della pianta del gelso attraverso un procedimento esclusivo e del tutto artigianale. “La capacità orientale di tradurre la corteccia del gelso in fogli di carta richiede una manualità sviluppata nel corso di molti secoli. Le strumentazioni, i gesti, la sapienza sono aspetti antropologici plasmati dalla conoscenza dei maestri cartai grazie alla loro perseveranza e volontà”, come riportato nel prezioso catalogo che accompagna le opere del maestro Lee Seung Chul, realizzate tutte in carta Hanji e presenti in questa mostra allestita, fino al 21 aprile 2023, nelle sale dell’Istituto Culturale Coreano In Italia.

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E’ lo stesso artista a presentarci in occasione dell’inaugurazione della mostra le varie opere affermando che: “Per un artista un’opera d’arte è traccia e risultato della propria vita. Il modo in cui ogni artista da voce alla propria esistenza varia a seconda della tipologia di lavoro e di immagine selezionata……Punto fondamentale delle opere presentate in questa mostra è il legame tra la tradizione e l’essenza della carta Hanji…” In questa ottica sono state selezionate le opere presenti lungo il percorso espositivo sia che esse facciano precisi riferimenti alla vita quotidiana con le casse tradizionali “bandaji”, nella realtà realizzate in legno di pino, le giare, queste realizzate in terracotta, oppure le varie religioni presenti nella popolazione siano esse di natura buddista che cristiana. “In altre parole”, scrive sempre l’artista,“ questi manufatti artigianali sono espressione dell’esistenza stessa di un individuo”.

Roma – Istituto Culturale Coreano – Via Nomentana,12 – Fino al 21 aprile 2023 con ingresso gratuito

“Tempi d’acciaio. Dal potenziale al crossover” – Mostra personale di Fabrizio Spadini a Palazzo Merulana – Roma – fino al 5 marzo 2023

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

L’incontro tra l’arte e le persone genera il bene più prezioso: le emozioni. Le generazioni dagli anni 70/80 del secolo scorso, fino alle attuali generazioni Z, hanno vissuto la loro adolescenza prima e gioventù, dopo, con il mito dei robot dal cuore d’acciaio, sentinelle della pace, difensori del bene e combattenti del male messi in onda da varie reti televisive e continuate negli anni successivi in fortunate rassegne quali Lucca Comics e Romics. Chi non ricorda Mazinga oppure Jegg Robot d’Acciaio e le tartarughe Ningia? La loro fama grazie anche alle pubblicazioni “manga” si perpetua nell’infinito con un’impronta indelebile da sembrare quasi senza tempo.

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                                                                                 Fabrizio Spadini – “Palcoscenico” – 2019 – Olio su tela – cm.40X30

Anche Fabrizio Spadini, classe 1975, segue la regola generale e dopo una carriera come illustratore freelance per agenzie di pubblicità e case editrici, collaboratore come concept artist con aziende che operano nel settore dell’animazione e dei videogames, nel 2009 si trasferisce in Toscana con la famiglia dedicandosi alla pittura, i cui canoni aveva appreso nelle aule di istituti e accademie d’arte.

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                                                                               Fabrizio Spadini – “Di padre in figlio” – 2020 – Olio su tela – cm,.50X6

“Nel 2016 c’è stata la svolta con una performance al Lucca Comics — racconta l’artista – —. Ho lasciato via via la grafica digitale e a prendere cavalletto e colori, mettendo i robot in rivisitazioni di chiaro stampo ottocentesco. Non una mostra per nostalgici, ma una evocazione, un sogno di continui rimandi. Goldrake, Dart Fener, Jeeg Robot d’Acciaio, Mazinga rappresentano l’evoluzione che si umanizza”.

