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Soglie di Luce – Opere di Pietro Gentili dal 1970 al 2000 in mostra nella Casina delle Civette- Parco di Villa Torlonia, Roma

Testo e foto di Donatello Urbani

Un sottile legame, impalpabile come la luce, lega le opere di Pietro Gentili, presenti nella Capitale per la prima volta dopo la scomparsa dell’artista, con quelle della collezione permanente di questo particolare museo che ha nelle vetrate il nucleo principale delle opere d’arte esposte. Entrambe infatti hanno in comune proprio la luce come soglia verso un’altra dimensione.

IMG_20180216_170722                                                 Pietro Gentili: Polimaterico 1969 – Tempera, specchi su legno

Infatti nell’affascinante Casina delle Civette, raro esempio di stile liberty a Roma, sono ospitate, fino al 27 maggio 2018, ben 50 opere tra quadri, sculture, gioielli, moduli tridimensionali realizzate utilizzando tempera, foglia d’oro e d’argento, sabbia, polvere di specchio, plexiglass, realizzate da Pietro Gentili dal 1970 al 2000, con l’intento di fare conoscere l’insolito universo artistico che ha caratterizzato tutta la produzione di questo artista.

dav                          Pietro Gentili: “Angeli” – 1986. Tempera, specchio, foglia d’argento su legno.

Come affermato dal curatore Claudio Cerritelli: “ Tra scudi di angeli, cieli stellati, porte aperte su di uno spazio e giochi di superfici riflettenti, filo conduttore dell’esposizione è la luce come soglia verso un’altra dimensione. L’immagine della “porta” si pone come luogo del mistero conoscitivo dell’arte, soglia dove si avverte il desiderio e la ricerca della luce spirituale, percepita nella vastità senza fine del tempo. Il percorso creativo di Pietro Gentili ha un carattere talmente singolare da escludere ogni possibile appartenenza al gioco delle tendenze artistiche contemporanee a causa della sua visione trascendente di spazio e tempo, per la sua autonoma ricerca di valori esistenziali che presuppongono una dimensione cosmica. Il mondo di astrazione del suo lavoro ha, tuttavia, attinenze dirette con tutto un filone di arte contemporanea di carattere mistico-simbolico-spiritualistico che si rifà al mondo orientale, alla religione e alla filosofia Zen. Secondo Pietro Gentili ogni artista dovrebbe, con generosità, donare al mondo la bellezza del proprio cuore e non i suoi disagi, la poesia struggente della propria anima e non le sue pene”.

11Pietro Gentili: “Collana in legno” – 1972. Legno, foglia d’oro e argento, tempera e filo di cuoio. Foto Courtesy Ufficio stampa Paola Saba.

Questa comunanza di linguaggio artistico cementato anche da un comune senso religioso, in particolare con le vetrate di Paolo Paschetto, pastore valdese, ha trovato la sua ragion d’essere nei gioielli che sono immaginati per essere indossati da una figura di donna stilizzata, estranea alla celebrazione della sua immagine di massa e tutta concentrata nel sogno dei valori interiori. Come scritto nel prezioso catalogo, edito in italiano ed inglese,:”… le ricerche plastico-pittoriche, nel caso del gioiello, tutto è immaginato in relazione a un corpo legato alla dimensione sacrale della bellezza di cui Gentili interpreta l’aspetto mistico e spirituale. Per Gentili l’immagine della bellezza che trapassa l’anima è legata alla luce, all’aspetto immateriale della creazione, all’immediatezza dell’eterno presente”.

Per l’occasione sono state programmate interessanti iniziative turistico-culturali a partire da: Domenica 4 marzo – ore 17.00 “Soglie di luce: dialoghi sull’uomo e sull’artista Pietro Gentili” Incontro – Intervista con Emanuela Gentili, figlia dell’artista, a cura di Maria Grazia Massafra, cocuratrice della mostra insieme a  Claudio Cerritelli

Mostra: “Soglie di Luce. Opere di Pietro Gentili dal 1970 al 2000” Musei di Villa Torlonia, Museo della Casina delle Civette, via Nomentana 70, Roma fino al 27 maggio 2018. Orario mostra: dal martedì  alla domenica  9.00 – 19.00. Informazioni tel. 060608

Il JAZZ JTALIANO

Mariagrazia Fiorentino

Doppio passaggio storico per il jazz: nasce la Federazione Nazionale il Jazz Italiano e firma con il MIBACT un protocollo d’intesa per la promozione della cultura jazzistica.

Questa giornata è un evento storico, il jazz italiano non è d’importazione, ci sono molte espressioni, molti colori.

Jazz - tavolo

E’ la prima volta che viene firmato un protocollo in tal senso, e il successo di oggi è una vittoria collettiva, perchè il mondo del jazz è un mondo di solisti.

Il Ministro Dario Franceschini: “……l’Italia ha molto da imparare dal jazz……Non suonare quello che c’è, ma quello che non c’é…..”,.

