Testo e foto di Donatello Urbani

Il Mondo dell’Universo fluttuante:  ukiyoe. Non più di cinque anni fa la sua esistenza, ed ancor più il suo significato, erano conosciuti da ben pochi italiani, comunque in ambito circoscritto agli studiosi delle civiltà dell’estremo oriente.  Le lungimiranti politiche culturali perseguite dagli amministratori pubblici locali della città di Milano, seguiti a breve distanza di tempo da quelli romani, purtroppo incapaci di progettare una loro autonoma vita culturale, hanno colmato questa lacuna allestendo mostre sui maggiori artisti giapponesi che meglio di tutti hanno illustrato il principale filone artistico elaborato nel periodo Edo, quello di maggior splendore dell’arte visiva giapponese, identificato dagli studiosi come identico al nostro rinascimento.

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Gara di pittura- Veduta di Sagamo                                                                       Luna riflessa sulla superficie delle risaie a Sarashima

Grazie alle immagini che ci hanno lasciato artisti quali Hokusai, Hiroshige,, Utamaro e Kuniyoshi, in mostra tutti prima a Milano e successivamente a Roma solo con i primi due, siamo venuti a stretto contatto con il fantastico mondo fluttuante che ci presenta quella realtà che nella visione buddista è destinata a sparire. Gli anni trenta dell’Ottocento segnarono l’apice della produzione ukiyoe. In quel periodo furo­no realizzate le silografiche più importanti a firma dei maestri dell’arte del Mondo Fluttuante, fama che, in Occidente, venne con­fermata e riconosciuta, qualche decennio più tardi con l’apertura del Paese al mondo esterno, come identificativa dell’arte visiva giapponese.

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10. Hiroshige

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritratto commemorativo-Silografia policroma                                            Peonia – Foto courtesy ufficio Stampa Mondadori Mostre

Dice la curatrice Rossella Menegazzo: “Kuniyoshi aveva pubblicato nel 1829 con l’editore Kagaya la serie I 108 eroi del Suikoden che lo rese famoso, Hokusai produsse con Nishimuraya, tra il 1830 e il 1832, le Trentasei vedute del monte Fuji (Fugaku sanj¯ urokkei) che, per il grande successo che riscossero, si ampliarono a quarantasei fogli, mentre Hiroshige fece se­guire, in risposta a questa, la sua serie intitolata Cinquan­tatré stazioni di posta del T¯ okaid¯ o(T¯ okaid¯ ogoj¯ usantsugi no uchi), tra il 1833 e il 1834”.  Scrivono i curatori nel bel catalogo edito da Skira; “Si trattava di un filone artistico che esprimeva i gusti e le mode del momento, sviluppatisi soprattutto in segui­to al veloce inurbamento dell’area del Kant ¯o, quando Edo (l’attuale Tokyo) fu scelta come capitale amministrativa e politica del bakufu Tokugawa, trasformando quello che era un piccolo villaggio di pescatori prima in una fioren­te città, e poi, nel giro di un secolo, nella metropoli più popolosa al mondo, che detenne il controllo del Paese per oltre due secoli e mezzo (1603-1868).

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    Kyoto:Il grande ponte                                                                                                       Illustrazione del giardino dei susini a Kameido

Non a caso il periodo viene anche definito come Pax Tokugawa, rife­rendosi alla lunga pacificazione di cui i Tokugawa si resero fautori dopo secoli di ininterrotte battaglie tra clan guer­rieri rivali per la supremazia sul Paese. Erano oltre due­centosessanta i feudi in cui il territorio era diviso, ognuno controllato da un daimy ¯o che lì possedeva il suo castel­lo, pur rispondendo al potere centrale dello shogunato. La conseguenza fu lo sviluppo di centri di cultura locali che il governo centrale, una volta instauratosi, cercava di mantenere sotto controllo con il sistema delle residenze alternate (sankin k ¯otai), che obbligava ogni signore a re­carsi e risiedere nella Capitale di Edo ad anni alterni”.

