Testo e foto di Mariagrazia Fiorentino e Donatello Urbani
Nei primi anni del 1200 (1220?), Frate Francesco, ocpite nel territorio reatino ai piedi del monte Terminillo, proprio dove oggigiorno sorge il Convento Francescano La Foresta, fu rapito dal fascino che si sprigionava, allora come oggi, da queste terre in maniera così coinvolgente da lasciare una testimonianza poetica di notevole valore tanto letterario quanto emotivamente religiosa. Così ha scritto: “….Laudato sì,mì Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba…..” e concludeva il suo cantico con un appello rivolto agli uomini invitando tutti a servire le creature di Dio con grande umiltà: “ Laudate et benedicete mì Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate”. (In appendice é trascritto per intero il Cantico delle Creature di Frate Francesco). Non é possibile, però, apprezzare e capire il paesaggio reatino, se il nostro occhio non é abituato a scorgere il segno che l’uomo ha lasciato. Le vigne ed i piantoni di olivi che a loro volta sembrano ai boschi che popolano i rilievi più alti in un’armonia quasi perfetta con le vette dei monti in cui spicca la maestosa mole del Terminillo.
Antonio Di Carlo con alle spalle la vite di “Cesenese Nero” vecchia di oltre 150 anni.
Antonio Di Carlo, un giovane agricoltore titolare, insieme ai familiari, della cantine Le Macchie e del Ristorante La Foresta, forse anche per la condivisione con Frate Francesco di questi magnifici paesaggi, ha accolto per intero l’appello del fraticello ed ha iniziato a ricercare quanto di bello e di buono questa terra produce. Così ha scoperto, nel terreno di un vicino, una vecchia vite di oltre 150 anni di età appartenente ad un cultivar autoctono; “Cesenese Nero”, miracolosamente salvatasi dall’infezione provocata da un insetto dal nome scientifico Daktulosphaira vitifoliae, volgarmente conosciuta come fillossera, che colpì nella seconda metà dell’ottocento (1880 la sua prima apparizione in Italia) l’intera coltivazione vitinicola italiana annientandola completamente nel corso di vari anni. Da questa infezione si salvarono pochi vigneti, perlopiù quelli che avevano viti innestate su barbatelle americane – portainnesti – dalla radice amara, quali la “Vitis riparia” una delle specie americane resistenti alle radicicole. Questa tecnica é un mezzo preventivo di lotta biologica a tutti gli effetti ed é stato l’unico vero metodo di controllo efficace e applicabile su vasta scala. In definitiva questa tecnica ha rivoluzionato l’intera viticoltura europea risollevandone le sorti. Attualmente quello che ha rappresentato nel XIX secolo una delle piaghe più terribili dell’agricoltura europea, é diventato un insetto pressochè innocuo, il cuiinteresse é ormai relegato ai soli ambiti storici, culturali e biologici. La coltivazione di viti non innestate su barbatella americana viene detta su “piede franco”. In Italia la coltivazione della vite du piede franco viene praticata in molte parti, principalmente sull’Etna, in alcuni vigneti valdostani, nella zona del Carignano del Sulcis rosso Doc, oltre le pochissime sopravvissute come il nostro cultivar Cesenese Nero che rappresenta oggi una rara e preziosa reliquia da custodire gelosamente.
Vigneto e campionatura della produzione della “Camtina Le Macchie”
Da questa vite annualmente sono tolti circa 300 tralci che in appositi vivai, controllati e custoditi dalla Regione Lazio, vengono prodotte altrettante piante di vite, tutte di piede franco, che messe a dimora sui terreni di questa zona, hanno consentito la commercializzazione del vino IGP Cesenese Lazio che, nelle bottiglie sotto il nome L’Ultimo Baluardo, rappresenta il prodotto di punta della Cantina Le Macchie. Le particolari condizioni climatiche presenti in questi terreni localizzati ai piedi del monte Terminillo, ad un’altezza superiore ai 500 mt. sul livello del mare, hanno dato buoni risultati anche nella produzioni di vini bianchi, gewuirztraminer, riesling e malvasia oltre ad un rosato Lazio IGP prodotto da vitigni Sangiovese e Montepulciano. A margine di questa campagna di ricerca di cloni autoctoni e specie di vitigni da impiantare su questi terreni di montagna, c’è l’aspetto sociale che ne è derivato dal momento che non solo tutto questo ha fermato l’esodo dei giovani verso la città ma addirittura ha messo in atto un movimento di ritorno verso la campagna grazie a queste nuove forme di fare agricoltura e agriturismo.