Jazz Franceschini 1

Sempre il Ministro Franceschini afferma:”Il jazz è ora pienamente riconosciuto tra i generi musicali promossi e sostenuti dallo Stato, un atto che corona un lungo percorso intrapreso in questi anni con le principali realtà del jazz italiano a partire dai primi bandi promossi con le risorse individuate all’interno del FUS per arrivare alle maratone per l’Aquila e Amatrice”. A questa dichiarazione ha fatto riscontro quella di Paolo Fresu, presidente Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano” (IJI): “La nascita della Federazione IJI e la firma del protocollo d’intesa con il MIBACT e con  il Ministro Franceschini rappresentano un momento storico per il jazz italiano e per la cultura del nostro Paese. Se da una parte raccontano il fruttuoso cammino di questi anni – merito di un dialogo tra le differenti realtà jazzistiche e di una nuova intesa con le istituzioni –  pongono tra l’altra le basi per la costruzione di un percorso futuro che sia capace di narrare la ricca realtà nazionale ed ascoltare le molteplici istanze”.

Il 30 aprile 2018 sarà la giornata internazionale Jazz Day.

Caravaggio – L’anima e il sangue

Mariagrazia Fiorentino

Un film documentario, un viaggio emozionante Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Un rapporto intenso e nuovo sulla figura di Caravaggio, uomo istintivo anche a rischio della propria vita. Di forte impatto emotivo il personaggio di Caravaggio viene interpretato, con grande pathos, con i suoi tormenti interiori, da Emanuele Marigliano, un attore non attore perché fa un altro lavoro nella vita. Emozionante la voce narrante dell’IO interiore caravaggesco da parte di Manuel Agnelli, artista multiforme e talentuoso, rivoluzionario e originale, impulsivo e profondo. Un alter ego capace come Caravaggio di emozionare e sconvolgere.(Leader degli afterhours) la consulenza scientifica è affidata al prof. Claudio Strinati, storico dell’arte ed esperto di Caravaggio.

Caravaggio San Francesco                                                                                    Caravaggio: S.Francesco

Dice Strinati: “Caravaggio rispetto ad altri artisti, ha questa caratterizzazione: è un personaggio ricchissimo, è stato raccontato molte volte, questo film da una chiave di lettura diversa. Caravaggio assomiglia a Batman senza super poteri entrambi assistono alla morte dei genitori, orfani giovanissimi sono ossessionati dal male e dal buio. Molti sfondi delle sue opere sembrano gotham city”. L’uomo ed artista Caravaggio viene raccontato attraverso una approfondita indagine investigativa effettuata attraverso documenti originali preziosissimi, tra cui quelli custoditi nell’Archivio di Stato di Roma, verbali, processi denuncie, mostrati per la prima volta sul grande schermo. La narrazione si sviluppa su due livelli innanzitutto quello della digressione artistica con il racconto dei luoghi e delle opere dell’artista. Mentre l’uomo Caravaggio viene esplorato attraverso scene (fotografiche), rievocative e simboliche, che diventano metafore della condizione esistenziale dell’artista, consentendo di entrare in contatto con la sua mente, i suoi impulsi irrefrenabili, il suo vissuto interiore.

Regia di Jesus Garces Lambert. Una delle prime produzioni in Italia girata in 8 K. Uscirà in 300 copie in Italia prima di andare nelle 2.500/3.000 sale nel mondo

La mossa del Cavallo – C’era una volta Vigata –

Mariagrazia Fiorentino

Il film è tratto dai romanzi storici di Camilleri, ambientato nella metà dell’ottocento, esattamente nel 1877, una vicenda che ci porta in un’Italia appena unificata. E’ un romanzo storico, non polveroso, che ci permette di raccontare quel periodo; come se la Sicilia fosse una terra abbandonata e di frontiera. E’ un giallo in costume; è un wester all’italiana in terra siciliana.

Riondino                                                                Michele Riondino – Foto courtesy Ufficio Stampa RAI

Andrea Camilleri, un gigante della letteratura, dice: “Dopo 20 anni di Montalbano, lo spettatore troverà ancora qualcosa di nuovo? Questo è un romanzo duro, inquietante”. Gli attori sono molto centrati, sono maschere di se stessi: Michele Riondino svolge un ruolo complesso con grande maestria dalla doppia parlata genovese-siciliana. La storia:  Montelusa nel 1877. Il quarantenne Giovanni Bovara (Michele Riondino) è il nuovo ispettore capo ai mulini, incaricato di far rispettare l’invisa tassa sul macinato. Siciliano di nascita, è ormai ligure di adozione poiché da bambino si è trasferito con la sua famiglia a Genova. Ragiona e parla come un uomo del nord-Italia e non comprende le dinamiche mafiose e omertose che regolano la terra siciliana. La sua intransigenza gli procura subito diversi nemici. Le sue indagini lo portano a scoprire prima un ingegnoso sistema con il quale i mugnai vengono lasciati liberi di evadere la tassa sul macinato e poi l’esistenza di un mulino clandestino nel terreno dell’uomo più potente della città. A poco a poco le spire del “sistema” gli si stringono intorno e quando sopraggiunge per caso sul luogo dell’omicidio del parroco della città, Bovara si ritrova suo malgrado invischiato in qualcosa molto più grande di lui. In un complicato sistema di depistaggi e giochi di potere, i suoi avversari cercheranno di eliminarlo e sarà solo entrando nella mentalità dei suoi aguzzini e ricorrendo alle loro stesse strategie che Bovara riuscirà a salvare la propria vita”. Con un finale a sorpresa.

