Venezia sposa il mare con la sponsorizzazione della Rigoni di Asiago

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il progetto dei lavori di restauro insieme a quelli di valorizzazione della fontana del giardino del Palazzo di Venezia dove è raffigurata la statua di Venezia nell’atto del lancio dell’anello d’oro , simbolo del suo sposalizio con il mare, verrà intrapreso quanto prima con l’intento di offrire ai romani e ai turisti di passaggio nella nostra città, già dal prossimo mese di luglio, sia un punto di relax nel giardino del Palazzo di Venezia nel pieno centro storico, sia una attrattiva in più alle tante offerte tanto dalla collezione permanente del  museo che da quelle presenti negli spazi del piano nobile  dell’ex appartamento Cibo con esposizioni temporanee di grande interesse culturale e turistico.

venezia - anello sposalizioCarlo Monaldi: Venezia getta l’anello nell’atto di sposare il mare. Questo gesto vuole ricordare la Festa della Sensa, celebrata ogni anno  dal 1177 al 1796 nella domenica in cui ricorre la Festa dell’Ascensione – Festa della Sensa – . Il Doge saliva sul Bucintoro, la sua nave di rappresentanza, con tutto il suo seguito, il clero, gli ambasciatori presenti, i Capi del Consiglio dei Dieci e le altre autorità, seguito da un folto corteo di barche di ogni forma e dimensione, tutte parate a festa e, giunti davanti al Forte di S.Andrea, il Patriarca versava dell’acqua benedetta mentre il Doge lasciava cadere in acqua l’anello d’oro, pronunciando queste parole: “Ti sposiamo, o mare, in segno di eterno dominio”.

La saggia politica seguita dalla direzione del Polo Museale del Lazio condotta dalla Dott.ssa Edith  Gabrielli, è riuscita a catturare l’interesse di privati  sull’immenso patrimonio artistico gestito dal Polo, sparso in oltre quaranta musei.  In questo caso grazie alla collaborazione con la società di comunicazione veneziana Fondaco che si occupa di valorizzare il patrimonio nazionale storico, artistico e culturale, è stata coinvolta la Rigoni di Asiago, un gruppo alimentare italiano che ha rivolto la propria produzione alla sostenibilità con una particolare attenzione al biologico e al rispetto dell’ambiente. Partendo da queste premesse la Rigoni di Asiago si é assunta l’onere della sponsorizzazione di un progetto, denominato “La natura nel cuore di Roma”  rivolto ai lavori di restauro di questa fontana conosciuta come “Venezia sposa il mare”, opera settecentesca dello scultore Carlo Monaldi.

dav                                                                             Veduta  della Fontana “Venezia sposa il mare”

Questo progetto, come affermato in conferenza stampa,  non é “solo una sponsorizzazione, ma una vera e propria operazione culturale che lega i temi propri della politica imprenditoriale di Rigoni di Asiago al più ampio progetto dello sviluppo di Palazzo Venezia”. “Per questo”, sono le parole  di Andrea Rigoni, Amministratore Delegato della Rigoni di Asiago, “ abbiamo aderito con particolare slancio al progetto, riconoscendo nell’opera gli stessi valori che hanno caratterizzato lo spirito dell’azienda in quasi un secolo di vita: il recupero delle tradizioni, il gusto per la ricerca sul bello e sul buono, l’arte di creare e produrre qualità.”  La scelta della fontana rappresenta infatti un’occasione per il Polo Museale del Lazio e per la Direzione del Palazzo di consolidare quel senso di progressiva riappropriazione culturale del luogo da parte della collettività, suscitato dagli interventi in corso. Questo giardino già dal 2016 è una meta ambita, specie nei mesi caldi, di turisti e romani per una pausa verde, grazie anche al facile accesso  con le sue aperture da tre ingressi: via del Plebiscito, via degli Astalli e piazza San Marco.  Significative in proposito le parole della Direttrice del Polo Museale del Lazio, Dott.ssa Edith Gabrielli; “ Si rileggono così immediatamente le prospettive rinascimentali e il rapporto con la Chiesa di San Marco che era andato perduto nei secoli. Per chi attraversa il giardino, la fontana rappresenta un perno compositivo, visibile da tutti gli ingressi, un punto di attrazione che accoglie durante il giorno centinaia di visitatori e per molti significa una sosta, un momento inaspettato di pace che si presenta nel cuore più caotico della città. Il suo restauro rientra negli interventi che il Polo aveva già previsto nella sua attività di programmazione a medio termine e che, grazie a questa opportunità, diventa immediatamente attuabile”.  Sarà infine possibile seguire anche in diretta streaming con una telecamera web le varie fasi dei lavori di restauro.

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Tra il 1910 ed il 1913 il giardino-viridarium di Paolo II, ormai noto come Palazzetto, fu abbattuto e ricostruito in posizione arretrata per consentire l’ampliamento della piazza e la visione diretta del Vittoriano. Nel 1916 il Regno d’Italia rivendicò il palazzo all’Austria e il ruolo simbolico- nazionalistico assunto dall’edificio dopo la restituzione spinse Benito Mussolini, nel 1922, a sceglierlo come sede del governo fascista (1929-43) ed utilizzarlo come proprio ufficio la Sala del Mappamondo in cui si apre il celebre balcone settecentesco. Tra gli interventi sul palazzo di quel  periodo, si segnala la costruzione del nuovo scalone monumentale, progettato da Luigi Marangoni, a celebrazione della nazione e dei territori conquistati all’Austria nella III guerra d’indipendenza (1866) e nella prima guerra mondiale (1915-18).

Di non minor interesse turistico e culturale è la fontana opera di Carlo Monaldi , nato a Roma intorno al 1683, come si desume dall’iscrizione alla base della statua di S. Gaetano da Thiene, sua opera del 1730 in S. Pietro in Vaticano, nella quale si dichiara romano e di anni 47. La fontana nella “corte grande” del palazzo, subito visibile dall’ingresso di Piazza San Marco, 47, fu costruita nel 1730  su incarico dell’allora ambasciatore della repubblica veneta Barbon Morosini. E’ formata da una grande vasca ellittica, con bordo a fior di terra, fiancheggiata da un corridoio con due lunghi sedili in pietra ingentiliti da quattro graziosi puttini che sostengono gli stemmi dei territori d’oltremare conquistati da Venezia: Cipro, Dalmazia, Morea e Candia. I putti in pietra recanti gli scudi con i nomi delle conquiste veneziane vennero aggiunti nel 1930 da G. Prini. La composizione, come affermato in conferenza stampa, ideata dal Monaldi  “coinvolge i concitati spazi circolari barocchi in una originale visione dal ritmo avvolgente delle figure eleganti e risolte con un cromatismo modulato e lineare tipico del barocchetto romano”. Nella vasca numerosi pesci in travertino gettano sottili zampilli d’acqua mentre al centro, su una doppia conchiglia sostenuta da tre robusti tritoni, si erge una statua marmorea raffigurante Venezia, in fiero atteggiamento, con il corno dogale sul capo e in atto di gettare l’anello nuziale per lo sposalizio del mare. Ai sui piedi figura da una parte il leone alato di S. Marco con un libro aperto, dall’altra un sorridente puttino che svolge un rotolo con un iscrizione in latino la quale ricorda che la fontana fu costruita non solo a vantaggio degli abitanti del palazzo, ma anche di quelli vicini e che la deviazione dell’Acqua Vergine da piazza di Trevi fu dovuta alla munificenza dei pontefici Alessandro VIII Ottoboni (1689-1691) e Benedetto XIII Orsini (1724-1730).

Museo Nazionale di Palazzo Venezia Via del Plebiscito, 118 – 00186 Roma  tel. +39 0669994284; http://museopalazzovenezia.beniculturali.it

 

 

RESILIENZA – Docufilm in concorso alla 63^ edizione del David di Donatello e da cinque anni in attesa di un distributore per farsi conoscere.

Donatello Urbani, foto courtesy Ufficio Stampa Non c’è Problema S.r.l.

Un’innata curiosità mi ha spinto a partecipare alla conferenza stampa di presentazione del docufilm “Resilienza” , di e con Paolo Ruffini, per approfondire la conoscenza di questo bravo attore/regista, da me conosciuto, prima di allora, solo per essere un antidivo,  in aggiunta a un lontano ricordo del primo incontro con la parola “resilienza” scoperta a Hiroshima. Accadde tanti anni fa, quando, al parco della pace, ho appreso la storia di una bambina contagiata dalle radiazioni dell’esplosione atomica con una forma di leucemia incurabile. Questa piccola giapponese  pensava che sarebbe riuscita a sopravvivere  ed ottenere una completa guarigione solo se fosse riuscita a realizzare mille cicogne di carta. Purtroppo per lei è stata fermata prima, a poco più di settecento ed anch’io, insieme ad altre migliaia di visitatori, ho voluto aiutarla in questa sua impresa e ho  deposto la mia cicogna di carta sulla lapide che la ricorda per alimentare e tener viva la sua resilienza convinto che proprio questa virtù fosse una colonna portante della nostra civiltà e del nostro modo di affrontare la vita  e le relative avversità specie di fronte a malattie incurabili.

IMG_9467_filtered2                                   Alessandro Cavallini, sul palco, racconta la sua malattia al pubblico al cospetto di Paolo Ruffini,

“I protagonisti del mio documentario”, afferma Paolo Ruffini, “con le loro storie hanno voluto demonizzare e ridicolizzare la malattia, e , nello stesso tempo, descriverla e viverla come una realtà che si può raccontare anche attraverso il coraggio ed il buon umore pur nella consapevolezza di trovarsi schiacciati tra due possibilità: il successo o il fallimento. La vita o la morte”. Significativa in proposito, oltre la storia del giovane Alessandro Cavallini, deceduto a 14 anni a causa di un tumore pediatrico – neuroblastoma –  e intorno alla quale ruotano anche tutte le altre, é l’intervista a Summy Basso che affronta il problema della sua disabilità con due diverse direttrici: una scientifica, approfondendo gli studi della biologia per seguire da vicino le ricerche scientifiche sulla sua malattia, e l’altra religiosa, cercando d’interpretare, da credente, il dubbio sulla giustizia divina e rispondere alla domanda che si pongono tutti i malati,: “Perché proprio a me?”.

Resilienza - Sammy Basso                                                        Paolo Ruffici e Summy Basso nel corso del loro colloquio/intervista

Questo interrogativo a ben vedere affligge tutti i nostri piccoli e grandi eroi, non più di una manciata, che raccontano in questo film il loro viaggio attraverso la malattia.  Uno spazio e un ruolo importante è stato riservato anche agli operatori sociali, medici, psicologi, fondatori di Make a Wish, responsabili del Dinamo Camp, clown-dottori, Ridolina e amici di Alessandro, tutte associazioni che dedicano il proprio tempo e le proprie risorse alla cura e all’assistenza delle persone, giovani in particolare, che devono affrontare le difficoltà legate alla malattia. Tanti i messaggi che questo bellissimo film, realizzato senza sbavature tanto nella sceneggiatura, che nella regia,dialoghi, suoni e fotografia, vuole proporre alla nostra attenzione; tutti, come indica il titolo, sono rivolti ad un’unica finalità e riepilogabili in una sola parola: “Resilienza”.

CARLO LORENZETTI “Spazi siderali” in mostra con le sue ultime realizzazioni nel piano nobile di Palazzo Caetani Lovatelli, sede romana di Bertolami Fine Arts.

Testo e Foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Nelle sale di questa prestigiosa residenza sono in esposizione 13 sculture e una raccolta di  14 disegni  realizzati nel  2007 da Carlo Lorenzetti, oggi considerato un artista classico della modernità e che Giovanni Carandente, come affermato in conferenza stampa , nei primi anni sessanta agli inizi della carriera, quasi uno sconosciuto,   “volle affiancare a mostri sacri del calibro di Arp, Calder, Moore e Smith nella storica rassegna spoletina del 1962 “Sculture nella città”.  Il curatore della mostra, Francesco Bonanno, completa la presentazione affermando che pur non avendo “mai sentito il bisogno di procedere in formazione all’interno di gruppi o movimenti, ha percorso in totale autonomia un originale cammino all’interno della linea di ricerca interessata a rinnovare la scultura nel segno di una liberazione dalla costrizione della legge di gravità, creando forme capaci di conquistare la terza dimensione non come masse statiche che occupano saldamente lo spazio, ma come mobili intrecci di linee in dialogo con l’aria. Scolpire inserendo nella composizione elementi insondabili come il vuoto e l’energia: un’idea fantastica, perfettamente in linea con il clima del tempo in cui il suo lavoro inizia, la seconda metà del ‘900, gli anni epici della conquista dello spazio e delle rivoluzionarie applicazioni alla vita dell’uomo delle scoperte sulla composizione della materia”.

IMG_20180202_190408                               Carlo Lorenzetti: “Svirgolata” – 2000. ferro e alluminio sbalzato. Dimensioni: cm.170X101X24

E’ indubbio il fascino che esercitano sul visitatore le opere di Carlo Lorenzetti sia quelle che risalgono ai primi anni ottanta agli inizi  dell’attività artistica annerite da uno strato di graffite stesa sul metallo sia quelle prodotte in questi anni impreziosite dalla lavorazione a sbalzo, una tecnica che richiede grande manualità e generalmente usata in oreficeria e che Lorenzetti ha trasferito sulle lastre di rame, ferro, ottone e alluminio impreziosendo così la sua recente produzione. Per una lettura più attenta e completa di tutte le opere è indispensabile ricorrere al catalogo edito a cura della Bertolami Fine Arts che accoglie testi critici di notevole spessore fra i quali un saggio critico di Silvia Pegoraro tanto interessante quanto originale.

Roma – Palazzo Caetani Lovatelli, piazza Lovatelli, 1 fino al  28 febbraio 2018 con ingresso gratuito ed orari dal lunedi al sabato dalle ore 10,00 alle 19,00. Domenica chiuso. Info: tel.+39.06.3218464 – +39.06.32609795 – +39.345.0825223 – sito web: www.bertolamifinearts.com

A Casa tutti bene. Un film di Gabriele Muccino in sala dal 14 febbraio 2018.

Mariagrazia Fiorentino

Gabriele Muccino sa muovere la macchina da presa come pochi. Dirige un cast stellare con  interpreti principali di grande spessore che sanno esprimersi con lo stesso ritmo e voce. Un film fatto benissimo, con una sceneggiatura perfetta. Una grande famiglia che fa i conti su cosa è stato e cosa sarà. Si parla di vita, di esistenza, il caos di non sapere cosa accadrà domani e ci si confronta; un film vero, popolare. “ A casa tutti bene è la storia di una grande famiglia che si ritrova a festeggiare le nozze d’oro dei nonni su un’isola dove questi si sono trasferiti a vivere. Un’improvvisa mareggiata blocca la partenza dei traghetti e fa saltare il rientro previsto in serata, costringendo tutti a rimanere sull’isola e a fare i conti con loro stessi, con il proprio passato, con gelosie mai sopite, inquietudini, tradimenti, paure e anche improvvisi e inaspettati colpi di fulmine”.

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Un film decisamente da non perdere. Musiche di Nicola Piovani, sceneggiatura di Gabriele Muccino e Paolo Costella, prodotto da Lotus Production con RAI cinema. Interpreti principali: Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Gianfelice Imparato, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi e molti altri. Bravi tutti.

Cambellotti – Conferenze e mostre su questo artista tengono a battesimo la nuova prestigiosa sede romana di Via Margutta, 53/B della “Galleria del Laocoonte” e della “Galleria W.Apolloni”.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il trasferimento da Via del Babuino a Via Margutta in una sede così prestigiosa che in passato ha ospitato l’Accademia Britannica fino al 1911, non poteva che essere testimoniato da uno dei maggiori artisti di scuola  e formazione romana: Duilio Cambellotti –  Roma, 10 maggio 1876 – Roma, 31 gennaio 1960 –  che ha esaltato con le sue opere, nel periodo di prima e dopo le due guerre mondiali, il territorio romano, in particolare l’agro pontino, recuperandone anche le antiche arti e tradizioni culturali.

IMG_20180201_170337                                                                                    Duilio Cambellotti: “Conca dei tori”

Fra le opere esposte si può ammirare la bellissima “Conca dei tori” che sia per la forma, ispirata alla classica ciotola contadina dell’agro pontino, che per il motivo del toro, è un chiaro riferimento alla vita, all’arte e alla cultura popolare, in tempi molto anticipati a quanto avverrà dopo la seconda guerra mondiale con la “pop art” negli Stati Uniti d’America. In questo, così come in tutte le altre opere esposte, sia di arte che di antiquariato, si possono riscontrare i voleri dei rispettivi titolari delle Gallerie, Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, di voler rappresentare ed esaltare, come avvenuto in passato,  le arti romane nelle sue più articolate forme, da quelle applicate alle classiche dell’archeologia. Duilio Cambellotti , come scrivono i suoi critici: “fu incisore, xilografo, pittore, scenografo, architetto, decoratore, arredatore, designer, grafico, cartellonista pubblicitario, progettista di suppellettili, oggettistica e componenti d’arredo, scultore, ceramista, illustratore e vide in tutte queste una finalità sociale, globale, moralistica, pedagogica al fine di renderla fruibile a tutti e, come il “maestro”, divenne l’esempio lampante di artista-artigiano per eccellenza”.

IMG_20180201_170359                           Duilio Cambellotti: “Il Sublicio” -1910/1911- Matita, carboncino e tempera bianca su carta bruna.

Il percorso artistico compiuto nel corso della sua lunga carriera ha incrociato movimenti di notevole spessore, quale l’Art Nouveau”, dalla quale trasse ispirazione agli inizi della sua carriera e alla quale era stato avviato dal padre Antonio, intagliatore e decoratore, per giungere negli anni successivi  alle avanguardie, passando, fra le altre, anche per le vetrate artistiche, é stato il “file rouge” delle due conferenze. La testimonianza dell’interesse di questo artista per l’arte della vetrata, che a Roma aveva avuto in passato importanti esempi, è offerta da quella presente nella Casina delle Civette all’interno del giardino di Villa Torlonia, raffigurante un volo di rondini, realizzata dal maestro vetraio Cesare Picchiarini su cartone di Cambellotti, esposto, insieme a molti altri, in questa galleria.

IMG_20180201_170724                                                       Duilio Cambellotti: “Le Rondini” – 1930 ca. Inchiostro e matita su carta

Nell’interessante conferenza tenuta in occasione dell’inaugurazione di questa nuova sede, il prof. Francesco Tetro ha tenuto un’interessantissima “lectio magistralis” sull’artista: “In Cambellotti tutto è mischiato antico e moderno” come afferma lo studioso. Mentre il Dott. Francesco Parisi, nel suo intervento ha parlato delle leggende romane. Seguiranno presso la sede di Via Margutta, incontri, conferenze, e dibattiti calendarizzati. Fra le tante mete di interesse culturale e turistico che possiamo consigliare a chi visita Roma, c’è la galleria in Via Margutta, n.53/B, ritenuta “la più bella della città”, dove, tanto i romani che il turista di passaggio nella nostra città, possono ammirare sia pregevoli pezzi di antiquariato che opere d’arte importanti della cultura romana e, volendo, anche acquistarne qualcuna in ricordo della suo soggiorno romano.

Per saperne di più consultare il sito web www.laocoontegalleria.it

La Madonna Esterhazy di Raffaello – In esposizione temporanea alla Galleria nazionale d’Arte Antica – Palazzo Barberini – Roma

Testo e Foto di Donatello Urbani

Trovare un’opera di Raffaello che potesse sostituire la celeberrima “Fornarina” in prestito all’Accademia Carrara di Bergamo fino a maggio, non era cosa di così facile reperimento. L’occasione offerta alla Pinacoteca Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini di Roma, che si privava temporaneamente di un’opera di così grande richiamo,  è stata offerta dalla chiusura temporanea del Szépművészeti Múzeum,di Budapest per lavori di restauro, proprietario dell’altrettanto famosa “Madonna col Bambino e San Giovannino” meglio conosciuta con il nome del precedente proprietario “Madonna Esterhàzy”.

IMG_20180130_105105                                                                                                  Madonna Esterhàzy

La Madonna Esterházy di Raffaello è una tavola in pioppo di piccole dimensioni (cm 29 x 21,5), dipinta intorno al 1508, tra la fine del periodo fiorentino e l’inizio di quello romano. In quell’anno, cruciale per l’arte dell’Occidente, si aprivano i cantieri per le decorazioni del nuovo Vaticano: la volta della Cappella Sistina e le Stanze degli appartamenti papali. Raffaello, forse su invito di Donato Bramante, allora direttore della fabbrica di San Pietro, amico di famiglia e legato al padre Santi da una lontana parentela, giunge a Roma in quell’anno ed è in questa città che si propone di terminare  quest’opera. Significativo in proposito è il  confronto con il disegno preparatorio  conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi – qui rappresentato con una riproduzione in grande formato – che evidenzia il momento di passaggio intellettuale dell’artista dal mondo fiorentino a quello romano.

