Accademia di Francia a Roma – Villa Medici – mostra “Dans le tourbillon du tout-monde” dal 10 luglio al 13 settembre 2020 a cura di Lorenzo Romito

Mariagrazia Fiorentino

La mostra dei “pensionnaires” consente, inoltre, l’opportunità di vedere la Villa con i suoi splendidi giardini, un panorama unico della città, visto dalle sue terrazze e alcuni tesori come la cisterna romana, lo scalone d’onore, luoghi non conosciuti dal grande pubblico.

1. Mikel Urquiza - “Il Quotidiano” (1)

                                                                                                Mikel Urquiza: “Il  Quotidiano”

“Una mostra collettiva che riunisce le realizzazioni degli artisti e ricercatori borsisti che operano nel vasto campo della creazione, dalle arti visive al design, dall’architettura alla musica, dal cinema alla letteratura e alla storia dell’arte. Il fotografo e artista visivo Sammy Baloji, gli architetti Frédérique Barchelard e Flavien Menu, lo sceneggiatore Benjamin Crotty, la sceneggiatrice e artista visiva Pauline Curnier-Jardin, il compositore Bastien David, il fotografo Samuel Gratacap, la storica dell’arte Valentina Hristova, lo scrittore Mathieu Larnaudie, il disegnatore e fumettista François Olislaeger, la pittrice Louise Sartor, la scrittrice Fanny Taillandier, Sébastien Thiéry, il compositore Mikel Urquiza, la designer Jeanne Vicerial, la storica dell’arte Sara Vitacca…… La mostra esplora così stati d’animo, gesti, pensieri, propone opere destabilizzate, ne fa il suo senso, ricerca modi del fare e di fare che forse diventeranno presto comportamenti sociali diffusi o magari solo ricordi di un tempo che ci ha segnato, noi che ci pensavamo autori indiscussi delle nostre vite e delle nostre opere”.

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                                                                                                                Jeanne Vicerial

Accademia di Francia a Roma – Villa Medici per ulteriori informazioni  visitare il sito villamedici.it

 

“I giorni della quarantena. San Lorenzo, un quartiere romano ai tempi del coronavirus”

Mariagrazia Fiorentino

A Roma, giovedì 25 giugno 2020 alle 18.00 in via degli Apuli 41, nel cortile della sede dell’Esercito della Salvezza in Italia si svolgerà la presentazione-dibattito de “I giorni  della quarantena. San Lorenzo, un quartiere romano ai tempi del coronavirus”, un volume curato da Simona Magazzù e Rolando Galluzzi, con la prefazione di Francesca Danese, ed edito da Ponte Sisto.

i giorni della quarantena magazzu

San Lorenzo devi conoscerlo è il quartiere che parla sui muri, qui si respira la più autentica aria di Roma. Unico vero centro popolare di una città viva dove i valori s’identificano, non solo sulle superfici e sui volumi di altezze e sotterranei.
Nella sede dell’EdS, una conver devi conoscerlosazione tra Stefano Vella, medico infettivologo, Roberto Panzarani che presiede il comitato tecnico scientifico del Forum del Terzo Settore del Lazio, la presidente del II Municipio Francesca Del Bello, Francesca Danese, responsabile delle relazioni esterne dell’Esercito della Salvezza (EdS) e il tenente colonnello dell’Esercito della Salvezza in Italia, Jaques Donzé, coordinati dal giornalista de La Repubblica, Carlo Picozza.
Che cosa vedevamo e pensavamo durante l’emergenza Covid-19, quando si sentivano quasi solo le voci di virologi, politici, economisti e altri addetti ai lavori?
Ne “I giorni della quarantena. San Lorenzo, un quartiere romano ai tempi del coronavirus” le tante storie degli abitanti del quartiere romano di San Lorenzo, il più resiliente e resistente della Capitale, che diventano le storie di tutti. Sono docenti, studenti fuori sede, commercianti, pensionati, scrittori, poeti, pittori, persone senza dimora, occupati, precari, disoccupati, alunni delle scuole, artigiani che raccontano la loro quarantena al di fuori dai riflettori e si interrogano su un futuro prossimo dove nulla sarà come prima. E dove alcuni hanno perso il lavoro, altri un parente senza neanche avere la possibilità di salutarlo, quasi tutti, si sono impoveriti.
Un libro, “I giorni della quarantena. San Lorenzo, un quartiere romano ai tempi del coronavirus”, curato da Simona Magazzù e Rolando Galluzzi, con la prefazione di Francesca Danese responsabile delle relazioni esterne dell’Esercito della Salvezza (EdS), che per la prima volta raccoglie le testimonianze, le emozioni, le riflessioni e le perdite dei cittadini, quei “soldati semplici” che durante le Fase uno della pandemia hanno cantato dai balconi, rispettato le regole, avuto paura, subito la mancanza di libertà, sofferto dell’impossibilità di vedere gli affetti più cari, animato le reti della solidarietà.

Gli autori intendono devolvere i proventi del libro all’Associazione di volontariato Park and Forest Rangers per la preparazione e la distribuzione di pasti caldi alle persone senza dimora e all’Accademia dello Zazer, operante all’interno dell’Esercito della Salvezza in Italia.

Film: Il delitto Mattarella – Nelle sale dal prossimo 2 luglio 2020

Mariagrazia Fiorentino

“Il male ha vinto perché i buoni si sono arresi e gli indifferenti e i vili si sono inchinati”

Il delitto Mattarella regia e sceneggiatura di Aurelio Grimaldi “che ripercorre quei tragici giorni con occhio attento e sensibile”.

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Interpreti: David Coco- Piersanti Mattarella Donatella Finocchiaro- Irma Mattarella Ivan Giambirtone- Giovanni Falcone- Leo Gullotta Rosario Nicoletti- Francesco La Mantia Sergio Mattarella e molti altri ,a tutti va un ringraziamento per aver affrontato questo tema così doloroso e ancora molto sentito da tutti gli italiani.

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Sinossi: 6 gennaio 1980. Il Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella si sta recando a Messa con la sua famiglia. Un giovane si avvicina al finestrino dell’auto e spara a sangue freddo a Piersanti e lo uccide. Pur nel disorientamento del momento con una serie di depistaggi verso il terrorismo di sinistra, il delitto apparve anomalo per le sue modalità….. Ma l’omicidio Mattarella è anche la storia di una famiglia, di esseri umani, di valori e ideali perseguiti con sincero spirito di servizio e afflato solidale: aspetti che nel film hanno un ruolo centrale. Il 18 giugno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, in occasione della giornata per i caduti della magistratura, nel suo discorso: “…essere fedeli alla Costituzione è un impegno da non dimenticare….”-

 

Il Museo Nazionale Romano riapre al pubblico presentando le statue bronzee del “Il Pugilatore e “Il Principe ellenistico” sotto nuova luce frutto di studi e ricerche e accurati lavori di restauro conservativo.

A cura della redazione. Foto di Donatello Urbani

I lavori di restauro e conservazione che hanno interessato le due statue bronzee, vere “star” del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, hanno offerto la buona occasione per effettuare nuovi studi e ricerche sfruttando così a pieno le opportunità offerte dalle sofisticate  tecnologie scoperte in questi ultimi tempi. In questa operazione è stata scoperta una residua quantità di terra di fusione  all’interno della statua de “Il Pugilatore” che, una volta prelevata, è stata inviata a diversi laboratori di analisi con il preciso compito di scoprire da quale territorio delle due nazioni, italiano o greco, provenga. Il responso di queste analisi, atteso per il prossimo autunno, consentirà di conoscere con certezza se la bottega artistica che ha realizzato tale capolavoro, unico per qualità artica e tecnica di fusione: “a cera persa”, appartenesse: scuola romana o ellenistica. Dubbi completamente assenti nell’altra statua de “Il Principe ellenistico” sottoposta anch’essa  alle operazioni di restauro conservativo.

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Come afferma chiaramente anche il nome  con il quale è indicato fin da quando giunse nella collezione di questo museo e che immortala un giovane dal portamento nobile, nel pieno vigore fisico e nella bellezza che offrono gli anni giovanili. Completamente diverse sono le caratteristiche presenti nella statua de “Il Pugilatore”. Rappresenta infatti un atleta avanti con gli anni, provato dalla durezza di questo sport, stanco, abbandonato dalla forza e dal vigore fisico, ferito come testimoniato dalla tante gocce di sangue rosso presenti sul corpo e rappresentate da piccole aggiunte di rame sulla fusione bronzea. Lo sguardo carico di preoccupazione e di ansia, é rivolto sulla destra, forse, verso un giudice pronto ad emettere un verdetto a lui  certamente non favorevole. Tutte queste caratteristiche rimandano a teorie proprie della cultura romana che vuole un’arte realistica priva di tutta quell’aulicità propria invece di quella cultura che ha ispirato la statuaria greca, già a partire da Fidia, prima, e Lisippo, poi.

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Tutto questo però non è sufficiente a dare  una certezza assoluta sulla sua provenienza. I bravi maestri scultorei, così come i corrispettivi maestri fonditori, erano in grado di assecondare i voleri dei vari committenti come avvenuto per quello romano che volle la statua de “Il Pugilatore” nella sua dimora posta ai piedi del colle Quirinale, quasi alla fine dell’attuale Via Quattro Novembre, dove negli anni ottanta dell’ottocento, fu rinvenuta grazie ai lavori di sbancamento necessari alla costruzione delle arterie che congiungono la parte nord/est della città a Piazza Venezia. Nel corso della conferenza stampa la Direttrice pro-tempore, Alfonsina Russo, ha voluto precisare che: “Per un mese, in via sperimentale, entrambe le sedi – Palazzo Massimo e Palazzo Altemps (nota della redazione) – saranno aperte al pubblico soltanto il pomeriggio in settimana, dalle ore 14.00 alle ore 19.45, e il sabato e la domenica dalle 10.30 alle 19.45. Una fascia oraria più consona ai cittadini romani che in queste settimane stanno vivendo con entusiasmo la riscoperta del proprio patrimonio artistico e monumentale. A Palazzo Massimo nel percorso di visita – che comprende la galleria di sculture al piano terra e la collezione di affreschi e mosaici al secondo piano – sarà possibile ammirare anche i bronzi del Principe ellenistico e del Pugilatore. Questi ultimi sono stati oggetto di un intervento conservativo, reso possibile grazie al sostegno dell’associazione senza scopo di lucro: Mecenati della Galleria Borghese – Roman Heritage Onlus”. L’intervento ha costituito per il Museo un’occasione straordinaria di ricerca, che ha rivelato novità sulla tecnica di realizzazione della lavorazione dei bronzi nel mondo antico”. Informazioni per i visitatori: Per visitare il Museo Nazionale Romano, di cui è fissata per sabato 27 giugno la riapertura anche delle altre due sedi – Terme di Diocleziano e Crypta Balbi (aperte unicamente durante il weekend, dalle ore 10.30 alle 19.45) sarà necessario acquistare il biglietto online sul sito www.coopculture.it e per assistenza e informazioni sarà possibile telefonare al call center 0639967701 o inviare una mail a info@coopculture.it. La tariffa del biglietto intero è di 10 €. Il biglietto avrà la validità di una settimana, consentendo un ingresso a tutte le sedi secondo i giorni e gli orari di apertura previsti. In occasione della riapertura, con i biglietti acquistati dal 17 giugno sarà possibile visitare anche Terme di Diocleziano e Crypta Balbi nelle giornate del 27 e del 28 giugno. All’ingresso il pubblico, che dovrà presentarsi munito di mascherina, sarà sottoposto alla rilevazione della temperatura tramite termo scanner. Mappe digitali e indicazioni del percorso di visita all’interno delle sedi museali guidano i gruppi di non più di quattordici persone che potranno entrare ogni 15’. Consentite anche le visite guidate, per lo stesso numero di persone, accompagnatore compreso. Per i titolari della Card2020 la validità è prorogata fino al 31 marzo 2021 per compensare la mancata fruizione del Museo nel periodo di chiusura.

Filippo de Pisis al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps fino al 20 settembre 2020

A cura della Redazione

Non sembri del tutto fuori luogo vedere un museo che espone collezioni di reperti archeologici, di grande interesse storico/artistico quali quelle custodite a Palazzo Altemps, che proponga opere c il sapore di una sfida con rimandi e suggestioni ad  una evocazione poetica come quelle di Filippo de Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956). In effetti questo artista fra gli innumerevoli interessi artistici che coltivava vi era anche quello per l’archeologia.