Riondino 1                                                                   Ester Pantano – Foto courtesy Ufficio Stampa RAI

Regia di Gianluca Maria Tavarelli con Ester Pantano, Cocò Gulotta, Antonio Pandolfo, Giovanni Carta, Giancarlo Ratti, Maurizio Puglisi, Filippo Luna, Maurizio Bologna, Domenico Centamore, Giuseppe Schillaci, Daniele Pilli, Angelo Libri, Roberto Salemi e Vincenzo Ferrera. Sarà proiettato lunedi 26 febbraio 2018 sul canale1e 1 RAI in prima serata.

I restauri della Sala di Achille a Sciro nella Domus Aurea

Foto in evideza: Particolare dell’affresco che raffigura Achille a Sciro prima e dopo l’intervento conservativo e di restauro. Foto courtesy Ufficio stampa Electa

Testo e Foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

L’affresco che campeggia da vero protagonista nella volta  del soffitto e che ha dato il nome alla sala ci presenta l’eroe omerico Achille circondato dalle figlie del re dell’isola greca di Sciro, la più grande delle Sporadi settentrionali.

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Stando a quanto ci dice Omero l’adolescente Achille su iniziativa di sua madre, la ninfa Tetide, nell’intento d’impedirgli di partecipare alla guerra di Troia, dove, come da profezia, avrebbe trovato la morte, fu spinto a travestirsi ed assumere un’identità femminile mentre era ospite alla corte di Licomede, re di Sciro. Varie fonti storiche dicono che qui Achille assunse il nome di Pirra-“la rossa”  per il color biondo-fuoco dei suoi capelli ed abbia avuto una relazione con Deidamia, una delle figlie di Licomede, da cui ebbe anche uno o due figli, Neottolemo, soprannominato Pirro, e Oneiros. Un’altra profezia, consultata prima della partenza per Troia, aveva intimato a tutti gli Achei che la guerra non avrebbe avuto in alcun modo esito positivo senza la partecipazione del giovane Achille. Così Ulisse, re di Itaca, insieme a diversi altri capi della spedizione si lanciarono allora sulle sue tracce.

Tassello della volta_©PAC_foto B. Angeli

Giunti a Sciro, in abiti da mercanti, andarono ad offrire doni, ornamenti e strumenti musicali alla corte di Licomede, ma mischiati a questi misero anche alcune splendide armi. Gli Achei rimasti fuori dalle stanze delle donne,  imitarono i rumori di un attacco nemico proveniente dall’esterno e questo spinse l’intemerato Achille a rivelarsi, andando subito a scegliere una delle spade e facendosi subito riconoscere.  Così smascherato il giovane si trovò costretto a partecipare alla missione bellica e, condotto alle navi, partirono immediatamente alla volta della città di Priamo. In alcune versioni Deidamia vestita da uomo lo seguì e, con suo grande dispiacere, assisterà al morte dell’amato.

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La sala dove è raffigurata, in affresco, la scena dello svelamento della vera identità di Achille è stata battezzata come “Sala di Achille a Sciro” ed è posizionata, nella vasta architettura della Domus Aurea, in prossimità della sala ottagonale, luogo esemplificativo delle ambizioni e del lusso dell’imperatore Nerone. L’esecuzione del dipinto fu commissionato, alla stregua di tutti gli altri, al noto pittore Fabullus alle cui maestranze sono attribuite anche le altre preziose  decorazioni  che accumunano alle raffinate figurine di stucco  una varietà di elementi decorativi realizzati con foglia d’oro e pigmenti rari come la fritta egizia e il cinabro, tutti testimoni di come il princeps Nerone intendeva comunicare ai suoi ospiti, inaugurando una nuova era dell’oro per la quale aveva fatto realizzare il progetto della Domus Aurea dagli architetti Celer e Severus. Questa sala, come affermato dalla Sovrintendente Alfonsina Russo,  venne scoperta solo nel XX secolo e non fece mai parte del percorso rinascimentale all’interno della Domus Aurea.

L’apertura al pubblico di questo sito archeologico avverrà in un tempo relativamente lungo per il  protrarsi dei lavori di restauro e manutenzione. Al momento l’accesso a questa preziosa testimonianza archeologica é consentito solo nei giorni di sabato e domenica dalle ore 9,00 alle 16,15, con uscita alle 17,30, con visite guidate su prenotazione obbligatoria  al sito web www.coopculture .it oppure telefonica al numero 06.39967700 nei giorni dal lunedi al venerdi dalle 9,00 alle 18,00 e sabato dalle 9,00 alle 14,00. Costo del biglietto €.14,00.

