Testo e foto di Donatello Urbani

“La Basilica sotterranea di Porta Maggiore è, nelle parole della Soprintendente Daniela Porro, uno dei luoghi più magici e intrisi di mistero di Roma”. Infatti  a partire dalla sua scoperta avvenuta casualmente nel 1917 nel corso dei lavori di costruzione del viadotto ferroviario di Roma Termini, agli ultimi interventi di restauro e conservativi voluti e finanziati dalla Fondazione Svizzera Evergète, tutto appare come improntato alla casualità. Costruita nel I^ secolo a.C. dalla famiglia degli Statili, legata all’imperatore Ottaviano Augusto,  volutamente ipogea, cioè sottoterra, è un monumento unico nel suo genere per la ricchezza delle decorazioni a stucco e mosaico.

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Tanto per le decorazioni che il suo essere ipogea e destinata alla sepoltura della “gens” della famiglia, è stata ritenuta sede di culti misterici. Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata dalle vicende che hanno coinvolto un importante componente della famiglia: Tito Statilio Stauro, seguace di culti misterici e vicino agli ambienti del Neopitagorismo romano, che adibì la basilica a luogo di ritrovo e ritenuto, per questa nuova destinazione, il rinnovatore delle decorazioni  a stucco che ornano le tre navate.

digIl bianco avvolgente delle decorazioni e degli stucchi presenti negli ambienti, in particolare il grande abside centrale, ci dicono del suicidio della poetessa Saffo nelle acque di un mare evocato dalle tracce blu che rivestono la parete dell’abside, unica nota di colore insieme alla fascia rossa che circonda tutte le pareti. Saffo comunque sarà accolta nell’aldilà da una Vittoria con una palma in mano, inviata da Apollo e testimone di un passaggio dalla vita materiale ad una spirituale presente nella filosofia neopitagorica, come precisato dalla Soprintendente Daniela Porro.

dig I culti che lì si svolgevano furono dichiarati fuori legge nel 52 d.C. dall’Imperatore Claudio che esiliò anche i cosi detti “matematici” e tra questi i neo pitagorici. Da questo clima d’intolleranza giunse allora il pretesto per la denuncia di superstizione a Tito ed il suo conseguente suicidio per non subire l’onta del processo, forse gettandosi  in mare, come immortalato negli stucchi. L’ipogeo a Porta Maggiore, fu abbandonato anche a causa della decadenza della gens Statilia, che forse costituì per il potere imperiale una minaccia concreta, è così cadde nell’oblio fino alla sua casuale riscoperta.

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I lavori di restauro e conservativi finanziati dalla Fondazione Evergète hanno, al momento, interessato la parete della navata sinistra e comunque proseguono per restituire, in un prossimo futuro, la piena fruibilità dell’intero complesso al momento visitabile solo su prenotazione telefonica al n. 06.3996.7702.

digMaggiori informazioni sulle aperture al pubblico www.coopculture.it