Testo Mariagrazia Fiorentino – Foto Donatello Urbani

Un progetto dell’artista per il Museo Carlo Bilotti dedicato al mondo animale: un bestiario raffigurato su grandi tavole di legno posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia. La mostra intende, inoltre, aprire ad una crescente coscienza antispecista e figurare relazioni basate sul riconoscimento della diversità tra l’essere umano e l’altro. Lo splendido catalogo che accompagna la mostra con la prefazione di Gabriele Simongini è un vero volume d’arte sia d’informazione visiva che accademica.

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Nota critica del curatore della mostra, Gabriele Simongini estratta dal catalogo pubblicato da Gangemi Editore: “

Campi (F)Elisi della pittura/natura

Partiamo dall’illuminante saggezza di Carl Gustav Jung: “Quanto più invecchio e quanto più osservo gli animali, tanto maggiore è il rispetto che nutro per loro. Il modo in cui l’animale vive il mondo dev’essere di una ineguagliabile pienezza e singolarità”. E ancora: “Gli dei sono simboleggiati da animali; perfino lo Spirito Santo è un uccello, tutti gli dei dell’antichità come quelli dei popoli primitivi sono contemporaneamente animali”. Solo tenendo presenti parole come rispetto, pienezza e singolarità, possiamo avvicinarci nel modo giusto al ciclo di opere di Manuel Felisi che hanno come protagonisti gli animali, resi in scala reale, 1:1, per proporre un impatto forte e concreto con la nostra stessa presenza mentre contempliamo i quadri, perlopiù di grandi dimensioni. E poi il nostro artista pensa anche ai bambini, molti dei quali, nati e cresciuti in unaciviltà ipermediatica in cui la conoscenza del mondo si esplica perlopiù attraverso il filtro asettico degli schermi (smartphone, tablet, televisori, ecc.), non hanno mai visto tanti di questi animali nelle loro dimensioni reali, quelle in cui li ha rappresentati appunto il nostro artista, dai più mastodontici agli insetti più piccoli, fra micro e macro. Inoltre, con un occhio alla percezione superstimolata e sovraeccitata del nostro tempo, la staticità iconica delle tavole dialogherà in mostra con animazioni digitali che avranno come protagonisti sempre gli animali. E certamente una mostra come questa, anche per l’attenzione ai bambini, non avrebbe potuto trovare sede più adatta del Museo Bilotti, nel cuore di Villa Borghese e vicino al Bioparco, con cui sono previste iniziative in comune, sotto il segno dell’importante ed emblematica collaborazione, che non ha precedenti dal punto di vista artistico, instaurata per l’occasione dalla Galleria Russo con il National Geographic.