Scoprire in treno i borghi più belli d’Italia.

Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Sono 282 i Comuni nel cui territorio si trovano i Borghi più belli d’Italia, riconosciuti dall’associazione omonima, di sui oltre 20 sono raggiungibili con i treni regionali, per un totale di 580 collegamenti giornalieri. Il buon andamento con un incremento del 7% registrato nel 2017 dai viaggi per turismo sui treni regionali di Trenitalia,  ha richiamato l’attenzione di Trenitalia e dell’Associazione I Borghi più belli d’Italia e li ha spinti verso una collaborazione con l’obiettivo di valorizzare, anche sotto l’aspetto economico, il grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni presente nei piccoli centri del Belpaese raggiungibili con il mezzo di trasporto più ecologico, conveniente, sicuro e, grazie anche all’arrivo di nuovi treni, sempre più confortevoli.

Treno Verde 1Stretta di mano, al termine della firma dell’accordo, tra la Direttrice della Divisione Passeggeri Regionale Trenitalia, Maria Annunziata Giaconia ed il Presidente dell’Assiciazione Borghi più belli d’Italia, Fiorello Primi.

Nel suo intervento di presentazione dell’iniziativa, dichiara la Direttrice della Divisione Passeggeri Regionale Trenitalia, Maria Annunziata Giaconia: “Le destinazioni dei Borghi più belli d’Italia saranno promosse sugli schermi delle self-service in stazione, sul palinsesto video e sui cartelli a bordo dei treni regionali, sul sito trenitalia.com e sul magazine settimanale Note, consentendo così a Trenitalia di divenire la Railway Official Carrier de I Borghi più belli d’Italia ”. I 23 borghi facilmente raggiungibili con i treni regionali, per un totale di 580 collegamenti giornalieri: sono Mombaldone (AT), Orta San Giulio (NO) e Vogogna (VB) in Piemonte; Chiusa, Egna e Vipiteno (BZ) in Alto Adige; Montagnana (PD) in Veneto; Venzone (UD) in Friuli Venezia Giulia; Moneglia (GE), Finalborgo (SV), Laigueglia (SV), Borgio Verezzi (SV) e Campo Ligure (GE) in Liguria; Grottammare (AP) nelle Marche; Brisighella (RA) in Emilia Romagna; Castiglione del Lago, Passignano sul Trasimeno e Spello (PG) in Umbria; Buonconvento (SI) in Toscana; Vietri sul Mare (SA) in Campania; Chianalea (RC) in Calabria.

Treno Verde CASTIGLIONE DEL LAGO (UMBRIA)                                             Scorcio panoramico del borgo di Castiglion del lago (Trasimeno – Umbria)

L’accordo firmato a Roma nella sede dell’ENIT fra le due istituzioni con la partecipazione anche del Tour Operator Borghi Italia Tour Network, che opera in esclusiva per l’Associazione e che ha immesso sul mercato mondiale, attraverso accordi con tour operator internazionali, itinerari e pacchetti turistici verso tutte le destinazioni italiane,  prevede alcune iniziative congiunte di promozione turistica e marketing territoriale, calibrate per le esigenze del crescente numero di clienti del trasporto ferroviario, oltre a uno scambio di visibilità sui canali di comunicazione delle due realtà. Gli eventi organizzati per l’anno corrente dall’Associazione Borghi più belli d’Italia,  oltre quelli  concordati con ENIT per la promozione congiunta all’estero del prodotto turistico Borghi in Italia e nel mondo, avranno il seguente calendario:

  • “La domenica bel Borgo” da tenersi nella seconda domenica di ottobre;
  • “La regata velica dei Borghi più belli d’Italia” che si terrà a Cefalù in giugno;
  • “Festival delle cucine regionali” che si svolgerò a luglio in Offida (AP);
  • “Giostra cavalleresca dei Borghi più belli d’Italia” a Sulmoma (AQ) nel mese di luglio;
  • “Festival dei borghi lacustri e fluviali” che si svolgerà a Lovere (BG) nel mese di settembre.

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Inoltre, a tutti gli abbonati regionali Trenitalia sarà riservato uno sconto di €.4,90 sull’acquisto della guida ufficiale de I Borghi più belli d’Italia, contenente tutte le informazioni necessarie per organizzare un viaggio in uno dei meravigliosi borghi, corredata di suggestive immagini e utili informazioni e consigli, acquistabile al prezzo di €.9,00 anziché €.13,90.

Lanfranco V/s Lanfranco – Due opere a confronto nella Galleria Spada

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Giovanni Lanfranco occupa una posizione di rilievo fra i grandi artisti del Seicento, un secolo che ha visto attivi un gruppo di grandi interpreti quali Pietro da Cortona, Gianlorenzo Bernini e tutti i post caravaggeschi tanto da meritare il nuovo padiglione della Galleria degli Uffizi a Firenze, inaugurato alcuni giorni fa.

