Mariagrazia Fiorentino

In ogni tempo e luogo l’uomo si è domandato in modo più o meno lucido e appassionato: “ Chi sono? Perché vivo? Che senso ha la mia esistenza e quella dell’umanità? Perché il dolore? Da dove vengo e cosa c’è dopo questa vita?”, ma nessuna scienza ha saputo e potuto dare una risposta soddisfacente.

Ai Weiwei nella sua opera, tenta di parlare della morte per celebrare la vita.

“L’artista, poliedrico autore concettuale cinese, definisce la sua monumentale scultura un enorme lampadario costituito da oltre duemila pezzi di vetro nero soffiato e fuso dai maestri vetrai di Berengo Studio. L’opera realizzata in tre anni attraverso tecniche tradizionali e di avanguardia si distingue per le sue colossali dimensioni, oltre 6 metri di larghezza per circa 9 di altezza e 4 tonnellate di peso, che ne fanno una delle più grandi opere in vetro di Murano”.

03_Weiwei_6490_photo credit Edward Smith

“Un lavoro iniziato prima della pandemia, ma che assume un nuovo significato diventando una metafora della pandemia stessa.”

“L’arte ha sempre influenzato la vita di Ai Weiwei nelle forme più disparate, tanto da firmare la regia della “Turandot” di G. Puccini, in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 25 marzo 2022 in concomitanza con l’evento espositivo. Questa opera inoltre segna l’inizio di una collaborazione tra il Teatro dell’Opera ed il Museo Nazionale Romano”.

Per saperne di più su orari e costi del biglietto d’ingresso consultare il sito del Museo Nazionale Romana – Terme di Diocleziano