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                                                                      Fabrizio Spadini – “La strada di Tetzuya” – 2017 – Olio su tavole – cm.51X37

Significativa in proposito la presentazione rilasciata dalla curatrice Valeria Rufini Ferranti che parla delle icone pop nelle opere di Spadini come “[…] mute sentinelle poste a guardia di un ordine cosmico che è sempre sul punto di disfarsi. Ed è proprio sulla cresta sottile di questo imminente disfacimento che si regge l’armonia di ciascun’opera […]” ed ancora “[…] questa consapevole alterazione si nutre della tensione tra reale e immaginario […] attraversando serie di universi distopici con la medesima straniante naturalezza con cui le icone della cultura mediatica pop sono accostate ai pilastri della Storia dell’Arte: Spadini parte infatti dai Macchiaioli Toscani fino alle Avanguardie del ‘900 con Giacomo Balla, Mario Sironi e Giorgio De Chirico fra tutti, con una connessione emozionante e profonda con i grandi Maestri che costituiscono la collezione Cerasi in mostra permanente museale a Palazzo Merulana”.

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                                                                     Fabrizio Spadini – “Classe iA” – 2023 -. Tecnica mista su tela – cm.80X120

Una rassegna questa che spazia dall’arte post-bellica al contemporaneo attraverso un percorso artistico che collega fra loro tutte le varie opere esposte in un fantastico quanto immaginario fil rouge: i tempi d’acciaio.

Roma – Palazzo Merulana – Via Merulana, 121 – fino al 5 marzo 2023 dal mercoledi alla domenica dalle ore 12 alle 20- Maggiori informazioni e costi biglietto d’ingresso consultare il sito www.palazzomerulana.roma.it

Grande Anima – La balena che accoglie i viaggiatori all’aeroporto di Roma-Fiumicino

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Quante cose si possono scoprire in questa città? Tutto converge nell’accogliere, come una grande madre, tutti i cittadini provenienti da ogni parte del mondo e sa quindi abbracciare, fra le tante attività, anche l’arte contemporanea.

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Il file rouge che ha accompagnato il viaggiatore attraverso le bellezze e la cultura cittadine, gli offre un saluto, un augurio per un arrivederci a presto, con una installazione ospitata al Terminal 1 – partenze – aeroporto di Fiumicino, dal titolo “Grande Anima”, firmata da Marcantonio, giovane artista nato nel 1976, che inizia con una carriera di scenografo/scultore per poi passare all’arte e al design industriale. L’aeroporto è un luogo vissuto dalle persone che lo frequentano e questa opera imponente vuole essere anche un invito per mettere al centro la bellezza e far conoscere al grande pubblico l’arte contemporanea proposta da giovani artisti perché l’arte deve creare emozioni.

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“Sono entusiasta di presentare il mio lavoro per la prima volta in assoluto in un contesto così unico come un aeroporto. Grande Anima ci invita a riflettere sulla condizione dei nostri oceani e ancora più intensamente sulla vita e sulla morte, sul potenziale della cura, dell’attenzione e sulle conseguenze dell’individualismo che alimenta il nostro stile di vita. Ma questa visione ha una componente solida onirica e fiabesca. Voglio creare bellezza, non denuncia, sogno e retorica. In questo gioco indefinito e agrodolce tra rappresentazione drammatica e visione magica, la balena vive e vola illuminata da luci che appartengono al nostro mondo, alla nostra società: noi siamo le luci. Nasce così un gioco infinito di cause ed effetti, di colpe e meriti, in cui siamo noi gli artefici del destino della natura, e quindi di noi stessi”, ha spiegato l’autore di Grande Anima, Marcantonio.