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Ben vengano, pertanto, studi, ricerche  e riflessioni come quella organizzata dalla Galleria Spada sul confronto diretto tra il dipinto esposto nella propria Galleria raffigurante il “Giovane col berretto piumato” e il quadro che presenta il “Ritorno del Figliol Prodigo”, un’opera già in collezione Giustiniani, recentemente riemersa dall’oblio  e presentata per la prima volta al pubblico. Significativo in proposito quanto affermato dalla Direttrice del Polo Museale del Lazio Edith Gabrielli nella prolusione inaugurativa, sotto l’austero sguardo di Gneo Pompeo Magno, “….il dipinto del Giovane con il berretto piumato conservato sin dal Seicento nella collezione Spada, è stato posto a confronto con la tela del Ritorno del Figliol Prodigo, opera di proprietà privata e riferita a Lanfranco già dagli anni Settanta del Novecento dal massimo conoscitore del pittore, lo storico dell’arte tedesco Erich Schleier che, partendo proprio dal ruolo assunto dall’opera conservata nella Galleria Spada,  ha potuto certificare il riconoscimento dell’altra messa a confronto in questa giornata di studio”. L’interessante intervento di Erich Schleier si è incentrato sull’illustrazione dei  due dipinti entro il percorso stilistico del cosiddetto momento “protobarocco” di Lanfranco, mentre Silvia Danesi Squarzina, la più autorevole specialista dell’antica collezione dei marchesi Giustiniani, ha ricostruito la storia del Figliol Prodigo all’interno di quella famosissima raccolta romana di primo Seicento. In entrambi gli interventi è emersa una nuova luce sul destino dei dipinti ex Giustiniani all’interno di altre prestigiose collezioni, come ad esempio, proprio nella stessa Galleria Spada nella splendida Sacra Famiglia con San Giovannino di Valentin de Boulogne, opera ugualmente proveniente “ab antiquo” dai Giustiniani e che si ammira oggi nella Sala dove i due dipinti di Lanfranco sono stati in mostra fino a pochi giorni fa.

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Questa giornata di studio che ha interessato da vicino gli addetti ai lavori per i quali è ampiamente giustificata anche la breve esposizione dei due dipinti, avvalendosi anche della pubblicazione degli atti, ha riproposto in primo piano una realtà museale troppo spesso trascurata dai turisti presenti nella nostra città. Infatti ha evidenziato con forza l’importanza della conoscenza sia del museo  con le sue collezioni  presenti a Palazzo Spada, sia per ammirare la sede espositiva dove è presente l’imponente Salone di Pompeo – per l’occasione della giornata di studio concesso dal Consiglio di Stato – che dovrebbe, invece, di diritto essere incluso nel circuito delle visite sia pure nei limiti degli impegni istituzionali demandati a questo importante organo dello Stato.

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In questa affascinante sala sono visibili le decorazioni illusionistiche realizzate nel 1635 da Agostino Mitelli e Michelangelo Colonna insieme alla visione di uno dei principali interventi decorativi della fase seicentesca del Palazzo, intervento dovuto alla committenza del cardinal Bernardino Spada, per il quale fu, tra l’altro, realizzata la celeberrima Colonnata prospettica di Francesco Borromini, conosciutissima in tutto il mondo per il suo illusionistico gioco prospettico.

 

Galleria Spada – Piazza Capodiferro, 13 Roma. Visitabile negli orari di apertura del museo tutti i giorni, martedì escluso, 8.30 – 19.30. La biglietteria chiude alle ore 19,00. Info. tel.06.6832409 – sito web: www.galleriaspada.beniculturali.it

Il Cane sarà il fedele compagno per tutto l’anno 2018. Festeggiato dalla comunità cinese romana con spettacoli e fuochi artificiali.

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Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Una favorevole occasione ha fatto coincidere nel calendario cinese l’inizio dell’anno 2018 con quello del Carnevale Romano. La cosa non è passata inosservata  all’Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia S.E. Li Ruiyu che, nel  salutare il nuovo anno, ha rilevato come questi non potesse iniziare in modo migliore con tanto di doppi auguri uniti insieme: Felice Capodanno e Buon Carnevale.

IMG_20180210_153001Il saluto di S.E. Li Ruiyu, Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia con le rappresentanti dello Stato italiano, On.le Dorina Bianchi, Sottosegretario di Stato al Ministero del Turismo e Beni Culturali e del Comune di Roma.

Questa fortunata circostanza non poteva che essere festeggiata con grande risalto  e così Piazza del Popolo a Roma ha accolto una spettacolare festa animata sia dall’Accademia dell’Opera Wuju dello Zhejiang, prestigiosa istituzione riconosciuta dal governo cinese  d’interesse nazionale e monumento culturale che dal Convitto Confucio dell’Università La Sapienza di Roma.