7. le cipolle di socrate

                                                                                        Filippo de Pisis: “Le cipolle di Socrate”

Di lui scrivono i curatori: “Poeta e pittore dal talento versatile, Filippo de Pisis è una figura senza confronti nelle vicende artistiche del Novecento italiano. Una vasta cultura, studi classici, l’interesse per l’archeologia e la passione di collezionare cose minute sin dalla giovane età: sono tutti aspetti della personalità dell’artista che a Palazzo Altemps creano una relazione quasi diretta con il gusto per il collezionismo coevo e innumerabile di Evan Gorga, mentre rimandano alla suggestione per il bello antico che aveva nutrito il gusto antiquario del collezionismo cinque-seicentesco delle famiglie patrizie romane”.

11. il piede romano

                                                                                            Filippo de Pisis: Il piede romano

La mostra allestita a Palazzo Altemps conferma, infatti, il ruolo di protagonista che ha avuto de Pisis nell’esperienza della pittura italiana tra le due guerre ponendo l’accento su una nutrita selezione di carte e acquerelli. Alle statue di dei, eroi, ai ritratti d’imperatori, possono essere avvicinati i ventotto tra disegni su carta e acquerelli con nudi maschili e teste di giovani così come gli oli dove la statuaria ideale, il frammento scultoreo, inseriti in un paesaggio ora reale ora metafisico, riecheggiano la passione archeologica. Man mano che provava a rendere la realtà del suo quadro si sentiva sempre più parte di quel paesaggio, di quello stato d’animo. Instancabile viaggiatore, Filippo de Pisis ha anche vissuto e lavorato a Roma, Milano, Venezia, il Cadore e soprattutto Parigi e Londra, che ha contribuito a creare una personale narrazione che non ha mai ceduto a correnti artistiche.

10. Colette

                                                                                                      Filippo de Pisis: Colette

La vitalità di Parigi regala a de Pisis numerose occasioni di esercitarsi nella pittura “en plein air”. Pennellate suadenti, colori accurati e segni vivaci si ritrovano nei dipinti che ritraggono la Ville Lumière – La cupola degli Invalidi (1926) – così come, in seguito a Londra. Nella pennellata breve e veloce si legge una certa influenza della pittura impressionista, ma per de Pisis il paesaggio non è un’istantanea registrazione visiva ma uno stato d’animo. Le cronache ci dicono che alla fine degli anni trenta de Pisis raggiunge una posizione più consolidata nell’ambiente artistico: le mostre parigine si susseguono, così come gli inviti ai principali appuntamenti espositivi ufficiali in Italia, dalla Biennale di Venezia alla Quadriennale di Roma.

12. Nudo, riposo del fauno

                                                                                       Filippo de Pisis: Nudo, riposo del fauno

Il 1948 segna l’inizio di un periodo difficile per de Pisis. Tornato a Parigi trova una città completamente cambiata dopo gli anni della guerra e, nonostante la fama, fatica a ritrovare i legami di un tempo e a crearne di nuovi. Nello stesso anno la Biennale di Venezia gli riserva una sala personale con oltre trenta opere degli ultimi vent’anni, ma gli viene negato il Gran Premio della Giuria per la sua omosessualità. Anche la malattia nervosa, che già si era affacciata da qualche tempo, si aggrava e lo porta a lunghi ricoveri in case di cura, principalmente a Villa Fiorita a Brugherio. Anni di così profonda sofferenza sono segnati però anche da nuove capacità espressive e intuizioni compositive innovative. Una trasformazione incisiva del suo stile che non solo si rinnova, ma rende la sua arte estremamente attuale.

9. volto di ragazzo

                                                                                           Filippo de Pisis: Volto di ragazzo

Il tratto breve, tipico della sua pittura, la semplificazione e la rarefazione dei segni si accentuano. La poesia e l’armonia, da sempre ricercate, si esprimono in opere in cui gli oggetti, ormai familiari, vivono nuove inquietudini e melanconie come ne Il Cielo a Villa Fiorita(1952), tra gli ultimi capolavori.

