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Rocco Chinnici “E’ così lieve il tuo bacio sulla fronte”.

Mariagrazia Fiorentino

Il film per la TV “Rocco Chinnici”, che verrà trasmesso martedi 23 gennaio in prima serata su RAI Uno, é tratto dal libro “E’ così lieve il tuo bacio sulla fronte”  –  “Mondadori libri” – ; scritto dal magistrato Caterina Chinnici, figlia del giudice Rocco, ucciso dalla mafia 35 anni fa. Il libro racconta la vita pubblica e privata del giudice mettendo in risalto la sua figura paterna anche con i suoi collaboratori. Il film sarà proiettato il 24 p.v. al Parlamento Europeo e poi sarà portato nelle scuole. Il giudice Chinnici sempre vicino alla sua famiglia e ai giovani, diceva: “Sono tre i mestieri più belli del mondo, e cominciano tutti con la lettera M: il maestro, il medico ed il magistrato”. Dice la figlia Caterina: “Ho scritto questo libro perché volevo che mio padre rivivesse ancora almeno una volta”. La straordinaria interpretazione di Sergio Castellitto nel ruolo del magistrato Chinnici coadiuvato da Cristiana Dell’Anna e Manuela Ventura ne fanno un capolavoro assoluto da non perdere.

Una vita per l’arte: Roberto Conforti. Un convegno insieme alla presentazione della mostra “Archeologia un ritorno reale” ,di prossima programmazione alla Reggia di Caserta, ed allo spettacolare recupero di ben 250 personaggi del presepe napoletano del ‘700.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino  e  Donatello Urbani

Avevo una domanda, purtroppo rimasta inevasa, che volevo rivolgere al Generale Roberto Conforti, Comandante dei Carabinieri TPC – Tutela Patrimonio Culturale nel corso di una conferenza stampa-: ”Quanto resta del cosiddetto fiuto investigativo (dote ritenuta primaria da tutti gli investigatori  e della quale il Generale Conforti era abbondantemente dotato, certamente pur non ammettendolo) dopo gli apporti tecnologici e scientifici da lui voluti ed introdotti sotto il suo comando?”.  La mia curiosità poteva essere appagata solo dal Generale Conforti perché i suoi successori si sono trovati già a disposizione un ampliamento dei nuclei Carabinieri TPC su tutto il territorio nazionale e cosa, di primaria importanza, una banca dati con oltre un milione e seicentomila schede relative ai beni culturali di proprietà dello stato italiano  catalogati, fotografati  e descritti nei più piccoli particolari.

cratere EufronioCratere a calice attico a figure rosse con il trasporto del corpo di Sapedonte. Opera firmata da Euxitheos ed Euphronion acquistato nel mercato antoquario dal metropolitan Museum di New York e recuperato dal Comando carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

Grazie a questa nuova opportunità tecnologica è stata possibile la restituzione del famoso cratere a calice attico a figure rosse raffiguranti il trasporto di Sarpedonte firmato da Euxitheos ed Euphronios acquistato dal Metropolitan Museium di New York per la considerevole cifra di un milione di dollari USA. Mai, prima di allora, un reperto archeologico era stato pagato tanto al mercato clandestino e questo contribuì negativamente perché rendeva vantaggioso il commercio di reperti archeologici trafugati e sottratti ai patrimoni culturali nazionali anche se di provenienza da scavi clandestini ed illegali. Forse il fiore all’occhiello dei recuperi del Comando Carabinieri TPC può riferirsi alla “Triade Capitolina”; un complesso marmoreo raffigurante Giove in mezzo a Minerva e Giunone, principali divinità venerate a Roma alle quali era dedicata un buon numero di templi tanto in città quanto nei territori periferici.

Triade capitolinaIl gruppo scultoreo della Triade Capitolina, recuperato al Passo dello Stelvio dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nel 1994, é esposto dal 2012 nel Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” di Guidonia Montecelio.

Recupero  avvenuto nel 1994, tre anni dopo l’assunzione del comando del Generale Conforti, nel mercato clandestino e proveniente da uno scavo illegale compiuto da tombaroli nei pressi di  Guidonia Montecelio. In questa occasione un ruolo di primo piano fu giocato dal fiuto investigativo che dava presente nel mercato clandestino un reperto archeologico di notevole importanza. Oggi questa preziosa opera d’arte è esposta nel Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” di Guidonia Montecelio all’impronta della saggia politica di contestualizzazione e rivalutazione delle eccellenze culturali locali.

davConvegno: “Una vita per l’arte. Roberto Conforti” tenuto nella sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini. Veduta perziale  con i partecipanti.

Tutto questo  è stato al centro del  convegno dal titolo “Una vita per l’arte” organizzato dal Centro Europeo per il Turismo Cultura e Spettacolo e presieduto dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Tullio Del Sette,  per ricordare il Generale Conforti  a pochi mesi dalla sua scomparsa. In questa occasione è stata annunziata la  realizzazione di una  mostra nella Reggia di Caserta dove saranno esposti i più significativi beni culturali recuperati nel corso degli undici anni che videro il Generale Conforti reggere con sagacia il Comando Carabinieri TPC.

Non è nostra abitudine riportare commemorazioni, ma in questo caso è stato un atto dovuto per rendere omaggio ad una persona che ha speso gran parte della sua vita a favore dell’arte.

A distanza di due giorni è giunto un comunicato del Comando Carabinieri TPC che dichiarava il recupero di oltre 250 pastori del presepe napoletano del ‘700, per un valore di 2 milioni di euro, rubati in abitazione private e chiese.

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Il recupero dei pastori, tutti autentici e realizzati secondo le antiche tradizioni dell’arte presepiale napoletana, famosa in tutto il mondo, è il risultato degli approfondimenti investigativi, nell’ambito di un’indagine su furti, commessi in danno di luoghi di culto e istituti religiosi, avvenuti in Comuni ubicati tra l’alto casertano e la provincia di Isernia (già in parte illustrati nella conferenza stampa del 13 settembre scorso). I sequestri dei preziosi manufatti sono avvenuti a carico di oltre 20 persone, residenti sull’intero territorio nazionale (Bergamo, Salerno, Brescia, Reggio Calabria, diversi comuni dell’hinterland napoletano), raggiunte tutte da informazioni di garanzia per il reato di ricettazione. Al momento i dati presenti nella banca dati dei Carabinieri TPC hanno consentito di individuare solo 49 pastori, oggetto di 3 importantissimi furti avvenuti, tra il 1999 ed il 2000, presso 2 abitazioni private di Napoli e dalla Chiesa di “Sant’Agnello” della costiera sorrentina.  Tutto questo vuole anche essere un monito rivolto ai cittadini di denunciare immediatamente le sottrazioni di opere d’arte di loro proprietà e, nello stesso, rivolgere loro un invito a prendere opportuni contatti al fine di riconoscere, attraverso le foto e le immagini diffuse dagli organi d’informazione, i personaggi  presepiali illecitamente sottratti.

“Traiano – Costruire l’Impero, creare l’Europa” – L’optimus princeps che portò l’impero romano alla sua massima estensione celebrato a 1900 anni dalla morte ai Mercati di Traiano

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Costruire un Impero di così vaste dimensioni quali quello romano nel suo massimo splendore non deve essere stata un’impresa facile neppure per un conquistatore nato quale lo fu Traiano. Per la prima volta un’unica volontà politica amministrava quasi tutti i territori oggi racchiusi nei confini europei. E in che relazione sta l’Impero Romano con l’Europa attuale? Scrivono i curatori della mostra“Traiano. Costruire l’impero, creare l’Europa” allestita a Roma nell’area archeologica dei Mercati di Traiano:  “Politica, economia, welfare, conquiste militari ottenute senza esclusione di colpi; inclusione di popolazioni diverse sotto un unico Stato che governa con leggi che ancora oggi sono alla base della giurisprudenza moderna; la buona amministrazione, influenzata anche da donne capaci, first ladies autorevoli; campagne di comunicazione e capacità di persuasione per ottenere il consenso popolare attraverso opere di pubblica utilità, magnificentia publica e lusso privato, ma discreto”.

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Questa rassegna s’incentra principalmente sul racconto della vita eccezionale di un uomo “ordinario”, significativamente sul titolo coniato espressamente per lui optimus princeps, ovvero il migliore tra gli imperatori. Colui che seppe riportare gioia tra i romani! come ricordato dallo storico Plinio il Giovane, suo contemporaneo “Traiano ci ha ordinato di essere felici e noi lo saremo”, come ha ricordato il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce nel corso della conferenza stampa. Primo imperatore non romano di nascita bensì ispanico, non appartenente ad alcuna dinastia imperiale, ma di ottima famiglia – Ulpia – Marco Ulpio Traiano segue le orme del padre naturale e percorre velocemente i gradi della carriera militare, dimostrando doti di stratega e combattente sul campo a fianco dei suoi uomini, dei quali guadagna così il consenso e la fedeltà assolute. Non solo per questo l’imperatore Nerva lo adotta come successore, ma anche perché ne percepisce le capacità di affrontare anche i temi spinosi delle riforme sociali ed economiche di cui l’Impero ha urgente bisogno: lo nomina mentre lui si trova in Germania, lontano dalla capitale che non ha mai visitato.

L’intero percorso espositivo si articola in sette sezioni e, nel corso dell’intero periodo, sarà integrato da conferenze, convegni e pregevoli eventi culturali quali una mostra immersiva che grazie alle nuove moderne tecnologie e allo storytelling, protagonisti anch’essi dell’allestimento e dei contenuti, consentono ai visitatori di trovarsi immersi nel mondo di Traiano.

La prima sezione introduce la figura di Traiano a partire dalla sua morte, di cui ricorre il 1900° anniversario attraverso uno spazio in penombra dove l’imperatore Traiano si presenta e si racconta.

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La seconda sezione ci porta in piena guerra in Dacia i cui protagonisti raccontano a ritroso la vittoria nel trofeo di Adamclisi, nonché le vicende dei combattimenti e la conquista dell’intero territorio. Il tutto è stato immortalato nel fregio della Colonna di Traiano, i cui calchi si distendono nella Grande Aula, mentre sul lato opposto il nemico sconfitto è evocato dalle imponenti figure dei Daci in mostra nel Foro di Traiano. Gli eventi del dopo la guerra che raccontano le prime fasi di quel processo di “costruzione della pace” che  si diffonde nelle province sono la seconda parte di questa sezione in cui le divinità romane si mescolano a quelle locali e le iscrizioni dei veterani di Traiano, ormai trapiantatisi nelle nuove terre romanizzate, raccontano di uomini di guerra che diventano notabili e amministratori cittadini.

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Testa di Plotina, moglie di Traiano, sulla sinisttra. Ebbe un ruolo importante sulla nomina del successore, Adriano, e nei rapporti che  intrattenne con lui una volta nominato imperatore. Alla morte lo stesso Adriano volle che Plotina fosse divinizzata. Sulla destra raffigurazione di nobildonna romana.

La costruzione di un impero: infrastrutture e welfare è il titolo assegnato alla terza sezione che parte con un grande video che ci trasporta nei luoghi delle province dell’impero. Modelli in scala e preziose raffigurazioni sulle monete evocano i monumenti che diffondono in tutto il vastissimo territorio un’immagine comune di vita civile, rendendo l’impero più solido, più unito, più Patria per tutti coloro che vivevano all’interno dei suoi confini, una Europa in nuce. Alla costruzione dell’impero, prendono parte, a fianco dei loro uomini, le donne della casa imperiale: partecipi della politica e dei saggi provvedimenti amministrativi  traianei. Queste figure furono modelli di comportamento per le altre donne non solo rispetto alle tradizionali virtù femminili (fedeltà, devozione, riservatezza, modestia, pudicizia), ma soprattutto in nuovi ambiti, quello imprenditoriale e quello energetico. Tutte avevano estesi possedimenti in Italia e in Africa, alcune erano proprietarie di fabbriche di laterizi: questa grande ricchezza permise una consistente opera di beneficenza a sostegno della collettività.

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La quarta sezione offre un Traiano privato presentandoci gli spazi privati dell’imperatore dove è possibile ammirare la raffinatissima decorazione con stucchi dorati, marmi e affreschi della villa ad Arcinazzo, solo da poco riportati alla luce, restaurati e ricomposti.

Traiano dopo Traiano è il tema affidato alla quinta sezione. Si parte con l’evocazione dei giorni caratterizzati dalla fortuna che la figura dell’imperatore ebbe a partire dalla sua morte fino all’età moderna. Questa carrellata nel tempo termina con  un omaggio contemporaneo reso  alla Colonna Traiana dall’artista romena Luminița Țăranu.