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Kyoto: Il ponte Nihobashi                                                                                                    Luna riflessa sulla superficie delle risaie a Sarashina

In questo ambiente si svolse l’attivita di Hiroshige, che formatosi presso la scuola Uta­gawa sotto Toyohiro, s’impose sul merca­to, tra gli anni trenta e cinquanta dell’Ottocento, pubbli­cando diverse decine di centinaia di fogli sciolti che illustravano soggetti di natura come fiori, pesci e uccelli, oltre che paesaggi e vedute celebri (meisho) del Giappone nelle quattro stagioni e nelle varie condizioni atmosferiche con la tecnica della silografia policroma (ni­shikie). I soggetti s’ispiravano spesso a luoghi che l’artista trovava nelle guide di viaggio, andando dalle classiche vedute della capitale amministra­tiva di Edo a quelle della capitale imperiale di Kyoto, dalle stazioni di posta del T¯ okaid¯ oa quelle del Kisokaid¯ o, dalle famose otto vedute di O¯mi e di Kanazawa a quelle del monte Fuji e degli scorci più belli delle province lontane. In tutte le  opere di Hiroshige, come risulta ampiamente documentato nelle oltre 230 opere esposte provenienti da collezioni italiane e internazionali, si riscontra sempre, e di questo dobbiamo renderglene merito, un punto di vista alternativo che esaltasse le bellezze della località. Iniziò con il formato orizzontale che portò alla massima espansione nel trittico, in contemporanea sperimentò la forma rotonda del ventaglio rigido (uchiwa)  ma, a partire dall’inizio degli anni cinquanta, iniziò a preferire il forma­to verticale, sulla scia dell’esperienza derivatagli da una importante committenza di dipinti su rotolo arrivata dal feudo di Tend ¯o.

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Il mare di Satta nella provincia di Suruya  – Entrambe le foto: courtesy Mondadori Mostre-   Kameido: Area antistante il santuario Tenjin

Il formato verticale era più efficace nella resa prospettica e più d’impatto come taglio e quindi adatto alle costruzioni innovative.  La novità stilistica che più s’identifica con Hiroshige è presente nel suo capolavoro finale, dedicato alle cento località celebri di Edo, che gli procurerà fama anche internazionale, grazie alla sempre maggior presenza di turisti in Giappone, e proseguì anche dopo la sua morte. La dedizione e la serietà con cui lavorò incessantemente al tema del paesaggio fecero di lui una fonte d’’ispirazione primaria per gli artisti europei. Esempi di questo si possono trovare nelle opere di Van Gogh, Edgar Degas o Toulose Lautrec, che, come scrive la curatrice, “seppe trasformare il tutto in pura grafica, non più copiando il lavoro di Hiroshige ma interpretando le linee di forza e la costruzione delle profondità per piani piatti sovrapposti nella creazione d’immagini con soggetti completamente diversi”.  Affiancheranno questa interessante rassegna una serie di attività culturali, laboratori, incontri  sulle principali manifestazioni popolari e gastronomiche giapponesi per giungere al fumetto: manga, e all’ikebana: l’affascinante arte delle composizioni floreali, organizzate con la collaborazione dell’Istituto Giapponese di Cultura in Italia.

Roma – Scuderie del Quirinale – Via XXIV Maggio, 16 – fino al 29 luglio 2018 con orari dalla domenica al giovedi dalle 10,00 alle 20,00; venerdi e sabato dalle 10,00 alle 22,30. Costi del biglietto d’ingresso intero €.15,00, ridotto €.12,00., giovani dai 7 ai 17 anni €.2,00 – incluusa per tutti l’audioguida. Previste gratuità stabilite per legge. Informazioni  www.scuderiedlequirinale.itinfo@scuderiedelquirinale.it - telefono 06.81100256. Prenotazione gruppi per e.mail: gruppi@vivaticket.it