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Significativo anche l’intervento dell’A.D.  di Aeroporti di Roma, Marco Troncone: “Con l’installazione di ‘Grande Anima’, Aeroporti di Roma conferma ancora una volta il suo impegno nel sensibilizzare l’opinione pubblica su temi ambientali come il risparmio idrico e il recupero della plastica, prima causa dell’inquinamento dei mari, questa volta attraverso la cultura”. Anche l’intervento dell’On.le Ministro dei Beni Culturali, Gennaro Sangiuliano, si è incentrato sul ruolo che gioca l’Italia sulla cultura nello scacchiere internazionale anche nell’arte contemporanea affermando che: “Le luci che illuminano l’imponente installazione ne costituiscono l’anima ancora accesa, rappresentando allo stesso tempo la nostra società: se l’animale vive, dipende anche da noi. È un invito a riflettere su come la natura sia nelle nostre mani e dipenda dalle nostre cure, ricordandoci quanto la bellezza del mondo sia fragile e strettamente legata al comportamento umano”.

Attraverso lo speciale QR code, in collaborazione con Chora Media, i viaggiatori potranno ascoltare, via podcast, il racconto ‘Grande Anima – La balena di Fiumicino’, sulla storia della balena grigia arrivata nel 2021 al largo di Fiumicino dopo varie tappe, tra cui il Golfo di Napoli e Anzio . La balena è come una “pelle” che si espande dal luogo di origine, si dilata, si fa forma, esce dal supporto e ritorna bidimensionale nell’alternanza fra realtà e fantasia.

Peccato che l’opera rimanga per un breve periodo, fino al 21 febbraio p.v. poi prenderà il volo per un’altra location.

Per conoscere di più questo giovane artista e la sua opera, consultare @marcantonio – #grandeanima

 

La Roma della Repubblica. Il racconto dell’archeologia – In mostra ai Capitolini – Palazzo Caffarelli -il racconto della Roma repubblicana, dagli inizi del V alla metà del I secolo.

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Guardare la Roma repubblicana in modo nuovo perché solo ritrovando il fascino del passato potremmo aprire gli occhi ed emozionarci e forse, davanti alla storia, capire il presente. Come vivevano i romani nella loro quotidianità nei cinque secoli che hanno preceduto la nascita dell’impero? Un viaggio indietro nel tempo che mostra una città quasi priva di marmo, ma costruita prevalentemente in terracotta, dalle abitazione in laterizio alle stoviglie e gli arredi interni alle case come testimoniano i molti reperti, circa milleottocento e per la maggior parte esposti per la prima volta, presenti in questa rassegna si racconta la vita sociale delle persone anonime che non hanno un nome ne un committente.

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Il percorso espositivo, articolato in 3 sezioni principali, presenta una ricca selezione di manufatti in bronzo, pietra locale, in rari casi marmo, soprattutto terracotta e ceramica. Elemento di notevole impatto è il colore, restituito come proposta fondata sull’analisi delle terrecotte che un’attenta opera di ricomposizione consente di attribuire ad articolati moduli decorativi. Al materiale pertinente alle collezioni dell’Antiquarium si aggiunge una scelta, rilevante per qualità, di opere conservate alla Centrale Montemartini, tra le quali spiccano l’urna in marmo dall’Esquilino, la piccola scultura di capro in bronzo da via Magenta e i resti di affresco dalla cd. Tomba Arieti. Dal settore museale del Campidoglio proviene infine una selezione di ritratti di età tardo-repubblicana, in parte esposti nelle sale dei Musei Capitolini.

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La prima sezione, quantitativamente più consistente dell’intero percorso, illustra i resti archeologici che testimoniano le fasi costruttive, le caratteristiche artigianali e il livello artistico degli edifici templari sul Campidoglio e nel Campo Marzio. Grazie a una lunga attività di studio, restituzione grafica, restauro integrativo dei frammenti originali con tecnologie di rilievo 3D, di scultura digitale e stampa 3D, è stato possibile proporre la Triade Capitolina, Giove, Giunone e Minerva, da ricollocare idealmente entro uno spazio frontonale. Si tratta di un altissimo esempio di coroplastica databile all’inizio del I secolo a.C. L’altro aspetto di questa sezione interessa i resti delle domus patrizie del Campidoglio che sono testimoniati da frammenti di pavimenti musivi decorati con schemi geometrici (fasce rettangolari, croci, rombi), realizzati con tessere bianche e nere o con pietre policrome. In ambito romano l’uso del tappeto musivo è molto presente anche nelle case comuni. L’artista il “tessellator” effettuava innanzitutto un disegno preliminare direttamente sull’intonaco ancora fresco; poi iniziava ad inserire le tessere nella pasta ancora morbida, alla fine il tutto veniva accuratamente livellato e si attendeva che asciugasse.