IMG_20180210_160947                                         Il saluto degli studenti del Convitto “Confucio” dell’Università La Sapienza di Roma

A due giovani studenti del Convitto Confucio è stato riservato l’incarico di fare da interpreti e presentare gli spettacoli in lingua cinese mentre ad una bella e simpatica presentatrice cinese è stato affidato l’incarico della presentazione in italiano. Simpatica la performance  alla quale hanno partecipato tutti gli  alunni del Convitto dando una bella prova di come un giovane occidentale si possa approcciare con buoni risultati nello studio di una lingua e una cultura ritenute difficili e distanti da quella propria acquisita fin dalla nascita. Aprirsi alla cultura senza barriere nazionali è una dote acquisita dai cinesi già negli insegnamenti di Confucio: “Se pensi in termini di anni, pianta il riso.  Se pensi in termini di decenni; pianta gli alberi.  Se pensi in termini di centinaia di anni, insegna alla gente”.  Di grande interesse, prevalentemente culturale, è stata l’occasione offerta ai romani e turisti dai cinesi attraverso gli spettacoli proposti dagli artisti dell’Accademia dell’Opera Wuju dello Zhejiang. Una bella occasione per entrare a contatto con il folklore e la raffinata tradizione artistica delle rappresentazioni  teatrali cinesi. Nello spettacolo folkloristico per eccellenza della regione del sud del Fiume Azzurro: il “Drago a nove giunture” abbiamo potuto assistere attraverso spettacolari  danze ricche di esibizioni acrobatiche al desiderio dei ballerini di voler esprimere e trasmettere al mondo intero attraverso il drago la loro gioia e felicità per l’avvento del nuovo anno. L’alternanza delle rappresentazioni tra folkloristiche e operistiche  inframmezzate  da esibizioni di musicanti, cantanti e narratori di poesie  é proseguita durante tutto il pomeriggio in diversi altri spettacoli fra i quali, molto apprezzato, uno ispirato all’opera Wuju su un tema del folklore cinese che ha riscosso un grande successo fra il pubblico: “Il vero ed il falso Re delle Scimmie”.

IMG_20180210_170440                                                                 La festa per il ritorno in patria del Re Sun Wukong 

Il Maligno Macaco dalle sei orecchie approfittando del ritorno in patria del vero Re delle Scimmie, Sun Wukong, cacciato per aver ucciso dei banditi, si autonomina Re delle Scimmie. L’inevitabile scontro fra Sun Wukong e il Maligno Macaco, terminerà senza un vincitore, malgrado la grande destrezza nelle arti marziali dimostrata da entrambi i combattenti. La morale vuole che ciascuna Scimmia sia il Re di se stessa, così come ciascun uomo è il Re di se stesso. Altrettanto apprezzata è stata l’esibizione eseguita con strumenti musicali della tradizione cinese della canzone napoletana “Santa Lucia” in un connubio ben riuscito tra il folklore cinese e la classicità musicale napoletana.

IMG_20180210_171624      Suonatori di styrumenti tradizionali cinesi dell’Opera Wuju dello Zhejiang intepretano la canzone napoletana “Santa Lucia”

In questa bella esecuzione possiamo individuare come tutte le culture abbiamo una comune radice capace di far convivere in armonia tutte le popolazioni. Un punto d’incontro in più è stato il bellissimo spettacolo pirotecnico che ha concluso la bella serata voluta per porgere ai romani gli auguri della comunità cinese di “Buon Anno 2018”.

Venezia sposa il mare con la sponsorizzazione della Rigoni di Asiago

Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani

Il progetto dei lavori di restauro insieme a quelli di valorizzazione della fontana del giardino del Palazzo di Venezia dove è raffigurata la statua di Venezia nell’atto del lancio dell’anello d’oro , simbolo del suo sposalizio con il mare, verrà intrapreso quanto prima con l’intento di offrire ai romani e ai turisti di passaggio nella nostra città, già dal prossimo mese di luglio, sia un punto di relax nel giardino del Palazzo di Venezia nel pieno centro storico, sia una attrattiva in più alle tante offerte tanto dalla collezione permanente del  museo che da quelle presenti negli spazi del piano nobile  dell’ex appartamento Cibo con esposizioni temporanee di grande interesse culturale e turistico.

venezia - anello sposalizioCarlo Monaldi: Venezia getta l’anello nell’atto di sposare il mare. Questo gesto vuole ricordare la Festa della Sensa, celebrata ogni anno  dal 1177 al 1796 nella domenica in cui ricorre la Festa dell’Ascensione – Festa della Sensa – . Il Doge saliva sul Bucintoro, la sua nave di rappresentanza, con tutto il suo seguito, il clero, gli ambasciatori presenti, i Capi del Consiglio dei Dieci e le altre autorità, seguito da un folto corteo di barche di ogni forma e dimensione, tutte parate a festa e, giunti davanti al Forte di S.Andrea, il Patriarca versava dell’acqua benedetta mentre il Doge lasciava cadere in acqua l’anello d’oro, pronunciando queste parole: “Ti sposiamo, o mare, in segno di eterno dominio”.