La sesta sezione ci accompagna “Verso Roma” come recita il titolo assegnatole, con un progressivo avvicinamento alla città tramite video e immagini dell’Italia di Traiano. I nuovi porti di Civitavecchia e di Porto, quest’ultimo  hub, portale dell’impero, che permetteva tramite una vera e propria autostrada fluviale, il Tevere, di raggiungere le banchine della capitale. E quindi i canali nascosti del grande acquedotto dell’Acqua Traiana, e le recenti scoperte della Roma traianea: le terme di Colle Oppio e la ricostruzione del Circo Massimo, e ancora la visione inedita degli splendidi e inaccessibili spazi affrescati dei Privata Traiani nelle profondità dell’Aventino. Avvicinandoci ad osservare con ancora più dettaglio i Mercati di Traiano, sede stessa della mostra, scopriamo le straordinarie abilità dei Romani quali grandi costruttori.

IMG_20171128_124652                                                                                                          Statua acefala di Dace

L’ultima sezione, settima, “Messaggi di pietra” parte dal Foro di Traiano, inizio e fine del percorso e sintesi dell’immagine di sé che l’imperatore volle trasmettere, che si svela ulteriormente con nuovi frammenti e nuove ricomposizioni che si aggiungono a quelli già noti: tutti elementi di un “discorso in pietra” fatto d’immagini dal potente significato simbolico e che caratterizzano gli spazi degli edifici , esaltando la figura di Traiano e la potenza dell’impero.

Roma – Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali, Via Quattro Novembre, 94. Fino al 16 settembre 2018 tutti i giorni dalle ore 9,30 alle 19,30. Biglietto d’ingresso integrato con Mostra più Mercati di Traiano e Museo dei Fori Imperiali , per residenti €.13,00, ridotto €.11,00, per gli altri, intero €.15,00, ridotto €.13,00.

“Egizi Etruschi” Da Eugene Berman allo Scarabeo Dorato – Un dialogo tra due grandi popoli del Mediterraneo in una mostra alla Centrale Montemartini

Testo e Foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’incontro e il confronto fra differenti popoli che i moderni sociologi hanno chiamato globalizzazione, non è una prerogativa esclusiva dei nostri giorni. Questa mostra, allestita al piano terra della Centrale Montemartini ed inaugurata insieme al nuovo spazio di 250 mq dedicato alle esposizioni temporanee, già nel titolo “Egizi Etruschi. Da Eugene Berman allo Scarabeo dorato” presenta in maniera inoppugnabile che  il desiderio d’intrattenere buoni rapporti con i vicini era presente nei popoli fin nei tempi remoti.

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Scrivono in proposito i curatori  Alfonsina Russo, Claudio Parisi Presicce, Simona Carosi e Antonella Magagnini; “La mostra offre l’opportunità di vedere a confronto due importanti culture, affacciate sulle sponde del Mediterraneo, la cultura egizia e quella etrusca, traendo spunto dai preziosi oggetti egizi, databili tra l’VIII e il III secolo a.C., rinvenuti nelle recentissime campagne di scavo a Vulci, importante città dell’Etruria meridionale. Questi documenti raccontano degli scambi commerciali ma, soprattutto, del dialogo culturale tra queste civiltà che condivisero ideali di regalità, simboli di potere e pratiche religiose; questo testimoniano lo scarabeo egizio con il prenome del faraone Bocchoris, già noto per la menzione su un vaso da Tarquinia e gli amuleti con divinità egizie rinvenute nelle sepolture etrusche, riconducibili a un concetto comune di positività che scaturisce dalle forze vitali della natura. Un confronto che vuole anche rappresentare un’occasione di riflessione sul valore del dialogo tra le culture, relazione che è stata da sempre fonte di progresso per i popoli”.

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Scarabeo del Faraone Bocchiris       Tomba delle mani d’argento da Vulci

Il percorso espositivo prende avvio con una sezione introduttiva che permette di cogliere attraverso immagini fotografiche, volumi antichi e una selezione di opere, il gusto del collezionismo ottocentesco, in particolare quello di due cultori delle grandi civiltà del mondo antico, Augusto Castellani e Giovanni Barracco, che vissero e operarono negli stessi anni. I due collezionisti furono tra i maggiori esperti di arte antica dell’epoca, legati al composito e multiforme scenario romano della ricerca archeologica e del commercio antiquario. Entrambi, con atto di liberalità, destinarono le loro collezioni al Comune di Roma, Castellani arricchendo i Musei Capitolini e Barracco inaugurando nel 1905 un “Museo di scultura antica” ospitato in un piccolo edificio neoclassico costruito appositamente.

IMG_20171220_120451Reperti recuperati dal Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale: n°1- Oinochoe attica a figure nere con Dioniso seduto e Arianna – VII sec. a.C. Già collezioni Castellani – n°2- Ex voto: statuetta di dea armata (Minerva?) in bronzo. Inizi V sec. a.C.- n°3- Statuetta di devoto in bronzo. da Velletri. Fine del VI° sec. a.C. –

A questa sezione segue l’esposizione di preziose opere egizie della collezione di Eugene Berman, pittore, illustratore, scenografo e collezionista d’arte russo, donate nel 1952 alla Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Etruria meridionale. Il percorso espositivo prosegue con cinque sezioni: Il metallo degli dei: l’oro simbolo di regalità; Faraoni e Principi; Il sogno di immortalità; Dee e dei dall’Antico Egitto all’Etruria; L’oro di Nefertum: profumi d’Oriente. La mostra si conclude con un riferimento alla attività del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, con l’esposizione al pubblico del prezioso corredo funerario della Tomba dello Scarabeo dorato, trovata a Vulci nel 2016 nell’ambito della attività di contrasto agli scavi clandestini.

Centrale Montemartini Via Ostiense 106 – 00154 Roma – fino al 30 giugno 2018 con orario Martedì – Domenica ore 9-19; 24 e 31 dicembre 9-14. Chiuso: lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre. Costo del Biglietti Biglietto unico comprensivo di ingresso al Museo e alla Mostra  € 11 intero e di € 10 ridotto per i non residenti. Per i residenti a Roma: biglietto unico comprensivo di ingresso al Museo e alla Mostra € 10 intero e € 9 ridotto. Gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Info Mostra Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00) www.centralemontemartini.org; www.museiincomune.it

Glorie di carta . Il disegno degli arazzi Barberini

Testo e Foto di Donatello Urbani

Un progetto ampiamente condivisibile questo attuato dalle  Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma : far rivivere l’arazzeria Barberini, una delle più prestigiose al mondo, attraverso la mostra: “Glorie di carta. Il disegno degli arazzi Barberini”, a cura di Maurizia Cicconi e Michele Di Monte, dedicata all’esposizione dei cartoni preparatori delle più importanti serie di arazzi realizzate dalla fabbrica impiantata a Roma nel 1627 dalla famiglia Barberini. Il percorso espositivo, allestito fino al al 22 aprile 2018  in una sala della Pinacoteca di Arte Antica di Palazzo Barberini, mostra tre cartoni preparatori, ciascuno appartenente a uno dei cicli che ritraggono le Storie di Costantino, la Vita di Cristo e le Storie di Urbano VIII.  Le serie prescelte sono le più importanti delle sette volute dal Cardinal Francesco e prodotte dall’arazzeria Barberini, lungo un arco di circa cinquant’anni di attività.