Roma- Museo Nazionale Romano   Palazzo Altemps   Roma, Piazza di S. Apollinare, 46 fino al 20 settembre 2020; orari   dal martedì al venerdì dalle ore 14.00 alle 19.45   (ultimo ingresso ore 19.00)     il sabato e la domenica dalle 10.30 alle 19.45   (ultimo ingresso ore 19.00), chiuso il lunedì; biglietti acquistabili unicamente online www.coopculture.it e tramite call center 0639967701, Costo intero €.10 il biglietto avrà la validità di una settimana, consentendo un ingresso a tutte le sedi del Museo Nazionale Romano secondo i giorni e gli orari di apertura previsti; per i cittadini dell’Unione Europea, di età compresa tra i 18 e i 25 anni €.2; gratuità secondo la normativa vigente. Info su  www.museonazionaleromano.beniculturali.i

Musei Capitolini – Sale espositive di Palazzo Caffarelli – Campidoglio, ai Musei Capitolini “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. In mostra il famoso Ragazzo morso da un ramarro e oltre quaranta dipinti degli artisti influenzati dalla sua rivoluzione figurativa

A cura della Redazione

Le sale espositive di Palazzo Caffarelli – Roma, Campidoglio – la mostra curata da Maria Cristina Bandera “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi”. La pittura di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, e della sua cerchia rappresenta infatti la centralità delle ricerche di Roberto Longhi, una delle personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX secolo, di cui ricorre nel 2020 il cinquantenario della scomparsa. La mostra si apre con queste suggestive parole, scritte da Roberto Longhi nel 1951: “Dopo il Caravaggio, i “caravaggeschi”. Quasi tutti a Roma, anch’essi, e da Roma presto diramatisi in tutta Europa. La “cerchia” si potrà dire, meglio che la scuola; dato che il Caravaggio suggerì un atteggiamento, provocò un consenso in altri spiriti liberi, non definì una poetica di regola fissa; e insomma, come non aveva avuto maestri, non ebbe scolari.

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                                                    Valentin de Boulogne: “Negazione di Pietro” – 1615/1617. Olio su tela

Lo storico dell’arte Roberto Longhi si dedicò allo studio del Caravaggio, all’epoca uno dei pittori “meno conosciuti dell’arte italiana”, già a partire dalla tesi di laurea, discussa con Pietro Toesca, all’Università di Torino nel 1911. Una scelta pionieristica, che tuttavia dimostra come il giovane Longhi seppe da subito riconoscere la portata rivoluzionaria della pittura del Merisi, così da intenderlo come il primo pittore dell’età moderna. In mostra é esposto uno dei capolavori di Caravaggio, acquistato da Roberto Longhi alla fine degli anni Venti: il Ragazzo morso da un ramarro. L’opera, che risale all’inizio del soggiorno romano di Caravaggio e databile intorno al 1596-1597, colpisce innanzitutto per la resa del brusco scatto dovuto al dolore fisico e alla sorpresa, che si esprimono nella contrazione dei muscoli facciali del ragazzo e nella contorsione della sua spalla. Ma anche per la “diligenza” con cui il pittore ha reso il brano della natura morta con la caraffa trasparente e i fiori, come sottolineò Giovanni Baglione già nel 1642

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Nella sala introduttiva, dedicata alla figura di Roberto Longhi e alla Fondazione da lui istituita, è esposto un disegno a carboncino della sola figura del ragazzo, tratto dallo stesso Roberto Longhi, che vi appose la propria firma e la data 1930. Si tratta di un d’après, dal foglio a grandezza quasi naturale, che non solo dimostra l’abilità di disegnatore dello storico dell’arte, ma che soprattutto ne attesta la perfetta comprensione dell’organizzazione luminosa del dipinto che aveva davanti agli occhi.

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Roberto Longhi: “Ragazzo morso da un ramarro”. Disegno dal dipinto del Caravaggio. – 1930 – Carboncino su carta bianca

” Quattro tavolette di Lorenzo Lotto e due dipinti di Battista del Moro e Bartolomeo Passarotti aprono il percorso espositivo con l’intento di rappresentare il clima artistico del manierismo lombardo e veneto in cui si è formato Caravaggio. Oltre al Ragazzo morso da un ramarro è in mostra Il Ragazzo che monda un frutto, una copia antica da Caravaggio, che Longhi riteneva una “reliquia”, tanto da esporla all’epocale rassegna di Palazzo Reale a Milano nel 1951. A seguire sono esposti oltre quaranta dipinti degli artisti che per tutto il secolo XVII sono stati influenzati dalla sua rivoluzione figurativa. Tra questi è possibile ammirare tre tele di Carlo Saraceni; l’Allegoria della Vanità, una delle opere più significative di Angelo Caroselli; l’Angelo annunciante di Guglielmo Caccia detto Il Moncalvo; la Maria Maddalena penitente di Domenico Fetti; la splendida Incoronazione di spine di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone.