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In fin dei conti anche noi esseri umani siamo animali ma Felisi, da sempre sensibile osservatore della natura (si pensi alle sue opere vertiginosamente incentrate sugli alberi), dedica la sua attenzione agli altri animali, quelli che guardiamo dall’alto in basso, con indifferenza e noncuranza, quelli che mangiamo o che uccidiamo, quelli su cui sperimentiamo torturandoli, quelli di cui mettiamo in costante pericolo l’esistenza distruggendo il loro habitat naturale. Ma siamo così sicuri di essere superiori? Non c’era proprio alcuna ragione perché gli dei antichi fossero contemporaneamente animali, come ha scritto Jung? E non ha forse colto nel segno un grandepittore come Ennio Calabria quando mi ha detto, recentemente, che “gli animali sono il volto di Dio”? Non dovremmo finalmente smetterla di giudicarli poco sensibili o poco intelligenti solo perché le loro qualità straordinarie, e spesso a noi ignote, ci sfuggono completamente e non sono valutabili secondo i nostri criteri antropocentrici? A questo proposito sentiamo ancora Jung: “Come tutti gli animali e le piante, la scimmia possiede istintivamente la saggezza della natura, ma la saggezza è rappresentata da una creatura che non è cosciente di sé, e quindi non può propriamente dirsi saggezza. Per esempio, la lucciola rappresenta il segreto di produrre luce senza calore; l’uomo non è in grado di produrre il 98 per cento di luce senza dispendio di calore, mentre la lucciola sì, conosce il segreto. Se si potesse trasformare la lucciola in una creatura consapevole del fatto di possedere un segreto simile, ecco che avremmo un uomo di intelligenza e sapienza molto superiori alle nostre; sarebbe probabilmente un grande scienziato o un grande inventore, capace di trasformare tutta la nostra tecnologia”. Lo scrittore, sociologo e antropologo Roger Callois esaltava un antropomorfismo alla rovescia, nel quale l’uomo, lungi dall’attribuire, e a volte con condiscendenza, le sue proprie emozioni agli altri esseri viventi, partecipa con umiltà a tutto quello che è incluso o era incluso nei tre regni. Così Manuel Felisi, novello Noè, porta nella grande Arca della pittura l’immagine/memoria di animali la cui esistenza è spesso minacciata dalla nostra folle e pervasiva aggressione ambientale. E i titoli delle opere con quei numeri misteriosi indicano quanti esemplari di ciascun animale rimangono attualmente sulla Terra, prima che gli esseri umani li facciano diminuire progressivamente. Tanto che quelle cifre sono quanto mai effimere, destinate a cambiare, in una sorta di tragico conto alla rovescia che tutti ci dovremmo impegnare concretamente a fermare. Così, se molte specie di animali vanno drasticamente a ridursi, noi esseri umani aumentiamo continuamente: la nostra presenza sempre più nociva è richiamata in mostra da un’opera con incisa la scritta “OTTO MILIARDI”, che indica l’attuale popolazione del nostro pianeta, nella quale il visitatore si specchierà non appena uscito dalla saletta proiezioni, proprio dietro alle tavole sugli insetti e forse non a caso collocata in questa ubicazione visto che dobbiamo tornare ad accettare umilmente la nostra piccolezza a fronte della smisurata grandezza del mondo e del cosmo. Sospesi fra apparizione e scomparsa, non di rado trasformati in presenze fantasmatiche (si guardi la capra o l’orso polare, ad esempio), gli animali di Felisi ci fissano quasi increduli, stagliandosi in scala reale su sfondi vagamente floreali che sembrano evocare anche la raffinatezza dell’Art Dèco e comunque un tempo che già appartiene alla dimensione del ricordo.

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Del resto, la memoria è parte integrante di quelle garze e tessuti che fanno da sfondo e che rimandano, nella vita di Felisi, al ricordo dei suoi inizi creativi messi alla prova sulle lenzuola della nonna. E’ come se il nostro artista ci dicesse che questi animali un tempo erano protagonisti della Terra mentre ora sono ridotti quasi a sfondi decorativi, nell’era del cosiddetto “Capitalocene”, termine con cui, in contrapposizione ad Antropocene, si intende mettere in luce le durature conseguenze negative del sistema capitalista sul piano economico-sociale, culturale e ambientale. Così gli animali giunti al Museo Bilotti sembrano diventare testimoni dell’accusa contro di noi in un processo immaginario e quasi fiabesco, visto che anche nelle favole ci sono aspetti malinconici o addirittura drammatici. E ci direbbero, se potessero parlare come per incantesimo, “noi siamo qui, davanti a voi, non siamo oggetti da consumare e buttare via, siamo esseri viventi e sentiamo pienamente tutto quello che ci accade”.

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Questa sorta di richiamo della natura a cui ha risposto Felisi è nato durante la fase più acuta della pandemia di COVID-19, quando, chiusi in casa, nonostante tutto, abbiamo riscoperto la bellezza imprevista e metafisica delle nostre città deserte ed abbiamo guardato con maggior calma ed attenzione ad un sorprendente rigoglio naturale perfino nelle nostre metropoli. Forse, proprio allora, qualcuno di noi, tra cui Felisi, ha iniziato a chiedersi se in fin dei conti la nostra presenza di esseri umani non rappresenti un pericolo costante per il resto del mondo e per gli animali in primis.