La saggia politica seguita dalla direzione del Polo Museale del Lazio condotta dalla Dott.ssa Edith  Gabrielli, è riuscita a catturare l’interesse di privati  sull’immenso patrimonio artistico gestito dal Polo, sparso in oltre quaranta musei.  In questo caso grazie alla collaborazione con la società di comunicazione veneziana Fondaco che si occupa di valorizzare il patrimonio nazionale storico, artistico e culturale, è stata coinvolta la Rigoni di Asiago, un gruppo alimentare italiano che ha rivolto la propria produzione alla sostenibilità con una particolare attenzione al biologico e al rispetto dell’ambiente. Partendo da queste premesse la Rigoni di Asiago si é assunta l’onere della sponsorizzazione di un progetto, denominato “La natura nel cuore di Roma”  rivolto ai lavori di restauro di questa fontana conosciuta come “Venezia sposa il mare”, opera settecentesca dello scultore Carlo Monaldi.

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Questo progetto, come affermato in conferenza stampa,  non é “solo una sponsorizzazione, ma una vera e propria operazione culturale che lega i temi propri della politica imprenditoriale di Rigoni di Asiago al più ampio progetto dello sviluppo di Palazzo Venezia”. “Per questo”, sono le parole  di Andrea Rigoni, Amministratore Delegato della Rigoni di Asiago, “ abbiamo aderito con particolare slancio al progetto, riconoscendo nell’opera gli stessi valori che hanno caratterizzato lo spirito dell’azienda in quasi un secolo di vita: il recupero delle tradizioni, il gusto per la ricerca sul bello e sul buono, l’arte di creare e produrre qualità.”  La scelta della fontana rappresenta infatti un’occasione per il Polo Museale del Lazio e per la Direzione del Palazzo di consolidare quel senso di progressiva riappropriazione culturale del luogo da parte della collettività, suscitato dagli interventi in corso. Questo giardino già dal 2016 è una meta ambita, specie nei mesi caldi, di turisti e romani per una pausa verde, grazie anche al facile accesso  con le sue aperture da tre ingressi: via del Plebiscito, via degli Astalli e piazza San Marco.  Significative in proposito le parole della Direttrice del Polo Museale del Lazio, Dott.ssa Edith Gabrielli; “ Si rileggono così immediatamente le prospettive rinascimentali e il rapporto con la Chiesa di San Marco che era andato perduto nei secoli. Per chi attraversa il giardino, la fontana rappresenta un perno compositivo, visibile da tutti gli ingressi, un punto di attrazione che accoglie durante il giorno centinaia di visitatori e per molti significa una sosta, un momento inaspettato di pace che si presenta nel cuore più caotico della città. Il suo restauro rientra negli interventi che il Polo aveva già previsto nella sua attività di programmazione a medio termine e che, grazie a questa opportunità, diventa immediatamente attuabile”.  Sarà infine possibile seguire anche in diretta streaming con una telecamera web le varie fasi dei lavori di restauro.

dav                                                                         Veduta  della Fontana “Venezia sposa il mare” e del giardino

Tra il 1910 ed il 1913 il giardino-viridarium di Paolo II, ormai noto come Palazzetto, fu abbattuto e ricostruito in posizione arretrata per consentire l’ampliamento della piazza e la visione diretta del Vittoriano. Nel 1916 il Regno d’Italia rivendicò il palazzo all’Austria e il ruolo simbolico- nazionalistico assunto dall’edificio dopo la restituzione spinse Benito Mussolini, nel 1922, a sceglierlo come sede del governo fascista (1929-43) ed utilizzarlo come proprio ufficio la Sala del Mappamondo in cui si apre il celebre balcone settecentesco. Tra gli interventi sul palazzo di quel  periodo, si segnala la costruzione del nuovo scalone monumentale, progettato da Luigi Marangoni, a celebrazione della nazione e dei territori conquistati all’Austria nella III guerra d’indipendenza (1866) e nella prima guerra mondiale (1915-18).