IMG_20171219_113711Pietro Berrettini detto Da Cortona: “Ritratto di Papa Urbano VIII” – 1627. Maffeo Berberini. Olio su tela. Collezione Musei Capitolini.

“I cartoni, che escono per la prima volta dai depositi dopo vent’anni,“ scrivono i curatori, “costituiscono un’occasione irripetibile per conoscere una delle più fastose committenze della famiglia, ancora poco nota al grande pubblico. Sebbene la tecnica della tessitura ad arazzo abbia origini antichissime, nel Seicento divenne strumento di ostentazione dello status sociale delle famiglie altolocate: possedere un’arazzeria era segnale di grande prestigio e ricchezza. Grandi pittori e artisti dell’epoca erano chiamati a dipingere il disegno preparatorio dell’arazzo: è il caso del ciclo con le Storie di Costantino, alla cui intera ideazione sovrintese Pietro da Cortona”.

IMG_20171219_113304Pietro da Cortona (1596-1669), “Costantino abbatte gli idoli”. Appartiene alla serie con le Storie di Costantino, il più prestigioso ciclo messo in produzione dall’arazzeria.

La serie della Vita di Cristo (composta di 12 grandiosi arazzi, di cui le Gallerie Nazionali Barberini Corsini posseggono ben 8 cartoni) è opera di Giovan Francesco Romanelli. Di questa serie  viene presentata in mostra per la prima volta “La Natività”.

IMG_20171219_114032Giovan Francesco Romanelli (1601-1662), “La Natività”. Fa parte della serie con la Vita di Cristo. Il monumentale progetto, avviato nel 1643, consta di 12 pezzi. Il ciclo della Vita di Cristo impegna l’arazzeria in anni difficili per i Barberini. Nel 1644 il nuovo Papa Innocenzo X Pamphilj, ostile alla famiglia, avvia un’inchiesta sulla condotta del defunto Urbano VIII e dei nipoti, accusati di aver sottratto denari all’erario pontificio per scopi privati. I Barberini sono costretti ad abbandonare Roma. Forse anche per questo la realizzazione si protrae a lungo. Molto probabilmente, il Cardinal Francesco affida il ciclo delle dodici storie di Cristo a Giovanni Francesco Romanelli sulla scorta del successo del suo precedente impegno per i Dossali della Cappella Sistina. Il pittore viterbese, cresciuto all’ombra del maestro Pietro da Cortona, ottiene finalmente la sua emancipazione, il suo riscatto. Dei dodici arazzi, attualmente nella cattedrale di Saint John the Divine di New York, si conservano a Palazzo Barberini otto cartoni.

Il ciclo di arazzi con la Vita di Urbano VIII, progettato dalla scuola di Pietro da Cortona, era destinato a decorare il grande salone di Palazzo Barberini”.

IMG_20171219_113944Antonio Gherardi (1638-1702), Maffeo Barberini presiede i lavori di bonifica del Lago Trasimeno. Appartiene alla serie della Vita di Urbano VIII.  È la serie più importante realizzata dall’arazzeria e, in assoluto, uno dei più notevoli cicli biografici del Seicento. La finalità panegirica è evidente: nei fatti prescelti per raccontare la vita di Urbano VIII, biografia e allegoria si sovrappongono. Il ciclo può considerarsi il completamento ideale dell’esaltazione del papa e della sua famiglia dipinta da Pietro da Cortona nel Trionfo della Divina Provvidenza (1632–1639). È infatti probabile che la collocazione prevista per il ciclo fossero proprio le pareti dello straordinario salone di  Palazzo Barberini. Gli arazzi si trovano attualmente conservati nei depositi dei Musei Vaticani.

Nel XVII secolo, collezionare arazzi era quasi d’obbligo per una famiglia che, come quella dei Barberini che ambiva a un prestigio internazionale, anche perché gli arazzi erano simboli di lusso, fasto e ricchezza ben più dei dipinti. Ma un conto era possedere arazzi, sia pure pregiati e in gran copia, altra cosa era possedere addirittura un’arazzeria di famiglia. E siccome i Barberini miravano in alto, e non badavano a spese, il Cardinal Francesco (1597-1679), nipote del Papa, decise di fondarne una  ex novo a Roma, naturalmente  a maggior gloria, e uso, della propria dinastia. L’occasione fu un regalo, che il cardinale, legato pontificio  alla corte di Francia nel 1625, ricevette da Luigi XIII, come “ captatio benevolentiae”  per compensare il parziale  insuccesso della delicata missione diplomatica. Il gesto fu grandioso e insieme strategico: sette enormi  arazzi, tessuti su disegni di Rubens, e dedicati alle  Storie di Costantino l’imperatore che aveva abdicato  al paganesimo per farsi cristiano e aveva ufficialmente concesso pieni diritti alla nuova Chiesa. Barberini accettò il dono, ma per completare la serie, secondo i propri interessi, preferì servirsi della manifattura romana da lui appena fondata nel 1627, e commissionò a Pietro da Cortona i cartoni sul cui modello tessere  cinque nuovi pezzi. Se le arazzerie francesi facevano scuola – l’arazzo, dopo tutto, deve il suo nome alla citta di Arras, che fu a lungo centro di produzione “par excellence”,  Roma poteva non essere da meno, se non altro nei disegni dei Barberini. L’arazzeria Barberini fu concepita e operò a immagine e somiglianza del suo fondatore: le serie prodotte riflettono totalmente il disegno politico e “mediatico” del Cardinal Francesco, al punto che, alla sua morte, la fabbrica cessò immediatamente di esistere. Per il suo progetto il cardinale ingaggiò numerosi specialisti: il primo responsabile della fabbrica fu il fiammingo Jacob van den Vliete, naturalizzato Giacomo della Riviera, che operò con i suoi collaboratori fino alla morte nel 1639. Il suo successore fu il genero Gasparo Rocci. Dal 1648, anno di morte del Rocci, la manifattura degli arazzi fu gestita da donne: Caterina della Riviera, rispettivamente figlia e moglie dell’artigiano fiammingo e del Rocci, e la sorella Maria Maddalena si successero nella guida dell’arazzeria fino al 1678. Un anno dopo, sotto la direzione di Anna Zampieri, l’arazzeria fu definitivamente chiusa. Francesco Barberini volle inoltre che le sedi dell’arazzeria non fossero troppo distanti dalle sue residenze abituali. I telai furono infatti allestiti prima a Palazzo Cesi e poi a Palazzo Rusticucci, entrambi vicini ai suoi appartamenti in Vaticano, quindi nel Casino Accoramboni – a un passo da Palazzo Barberini – e, infine, al vicolo dei Leutari, dove il cardinale teneva le sue carrozze, non lontano dal palazzo della Cancelleria, sede dei suoi uffici. Nei cinquant’anni di attività della bottega (1627-1679) furono realizzate sette importanti serie di arazzi, oltre a lavori minori. Pietro da Cortona, e dopo di lui Giovan Francesco Romanelli e Ciro Ferri, sovraintesero alla progettazione dei vari cicli, ma in larga parte i cartoni vennero materialmente eseguiti dai loro numerosi allievi. Di seguito una breve lista delle sette serie Barberini con gli autori dei cartoni:

I CASTELLI (1627–1630) 8 pezzi – Filippo d’Angeli e Francesco Mingucci

LE STORIE DI COSTANTINO (1630–1641)5 pezzi – Pietro da Cortona

I GIOCHI DI PUTTI (1637–1642) 8 pezzi – Giovan Francesco Romanelli

I DOSSALI PER LA CAPPELLA SISTINA (1635-1648) 4 pezzi – Pietro da Cortona e Giovan Francesco Romanelli

LA VITA DI CRISTO (1643–1656) 12 pezzi – Giovan Francesco Romanelli, Giuseppe Belloni, Paolo Spagna

LE STORIE DI APOLLO (1659–1663) 5 pezzi – Clemente Maioli

LA VITA DI URBANO VIII (1663–1679) 10 pezzi – Antonio Gherardi, Fabio Cristofani, Giacinto Camassei, Pietro Lucatelli.                                                                       IMG_20171219_113644                                                         Andrea Sacchi, Jan Miel e Antonio Gherardi: “Visita di Urbano VIII al Gesù” (1642-1643)

Di grande interesse in mostra anche il “Ritratto di Urbano VIII” di Pietro da Cortona, in prestito dai Musei Capitolini, e la “Visita di Urbano VIII al Gesù” (1642-1643) di Andrea Sacchi, Jan Miel e Antonio Gherardi, esposta l’ultima volta negli anni Ottanta del Novecento, realizzato in occasione della partecipazione di Papa Barberini alle celebrazioni per il centenario della fondazione dell’Ordine dei Gesuiti, che completano in maniera  esaustiva l’intero percorso espositivo.

Roma, Palazzo Barberini, Via delle Quattro Fontane, 13 fino al 22 aprile 2018 con orari: martedì / domenica 8.30 – 19.00. La biglietteria chiude alle 18.00. Giorni di chiusura: lunedì, 25 dicembre, 1° gennaio. Costo del biglietto d’ingresso: intero 12,00 € – ridotto 6 €. Gratuità come previste dalla legge. Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo di Palazzo Barberini e della Galleria Corsini. Informazioni: telefoniche 06-4824184- e.mail: Gan-aar@beniculturali.it

“ Voglia d’Italia” – Il Collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano.

Donatello Urbani

Sono due le sede espositive che ospitano fino al 4 marzo 2018 questa interessante mostra che, nelle parole della Direttrice del Polo Museale del Lazio, Edith Gabrielli, dovrebbe rappresentare anche il suo “canto del cigno” in quanto il mandato scadrà nel prossimo anno. Le location coinvolte sono il piano nobile di Palazzo Venezia e le nuove Gallerie Sacconi al Vittoriano, aperte al pubblico per la prima volta ,recentemente restaurate e adattate al nuovo compito. Per l’occasione il visitatore può fruire di un biglietto unico valido per gli ingressi nelle due sedi, che consente, fra l’altro, anche di accedere alla spettacolare terrazza panoramica del Vittoriano, oltre  visitare i nuovi percorsi di Palazzo Venezia recentemente aperti alla fruibilità del pubblico nel rispetto di un particolare programma  che ha per obbiettivo principale la valorizzazione di queste due sedi quali luoghi di cultura. In proposito, come attestano le preferenze accordate dal grande pubblico, entrambi sono tornati  ad essere fra le prime destinazioni e percorsi culturali visitati tanto dai turisti che dai romani.

Sartorio                                                                                                             Giulio Aristide Sartorio: “Le vergini savie e le vergini stolte” – Particolare

La mostra presenta al pubblico – per la prima volta in modo organico – la raccolta vasta e sorprendente che i coniugi statunitensi George Washington Wurts ed Henrietta Tower misero insieme a cavallo fra XIX e XX secolo e donarono poi allo Stato italiano, per l’esattezza al museo di Palazzo Venezia, dove tuttora è conservata. L’intera donazione comprendeva oltre quattromila oggetti, tanti ne avevano collezionati i coniugi Wurts nel corso della lunga carriera diplomatica del marito trascorsa quasi interamente a Roma con una pausa, dal 1882 al 1892, in Russia presso la sede diplomatica statunitense di San Pietroburgo.  “Alla base della mostra”, spiega il curatore Emanuele Pellegrini, storico dell’arte e docente all’IMT – School for Advanced Studies di Lucca, “vi è comunque anche l’idea di restituire il contesto della raccolta Wurts, ovvero quella particolare forma di collezionismo che tra Ottocento e Novecento si legò così intimamente all’Italia, fino a concretizzarsi spesso nella donazione allo Stato di singole opere o di intere raccolte. La mostra illustra le dinamiche del collezionismo, soprattutto anglo-americano, e del mercato internazionale, sullo sfondo dei radicali cambiamenti vissuti in quegli anni dalla giovane nazione italiana e dalla sua nuova capitale, Roma”.

07                                             Michael Pacher ( o a la maniera de?): “San Michele Arcangelo” – 1480 ca (?). Legno. Museo Nazionale di Palazzo Venezia

Ai Wurts è dedicata la sezione allestita a Palazzo Venezia in sette diverse sezioni dove sono  esposte le opere più significative della raccolta, molte delle quali sono state portate fuori dai depositi, studiate e restaurate per l’occasione.

Nelle Gallerie Sacconi del Vittoriano invece è esposto un congruo numero di opere, provenienti da prestigiosi musei e collezioni private italiane ed estere che racconta un intero mondo fatto di aste, di mercanti e di mercato, nazionali e internazionali, oltre all’affermazione di un artigianato di qualità portavoce di una rilettura “in stile” dell’arte del passato.

