Un concerto in bianco e nero – Omaggio a Marussia Kalimerova (in arte Marie Draganov)

Testo a cura della redazione e foto di Tania Kalimerova

Una proposta dell’Associazione Texfilart L,Arte nel Mondo dedicata all’affascinante arte dell’artista internazionale Marussia Kalimerova, di origine bulgara, meglio conosciuta nel mondo attraverso la sua appartenenza all’Elite internazionale dell’arte della fibra – Fiber Art.

I ponti della memoria 70 x h 50 '13 a

Sono esposte in prima assoluta alcune opere in prima assoluta (tessitura di carta)  materiche frutto della sua continua ricerca fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel novembre 2017. Sono un importante testimonianza di grande amore, passione, sensibilità e fantasia, oltre che grande abilità delle mani applicando una tecnica personale con la quale contribuisce all’avanzamento dell’arte contemporanea mondiale fino ad arrivare alle forme tridimensionali. Lo spirito dell’iniziativa è quello di far conoscere alcuni aspetti meno conosciuti della sua arte e  ricordarla come straordinaria persona e artista, Ambasciatrice dell’arte e della cultura nel mondo che ha dedicato tutta la sua vita alla continua ricerca di nuove idee, tecniche e forme.

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Di Lei hanno scritto le più importanti firme della storia e critica d’arte: Prof. Bruno Mantura (già Vice Sovrintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma), Prof. Claudio Strinati (già Soprintendente del Polo Museale Romano e P.zzo Venezia), Prof, Antonio Paolucci (già Direttore Musei Vaticani), Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele (Presidente Onorario della Fondazione Terzo Pilastro International). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali tra i quali: Medaglia d’argento della Provincia di Roma; Premio “130 anni di rapporti diplomatici tra la Bulgaria e Italia”. Ha lavorato per importanti case tessili statunitensi, per copertine Cd, per allestimenti scenici e cinematografici. La carta stampata, radio, tv dei paesi ospitanti hanno seguito con interesse la sua crescita artistica. E’ stata inclusa nei testi di scuola, cataloghi, enciclopedie e guide dell’arte contemporanea. Molti artisti le hanno dedicato le loro opere, scrittori i loro testi. Rimarrà d’esempio la sua totale dedica all’arte.

 

“Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione” – L’evoluzione dell’immagine femminile protagonista della creatività dalla fine dell’800 alla contemporaneità. – Galleria d’Arte Moderna di Roma Via Francesco Crispi, 24, fino al 31 ottobre 2019.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

La mostra vuole evidenziare come l’immagine femminile viene trasformata attraverso i secoli. Un progetto espositivo di rilevanza artistica che prevede un viaggio conoscitivo della pittura e del colore, in dialogo continuo con la vita che ci circonda.

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                                                                  Aristide Sartorio: “Le vergini sagge e le vergini stolte”

La donna vincente nei secoli, nella pittura, nella storia, nella vita, come il caso di Viola che non vuole un matrimonio riparatore. Il percorso della mostra è accompagnato da documenti fotografici e cinegiornali d’epoca provenienti dalla cineteca di Bologna per tutta la durata della mostra il percorso verrà arricchito da nuove opere presentate al pubblico con incontri inseriti nel ciclo “L’opera del mese”, secondo un calendario in corso di programmazione che partirà da marzo prossimo. Saranno organizzate fra aprile ed ottobre 2019 una serie d’iniziative culturali nel segno dell’interdisciplinarietà (incontri, letture, performances, presentazioni, proiezioni e serate musicali a tema) sulle tematiche affrontate nella mostra.

IMG_20190123_111030                                                                                Mario Ceroli: “Goldfinger/Miss” – 1964

Per saperne di più consultare il sito www.museiincomune.it – www.galleriaartemodernaroma.it  

Mud and Bones – Ossa e fango nella rappresentazione del passato

Testo e foto di Donatello Urbani

La dizione inglese del titolo può essere forviante nella lettura di questa mostra allestita nello spazio espositivo dell’Accademia di Romania, se fosse interpretata come punto di riferimento di stili artistici sorti e prosperati nel mondo anglosassone ed in particolare statunitense. Presentare eventi storici e politici legati ai passati regimi, in particolare quello comunista, è il tema presente in tutte le opere in esposizione che hanno la particolarità di essere state prodotte dal 2015 in poi da artisti nati negli anni 80 del passato secolo quando il  regime comunista, con i suoi campi di sterminio e le prigioni politiche, già non esisteva più dal  1989. L’opera principale a cui far riferimento è “Reeducation”, una grande tela di 7 metri per 3 realizzata nel 2015 da Mircea Ciutu, artista nato a Bucharest nel 1986, che con ampi riferimenti stilistici all’action painting, ci racconta, come affermato nel corso della conferenza stampa inaugurale, “la sua percezione sui campi di rieducazione istituiti da Nicolae Ceausescu”.

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Una stima postuma alla caduta del regime comunista indica in circa due milioni il numero di persone vittime della repressione incarcerate in una delle 44 prigioni oppure deportate in uno dei settanta campi di lavoro forzato. Di queste solopochi più di duecento hanno resistito eroicamente senza cedere alla rieducazione, tutte le altre, anche loro malgrado, furono costrette a chinare la testa davanti ai persecutori. Un omaggio postumo a questi eroi, facendo un processo alle intenzioni dell’artista, penso sia la lettura verace di questa opera. Identica interpretazione può essere vista nelle due opere di Remus Ilisie, sia in “From dust till dust” del 2016, serie di due ready made con terra, spine, elmetto e stivali della prima guerra mondiale.

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Di rimando nella installazione luminosa “The golden Skulls” l’omaggio in questa occasione è reso alla comunità di Rosia Montanà che ha combattuto contro le miniere d’oro che nuociono tanto alla salute quanto al territorio abitato dalla popolazione. L’altra opera esposta dal titolo Black-Holes è un video di 2,15’ realizzata nel 2015 da Vanessa Gageos, artista nata a Cluj-Napoca nel 1986, in cui la realtà quotidiana, “con la politica e le retoriche politiche”,(come affermato nel corso della conferenza stampa), “nel loro recinto dorato, sfuggono di mano e diventano fango, travolte e triturate dalla macina che tutto inghiotte (simboleggiante forse la guerra)”.

Roma – Accademia di Romania – Piazzale Josè de San Martin, n.1 fino al 31 gennaio con ingresso gratuito. Sono previste visite guidate ed attività didattiche, per questo si consiglia di consultare il sito http://www.accademiadiromania.it

Discreto Continuo – Alberto Bardi. Dipinti dal 1964 al 1984 Una grande mostra antologica al Casino dei Principi di Villa Torlonia per ricordare l’artista e l’uomo di cultura

Testo e foto di Donatello Urbani

Il centenario della nascita di Alberto Bardi, uomo di cultura a tutto tondo, viene ricordato nella sua città d’adozione, Roma, con una mostra al Casino dei Principi di Villa Torlonia, visibile fino al 31 marzo 2019 dal titolo “Discreto Continuo – Alberto Bardi. Dipinti 1964 – 1984”. E’ questa  la prima grande antologica che la città di Roma dedica al pittore, dopo quella realizzata nel Museo di Roma in Palazzo Braschi nel 1985, l’anno seguente alla sua scomparsa. In mostra oltre settanta opere, tra le più rappresentative della lunga attività dell’artista, che iniziò ad avvicinarsi alla pittura sin da giovane, affiancando la carriera di pittore alla sua attività politica e di uomo di cultura.

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Per comprendere a fondo le opere di questo artista è necessario partire dalla sua vicenda politica che lo vide figura di primo piano nella guerra di liberazione dal nazifascismo. Ci dicono i suoi cronisti: “L’8 settembre del 1943 Bardi si unì alle prime formazioni partigiane, assumendo il comando dell’8^  brigata Garibaldi, con il nome di “Falco”. In seguito, prese il comando della 28^ Brigata GAP “Mario Gordini”, con cui nel dicembre del ’44 guidò la liberazione di Ravenna, al fianco di Bulow, nome di battaglia di Arrigo Boldrini. Alla fine della guerra, si riavvicinò alla sua prima grande passione, la pittura, frequentando lo studio di Teodoro Orselli e iniziando la collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Ravenna, di cui divenne uno degli insegnanti. Ben presto fu trasferito a Terni, Faenza e infine a Venezia, dove entrò in contatto con l’ambiente artistico della città, frequentando, tra gli altri, Emilio Vedova, Armando Pizzinato e Giuseppe Santomaso. Nel 1961 si trasferì stabilmente a Roma e iniziò a frequentare la Casa della Cultura di cui, a partire dal 1967, divenne Direttore, mantenendo questo incarico fino alla morte, il 29 luglio 1984. Sotto la sua guida, la Casa della Cultura fu un grande centro di riferimento del dibattito intellettuale internazionale, grazie al quale Bardi entrò in contatto con le tendenze artistiche della Capitale, incontrando personaggi come Gastone Novelli, Giulio Turcato e soprattutto Achille Perilli e il critico d’arte Nello Ponente”.

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Partendo proprio da queste note biografiche inizia il percorso espositivo di questa mostra allestita al Casino dei Principi di Villa Torlonia. I primi anni sessanta in cui Bardi muove i primi passi, sono anni di grande interesse artistico in Italia e fedele a  queste tendenze, dopo le prime esperienze figurative, la sua ricerca si pone, come scrivono i curatori: “A metà degli anni Settanta, Bardi passò a una pittura più gestuale, in cui le figure si scompongono e le pennellate si fanno più rapide e aggressive, per passare poi, verso la fine del decennio, a un ulteriore cambiamento in senso strutturalista; una pittura astratto-geometrica, basata sulla proiezione di forme essenziali e di colori riportati alla loro funzione primaria, entrando in una nuova fase, considerata dalla critica la più interessante e affascinante, ossia quella delle textures ottenute con un procedimento innovativo, attraverso un sistema di matrici castellate”.

davPreziosa in proposito è la ricostruzione del suo atelier che offre un prezioso contributo alla lettura delle opere che vi erano prodotte alla stregua di quanto offrono, esposti per la prima volta, alcuni dipinti su fogli di giornale (soprattutto L’Espresso), realizzati da Bardi nella seconda metà degli anni ’60. Sono pennellate rapide, di getto, nel tentativo di sintetizzare colori, gesto e istinto creativo. Chiude la mostra un’ampia documentazione fotografica, relativa agli anni in cui l’artista ricoprì il ruolo di Direttore della Casa della Cultura di Roma.Il catalogo della mostra, curato da Claudia Terenzi, è pubblicato dalla casa editrice 900 Libri con l’art direction di Riccardo Pieroni.

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Roma Musei di Villa Torlonia, Casino dei Principi, via Nomentana 70, Roma, fino al 31 marzo 2019 con orario da martedì a domenica ore 9.00-19.00.  Biglietto d’ingresso al Casino Nobile e Mostra presso il Casino dei Principi € 8,00 biglietto intero per i residenti a Roma; € 7,00 biglietto ridotto per i residenti a Roma; € 9,00 biglietto intero per i non residenti a Roma; € 8,00 biglietto ridotto per i non residenti a Roma. Biglietto unico integrato Casina delle Civette, Casino Nobile e Mostra presso il Casino dei Principi € 10,00 biglietto “integrato” intero per i residenti a Roma; € 8,00 biglietto “integrato” ridotto per i residenti a Roma; € 11,00 biglietto “integrato” intero per i non residenti a Roma; € 9,00 biglietto “integrato” ridotto per i non residenti a Roma. Ingresso con biglietto gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Ingresso gratuito per i possessori della MIC Card.Info Mostra 060608 www.museivillatorlonia.it; www.museiincomune.it

Il Colosseo si racconta: Esposizione permanente sulla storia dell’anfiteatro Flavio.

Testo e foto di Donatello Urbani

Mentre mi accingevo a scrivere questo resoconto la cronaca aveva registrato, pochi giorni fa, l’ennesimo episodio di teppismo e insensibilità culturale, vittima il Colosseo. Se la bella iniziativa inaugurata il 21 dicembre scorso dalla Sovrintendente al Parco Archeologico del Colosseo, dott.ssa Alfonsina Russo, rivolta ad istituire un percorso museale permanente per divulgare la conoscenza di questo monumento avesse avuto qualche detrattore di fronte a simili inaugurazioni sarebbero tutte miseramente cadute.

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L’intera iniziativa è rivolta proprio a responsabilizzare il grande pubblico sul rispetto dei beni culturali e per questo sono state sensibilizzate, ottenendone una  preziosa collaborazione,  due importanti istituzioni: l’Istituto Archeologico Germanico di Roma e l’Università di Roma Tre. Ulteriore benemerenza, in termini di gestione dell’intero monumento, è offerta dal recupero, dai tanti depositi, di reperti archeologici giacenti nei vari depositi per portarli alla pubblica conoscenza e fruibilità. Per l’occasione tutte le didascalie, oltre ad avere la solita presentazione in italiano e inglese riportano l’iscrizione anche in cinese/mandarino che, al momento, è la lingua parlata sul pianeta, sia pure quasi in forma esclusiva all’interno del territorio nazionale.

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Il percorso espositivo allestito nel secondo anello è stato suddiviso in varie sezioni. Ognuna di queste racconta insieme alla presentazione di reperti archeologici anche le ricostruzioni di macchinari utilizzati quali pulegge, carrucole e quant’altro, sia nella costruzione che nell’orinaria gestione, quali gli ascensori per portare sull’arena tanto gli animali quanto i gladiatori. Le varie fasi della complessa quanto articolata vita di questo monumento sono dettagliatamente descritte a partire della costruzione muraria fino alla sua presentazione attuale come attrattiva turistico/culturale. In fondo fu voluto proprio per offrire al grande pubblico momenti di svago e relax che nel corso dei suoi duemila anni di storia con le tante variegate vicende partendo proprio da quelle storiche, per giungere a quelle religiose, sociali, e culturali. Di grande interesse quelle relative ai giochi ed ai passatempo  che sia i romani, residenti oppure i  tanti sudditi dell’impero di passaggio, avevano adottato e fatti propri.

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Nel corso delle lunghe attese e gli altrettanto lunghi intervalli fra uno spettacolo e l’altro, che avevano la caratteristica di prolungarsi per un’intera giornata, alcuni spettatori hanno immortalato le loro impressioni scolpendole sui sedili o su una latra di marmo. Interessante la rappresentazione di una “venationes”, battuta di caccia allestita nell’arena, anche i meno civili abbandonando i resti dei loro spuntini nei luoghi più disparati hanno consentito ai bioarcheologi, una volta rinvenuti a distanza di tanto tempo, di stabilire con esattezza quali fossero le pietanze servite nei posti di ristori all’interno della struttura.

20181220_123646Alcune della 80 statue originariamente presenti nelle 80 arcate e rivenute, in gran parte in maniera frammentaria come dimostra la foto, in prevalenza nelgli scavi della cavea.

Dopo la promulgazione dell’editto di Milano del 313 d.C. e la libertà di culto concessa al cristiani L’aphiteatrum Magnun o Caesareum come si chiamò per tutto il Medioevo ospitò sempre meno spettacoli, l’ultimo fu nel 523 d.C., e fu adibito a scopi diversi da fortezza dei Frangipane, a laboratori artigianali fino ad essere utilizzato come luogo di culto ed abitazioni civili. Di questi usi diversi da quello culturale  e didattico resta oggi la pratica della Via Crucis del Venerdi Santo che fu istituita per la prima volta nel 1750 e dopo varie interruzioni e ripristini, l’ultimo con Papa Paolo VI, è oggi presente nella vita religiosa della città.

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Sedele graffito con scena di caccia (Venatio). Marmo cipollino proveniente dall’isola di Eubea (Grecia), fine I^ / IV^ secolo.

Anche se non occupa più contemporaneamente ben 73 mila persone come in epoca imperiale il Colosseo, così chiamato a partire dall’XI secolo, quest’anno ha accolto nei suoi  3.357 metri quadri di superficie da oltre 7 milioni e 500 mila visitatori elevandolo al monumento più visitato al mondo e fra le prime istituzioni museali dopo il Metropolitan Museum di New York affiancandosi al Louvre di Parigi. Questo nuovo spazio museale lo renderà ancora più attraente. Mi sarebbe piaciuto che in un piccolo scanno, fra i tanti presenti in questo nuovo allestimento museale, fosse presente una gogna, di antica memoria, riservato a quei visitatori incivili, speriamo sempre in numero minore fino a sparire del tutto, che d’ora in poi gli mancheranno di rispetto con scritte o tentando di asportare un mattone come avvenuto nell’ultimo episodio.

Roma – Anfiteatro Flavio – Colosseo – aperto tutti i giorni con orari sfalsati a seconda delle stagioni  dalle ore 8,30 fino alle 16.30 in inverno e 19,15 in estate. Costo del biglietto d’ingresso intero €.12,00 ridotto €.7,50, valido per due giorni, comprensivo di un solo ingresso all’area archeologica Foro Romano – Palatino – incluse le mostre in corso in quell’area. Per riduzioni e gratuità, così come per gli orari di apertura/chiusura, prevendite e visite guidate  informarsi al n°+39.06.39967700 oppure su www.parcocolosseo.it

“Le stagioni Russe” si chiudono a Roma con due grandi mostre: “Trilogia dantesca”,di Alexey Blagovestnov e “Pilgrimage of Russian Art. From Dionysius to Malevic” a Piazza San Pietro

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Le stagioni russe è un progetto culturale internazionale che partito dal Giappone nel 2017 arriverà in Germania nel 2019 passando in questo anno 2018 per l’Italia. L’apertura delle Stagioni Russe che  si sono  svolte in Italia è avvenuta il 14 gennaio 2018 a Roma in occasione della tournée  del Teatro accademico statale Mariinskij diretto dal maestro V.A. Gherghiev. Le manifestazioni culturali  inserite nel calendario italiano sono state seguite da oltre sei milioni di persone ed hanno interessato spettacoli che hanno coinvolto compagnie russe di rilievo: musicali (che variano da musica classica al jazz), liriche, di balletto, drammatiche e tradizionali; mostre di opere provenienti dalle più importanti collezioni museali russe; programmi russi da presentare alle più grandi fiere e i festival; performances organizzate per le occasioni particolari e molto altro.