Di non minor interesse turistico e culturale è la fontana opera di Carlo Monaldi , nato a Roma intorno al 1683, come si desume dall’iscrizione alla base della statua di S. Gaetano da Thiene, sua opera del 1730 in S. Pietro in Vaticano, nella quale si dichiara romano e di anni 47. La fontana nella “corte grande” del palazzo, subito visibile dall’ingresso di Piazza San Marco, 47, fu costruita nel 1730  su incarico dell’allora ambasciatore della repubblica veneta Barbon Morosini. E’ formata da una grande vasca ellittica, con bordo a fior di terra, fiancheggiata da un corridoio con due lunghi sedili in pietra ingentiliti da quattro graziosi puttini che sostengono gli stemmi dei territori d’oltremare conquistati da Venezia: Cipro, Dalmazia, Morea e Candia. I putti in pietra recanti gli scudi con i nomi delle conquiste veneziane vennero aggiunti nel 1930 da G. Prini. La composizione, come affermato in conferenza stampa, ideata dal Monaldi  “coinvolge i concitati spazi circolari barocchi in una originale visione dal ritmo avvolgente delle figure eleganti e risolte con un cromatismo modulato e lineare tipico del barocchetto romano”. Nella vasca numerosi pesci in travertino gettano sottili zampilli d’acqua mentre al centro, su una doppia conchiglia sostenuta da tre robusti tritoni, si erge una statua marmorea raffigurante Venezia, in fiero atteggiamento, con il corno dogale sul capo e in atto di gettare l’anello nuziale per lo sposalizio del mare. Ai sui piedi figura da una parte il leone alato di S. Marco con un libro aperto, dall’altra un sorridente puttino che svolge un rotolo con un iscrizione in latino la quale ricorda che la fontana fu costruita non solo a vantaggio degli abitanti del palazzo, ma anche di quelli vicini e che la deviazione dell’Acqua Vergine da piazza di Trevi fu dovuta alla munificenza dei pontefici Alessandro VIII Ottoboni (1689-1691) e Benedetto XIII Orsini (1724-1730).

Museo Nazionale di Palazzo Venezia Via del Plebiscito, 118 – 00186 Roma  tel. +39 0669994284; http://museopalazzovenezia.beniculturali.it

 

 

RESILIENZA – Docufilm in concorso alla 63^ edizione del David di Donatello e da cinque anni in attesa di un distributore per farsi conoscere.

Donatello Urbani, foto courtesy Ufficio Stampa Non c’è Problema S.r.l.

Un’innata curiosità mi ha spinto a partecipare alla conferenza stampa di presentazione del docufilm “Resilienza” , di e con Paolo Ruffini, per approfondire la conoscenza di questo bravo attore/regista, da me conosciuto, prima di allora, solo per essere un antidivo,  in aggiunta a un lontano ricordo del primo incontro con la parola “resilienza” scoperta a Hiroshima. Accadde tanti anni fa, quando, al parco della pace, ho appreso la storia di una bambina contagiata dalle radiazioni dell’esplosione atomica con una forma di leucemia incurabile. Questa piccola giapponese  pensava che sarebbe riuscita a sopravvivere  ed ottenere una completa guarigione solo se fosse riuscita a realizzare mille cicogne di carta. Purtroppo per lei è stata fermata prima, a poco più di settecento ed anch’io, insieme ad altre migliaia di visitatori, ho voluto aiutarla in questa sua impresa e ho  deposto la mia cicogna di carta sulla lapide che la ricorda per alimentare e tener viva la sua resilienza convinto che proprio questa virtù fosse una colonna portante della nostra civiltà e del nostro modo di affrontare la vita  e le relative avversità specie di fronte a malattie incurabili.

IMG_9467_filtered2                                   Alessandro Cavallini, sul palco, racconta la sua malattia al pubblico al cospetto di Paolo Ruffini,

“I protagonisti del mio documentario”, afferma Paolo Ruffini, “con le loro storie hanno voluto demonizzare e ridicolizzare la malattia, e , nello stesso tempo, descriverla e viverla come una realtà che si può raccontare anche attraverso il coraggio ed il buon umore pur nella consapevolezza di trovarsi schiacciati tra due possibilità: il successo o il fallimento. La vita o la morte”. Significativa in proposito, oltre la storia del giovane Alessandro Cavallini, deceduto a 14 anni a causa di un tumore pediatrico – neuroblastoma –  e intorno alla quale ruotano anche tutte le altre, é l’intervista a Summy Basso che affronta il problema della sua disabilità con due diverse direttrici: una scientifica, approfondendo gli studi della biologia per seguire da vicino le ricerche scientifiche sulla sua malattia, e l’altra religiosa, cercando d’interpretare, da credente, il dubbio sulla giustizia divina e rispondere alla domanda che si pongono tutti i malati,: “Perché proprio a me?”.

Resilienza - Sammy Basso                                                        Paolo Ruffici e Summy Basso nel corso del loro colloquio/intervista

Questo interrogativo a ben vedere affligge tutti i nostri piccoli e grandi eroi, non più di una manciata, che raccontano in questo film il loro viaggio attraverso la malattia.  Uno spazio e un ruolo importante è stato riservato anche agli operatori sociali, medici, psicologi, fondatori di Make a Wish, responsabili del Dinamo Camp, clown-dottori, Ridolina e amici di Alessandro, tutte associazioni che dedicano il proprio tempo e le proprie risorse alla cura e all’assistenza delle persone, giovani in particolare, che devono affrontare le difficoltà legate alla malattia. Tanti i messaggi che questo bellissimo film, realizzato senza sbavature tanto nella sceneggiatura, che nella regia,dialoghi, suoni e fotografia, vuole proporre alla nostra attenzione; tutti, come indica il titolo, sono rivolti ad un’unica finalità e riepilogabili in una sola parola: “Resilienza”.