IMG_20180130_104648                                                                            Disegno preparatorio dalla “Madonna Esterhàzy”

Nel disegno infatti il fondale presenta un partito tipicamente fiorentino fatto di colline e alberi. Si tratta di un primo stato, diverso da quello finale su tavola, dove si vedono invece rovine antiche di sapore romano, nelle quali si sono voluti riconoscere i resti del Tempio di Vespasiano e della Torre dei Conti oppure delle Milizie nel Foro Romano. Tutti elementi dell’antico che rimandano inconfutabilmente alla città di Roma.

Afferma la curatrice Cinzia Ammannato nel corso della conferenza stampa: “Non è chiara la committenza: una scritta sul retro, non più visibile, riconduceva a Elisabetta, madre di Maria Teresa d’Asburgo, e a un dono dell’opera da parte di Clemente XI Albani. La tavoletta rientra in una serie di quadri di Raffaello che legano bene fra loro, come la Madonna del Baldacchino in Palazzo Pitti a Firenze e la Sacra Famiglia Canigiani della Alte Pinakothek di Monaco. Nulla è casuale in quelle opere strettamente connesse, nonostante le rispettive diverse scale di grandezza. Riflettono ricerche tanto coerenti da poterle datare con buona approssimazione in un circoscritto giro di mesi dell’intensissima vita dell’autore”. L’opera sarà in seguito venduta alla famiglia Esterhàzy che, a loro volta, la trasferiranno in maniera definitiva al Szépművészeti Múzeum,di Budapest, attuale detentore.

IMG_20180130_104726_1                                                                      Giulio Romano: “Madonna col Bambino” (Madonna Hertz)

La tavola viene esposta oltre a una riproduzione in grande del correlato disegno preparatorio, accanto ad altre tre opere provenienti dalle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma – Palazzo Barberini/Corsini-, simili per formato e ambiente, dalla quale vari importanti autori hanno tratto ispirazione. E’ offerta pertanto la buona occasione di poter ammirare significative opere di Giulio Romano (Roma 1499 – Mantova 1546): Madonna col Bambino (conosciuta come Madonna Hertz), 1515 circa, un olio su tavola; da Raffaello, Madonna col Bambino (Madonna dei garofani), XVI secolo olio su tavola; infine da Raffaello, un Gesù Bambino, XVI secolo anch’esso olio su tavola.

Roma – Gallerie Nazionali di Arte Antica, via delle Quattro Fontane, 13 – Palazzo Barberini – fino all’8 aprile 2018 con orario dal martedì alla domenica 8.30 – 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00. Costo del biglietto d’ingresso intero 12 € – ridotto 6 €  valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo di Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Gratuità concesse come previste dalla legge. Informazioni: tel. 06-4824184;  e. mail: comunicazione@barberinicorsini.org

Donne del Vino . In parlamento per diventare wine manager.

Testo e foto di Donatello Urbani

Le finalità che Le Donne del Vino si sono poste attraverso la programmazione  di corsi intensivi, ciascuno di sette ore, incentrati sulla comunicazione commerciale, rivolti alle proprie socie, sono quanto mai meritorie. Non per niente sono stati presentati nella sala stampa di Palazzo Montecitorio alla presenza del Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, On.le Luca Sani. “Offrire emozioni”, afferma Donatella Cinelli Colombini, Presidente dell’Associazione Donne del Vino, “è una delle doti proprie delle donne e queste prime master class, programmate in Veneto, Toscana e Puglia, oltre la valorizzazione di questa caratteristica si pongono l’obbiettivo  di valorizzare l’unicità di ciascun vino e di ogni cantina”. Questi corsi  hanno lo scopo sia  di motivare le socie ad acquisire una maggiore partecipazione nel mondo della commercializzazione del vino che avere un numero maggiore di donne nei consigli di amministrazione dei vari consorzi. Due diverse tecniche verranno impartite alle partecipanti per raggiungere questi obbiettivi; una sulla comunicazione indirizzata alle produttrici, ristoratrici, sommelier, enologhe, giornaliste, wine blogger, responsabili di marketing e comunicazione di aziende vinicole; l’altra invece è indirizzata alle gestrici di consorzi e a quante lavorano nelle cantine. L’invito a iscriversi è rivolto, in prima battuta, alle 770 socie delle Donne del Vino ed allargarsi, successiovamente, a tutto l’universo enologico femminile.

