Testo e foto di Donatello Urbani
Il sottotitolo di questa mostra “Non v’è più bellezza, se non nella lotta”che ci rimanda a quanto scritto sul manifesto del Futurismo da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, s’identifica nelle opere di questi artisti che testimoniano, come scrivono i curatori: “una presa di posizione politica ed intellettuale, rivendicandone un’autonomia di libertà che tocca la sfera civile, ma anche come manifestazione del sé e dell’interiorità, legata a una dimensione più intima. Le opere in mostra sono sotto vari aspetti e in diverse eccezioni, manifesti di poetiche e pratiche eterogenee, con le quale gli artisti sono in dialogo sia tra loro che con gli spazi della Fondazione Memmo e con Roma.
Città da sempre paradigma della ricerca artistica, luogo privilegiato per la produzione di opere d’arte, oggetto o ispirazione di numerose teorie trasversali agli stili, alle epoche e al gusto.” Il primo impatto, una volta all’interno dell’area espositiva, si ha con le opere di Marinella Senatore rappresentate da stendardi da processione rivisitati in chiave contemporanea, striscioni con frasi che invitano alla lotta, poster con riflessioni poetiche sul concetto di rivoluzione e partecipazione popolare sovrastati tutti da una luminaria simile a quelle presenti nelle feste dei piccoli centri del sud-Italia che inneggia a una corsa liberatoria “Renn lieber, renn” mentre una bicicletta, su cui sono stati installati dei megafoni si propone come mezzo per partecipare a un corteo di protesta.
Di diverso contenuto le opere del giovane artista tedesco Julian Rosefeld, borsista all’Accademia Germanica, che propone una serie di gualdrappe che ci rimandano sia al luogo espositivo, scuderie di Palazzo Ruspoli, sia al monumento equestre a Marco Aurelio della Piazza del Campidoglio. In questa occasione l”adventus principis”, l’ingresso del principe vittorioso, primo cittadino dello stato, è rappresentato dal’”adventus primae legis” con l’ingresso nella comunità civile delle norme della costituzione, prima legge dello stato, riportate in chiare lettere sulle gualdrappe.
I due artisti piacentini Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi hanno riportato su migliaia di fanzine, che vengono distribuite ai visitatori, la loro esperienza maturata in Giamaica nel corso delle loro riprese sul Negus. Una grafic novel frammentaria, un manifesto personale sul culto “Rastafari” che l’anziano giamaicano aveva chiesto a questi due giovani artisti di diffondere il più possibile partecipandolo fra i loro concittadini una volta rientrati in patria.
Le opere che Rebecca Digne, francese e borsista all’Accademia di Francia – Villa Medici -, ci presenta affrontano due diversi temi: un video che documenta il percorso che ha compiuto da Napoli a Marsiglia contrassegnato da una corda, e una serie di undici sculture della serie “A perdere” come vuole la tecnica della cera persa, che fanno riflettere su due temi importanti: precarietà e trasformazione, specchio della precarietà e transitorietà delle nostre esistenze.
Roma – Fondazione Memmo – Via Fontanella Borghese, 56/b fino al 24 marzo 2019 tutti i giorni dalle ore 11,00 alle 18,00 – martedi chiuso – . Informazioni; 06.68136598 – e.mail : info@fondazionememmo.it sito www.fondazionememmo.it