“La mostra – afferma la direttrice del Polo Edith Gabrielli – si pone come un momento chiave nella strategia del Polo Museale del Lazio. Rigorosamente site-specific e contraddistinta da un rimarchevole impegno culturale che  sottolinea il rientro nel circuito del grande pubblico di Palazzo Venezia e del Vittoriano”. In particolare il Vittoriano abbina alla primaria destinazione di contenitore delle memorie risorgimentali quella anche museale con un messaggio artistico che supera e va oltre i valori nazionali.  La costruzione, iniziata nel 1885, venne  inaugurata nel 1911 in occasione dell’Esposizione che celebrava il cinquantenario dell’Unità d’Italia , divienendo per l’occasione  anche  l’emblema che caratterizza la città di Roma all’alba del Novecento.

Il catalogo, edito da Arte’m, ricco di tavole a colori e oltremodo esautivo nelle sue 520 pagine, viene proposto al costo di €.25,00 . In occasione dell’esposizione la Sala Regia di Palazzo Venezia ospiterà una rassegna sulla musica di quegli anni curata da Ernesto Assante.

 ROMA –Palazzo di  Venezia (Ingresso da Piazza Venezia) Martedì/Domenica 8.30 – 19.30 (chiuso il lunedì);

Gallerie Sacconi al Vittoriano Ingresso da Piazza Venezia e da Via del Teatro di Marcello (lato Aracoeli) Tutti i giorni 9.30 – 19.30

Modalità di visita: La mostra è allestita in due sedi, a Palazzo Venezia e nelle Gallerie Sacconi al Vittoriano. Durante la sua apertura al pubblico è istituito un biglietto unico, valido per un ingresso agli Ascensori panoramici del Vittoriano, alla Mostra Voglia d’Italia nelle Gallerie Sacconi al Vittoriano e a Palazzo Venezia (Mostra Voglia d’Italia e percorso museale). Costo del iglietto d’ingresso unico:

  • Intero € 10,00
  • Ridotto € 5,00
  • Gratuito: riservato alle categorie previste dalla legge e consultabili sulla pagina ufficiale del MiBACT beniculturali.it.

Inclusa nel biglietto d’ingresso la disponibilità di audioguida alla mostra sia a Palazzo Venezia che al Vittoriano. Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese. È disponibile un’audioguida gratuita della mostra sia a Palazzo Venezia che al Vittoriano. Info e prenotazioni www.gebart.it  tel.+39 06 32810  (dal lunedì al venerdì ore 9 – 18 e il sabato ore 9 – 13) www.mostravogliaditalia.it

“FIABE E LEGGENDE” – Un accattivante messaggio natalizio proposto ai visitatori di una interessante mostra al Vittoriano – Ala Brasini – da Lina Passalacqua.

Testo e Foto di Donatello Urbani

In questa esposizione l’artista romana Lina Passalacqua, propone il suo più recente ciclo pittorico che ha intolato “Fiabe e leggende” composto da circa 20 opere,  molte del tutto sconosciute al  grande pubblico, inclusi vari bozzetti preparatori, tutte realizzate nell’ultimo triennio ed ispirate alla letteratura fantastica da Aladino ad Alice nel paese delle meraviglie, da Il Soldatino di piombo a Pinocchio e Peter Pan quali libere interpretazioni pittoriche dell’artista verso una letteratura ingiustamente relegata nel novero della narrativa per l’infanzia.

Passalacqua il principe azzurro 9C0A9393                                                                     Lina Passalacqua: “Il Principe azzurro” – 2017. Olio su  tela

Scrivono i curatori: “Coi suoi lavori, Lina Passalacqua rivendica il fascino del mito, della leggenda e della fantasia utilizzando un linguaggio coerente con i suoi precedenti cicli pittorici quali Le quattro stagioni, I Voli, Le Vele, tutti presenti in mostra per dar vita a questa rassegna antologica”.

La Passalacqua giunge alla pittura passando prima per il teatro e l’arte della recitazione e questo, certamente, le ha insegnato quella facilità di linguaggio che successivamente ha trasferito nelle sue opere pittoriche sia pure, come rivelano alcuni critici: “con un dinamismo e un’energia sorprendenti, manifestamente futurista. Un lavoro, il suo,  dietro cui opera un lungo e appassionato esercizio di disegno preparatorio all’opera finale, come documentato nella sezione Flash dell’esposizione”.

Passalacqua                                                                     Lina Passalacqua: “I Tre Porcellini” – 2016. Olio su tela

Accompagna la mostra il catalogo/monografia pubblicato  da Gangemi Editore, pagine 141, costo €.25,00 che, oltre a documentare tutte le opere esposte, presenta il testo critico di Carlo Fabrizio Carli e un’antologia della critica.

Roma – Complesso del Vittoriano – Ala Brasini – Via San Pietro in carcere (lato Fori Imperiali) fino al 14 gennaio con orario di apertura dal lunedì al  giovedì: 9.30 – 19.30 – venerdì e sabato: 9.30 – 22.00 – domenica: 9.30 – 20.30. Ingresso libero consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Riapre a Viterbo il Teatro Unione il più prestigioso testimone della vita culturale cittadina.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

La buona tradizione natalizia vuole che siano Gesù Bambino, per i credenti, e  Babbo Natale, per i laici, a lasciare almeno un dono in occasione delle festività che li vedono protagonisti. La città di Viterbo può dirsi fortunata perché ne aggiunge un terzo: Santa Rosa. Sulla Piazza dove troneggia l’ultima “macchina” protagonista della famosa processione annuale, è apparso un regalo tanto desiderato quanto atteso da molto tempo: la riapertura del Teatro Unione, perno centrale su cui ruoterà intorno una intensa attività culturale.

IMG_20171217_173209         Viterbo: La macchina di Santa Rosa presente nella processione dell’anno 2017: Dietro s’intravede il restaurato Teatro Unione.

Sull’Associazione XXI Secolo e sull’Accademia delle Arti di alto perfezionamento sulla musica  Lirica,  Sinfonico-orchestrale, arte scenica e Danza, che hanno sede in Viterbo, ricade l’onere di predisporre un calendario di attività artistiche e concerti ai quali sono stati chiamati a prestare la loro arte e collaborazione importanti protagonisti sui rispettivi campi quali Placido Domingo Jr, il maestro direttore e concertatore Romualdo Savastano, Alfonso Paganini, già primo ballerino al Teatro dell’Opera di Roma e direttore a Roma di una valida scuola di danza, ed Hamica Speroni che ha elaborato e messo a punto un interessante quanto avanguardistico  proge­tto di Medicina dell’­arte rivolto al miglioramento delle performance  in particolare di cantanti sia di opera che di musica leggera.