Ristorante “La Fioresta: Due rivisitazioni di piatti delle cucina contadina: gricia e anatra arrosto.
Il ristorante “La Foresta” offre con la sua affermazione commerciale estesasi anche extra provincia reatina, un’importante testimonianza di come anche la cucina che ha radici nella gustosa cultura contadina trovi una grande interpretazione nei piatti predisposti da chef una volta rivisitati nei gusti della più esigente clientela. Restando in tema territorio non può passare inosservata l’offerta turistica della Città di Rieti. In questi ultimissimi anni con lo svilupparsi dei “cammini” sui percorsi religiosi quali quelli di San Francesco (La Verna/Roma) e di San Benedetto (Subiaco, Cascia, Norcia, Cassino) o di puro trekking: (Monti Sibillini e Riserva Naturale dei Monti Cervia e Navegna – vedi la nostra recente recensione su questa testata-), Rieti è divenuta punto centrale per gli slow travel (turismo lento) assumendo il prestigioso ruolo di “Capitale dei cammini”. Le attrattive culturali e turistiche presenti in città non sono assolutamente da trascurare. Un’interessante proposta turistico/culturale, nata di recente, offre la scoperta di una città sotterranea preesistente a quella attuale elevatasi sopra le prime costruzioni per impedirne l’allagamento nel corso delle piene del fiume Velino e più vicina alla rocca dove sorgeva l’originario centro abitato. Lungo le sponde del fiume Velino si era sviluppata una città che viveva di attività acquatiche sia nel trasporto di materiali su chiatte dal fondo piatto, sia quelle vere proprie offerte dallo scorrere dell’acqua, quali la macinatura di cereali e di sfruttamento della forza idraulica.
Due immagini di Rieti Sotterranea
Lungo parte di questi spazi, oggi ipogei, in prevalenza ricavati nei fornici della strada sopraelevata, sono stati allestiti veri e propri percorsi turistici da parte di volontari che curano anche la parte ludica e didattica con visite guidate. Interessanti anche gli spazi dove sono state collocate delle opere d’arte sonore che rendono le visite guidate veri propri percorsi culturali interattivi dove è richiesta la partecipazione diretta dei visitatori invitati a percuotere e far suonare le opere esposte.
Informazioni e maggiori notizie : per il Ristorante La Foresta s.r.l. – Rieti 02100 Via Foresta, n.51 Tel. 0746.220455, oppure 0746.228837; fax 0746.222000; mobile 333.2504160; la Cantina Le Macchie – Castelfranco di Rieti – Via Casanuova, n.5 Rieti 02100; e.mail info@cantinalemacchie.it; sito web: www.cantinalemacchie.it. Per le visite guidate alla città di Rieti e nei maggiori luoghi turistici del territorio, tutte da prenotare via e.mail rietidascoprire@vodafone.it; sito web: www.rietidascoprire.it; telefono mobile 347.7279591.
Ricostruzione di Rieti Sotterranea presente nel libro di Rita Giovannelli. I fornici della strada sopraelevata hanno originato la città ipogea
Per una conoscenza più approfondita dei percorsi turistici nella città si consiglia il libro scritto da Rita Giovannelli “RIETI Sotterranea – la magia di una scoperta” , ricco di numerose foto a colori a cura di Massimo Renzi e d’immagini con ricostruzioni storiche, pagine 112 costo €.9,50 presente nelle migliori librerie oppure da richiedere direttamente all’autrice agli indirizzi dell’Associazione Rieti da scoprire sopra riportati.
Cantico delle Creature:
« Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e ‘honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che ‘l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male. Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate »