Testo e foto di Donatello Urbani
A ben guardare i film diretti da Sergio Leone non ebbero solo soggetti western come testimonia la sua ultima regia “C’era una volta in America” il cui titolo offre anche lo spunto per questa bella mostra presente nell’area museale dell’Ara Pacis fino al prossimo 3 maggio che lo vuole ricordare in occasione sia del suo novantesimo compleanno sia nel trentesimo della sua scomparsa.
Il percorso espositivo, curato dal Direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, in collaborazione con Rosaria Gioia e Antonio Bigini – racconta di un universo sconfinato, quello di Sergio Leone, che affonda le radici nella sua stessa tradizione familiare: il padre, regista nell’epoca d’oro del muto italiano, sceglierà lo pseudonimo di Roberto Roberti, e a lui Sergio strizzerà l’occhio firmando a sua volta “Per un pugno di dollari” con lo pseudonimo anglofono di Bob Robertson.
La mostra C’era una volta Sergio Leone si suddivide in diverse sezioni: Cittadino del cinema, Le fonti dell’immaginario, Laboratorio Leone, C’era una volta in America, e si conclude con Leningrado, dedicata all’ultimo progetto incompiuto. Un’ulteriore sezione, riepilogativa di tutte le altre, posta nell’ultima sala, é “L’eredità Leone”, quasi un testamento che il maestro lascia per gli studenti di cinema di tutto il mondo come avvenuto già per molti dei registi contemporanei, da Martin Scorsese a Steven Spielberg, da Francis Ford Coppola a Quentin.
Ripercorrendo oggi, anche con l’aiuto offerto da questa rassegna, le regie di Sergio Leone, come riconosciuto dai maggiori critici, dobbiamo riconoscere che il loro culmine si trova nel progetto di una vita: C’era una volta in America. A questo sarebbe seguito sulla sua falsariga un altro film di proporzioni grandiose, dedicato alla battaglia di Leningrado, del quale rimangono, purtroppo, solo poche pagine scritte prima della sua scomparsa. Leone, infatti, come scrivono i curatori, non amava scrivere. Era, piuttosto, un narratore orale che sviluppava i suoi film raccontandoli agli amici, agli sceneggiatori, ai produttori, all’infinito, quasi come gli antichi cantori che hanno creato l’epica omerica. Ma ciò nonostante, il suo lascito è enorme, un’eredità creativa di cui solo oggi si comincia a comprenderne la portata.
Roma – Museo dell’Ara Pacis – Via di Ripetta n.180 fino al 3 maggio 2020, tutti i giorni con orario dalle 9,30 alle 19,30 Informazioni sul costo del biglietto d’ingresso, gratuità e riduzioni, telefoniche 060608 e sul sito www.arapacis.it – www.museiincomune.it – www.zetema.it