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Gli aspetti della produzione artigianale – sezione seconda – sono un punto di vista privilegiato per seguire lo sviluppo dei sistemi produttivi. La ceramica offre una chiave di lettura importante dal momento che questo materiale ha lasciato tracce più durevoli rispetto ad altre attività, quali la lavorazione della pietra, dei metalli e del legno che pur avevano un posto fondamentale nella vita della città. L’esposizione racconta le tappe di sviluppo dell’artigianato di qualità che, da forme e tecniche legate alle tradizioni dell’età arcaica si sviluppa nel corso dei secoli IV e III con nuove produzioni, le stoviglie interamente verniciate, sia in rosso sia in nero e il vasellame decorato a figure rosse. La tecnica dello stampo assume un ruolo molto importante nelle produzioni di particolari oggetti, come i votivi anatomici ed è ben individuabile nelle produzioni dei piccoli altari (arule) che hanno particolare fortuna nell’età medio-repubblicana e nelle matrici di terracotta presentate in mostra.

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La terza sezione illustra come attraverso numerosi oggetti e i simboli determinate categorie sociali volevano comunicare l’alto status raggiunto o rimarcarne l’antica appartenenza. L’autocelebrazione dell’aristocrazia e delle famiglie emergenti trova un importante luogo di espressione, durante l’età repubblicana, nei monumenti funerari posti lungo le vie di accesso alla città, da leggere nel più vasto programma di controllo delle istituzioni e della vita politica cittadina. Una rassegna, questa, che s’inserisce, come ricordato nel corso della conferenza stampa di presentazione, in un più vasto programma di lettura dell’intera città di Roma.

Roma – Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli – P.za del Campidoglio, n.1. Fino al 24 settembre 2023 tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 19,30. Informazioni su costi biglietto d’ingresso e facilitazioni varie: tel. 060608 sito web www.zetema.itwww.museicapitolini.orgwww.museiincomune,it

“Pietro Cascella Inedito – Le opere degli esordi a Roma (1938/1961)” – Roma Casino dei Principi di Villa Torlonia fino al 19 marzo 2023 -

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

La mostra racconta un capitolo poco noto della storia dell’artista abruzzese attraverso più di cento opere, molte delle quali inedite.

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                                                                       Pietro Cascella: “Il cinghiale” – 1941 – Tempera su tela

“Io non ammiro il quadro, ma ammiro l’uomo …..” Paul Gauguin – 1903; niente di più calzante per le opere di Pietro Cascella (Pescara 1921/Pietrasanta 2008).

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                                                        Pietro Cascella: “Studio di volti” – 1938/39 – Pastello e tempera su carta

Questa mostra, allestita in occasione dei cento anni dalla nascita dell’artista, può essere letta come veicolo per creare un rapporto tra l’arte contemporanea e il cittadino, molte volte distratto dal mondo del bello che lo circonda. Scrive Cascella: “Ero badato ed educato dai colori dei cieli, dalle stagioni, dalle masse poderose dei buoi, dal volgere delle stagioni, ma anche dai piccoli uccellini rapidi che appena li guardi scompaiono dalla grandiosità del mare…….Stavo sempre attorno a mio padre, lo aiutavo a preparare i colori, a tendere  le tele. Lui dipingeva e noi, Andrea ed io, si rimaneva ore e ore a guardarlo…..Sono diventato pittore, quasi senza accorgermene, sotto il suo sguardo.”

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                                                                          Pietro Cascella: “Crocifissione” – 1942 – Olio su tela

Come da comunicato:

Pietro Cascella è stato un grande scultore italiano del Novecento, ma prima di giungere a quella che lui stesso chiamava la “vera scultura”, quella in pietra, che lo ha reso riconoscibile agli occhi del mondo, egli ha percorso la strada che muove dal disegno alla pittura, con immediati riconoscimenti pubblici, tra cui la partecipazione alla IV Quadriennale romana nel 1943, e alla Biennale di Venezia nel 1948. Circa un decennio, il primo dell’attività del giovane abruzzese, in cui egli si presenta essenzialmente come pittore. Una pittura certamente non di segno costante, identificativo di un carattere in formazione, ma che bene ha saputo cogliere gli umori del momento e recepire le rapide evoluzioni linguistiche che andavano susseguendosi lungo il corso degli anni Quaranta. Un percorso che in mostra è visibile attraverso i primi disegni di soggetto rurale che rimarcano il legame dell’artista con la propria terra, fino alle tele in cui sperimenta i diversi linguaggi da quello espressionista della Crocifissione del 1942 a quello più propriamente post cubista visibile in Donna d’Abruzzo del 1948.

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                                                                              Pietro Cascella: “Senza titolo” – 1961 – alluminio

Un capitolo al quale seguirà, dal 1949, la stagione della lavorazione della ceramica e il primo approccio alla scultura modellata, assieme al fratello Andrea, la moglie Anna Maria Cesarini Sforza e Fabio Rieti, nell’evocativa fornace di Valle dell’Inferno a Roma…”.

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                                                                  Pietro Cascella: “Ragazza di Rapino” – 1951 – Ceramica policroma

Come scrivono i curatori nel catalogo: “Valle dell’Inferno, borgata di fornaciari alle porte di Roma. Una famiglia di pittori ha scelto la creta. Emigrati da Via Margutta Pietro Cascella e Compagni si sono messi a modellare personaggi d’argilla in mezzo ai fornaciari.

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I mattonari vi si aggiravano accaldati, seminudi, veramente simili alle anime dannate di una bolgia dantesca, da cui era derivato il nome evidentemente fantasioso…..Agli operai non piaceva il realismo gli piacevano di più queste cose colorate, allegre. E d’altra parte erano più giuste. E l’allegria veniva anche dalla fine della guerra, dalla coscienza di essere scampati alla morte.”

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                                                                   Pietro Cascella: “Campo chiuso” – 1959/60 – Sabbia e tempera su tela

La produzione del decennio successivo, si caratterizza con una serie di opere definite “sabbie” realizzate in una innovativa tecnica in cui respira il clima dell’Informale materico di quegli anni spatolando su grandi tele talvolta assemblate insieme, polveri di mattone o di marmo in cui affiorano motivi antropomorfici sintetizzando le strutture anatomiche di un corpo.

Pietro Cascella scriveva nel 1992 di Picasso: E’ stato il più grande di tutti in assoluto, ci siamo incontrati per strada a Roma tanti anni fa. Svoltavo e ho visto Picasso…..

La mostra è un viaggio nell’arte e nella bellezza

Lo splendido catalogo che accompagna questa rassegna con contenuti culturali, scientifici e fotografici di alto valore è edito da Edizioni Cervo Volante pag. 184 costo €.30,00.

Per saperne di più Info 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00) www.museivillatorlonia.it -www.museiincomuneroma.it  – www.pietrocascella.it

 

 

 

Pier Paolo Pasolini: “TUTTO E’ SANTO” – Il Corpo poetico – In mostra a Roma Palazzo delle Esposizioni fino al 26 febbraio 2023

 

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Pier Paolo Pasolini, un grande intellettuale del ‘900, un uomo dal pensiero libero che sapeva unire la curiosità alla passione, sempre con estrema gentilezza.

