Testo e foto di Donatello Urbani

Delle oltre cento opere d’arte custodite nella casa museo Marmottan a Parigi pervenute nel 1966 a seguito di un lascito di Michel Monet, figlio del famoso pittore Claude, ben 56 sono presenti nella mostra allestita nell’apposito spazio espositivo del primo piano – ala Brasini – al Vittoriano di Roma. “Sono tele”, ha dichiarato Marianne Mathieu, direttrice del Musée Marmottan e curatrice della mostra, “che l’artista stesso voleva trattenere, forse dubitando che il suo nuovo stile pittorico non sarebbe stato accettato dalla critica e forse anche rifiutate dal pubblico”. Solo quando la fama consolidatasi dopo la morte del maestro le ha poste al sicuro dalle critiche è stato possibile esporle ed oggi sono accettate anche come innovatrici dell’arte pittorica e prime testimonianze di un nuovo corso che si affermerà e sarà dominante in seguito per molti anni.

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Il percorso espositivo inizia portandoci attraverso un gioco di luci e foto nel giardino di casa Monet a Giverny. Una volta ammessi nell’abitazione incontriamo i primi lavori di Monet. Sono delle caricature che in parte venivano regalate agli amici e in parte vendute a 10 o 20 franchi  consentendo al pittore di sopperire alle necessità economiche della famiglia che si era formato, sposando nel 1870, la sua modella Camille Doncieux e che nove anni più tardi lo lascerà vedovo con due figli Jean e Michel.

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In seguito si legherà ad Alice Hoschedé ed ai sei figli da lei avuti dal precedente marito Ernest, formando una famiglia allargata che sarà sempre amata e venerata dal pittore. Prima di stabilirsi a Giverny Monet inizia un pellegrinaggio per l’Europa, con una preferenza per le varie località francesi, in cerca, dicono i suoi critici, di motivi e stimoli per la sua pittura. Sono in prevalenza ritratti di paesaggi, opere di cavalletto, che Monet realizza dal vivo attratto delle bellezze naturali.

IMG_20171018_125126                                                                                                                                         Normandia

Questo desiderio di ritrarre la natura é il file rouge che lo accompagnerà per tutta la vita, anche quando, nel 1890, diverrà il proprietario di una casa “dall’intonaco rosa” a Giverny che sarà un punto di riferimento fisso sia per la sua vita privata quale rifugio dopo i suoi viaggi più o meno lunghi in tutta Europa, sia per l’attività artistica con le tante tele che a partire dal 1902 riproducono le ninfee amorevolmente coltivate essendo anche un appassionato giardiniere. I primi anni del ‘900 offrono agli artisti,, in particolare ai pittori, una fonte d’espirazione in più giunta dall’oriente: il “japanisme” e Monet non poteva lasciarsi sfuggire questa bella occasione specie nell’introdurre nel proprio giardino elementi ispirati ai giardini giapponesi in particolare con i caratteristici ponticelli che collegano le due sponde dello stagno. Per Monet questi anni segnano anche una difficile situazione familiare dovendo assistere alla morte di molti suoi amati familiari. Amarezza e sconforto  traspirano anche in alcune sue opere.

IMG_20171018_125529                                                                                                                                             Ninfee con agapanti

Scrivono in proposito i curatori: “…..Monet, appartato nel suo giardino, dedica una serie di tele al salice piangente come a riecheggiare l’angoscia e la tristezza che lo attanagliano. Non c’è dubbio che fosse legato a quest’albero da un rapporto di affetto: aveva piantato personalmente vari esemplari di salice sulla sponda del suo giardino acquatico e trascorreva lunghe ore a contemplarli. Nella serie dipinta tra il 1918 ed il 1922, lo stagno, il cielo, le nuvole e i fiori scompaiono, le composizioni si concentrano sul tronco solitario e l’ondulazione dei rami, la superficie della tela è saturata da una pioggia verticale di vibrazioni di colore…..”  Trascorsi pochi anni anche Monet abbandonerà per sempre il suo giardino lasciando nella sua casa dall’intonaco rosa una serie di tele, quelle che più da vicino lo hanno accompagnato lungo tutta la sua vicenda umana ed artistica: tele che adesso possiamo ammirare visitando questa rassegna.

Roma – Complesso del Vittoriano – Via S.Pietro in Carcere (lato Fori Imperiali) fino all’11 febbraio 2018 con orari dal lunedi al giovedi 9,30/19,30,  venerdi e sabato fino alle 22,00 e domenica fino alle 20,30. Biglietto d’ingresso intero €.15,00- ridotto €.13,00 inclusa l’audioguida. Previste riduzioni e gratuità. Informazioni e prenotazioni www.ilvittoriano.com –tel. O6.8715111