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Il Teatro russo “Bol’shoj” dopo più di 10 anni è tornato con la tournée alla Scala di Milano dove ha presentato due spettacoli: “La Bayadère” e “La bisbetica domata”. I più memorabili eventi sono stati anche: esposizione delle opere di Marc Shagall provenienti dalla Galleria Tret’jakov, mostra “Il secolo dei musei. 100 capolavori delle residenze degli imperatori russi: Peterhof, Tsarskoje Selo, Gatcina, Pavlovsk”, per la prima volta il pubblico italiano ha assistito allo spettacolo sul ghiaccio “Romeo e Giulietta” andato sul palco storico dell’Arena di Verona e a una serie di eventi e mostre allestite dall’Accademia delle Belle Arti a nome di I.E. Repin. Il 19 dicembre 2018 si è tenuta una conferenza stampa presso il Centro Russo per la Scienza e la Cultura di Roma, dedicato alla chiusura delle “Stagioni russe” in Italia.

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All’evento hanno partecipato il Ministro della Cultura della Federazione Russa Vladimir Rostislavovich Medinsky, Ministro per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana Alberto Bonisoli, Presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Michele Dall’Ongaro, direttore principale dell’Orchestra Sinfonica del Bol’shoi di P.I. Čajkovskij, artista popolare dell’URSS Vladimir Ivanovich Fedoseev, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione russa nella Repubblica italiana e nella Repubblica di San Marino, in sostituzione Sergey Sergeyevich Razov. Il seguito internazionale di questa iniziativa avverrà in Germania e in Russia il 7 gennaio 2019.  Alle 20, 00 si svolgerà la cerimonia d’apertura del progetto culturale internazionale «Le Stagioni Russe» alla Filarmonica di Berlino e alle 14:00, stessa location, avrà luogo la conferenza stampa dedicata all’apertura del progetto nella Repubblica Tedesca. Il seguito italiano, comunque, è di grande interesse culturale. Due importanti mostre saranno ancora visibili in particolare per i romani.

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La prima di queste è presente nella bella sede di Palazzo Santa Croce a Piazza Cairoli del Centro Russo di Scienza e Cultura con una mostra che espone le sculture di Alexey Blagovestnov con 15 opere  di grandi dimensioni tra gessi e bronzi che illustrano un tema particolarmente caro a noi italiani: la “Trilogia dantesca, Inferno, Purgatorio, e Paradiso”. Primo tema affrontato è il «Paradiso» (Roma) ha precisi riferimenti al rinascimento italiano (Masaccio, Paolo Uccello, Cosmè Tura e Giorgione).

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Scrivono i curatori: “Le sculture esposte fanno parte della serie Boustrophedon  esaltano l’unione armoniosa tra l’uomo, l’arte e la natura”. Secondo tema proposto è il «Purgatorio» (Parigi), In questa seconda sala sono esposte le opere eclettiche come «Basilio il Benedetto», ispirate all’arte plastica di Rodin e Giacometti. Di queste opere scrivono i curatori: “Così anche  Il cavaliere di Khvalynsk ci ricorda Il cavaliere rosso di  Petrov-Vodkin, e Fra’ Angelico che rende omaggio al Beato Angelico”. Ultimo tema presente nella terza sala l’“Inferno” (Mosca) illustra un mondo di contrasti, tra colori e materiali diversi, come gesso e metallo («Caravaggio»).

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La seconda mostra di dipinti russi (Pilgrimage of Russian Art. From Dionysius to Malevich) è stata allestita nel Braccio di Carlo Magno dei Musei Vaticani e presenta ben 54 opere tra le più famose dell’arte russa, fino al prossimo 16 febbraio 2019. La mostra è in parallelo con quella dei Musei Vaticani del 2016 con l’esposizione a Mosca di 42 quadri di straordinario valore  in una rassegna che prese il titolo di “Roma Aeterna. I capolavori della Pinacoteca Vaticana. Bellini, Raffaello, Caravaggio”. In questa  mostra sono presenti opere di proprietà della Galleria Tretjakov. Il percorso espositivo,  oltre a una selezione di pregevoli antiche icone,  presenta alcune delle più famose opere pittoriche che hanno fatto la storia  della cultura russa dell’Ottocento e inizio Novecento con autori quali Kramskoj, Perov, Ge, Nesterov, Vrubel’, Petrov-Vodkin, Kandinskij, per finire con il celebre Quadrato Nero di Malevich, l’opera che nel 1915 inaugurò la corrente astrattista dell’arte contemporanea russa.