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La mostra allestita nel Palazzo delle Esposizioni “parte dall’idea che mai un poeta, uno scrittore, un regista, un intellettuale è stato così corpo incarnazione della parola. In questa mostra Pasolini è visto in una dimensione radicale di autore, sempre vissuta con la totalità di un corpo che attraversa il mondo e sperimenta la dimensione della fisicità come pienezza, splendore e tragedia, in un amore estremo per la vita e per la realtà e in una opposizione irriducibile e profetica alla sottomissione dei corpi e dei volti prima ancora e delle menti, alle convenzioni e alle normalizzazioni omologanti, volte ad annullare le caratteristiche dei singoli e le diverse, sorprendenti, incontrollate forme dell’eros.” (Catalogo curato da Giuseppe Garrera, Cesare Pietroiusti e Clara Tosi Pamphili – pag. 256 costo €.28,00). L’inconsueto titolo della rassegna s’ispira alla frase pronunciata dal saggio Chirone nel film “Medea” (1969) che evoca  la misteriosa sacralità del mondo del sottoproletariato, arcaico e religioso, in netto conflitto con gli eroi di un mondo razionale, laico e borghesi. 

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                                          Costume di Chirone (Medea 1969) realizzato da Piero Tosi – Archivio Tirelli Trappetti – Roma

Così come l’oggetto – libro si fa incarnazione della parola, l’abito, il costume per l’attore è lo strumento potente di narrazione fra storia e corpo, fra la parola e la costruzione della sua rappresentazione ….. I costumi dei film di Pasolini realizzati da Danilo Donati sono in mostra come si trovano nei magazzini che li conservano, come testi da consultare e non da indossare, come opere dell’archivio di un museo dedicato al suo cinema. Solo due sono su manichino di Piero Tosi per Medea e per Chirone che, al contrario degli altri, sono opere scultoree che non consentono un contatto, impongono una distanza come dal sacro o dal mito.

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                           Costume Medea per Maria Callas (Medea 1969) realizzato da Piero Tosi – Archivio Tirelli Trappetti – Roma

Pasolini a Roma non scopre Roma ma scopre la gente di Roma, e scopre uno spazio nomade contrapposto in quello ingabbiato nella griglia del controllo sociale e politico. Le periferie sono il luogo barbarico che precede la “civiltà” borghese; luogo vibrante, odoroso, sonoro, vitale, mistico, popolare; segnato dalla gioia della festa. Il modello urbanistico di Pasolini è popolare il suo centro è la strada, i suoni, le urla e la puzza, tutto ciò che la borghesia odia: essa non tollera più ne la pressione della folla ne il contatto con il popolo: tutta gente da igienizzare con i detersivi e da “ripulire” attraverso l’emancipazione economica……

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Per saperne di più su orari, costi e prenotazioni consultare il sito www.palazzoesposizioni.it

 

Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing Life – In mostra a Palazzo Altemps testimonianze artistiche che animarono i principi vittoriani nell’Inghilterra dei primi decenni del ventesimo secolo.

Namibia – Arte di una giovane generazione in mostra all’Art Forum Würth di Capena fino al 14 ottobre 2023

Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Territorio e deserto Namib, protagonisti di questa rassegna allestita nello spazio espositivo del Centro Logistico Würth di Capena, a breve distanza dalla stazione di Fiano (Roma Nord) della A1. Oltre ad aver ispirato la denominazione della nazione “Namibia” entrambi sono importanti punti di riferimento della vita nazionale. Non sorprende quindi che un buon numero delle 85 opere d’arte presenti nel percorso espositivo s’ispiri proprio  sia alle peculiari caratteristiche del deserto  e dal colore rosso che assume la sabbia nelle prime ore del mattino, che alle varietà faunistiche e floreali, inclusa una pianta fossile vivente: “Welwitscha mirabilis”, scoperta nel 1859 dal medico/botanico austriaco Friedrich Welwitsch.