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Le classi avranno 25 persone al massimo per giornate full immersion, dalle 10-18 con una piccola pausa per un light lunch fruibile con un contributo di €.15,00. I docenti arrivano da WinePeople-WineMeridian una delle migliori agenzie italiane sulla formazione dei manager enologici. I docenti sono Lavinia Furlani, counselor filosofica e coach aziendale, esperta di comunicazione e di percorsi identitari e Andrea Pozzan, esperto di risorse umane e di percorsi di vendita. I corsi di comunicazione avranno il seguente svolgimento: 23 febbraio,  per il Nord Italia, nel Veneto presso le Cantine GIV Verona l’11 maggio, per il Centro Italia, in Toscana nella Tenuta Il Corno a San Casciano Val di Pesa (Firenze) e il 26 ottobre, per il Sud Italia in Puglia e verteranno  sugli insegnamenti di:

  • La comunicazione della propria azienda passa dalla creazione della propria identità: come essere riconoscibili?;
  • Il personal branding di una donna del vino: come costruire una immagine efficace• La vendita: come passare dal “fare il venditore all’essere un venditore”;
    • Costruire un percorso di riconoscibilità aziendale per affrontare il mercato in continuo cambiamento;
    • La comunicazione come strumento di vendita.

Alle partecipanti alle lezioni sui consorzi, che si svolgeranno con il seguente calendario: 27 aprile, per il Nord Italia nelle Cantine GIV Verona; il 22 giugno, per il Centro Italia, in Toscana, nella Tenuta Il Corno a San Casciano Val di Pesa (Firenze); il 30 novembre, per il Sud Italia in Puglia e saranno tenute da Fabio Piccoli, direttore responsabile di Wine Meridian, esperto di marketing del vino e di comunicazione inter azionale e da Stefano Campatelli, esperto di gestione e direttore di Consorzi di tutela. Gli insegnamenti che  verranno impartiti sono i seguenti:

  • Le normative nazionali e comunitarie per la produzione dei vini italiani
    • Il funzionamento dei Consorzi dei vini italiani
    • Le produzioni di vino e i mercati del vino in Italia e nel mondo
    • La valorizzazione e la protezione dei marchi collettivi dei vini italiani
    • Come costruire una identità territoriale e come comunicarla.

Il costo per le non associate è di 200 euro più iva, per le Donne del Vino è di 150 euro più iva. Il costo per la seconda persona della stessa azienda è di 100 euro più iva.

Informazioni e prenotazioni: www.ledonnedelvino.com–info@ledonnedelvino.com–tel.02.867577

Katharina Grosse e Tatiana Trouvè: “Le numerose irregolarità” – In mostra all’Accademia di Francia a Roma: Villa Medici, per chiudere in bellezza un accattivante ciclo di esposizioni.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Un’inveterata tradizione vuole che le ultime edizioni  degli eventi, culturali in particolar modo, siano riepilogativi di tutti i precedenti che hanno identico tema ed occupato la stessa sede espositiva. Così anche l’ultima mostra  voluta da Muriel Mayette-Holtz , Direttrice dell’Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, con la cura di Chiara Parisi, nata sotto l’ambizioso progetto “UNE”  sorto per mettere in un confronto artistico, interculturale e intergenerazionale per dare vita a collaborazioni ed intrecci in una visione artistica contemporanea, non ha fatto eccezione. Dal febbraio 2017 questo progetto UNE è stato lo scenario d’incontri unici che hanno fatto dialogare fra loro le diverse culture, con una particolare attenzione verso quella italiana ed europea, con quella francese. Il ciclo di rassegne che si sono succedute a Villa Medici sotto questa etichetta sono stati tutti momenti d’ incontri unici a partire da quello di Yoko Ono con Claire Tabouret; al quale si sono succeduti  quelli di Elizabeth Peyton con Camille Claudel e  Auguste Rodin; e, nella terza edizione,  Annette Messager con la “presenza” di Balthus.