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Perfino la scelta di dipingere su tavole di legno è stata condizionata, in quei mesi di lockdown, dalla difficile reperibilità di tele ma Felisi l’ha portata avanti coerentemente anche dopo, forse perché il legno in quanto materiale naturale è il più adatto ad accogliere quella sorta di ecosistema ideale o di zoo senza gabbie dipinti dal nostro artista. E naturale è, ancora, la cenere che spesso viene posata sugli sfondi e che è l’esito delle lunghe passeggiate nei boschi di Felisi, concepite come occasioni fondamentali di riflessione e contemplazione. Le immagini degli animali invece, con un intento quasi documentario e “filologico”, sono prelevate da fotografie e vanno a riempire la sagoma bianca predisposta sulla tela, accolte dagli sfondi che spesso si estendono e diventano quasi tatuaggi sulla loro pelle. L’impaginazione visiva, nell’horror vacui complessivo (per certi aspetti, fra cui una comune radice concettuale, viene perfino in mente il Boetti della serie “Tutto”, mutatis mutandis) è resa con una profonda attenzione agli equilibri compositivi e alla centralità assoluta dell’animale. In queste opere di Felisi la profonda, positiva umanità della pittura (ha detto Gerhard Richter: “dipingere è una delle capacità intrinseche dell’uomo, come ballare e cantare, una capacità che ha senso, con cui conviviamo, qualcosa di assolutamente umano”) conserva il ricordo di quella natura che forse, continuando di questo passo, non esisterà più. Non a caso, in questo mondo votato all’oblio e devoto soltanto al culto economico/tecnologico, la pittura (intesa anche come sapienza tecnica tramandata fra generazioni), la memoria e la natura sono sempre più a rischio di cancellazione, a beneficio di una civiltà del simulacro, dell’artificio, del virtuale, del transumanesimo. Del resto, come ha detto Ian Bremmer, “gran parte degli umani non consuma più verità, né la cerca: assorbe ciò che gli viene algoritmicamente somministrato. Il rapporto con figli, animali domestici, amici, non può essere affidato all’Ai. Ma gli esseri umani ormai vivono sempre  più come se fossero algoritmi: l’intelligenza artificiale comincerà a sostituire l’umanità di queste relazioni”. Il problema di fondo è quindi la sopravvivenza di ciò che definiamo umano in un mondo in cui tutto appare disumano, con la priorità di tornare a sentirci parte di un tutto in cui ogni essere è collegato agli altri, per vivere in armonia con la natura (come ha recentemente auspicato, con fin troppo ottimismo, l’Onu indicando nel 2050 la data entro cui raggiungere questa difficilissima aspirazione, visto il nostro stile di vita distruttivo e iperconsumistico).

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In qualche modo, le opere di Felisi ci sollecitano senza alcuna retorica ad acquisire una nuova consapevolezza di vita e di comportamenti, mettendo da parte la nostra arrogante e aggressiva superiorità di tirannici Signori del mondo e imparando a rispettare quelle creature meravigliose. E tutto può iniziare guardandole negli occhi, in scala 1:1, come avviene in questa mostra, per avviare un percorso verso la mentenaturale e verso una sorta di spiritualità ecologica volta a costruire una cosmologia unitaria e soprattutto ad annullare quell’ossessione del dominio pervasivo e totalizzante che pensiamo d’imporre al pianeta Terra”.

Roma – Museo Carlo Bilotti – www.museocarlobilotti.itVia Fiorello La Guardia, 6 e Viale dell’Aranciera 4 – 00197  Ingresso Gratuito -Orari: dal martedì al venerdì ore 10.00 – 16.00; il sabato e la domenica ore 10.00 – 19.00

Bioparco di RomaPiazzale del Giardino Zoologico, 1 – 00197 Roma – Aperto tutti i giorni – orari di apertura su:  bioparco.it  - Presentando il Biglietto del Museo Carlo Bilotti riduzione di € 4