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        Giovan Battista Caracciolo detto Battistello: Cristo morto trasportato al sepolcro- Primo quarto XVII sec. – Olio su tela

Tra i grandi capolavori del primo caravaggismo spiccano inoltre cinque tele raffiguranti Apostoli del giovane Jusepe de Ribera e la di Cristo di Battistello Caracciolo, tra i primi seguaci napoletani del Caravaggio. La Negazione di Pietro è poi il grande capolavoro di Valentin de Boulogne, recentemente esposto al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo del Louvre di Parigi, la cui ambientazione è un preciso riferimento alla famosa Vocazione di San Matteo di Caravaggio, nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi. Con opere di rilievo sono presenti anche artisti fiamminghi e olandesi come Gerrit van Honthorst, Dirck van Baburen e soprattutto Matthias Stom. A una stagione più avanzata sono riferibili due capolavori di Mattia Preti – l’artista che più di ogni altro contribuì a mantenere fino alla fine del Seicento la vitalità della tradizione caravaggesca – e due bellissime tele di Giacinto Brandi con le quali si conclude il percorso espositivo.

Roma Musei Capitolini – Palazzo Caffarelli  Piazza del Campidoglio, 1 -Fino al 13 settembre 2020. Tutti i giorni ore 9.30 – 19.30. Preacquisto obbligatorio online da casa www.museicapitolini.orgwww.museiincomune.it – Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i non residenti a Roma: € 15,00 biglietto integrato intero; € 13,00 biglietto integrato ridotto. Biglietto “integrato” Mostra + Musei Capitolini per i residenti a Roma € 14,00 biglietto integrato intero; € 12,00 biglietto integrato ridotto. Ingresso gratuito per i possessori della “MIC Card” previa prenotazione obbligatoria e gratuita al numero 060608.  Preacquisto MIC card online.

Tra Munari e Rodari – Un omaggio a due grandi protagonisti della cultura per l’infanzia del Novecento.

Donatello Urbani

Dopo la condivisione nello spazio virtuale arriva a Roma al Palazzo delle Esposizioni la mostra Tra Munari e Rodari, iniziativa proposta dal Comitato promotore per le celebrazioni dell’Anno Rodariano istituito da Biblioteche di Roma. Il progetto, in collaborazione con Corraini Edizioni con cui Bruno Munari ha sempre lavorato stabilmente nel corso degli anni, vuole essere un omaggio ai due artisti e celebrare il loro incontro, umano e intellettuale. Già varcato l’ingresso dell’unica sala che accoglie la rassegna ci troviamo immersi nell’immaginifico mondo delle buone intenzioni dove le parole di Rodari risuonano forti e imperiose: “Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo”.  Non un formale tributo reso solo ai più piccoli, ma un piccolo dono a due “scorpioni”, come li definisce il Presidente di Biblioteche di Roma, Paolo Fallai, che “hanno preso molto sul serio la giocoleria della vita. E facendoci dolcemente sanguinare, hanno cercato di aprirci un cammino di libertà.”

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Il filo conduttore presente nei dieci pannelli: la scuola, il rispetto, giocare è una cosa seria e che, come scrivono i curatori, restituiscono, inoltre, “un continuo gioco di rimandi tra immagini e parole, i nodi in comune tra due protagonisti unici del panorama artistico del ‘900 italiano: la creatività come pensiero divergente, la serietà del gioco, il potere dello straniamento”. In questa occasione gli organizzatori si sono rivolti a 5 illustratori e illustratrici: Andrea Antinori, Marianna Coppo, Mariachiara Di Giorgio, Massimiliano Di Lauro e Alessandro Sanna – a interpretare con il proprio segno le filastrocche del maestro di Omegna e a suggerire a bambini e bambine tecniche e strumenti originali per realizzare i propri disegni.