I  lavori di Katharina Grosse e Tatiana Trouvé presenti in questa mostra dal titolo “Le numerose irregolarità”, quarto e ultimo appuntamento del ciclo UNE, sembrano, ad un primo esame, apparentemente  distanti fra loro come se partissero da posizioni diverse e realizzate con stili difformi. In effetti tanto le opere  della Grosse che della Trouvé, presenti in questa rassegna e create per quest’occasione, sono tra loro legate in un dialogo inedito e inaspettato. “Con i loro rispettivi progetti”, scrive la curatrice, “diversi eppure complici e complementari, le due artiste, nate entrambe negli anni Sessanta, hanno ribaltato i confini delle superfici di Villa Medici. Se Katharina Grosse elegge la pittura, intesa come membrana, a suo principale mezzo espressivo, Tatiana Trouvé indaga le infinite variabili e possibilità del disegno: la potenza imprevedibile del colore che s’intreccia con la seduzione di un oggetto scultoreo ricontestualizzato. In entrambe emerge una radicalità condivisa, fondata sull’idea di rovesciamento. Nel caso di Katharina Grosse, lo spazio in ogni sua manifestazione è esaltato dalla pittura. Non è più la tela a ospitare un paesaggio, ma è il paesaggio a farsi superficie pittorica. Con un orientamento analogo, Tatiana Trouvé architetta assemblaggi e accostamenti imprevedibili.»                                                                                sdrIn primo piano un’opera di Tatiana Trouvè ed in secondo piano, dipinta su seta, quella di Katharina Grosse. Entrambe sono esposte nella prima sala. Per usanza dell’Accademia di Francia, consolidata anche in pregresse rassegne, tutte le opere sono esposte prive di didascalie in modo da riservare al visitatore il piacere di emozionarsi di fronte al messaggio artistico. Nella sala posta all’inizio del percorso ed identificata come “Sala Zero” si trova esposta una mappa con riferimenti dettagliati di tutte le opere presentate in questa mostra.

Sono proprio le  sculture di Tatiana Trouvé che aprono il  percorso espositivo. Realizzate nel 2017, ci rimandano a forme di capanne e, come lei stessa precisa,  incorporano mappe di migrazioni antiche e odierne. Sulle pareti di rimando ed in dialogo con queste s’incontrano le opere dipinte su seta di Katharina Grosse che testimoniano la sua indiscussa capacità di moltiplicare gli spazi architettonici come nel caso dell’opera esposta nella cordonata medicea.

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Per l’occasione l’artista, aggirandosi nel giardino dell’Accademia, ha rinvenuto e utilizzato alcuni tronchi di uno dei grandi pini che Ingres fece piantare 150 anni fa nel parco di Villa Medici oggi cadente e abbatturo perchè fonte di pericolo. Le inconfondibili invenzioni di colore, Katharina Grosse hanno offerto nuova vita alla storia dell’albero  riconfigurandone il contesto di bellezza estetica e portando, “ una porzione di giardino all’interno della Villa, ”come affermato in conferenza stampa “con la temporanea dislocazione dell’elemento naturale. La  scalinata sotto il soffitto a cupola diventa così la nuova dimora di quest’albero secolare, i cui rami s’inclinano su un ampio drappeggio, ricoprendo i gradini. La sensazione è quella di trovarsi in un sensuale corpo a corpo tra le linee dell’albero e i colori della pittura che l’artista ha creato in situ”. “E’ un’opera che parla al cuore e alla mente”, nelle parole dell’artista stessa.IMG_20180131_121156Scultura di Tatiana Trouvè ispirata a motivi decorativi africani presenti nella meoria dell’artista fin dal suo lungo soggiorno in questo continente. In secondo piano s’intravede Muriel Mayette-Holtz , Direttrice dell’Accademia di Francia a Roma, Villa Medici

Le opere di  Tatiana Trouvé concludono il percorso espositivo.  Si tratta di sculture le cui aste metalliche sono testimoni di civiltà d’altri continenti  e, nello stesso tempo,  riprendendo le tracce di un percorso di transumanze e migrazioni le cui vicende sono quotidianamente sotto i nostri occhi,  offrono alla scultura  con la sua assenza di colore un più tragico risalto .

Roma – Accademia di Francia – Villa Medici – Viale Trinità dei Monti, n.1 fino al 29 aprile 2018. Maggiori informazioni tel. 08.67611- sito web www.villamedici.it