IMG_20171217_190518La presentatrice : Maria Carfora intervista alcuni protagonisti della Serata di Gala di riapertura del Teatro Unione fra i quali, nell’ordine. il maestro Romualdo Savastano, Placido Domingo Jr, Silvia Bergamini, Amica Speroni e l’Avv.Giuliano Nisi, presidente dell’Associazione Artistico Cultuirale XXI secolo.

E’ la stessa Dott.ssa Hamica Speroni che afferma, nel corso di una breve intervista concessaci in occasione della serata di gala riservata alla riapertura del Teatro Unione: “ Il nostro obiettivo è quello di migliorare le performance attraverso l’utilizzo di tecniche neurofisiologiche e respiratorie mirate messe a punto in sinergia con un’equipe medica specializzata nella prevenzione e nel trattamento delle patologie correlate alle professioni artistiche, in particolare di strumentisti e cantanti.” Altra importante iniziativa culturale intrapresa dall’Amministrazione Comunale, al pari delle riapertura del Teatro Unione, è la trasformazione in forma museale permanente della mostra su “Il Tesoro di Santa Rosa”, che avrebbe dovuto chiudere il prossimo 6 gennaio, già allestita in città nell’omonimo Monastero. “E’ stato il grande successo ottenuto da questa rassegna a spingerci ad intraprendere una iniziativa utile a garantire una vasta visibilità sulla nostra patrona, “afferma la dinamica e giovane Vice-Sindaco Dott.ssa Lisetta Ciambella, “e quella adottata per trasformarla in museo permanente è sembrata la migliore e la più idonea a richiamare l’attenzione di turisti sulle nostre proposte in particolari culturali che coinvolgeranno anche il territorio comunale.”

Notizie ed informazioni sulle future attività nei siti web: www.art-musira.itwww.xxisecolo.org – oppure e.mail: accademiadelleartivt@gmail.com e tel. Avv.Giuliano Nisi 347.5607720 e Dott.ssa Hamica Speroni 392.1543669.

Mondo Za – Il film di Gianfranco Pannone dal 20 dicembre nelle sale italiane.

Testo e foto di Donatello Urbani e Mariagrazia Fiorentino

Il mese di dicembre è quasi interamente occupato dai “cinepanettone” e questo “Mondo Za”, ultima fatica di Gianfranco Pannone che ci propone  il mondo della Bassa reggiana che fu di Cesare Zavattini, padre del neorealismo, può sembrare quasi una voce fuori dal coro. Un film dove il  grande Za, padre del Neorealismo italiano (chi non ricorda Ladri di biciclette? O Miracolo a Milano?), incontra idealmente la sua gente in questo pezzo d’Emilia lambito dal fiume Po, un amico/nemico da tenere sempre sotto stretto controllo.  Sono questi, in effetti, i veri film interpreti dei valori e dei contenuti di queste festività che portandoci di peso in un mondo che fu il nostro e dei nostri padri rivive oggi identiche realtà in versioni nuove e con nuovi protagonisti.

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Il rapporto che ha legato la Bassa reggiana a Cesare Zavattini è stato ricco e complesso e in questo film è presentato come il protagonista assoluto dove passato e presente  s’intrecciano fra loro in una nuova versione senza tempo attraverso le testimonianze di quattro uomini d’età e condizioni sociali diverse. Storie di altri uomini e di altre donne: “Eravamo felici senza avere nulla, però avevamo la speranza”. Oggi le tracce di Zavattini, come ci hanno testimoniato i protagonisti nella conferenza stampa: “le puoi trovare qua e là nella Bassa in un vecchio militante comunista, oppure in un solitario pittore naif che sembra uscito da un racconto dello stesso scrittore luzzarese, così come in un ragazzo africano emigrato con la famiglia da queste parti, che in inglese, senza tralasciare il dialetto locale, rappa versi e pensieri del grande Za. E sullo sfondo vaga il fantasma di Ligabue, il pittore svizzero che finì da queste parti e che, vivendo come un clochard nella boscaglia fuori il paese di Gualtieri, con la sua arte trasformò la Bassa in un’Africa lussureggiante. Cose così accadono ancor oggi in questa terra di confine, fuori piatta e monotona, dentro inquieta e mai doma. E Zavattini sorveglia su tutto e su tutti, come un padre bambino sempre vicino agli umili”.

Il prossimo anno questo film sarà trasmesso dalla RAI nelle proprie reti televisive.

“CLEMENTE XI collezionista e mecenate illuminato” in mostra nel Complesso Monumentale del Pio Sodalizio dei Piceni

Testo e foto di Donatello Urbani

Clemente XI, Giovanni Francesco Albani di Urbino, città che gli dette i natali il 22 o il 23 luglio 1649 da Carlo e da Elena Mosca, nobildonna di Pesaro, fu un importante protagonista della vita culturale e religiosa europea del primo ventennio del ‘700. Insieme al Cardinale Decio Azzolino, alla Regina Cristina di Svezia e ai due Ghezzi, Giuseppe e Pierleone, fu, inoltre, l’animatore della vita culturale della Roma di quel tempo caratterizzando anche il momento di maggior gloria del Pio Sodalizio dei Piceni, allora Arciconfraternita della Santa Casa di Loreto. La mostra, allestita nel Complesso Museale Monumentale di San Salvatore in Lauro, sede storica di questo Pio Sodalizio, oltre ad aprire uno spiraglio sulla figura di questo Papa vuole tenere sempre viva l’attenzione dell’opinione pubblica sul dramma e le tragiche conseguenze subite dal patrimonio dei beni culturali regionali a seguito del terremoto che ha colpito la Regione Marche nel 2016.

IMG_20171206_133030            Carlo Maratta (attribuzione): “Il Cardinale Giovanni Francesco Albani” – 1692. Olio su tela. Collezione privata in Urbino.