Roma:  Centro Russo per la Scienza e la Cultura – Palazzo Santa Croce – Piazza Benedetto Cairoli,6;

Roma: Città del Vaticano – Braccio di Carlo Magno – Fino al 16 febbraio 2019 nei giorni giovedì e venerdì dalle ore 9,30 alle ore 17,30. Mercoledì dalle ore 13,30 alle ore 17,30. Sabato dalle ore 10,00 alle ore 17 domenica chiuso.  Ingresso gratuito

Il ritorno di Mario Schifano a Villa Giulia

Testo e foto di Donatello Urbani

Questa volta non più come dipendente del laboratorio di restauro, di cui ha fatto parte dal 1951 al 1962, bensì con una mostra allestita al piano nobile di Villa Giulia, sede del Museo Nazionale Etrusco, con una serie di opere che hanno stringenti riferimenti alla sua personale “vicenda biografica ed artistica intessuta di stringenti legami con la civiltà etrusco italica”, come affermato dai curatori nel corso della conferenza stampa.

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Opere significative delle grandi passioni di Schifano: L’Arte – Il ciclismo – Le donne.

Attualmente Mario Schifano, a furor di popolo, è riconosciuto come il padre della pop art italiana ed un precursore, a livello mondiale in senso assoluto, di tutto questo movimento. Quando Schifano espone le sue opere in varie gallerie nel 1954 documentata da una richiesta di ferie alla Direzione del Museo Etrusco per partecipare ad attività artistiche, i grandi esponenti della pop art, ad iniziare dagli statunitensi Jackson Pollock e Andy Warhol, erano lontani da questo movimento. Il percorso espositivo presenta in totale 26 opere fra quadri e disegni di cui 21 tele che il maestro realizzò nel 1991, oggi di proprietà della fondazione Pescarabruzzo di Pescara che traggono ispirazione da alcune delle più celebri pitture funerarie etrusche con precisi riferimenti ad alcuni oggetti che rimandano a questa antica civiltà, in mostra sono esposti vari originali rinvenuti nelle tante campagne di scavo, per lo più vasi e ceramiche.

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Di queste opere scrivono i curatori: “ Le rielaborazioni di Schifano riprendono scene o particolari, talora contaminandoli, desunti dalle antiche raffigurazioni parietali. La reinterpretazione di tali immagini proposta dall’artista in chiave pop, si sostanzia di dinamiche figure dai colori sgargianti, emergenti da un fondo monocromo o scuro, che proprio quelle figure illuminano di sprazi di luce e vitalità”.

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Le altre cinque opere, tre quadri e due disegni, appartengono al ciclo “Mater Matuta” ispirato alle celebri sculture antiche delle “Matres” – Madri -, attualmente conservate nel Museo Provinciale Campano di Capua. Tutte queste opere furono realizzate dal maestro su commissione dell’uomo d’affari Domenico Tutino tra il 1995 e 1996; anni in cui Schifano fu particolarmente vicino ai problemi di carattere sociale quali la maternità, la tutela dell’infanzia, la disoccupazione e la povertà nel mondo. Fra le opere esposte figura anche  “La Chimera” che fa espresso riferimento all’happening  fiorentino del 16 maggio 1985 quando davanti ad un folto pubblico ed il commento in diretta del critico d’arte Achille Bonito Oliva, come fosse uno dei tanti eventi sportivi, Mario Schifano, realizzò in poche ore “La Chimera di Arezzo”, scultura bronzea del IV sec. a,C.,  che segnò l’avvio delle manifestazioni del Progetto Etruschi, voluto dalla Regione Toscana. Il ciclo delle Madri fu anche l’ultimo periodo caratterizzato da fervore artistico e con produzione di opere di grande valore. Di lì a pochi anni, 1998, l’artista verrà a mancare prematuramente.