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Le tavole degli artisti e i loro video-tutorial assieme alle decine di lavori realizzati dai più piccoli arricchiscono la mostra con una propria sezione. La mostra proseguirà fino a ottobre per chiudersi con il doppio festeggiamento del compleanno dei due protagonisti, vicini anche nel giorno della nascita: Gianni Rodari avrebbe compiuto 100 anni il 23 ottobre, Bruno Munari 113 il 24. Bruno Munari (1907-1998) è stato uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del ‘900. Ha sempre dedicato la propria attività creativa alla sperimentazione, con un’attenzione particolare al mondo dei bambini e dei loro giochi. Le sue creazioni nei campi della pittura, scultura, design, fotografia e didattica ne attraversano le diverse poetiche seguendo il filo della sua personalissima originalità. Gianni Rodari (1920-1980) è stato maestro, giornalista, pedagogista e scrittore, a partire dagli anni Cinquanta ha iniziato a pubblicare le sue opere per bambine e bambini, che hanno ottenuto fin da subito un enorme successo di pubblico e di critica. I suoi libri, tradotti in molte lingue, hanno meritato nel 1970, il prestigioso premio «Hans Christian Andersen», considerato il «Nobel» della letteratura per l’infanzia. La sua Grammatica della fantasia è diventata fin da subito un punto di riferimento per quanti si occupano di educazione alla lettura e di letteratura per ragazzi.

Roma: Palazzo delle Esposizioni –Via Nazionale 194 – fino al 24 ottobre 2020 con ingresso gratuito e orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 20.00 venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 I visitatori sono tenuti a rispettare tutte le misure previste dal Piano sicurezza disponibile sul sito www.palazzoesposizioni.it scaffaledarte@palaexpo.it

World Press Photo Exhibition 2020 -La parola alle immagini. Le 139 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo al Palazzo delle Esposizioni dal 16 giugno al 2 Agosto 2020.

Donatello Urbani

Roma, in anteprima nazionale, ospita al piano superiore del Palazzo delle Esposizioni, le 139 foto finaliste del prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti. L’esposizione è ideata dalla World Press Photo Foundation di Amsterdam. I nomi dei vincitori dell’edizione 2020 sono stati annunciati lo scorso 16 aprile attraverso i social network; la pandemia non ha reso possibile la consueta cerimonia di premiazione che si tiene ogni anno ad Amsterdam e che inaugura il World Press Photo Festival. Per questa 63° edizione, la giuria formata da esperti internazionali, ha esaminato i lavori di 4.282 fotografi, provenienti da 125 paesi per un totale di 73.996 immagini. Sono arrivati in finale 44 fotografi, provenienti da 24 paesi.

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Yasuyoshi Chiba è risultato il vincitore della foto dell’anno con Straight Voice. Lo scatto ritrae un giovane che, illuminato dai telefoni cellulari dei suoi compagni, recita poesie nel corso di una manifestazione di protesta che reclama un governo democratico per il Sudan, durante un blackout a Khartum, il 19 giugno 2019. Parole al posto della violenza, come ha precisato Luca Bergamo, Vice Sindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Roma. La fotografia che ritrae il giovane vuole esprimere un senso profondo di speranza per un mondo migliore che va ben oltre la protesta. Gli altri premiati sono: Romain Laurendeau, “World Press Photo Story of the Year”, con Kho, The Genesis of Revolt. Kho, nel colloquiale arabo nordafricano, significa fratello. Il reportage racconta il profondo disagio della gioventù algerina che, sfidando le autorità, ha spinto il resto della popolazione a unirsi alla loro azione, dando vita al più grande movimento di protesta dell’Algeria degli ultimi decenni.

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                                                                                   Foto Fabio Bucciarelli per l’Espresso

Tra i finalisti anche sei italiani: Fabio Bucciarelli, Luca Locatelli, Alessio Mamo (classificatosi secondo nella categoria “General News, foto singola”), Nicolò Filippo Rosso, Lorenzo Tugnoli e Daniele Volpe. In mostra, per la prima volta, anche una selezione delle foto iconiche che hanno vinto il premio come Foto dell’Anno dal 1955 ad oggi. Oltre alle foto, è presente per il secondo anno anche una sezione dedicata al Digital Storytelling con una serie di video che raccontano gli eventi cruciali e la storia nascosta del nostro tempo. Una mostra questa di grande interesse  e che dimostra e restituisce al mondo intero, come ha dichiarato Francesco Zizola, coocuratore per l’Italia della rassegna, “l’enorme capacità documentale e narrativa delle immagini, rivelandone il fondamentale ruolo di testimonianza storica del nostro tempo”.