Nel 1677 entrò ufficialmente nella prelatura: Innocenzo XI – Papa Pamphjli-, lo nominò referendario delle due Segnature e consultore della Congregazione concistoriale, ed ebbe il governatorato di Rieti, della Sabina e Orvieto. Nel 1683 tornò a Roma per essere nominato vicario e giudice di S. Pietro con il privilegio di mantenere il canonicato di S. Lorenzo. Il 27 settembre 1700 muore Innocenzo XII e il 9 ottobre 1700 inizia il conclave nella più assoluta incertezza: la rigidità dei cardinali delle potenze francesi e spagnole e la volontà degli zelanti di eleggere un papa “di petto e testa forte” faceva prevedere un lungo conclave. Il Cardinale Albani entrò in conclave non completamente ignaro della consistenza di una sua candidatura. Gli storici ed i critici di oggi offrono un bilancio complessivo del pontificato di Clemente XI non certo positivo. Di lui scrivono: “Eletto tra grandi speranze, egli fu un esecutore diligente ma di scarsa inventiva del suo zelante programma.  In politica religiosa subì l’iniziativa del potere civile e ruppe con un passato di prudenza per affrontare la battaglia contro il giansenismo con un’inflazione di risposte tipicamente curiali prive di un solido retroterra teologico e storico.

IMG_20171206_133121                                      Cristoforo Roncalli: “Ritratto di Clemente XI” – XVIII secolo. Olio su tela. Urbino, collezione privata

Fu interprete emblematico di una impreparazione generalizzata degli ambienti curiali di fronte ai movimenti profondi della società, degli Stati e della stessa realtà ecclesiale: egli rimase imprigionato, nel bene e nel male, in una cultura devota, controriformistica, obnubilata da una visione di un cattolicesimo trionfante e da un’inevitabile tentazione oracolare del magistero papale, fondati sulla rigida centralizzazione e sull’identificazione ormai storicamente agonizzante tra Ecclesia Romana ed Ecclesia Universalis”. Da tenere presente che ci troviamo storicamente di fronte ai primi passi compiuti dal secolo dei lumi verso illuminismo e non tutti i politici ed intellettuali del tempo compresero i profondi cambiamenti che erano in corso nella società.

Alquanto diverso il giudizio degli storici e critici d’arte; non per niente tiene a precisare il curatore Claudio Maggini nel corso della conferenza stampa: “Il cardinale Giovanni Francesco Albani, urbinate, di famiglia facoltosa e riguardevole, salito al soglio Pontificio il 23 novembre del 1700 con il nome di Clemente XI, prima e durante il suo pontificato, rivela un considerevole gusto estetico e collezionistico. Partendo proprio dal cospicuo fondo Albani, la mostra racconta, in quattro sezioni per un totale di 40 opere fra dipinti, sculture e gioielli, il percorso collezionistico dell’illuminato Pontefice. Considerevoli sono le opere e i nomi degli artisti che fecero parte dell’entourage di Clemente XI, che vanno da Carlo Maratta a Procaccini, a Francesco Mancini.” La vita artistica in quegli anni è condizionata in pieno dal barocco,  anche se alcuni artisti vicini a Clemente XI furono sensibili verso il gusto estetico del periodo che volgeva verso il vedutismo pur non aderendovi in pieno.

IMG_20171206_133635                                          Alessandro De Marchis: “Paesaggio con figure” – XVIII secolo. Olio su tela. Urbino, collezione privata.

Questa mostra è un’importante occasione di studio e un osservatorio privilegiato sull’arte del ‘700 proveniente dall’urbinate, da sempre crocevia di grandi artisti e fucina delle arti. Il curatore Claudio Maggini scrive in proposito: ”Il fondo Albani, a lungo dimenticato, se non del tutto negletto o inesplorato dagli studiosi, è il fondo documentario della famiglia Albani risalente al 1818. Tale fondo ha il pregio di registrare e catalogare tutti i beni presenti nelle case della città di Urbino e di quelle poste nell’immediato circondario. Di questo patrimonio censito dal Notaio Parenti- inventario degli eredi del Principe C. Albani del 1818-, composto da 201 pagine dalla descrizione e cura del particolare degna d’essere accostabile a una vera guida del palazzo storico urbinate, e  mai riportato in precedenza in nessun testo, ne scaturisce una ricca elencazione di dipinti dove risulta la presenza di antichi pittori, verosimilmente raccolte dal nonno e dal padre di Clemente XI, oltre ad una lunga lista di oli su tela realizzati da autori attivi nella seconda metà del Seicento, non ancora di primo piano o emergenti, le cui commissioni possono essere riconducibili al porporato Albani, e poste in essere prima dell’elezione petrina, avvenuta nel 1700. Infatti, ai dipinti di Raffaello, Barocci e suoi allievi, di Giovanni Lanfranco, Guido Cagnacci, Guido Reni e di Simone Cantarini, solo per citarne alcuni, vi sono affiancate numerose tele realizzate da pittori protagonisti della prima ora della politica artistica di Clemente XI. Da Carlo Maratta e artisti a lui vicini, da Giuseppe Ghezzi al figlio di lui Pier Leone, fino a giungere a quegli autori come il paesaggista Alessio De Marchis e il vedutista Gaspar Van Wittel, che fanno parte della sua più avanzata politica artistica a Roma quanto a Urbino, sua città natale. A questo secondo contesto e relativo alle sole opere certe per documenti presenti nella residenza urbinate, è dedicato  questo evento espositivo romano”.

IMG_20171206_133441Giovanni Anastasi: “San Gregorio chiamato al soglio pontificio con il ritratto di Annibale Albani” – 1703. Olio su tela. Urbino, Museo Diocesano Albani.

La città di Roma deve a lui l’aver gettato le basi per un’apertura a tutti i cittadini dei Musei Capitolini e la costituzione dell’Istituto S. Michele per il recupero e l’inserimento nella società produttiva di giovani che diversamente avrebbero dovuto scontare una pena detentiva in carcere.

Inoltre il suo fu un mecenatismo costituito da innovazioni tanto negli scavi archeologici che nei restauri di chiese e monumenti, di cui furono principali protagonisti i Fontana e Carlo Maratta: famosi restano i restauri delle stanze di Raffaello, del Pantheon, della basilica di S. Clemente e la scoperta e l’erezione della colonna Antonina. Infine, nel campo delle lettere intervenne nel 1711 a favore del poeta maceratese Giovanni Mario Crescimbeni per mantenere fortemente gerarchizzata e curiale la struttura dell’Accademia dell’Arcadia. Cagionevole di salute già da molti anni, Clemente XI morì a Roma il 19 marzo 1721.

Mostra: “CLEMENTE XI collezionista e mecenate illuminato” –  Roma: Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni  Piazza di San Salvatore in Lauro, 15  fino al 25 febbraio 2018 con ingresso gratuito e orari di apertura: lunedì/sabato: 9:00/13:00 e 16:00/19:00 – domenica 9:00 / 12:00 – chiuso nei giorni festivi. Informazioni Artifex International Srls, tel: +39 06 68193064, info@artifexarte.it