Roma – Museo Nazionale Etruso di Villa Giulia – Piazzale di Villa Giulia, n.9. Aperto dal martedi alla domenica con orario 9,00/20,00, lunedi chiuso. Biglietto d’ingresso intero €.8,00, ridotto €.4,00. Sono previsti abbonamenti con costi ridotti e l’apertura serale straordinaria con ingresso ridotto a €.4,00, intero ed €.2,00 ridotto. Previste gratuità varie e per tutti la prima domenica di ciascun mese

Coversation Piece / Part V – In mostra alla Fondazione Memmo -scuderie di Palazzo Ruspoli – cinque giovani artisti, italiani e stranieri, temporaneamente presenti a Roma

Testo e foto di Donatello Urbani

Il sottotitolo di questa mostra “Non v’è più bellezza, se non nella lotta”che ci rimanda a quanto scritto sul manifesto del Futurismo da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, s’identifica nelle opere di questi artisti  che testimoniano, come scrivono i curatori: “una presa di posizione politica ed intellettuale, rivendicandone un’autonomia di libertà che tocca la sfera civile, ma anche come manifestazione del sé e dell’interiorità, legata a una dimensione più intima. Le opere in mostra sono sotto vari aspetti e in diverse eccezioni, manifesti di poetiche e pratiche  eterogenee, con le quale gli artisti sono in dialogo sia tra loro che con gli spazi della Fondazione Memmo e con Roma.

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Città da sempre paradigma della ricerca artistica, luogo privilegiato per la produzione di opere d’arte, oggetto o ispirazione di numerose teorie trasversali agli stili, alle epoche e al gusto.” Il primo impatto, una volta all’interno dell’area espositiva, si ha con le opere di Marinella Senatore rappresentate da stendardi da processione rivisitati in chiave contemporanea, striscioni con frasi che invitano alla lotta, poster con riflessioni poetiche sul concetto di rivoluzione e partecipazione popolare sovrastati tutti da una luminaria simile a quelle presenti nelle feste  dei piccoli centri del sud-Italia che inneggia a una corsa liberatoria “Renn lieber, renn” mentre una bicicletta, su cui sono stati installati dei megafoni si propone come mezzo per partecipare a un corteo di protesta.

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Di diverso contenuto le opere del giovane artista tedesco Julian Rosefeld, borsista all’Accademia Germanica, che propone una serie di gualdrappe che ci rimandano sia al luogo espositivo, scuderie di Palazzo Ruspoli, sia al monumento equestre a Marco Aurelio della Piazza del Campidoglio. In questa occasione l”adventus principis”, l’ingresso del principe vittorioso, primo cittadino dello stato, è rappresentato dal’”adventus primae legis” con l’ingresso nella comunità civile delle norme della costituzione, prima legge dello stato, riportate in chiare lettere sulle gualdrappe.

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I due artisti piacentini Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi hanno riportato su migliaia di fanzine, che vengono distribuite ai visitatori, la loro esperienza maturata  in Giamaica nel corso delle loro riprese sul Negus. Una grafic novel frammentaria, un manifesto personale sul culto “Rastafari” che l’anziano giamaicano aveva chiesto a questi due giovani artisti di diffondere il più possibile partecipandolo fra i loro concittadini una volta rientrati in patria.

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Le opere che Rebecca Digne, francese e borsista all’Accademia di Francia – Villa Medici -, ci presenta affrontano due diversi temi: un video che documenta il percorso che ha compiuto da Napoli a Marsiglia contrassegnato da una corda, e una serie di undici sculture della serie “A perdere”  come vuole la tecnica della cera persa, che fanno riflettere su due temi importanti: precarietà e trasformazione, specchio della precarietà e transitorietà delle nostre esistenze.

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Roma – Fondazione Memmo – Via Fontanella Borghese, 56/b fino al 24 marzo 2019 tutti i giorni dalle ore 11,00 alle 18,00 – martedi chiuso – . Informazioni; 06.68136598 –  e.mail : info@fondazionememmo.it sito www.fondazionememmo.it

Collecting Matta-Clark : La raccolta Berg. Opere, documenti e ephemera in mostra all’Accademia di San Luca fino al 25 febbraio 2019.

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il percorso espositivo allestito in parte nelle sale al piano terra ed in parte sulla rampa di accesso ai piani superiori dell’Accademia di San Luca, propone opere originali, disegni, fotografie vintage, cibachrome, filmati originali e un’ampia serie di documenti quali cataloghi, libri d’artista e articoli di giornale: le ephemera, tutto proveniente dalla collezione di Harold Berg, cileno apolide di stanza a Barcellona che ha raccolto in più di dieci anni di appassionate ricerche i lavori dell’artista Gordon Matta-Clark (New York 1943 – 1978).

20181214_111517_001                         Gordon Matta-Clark:Jacks (trees and cars) – 1971/1972. Inchiostro nero e pennarelli colorati su carta

La mostra dal titolo Collecting Matta-Clark : La raccolta Berg,  si propone una doppia finalità: rendere omaggio a questo artista statunitense, valido esponente della beet generartion, e porre l’accento sulla pratica di come collezionare documenti e testimonianze relative alle arti figurative sia un’operazione dall’alto valore culturale e altamente responsabile. L’esposizione offre, inoltre, una  testimonianza  della vita presente nella SoHo di New York nei primi anni Settanta: dall’esperienza degli interventi sugli immobili dismessi al ristorante “Food”, fondato dallo stesso Matta-Clark con la sua compagna performer Carol Goodden, divenuto punto d’incontro della vivace scena artistica americana.