Roma: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 – fino al 2 agosto 2020. Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura ed esclusivamente previa prenotazione obbligatoria gratuita e acquisto del biglietto on line. Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it Costo del biglietto: Intero € 12.50; Ridotto € 10,00; valido anche per visitare la mostra Jim Dine

Guerrino Tramonti – Faenza 1915/1992 – alla Casina delle Civette con la mostra antologica “Alchimie di terra e di luce” – fino al 27 settembre 2020-06-11. I mille volti della ceramica

Donatello Urbani

Le arti applicate, già da vario tempo, hanno trovato a Roma, nella Casina delle Civette, la loro dimora preferita. Non poteva essere altrimenti in considerazione sia della particolare architettura del fabbricato e dell’arredo che fanno rivivere, fra l’altro, un certo sapore esoterico, sia per le belle decorazioni, in particolare vetrate, che quasi in contrapposizione sono un elogio della luce e della brillantezza.

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Su questo percorso si sono mossi e tanto la Direttrice della Casina delle Civette, dott.ssa Maria Grazia Massafra,  che le responsabili del progetto di allestimento Cloe Berni e Livia Ducoli della Galleria Sinopia, arte antica e contemporanea, design artistico, che nell’esposizione delle opere di Guerrino Tramonti, hanno prestato la massima attenzione nel farle dialogare con quelle in esposizione permanente.

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In proposito significativo è quanto scrive la dott.ssa Maria Grazia Massafra nel bel catalogo edito da EdiLet – edizioni letterarie – nel presentare le opere in esposizione che: “….si collocano magicamente negli spazi intimi ed esoterici della Casina delle Civette, dialogando con le vetrate artistiche attraverso la trasmutazione della materia in luce e colore. La stessa natura solitaria ed artistica lega l’artista Tramonti al Principe Giovanni Torlonia Jr., che esprime sé stesso con il motto – Sapienza e Solitudine – apposto sopra uno degli ingressi della sua casa alchemica….. Anche la presentazione di questo artista,  vero e proprio alchimista specie nella scelta dei colori, la dott.ssa Massafra scrive: “Guerrino Tramonti  nel corso della sua proficua e lunga attività, ha delineato un percorso di artista ben riconoscibile, in particolare nella sua produzione di ceramiche. Ha definito sempre stili innovativi dove la favola e la magia del fare giocano un ruolo importante nel design. Tramonti modella la terra con l’alchimia casuale del fuoco, creando immagini imprevedibili e non convenzionali, distanti dai canoni accademici. L’impronta materica e policroma che l’artista imprime alle sue opere e l’espressività esuberante che da esse traspare superano la tradizione e pertanto trasmigrano  verso un nuovo linguaggio.”

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Lungo il percorso espositivo che in questa occasione è stato suddiviso in due distinte aree: corpo principale della casina delle Civette e la sua “dependance”, si possono ammirare oltre cinquanta opere tra maioliche, arazzi e dipinti che coprono un arco temporale compreso tra il 1954 e il 1988. Proprio sulle pittura ad olio  si concentrerà l’ultima produzione artistica di Tramonti. Dalla “Dipendenza” può iniziare la visita all’intera rassegna. Qui troviamo una selezione di opere che, come scritto nel catalogo: “dimostrano quanto nella poetica di Tramonti sia determinante approccio globale alle arti: dalla pittura alla ceramica, alla tessitura”…, mentre all’interno del fabbricato principale si trovano esposte opere in “gres porcellanato”, come lo stesso Tramonti amava definirle, realizzate in prevalenza negli anni ‘sessanta.

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Per una più completa conoscenza di questo “artista oramai storicizzato”, come lo definiscono le curatrici Stefania Severi e Raffaella Lupi, la Galleria Sinopia: “da sempre attiva nel promuovere la scultura ceramica contemporanea, ha inserito opere dell’artista nell’articolato spazio della galleria, tra arredi antichi, scultura moderna e disign artistico, a sottolineare non solo la duttilità di inserimento che la ceramica consente, ma anche  la sua perfetta godibilità….”, come scrivono nel catalogo le suddette, Raffaella Lupi e Stefania Severinel. Catalogo edito da EdiLet – Edizioni Letterarie – pagine 87 costo €.15,00.

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Roma, Musei di Villa Torlonia, Casina delle Civette (Via Nomentana, 70), fino al 27 settembre 2020;

Sinopia Galleria, Via dei Banchi Nuovi, n.21/b- Roma – www.sinopiagalleria.com – tel.06.6872869.

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