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Gli autori delle opere selezionate per l’esposizione – 33 in totale – vivono e lavorano in Namibia, e come recita il titolo, ”Arte di una giovane generazione” sono tutti, come scrivono i curatori: “nati poco prima dell’indipendenza e condividono una affiliazione storica, sociale e politica”. Taluni già attivi prima del 1990, anno dell’indipendenza, hanno vissuto e operato sotto l’occupazione sudafricana e subito l’apartheid. Grazie alla libertà conseguita, dopo un’aspra e dura lotta di liberazione, sono oggi liberi di esprimersi senza limitazioni in tutti i linguaggi artistici, taluni del tutto originali, esplorare i profondi cambiamenti in atto ed esprimersi in nuove tematiche e modalità espressive e tecniche: disegno, pittura, fotografia – ma anche forme espressive più tradizionali come il “quilting”, l’arte della trapunta,- il riciclo, l’incisione su linoleum e su cartone, oltre  a sculture in pietra, ferro, legno e cera.

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                                                             Ismael Shivute: “Fino alla prossima generazione” – 2015 – Tecnica mista su legno.

Sempre i curatori scrivono in proposito: “….la nuova generazione riunisce quindi tutti gli artisti contemporanei, giovani e meno giovani, che assieme contribuiscono ad instaurare un nuovo status quo, ricorrendo alle tematiche dell’identità culturale e personale, ma anche della coscienza sociale. A metà strada tra la tradizione e l’esplorazione contemporanea, in mostra dialogano modalità espressive di artisti di età diverse che si confrontano su grandi temi come il paesaggio namibiano (Barbara Böhlke, Paul Kiddo, Nicky Marais), la spiritualità (Lukas Amakali, Papa Ndasuunje Shikongeni), la vita rurale (Salinde Willem, Frans Nambinga) e le questioni di attualità politica e sociale (Fillipus Sheehama, Alpheus Mvula).

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                    Gruppo di sculture realizzate da autori vari con l’utilizzo di materiali locali: dalla arenaria rossa, alla pietra e al marmo:

Sebbene numerosi artisti si soffermino sul passato (Margaret Courtney-Clarke, Peter Mwahalukange, Elia Shiwoohamba) e si prefiggano di mostrare le ultime vestigia di un’identità minacciata, l’indipendenza del Paese ha anche visto l’emergere di nuove problematiche come il consumo eccessivo (Fillipus Sheehama, Ismael Shivute), la disuguaglianza sociale (Petrus Amuthenu, Ilovu Homateni) e il problema della comunicazione (Urte R. Remmert). Combattuti tra il ricordo del loro patrimonio culturale e la realtà sociale, politica ed economica odierna, gli artisti namibiani contemporanei restituiscono una visione eterogenea del loro paese”.

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                                                                          Saara Nekomba: “Prova a metterti nei miei guanti” – Tecnica mista

Una rassegna quanto mai interessante che presenta una varietà di tecniche che attraversano le generazioni e riflettono la ricca e prolifica scena artistica della Namibia di oggi.

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Urte R. Remmert: “Parla con me per trovare una nuova lingua namibiana” – 2015 – Collage su carta. (in Namibia sono presenti 33 gruppi etnici che parlano 16 diversi idiomi):

La mostra è accompagnata dal catalogo edito da Swiridoff, pagine 239 costo €.35,00 in mostra, con la prefazione di C. Sylvia Weber, direttrice della Collezione Würth, un saggio di Hercules Viljoen, ex direttore della Galleria Nazionale d’Arte della Namibia e di Ulrich Sacker, ex-direttore del Goethe Institut a Windhoek, Namibia.

Art Forum Würth Capena – Viale della Buona Fortuna, n.2 – Ingresso gratuito solo su prenotazione per e-mail: art.forum@wuerth.it – oppure telefono: 06/90103800. Orario di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì: 10.00 – 17.00. Da tenere presente l’apertura straordinaria ogni primo venerdì del mese (festivi esclusi) dalle ore 10.00 alle ore 20.00 e sabato e domenica aperto per eventi e laboratori creativi. Festivi chiuso