20181214_120344                                                  Matta-Clark con la sua compagna Carol Goodden sulla porta del ristorante a SoHo

Documento interessante è quello esposto proprio nella rampa di accesso ai piani superiori dell’Accademia di San Luca che elenca i clienti frequentatori del ristor-food a SoHo fra i quali figurano anche Yoko Ono  e John Lennon dei Beatles. Da non dimenticare poi  gli interessi di questi artisti  quali Laurie Anderson, Tina Girouard, Suzanne Harris, Jene Highstein, Bernard Kirschenbaun, Richard Landry. Jeffrey Lew, Richard Nonas e lo stesso Matta-Clark per la “Anarchitecture”  e le loro attenzioni al rapporto, come scrivono i curatori: “tra architettura, design e contesto sociale in nome di una prassi coinvolgente e liberatoria  basata su inedite relazioni spaziali e fisiche, dando una visione dell’arte e dell’architettura capace di schiudersi fino ad emanciparsi dal suo concreto”.

20181214_120626_001                                                                Gli elenchi dei clienti frequentatori del ristor Matta-Clark

Strumento indispensabile per avere una precisa cognizione dei temi trattati dalla mostra, è il catalogo, pagine  291 bilingue italiano-inglese , dove, insieme ad altri contributi di notevole interesse,  il cocuratore Gianni Dessì è autore di un’interessante introduzione che anticipa l’intervista rilasciata da Harold Berg al curatore Federico De Melis.

Roma – Accademia Nazionale di San Luca – Piazza dell’Accademia di San Luca, 77 con ingresso gratuito tutti i  giorni esclusa la domenica ed il 31 dicembre con orario dalle 10,00 alle 19,00. Informazioni tel. 06.6798850 e www.accademiasanluca.eu/itsegreteria@accademiasanluca.it

Ilmondoinfine: vivere tra le rovine – Un’esposizione di grande interesse sulle origini del mondo, la vita e le sue metamorfosi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma fino al 23 gennaio 2019

Testo e foto di Donatello Urbani

Di questa particolarissima mostra che propone ai visitatori una moltitudine di domande, scrivono i curatori: “ Può una mostra aiutarci a riflettere sul collasso ambientale, l’esaurimento delle risorse, la crisi delle forme di vita occidentali e delle sue istituzioni e contribuire a ricollocare la nostra posizione di umani nei confronti del pianeta sul quale viviamo in un’epoca che per alcuni è diventata quella geologica dell’Antropocene?”

20181213_125939                                                                    Jirl Kolàr: “Il mondo delle comunicazioni” – 1962/1972

La domanda può apparire retorica se messa di fronte alle finalità perseguite dall’arte specie quando denuncia le crisi che il mondo attraversa. Devastazioni, tensioni sociali , inquinamenti sono alcune delle tante devastazioni  con le quali conviviamo con le quali questa rassegna invita a riflettere. Un mondo in cui ciò che finisce è anche ciò che inizia e nel quale all’umano spetta di fare quanto ha sempre fatto ogni volta che  il mondo è invitato è il tema su cui verte la mostra.

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Pietro Ruffo: Senza titolo – 1.11.2011   –  Sulla destra- Autori vari: Soundwundertunnel – Installazione sonora che nella composizione degli artisti si arresta sulla soglia della musica e della parola        

In proposito scrivono i curatori: “ricominciare sempre daccapo, oggi a partire da un’idea di natura nella quale la sua presenza può situarsi in continuità con quella degli altri viventi dello stesso pianeta. Questa è la scommessa di una mostra che nel  vivere tra le rovine vede un paradigma della condizione presente da rovesciare in un’occasione. Perché le rovine tra le quali viviamo sono sì quelle delle civiltà  industriali e del saccheggio, della predazione di un capitalismo che lascia al proprio passaggio macerie  e rifiuti, ma anche quelle tra le quali la vita ibrida di vegetali, animali e umani, torna ostinata a proliferare  indicando le strade di altri mondi possibili”.

Roma: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea – Viale delle Belle Arti, 131 dal martedi alla domenica con orario dalle 8,30 alle 19,30. Biglietti d’ingresso: intero €.10,00, ridotto €.5,00. Informazioni tel.06.32298221